CAPITOLO 1. LA SCOMMESSA
Reika strinse forte il sottile foglio di carta
filigranata. Un sospiro di soddisfazione le sfuggì dalle belle labbra
rosate mentre, ritta nella terrazza della sua villa, il vento le scompigliava i
lunghissimi capelli biondi, facendo svolazzare la leggera gonna color
lillà, attorno alle gambe affusolate e ai piedi nudi.
Fece scorrere per l’ennesima volta lo sguardo
eccitato sulle poche righe scritte con una calligrafia chiara ed elegante, e
non riuscì a trattenere un trionfante urlo di gioia.
Sì, forse era una pazzia ma… non le
importava.
Era disposta a tutto pur di partecipare alle nazionali
di karate, e questa volta suo fratello non avrebbe avuto scampo, le promesse si
mantengono sempre. Questo gliel’aveva insegnato lui, no? Non si sarebbe
tirato indietro, non poteva più farlo, e lei avrebbe realizzato il suo unico,
grande sogno.
Amava il karate come suo fratello amava il calcio. Lo
aveva praticato con encomiabile passione fin da piccolissima. Era agile,
scattante, fredda, determinata e forte. Nessuno poteva neanche lontanamente
immaginare che quel corpicino esile e delicato, nascondesse in realtà
una potenza fuori dal comune ed un’agilità inaudita.
Era decisamente più alta della media delle
ragazze orientali, sfiorava infatti il metro e settanta. Neanche i colori
rispecchiavano la sua vera nazionalità, i capelli color del grano e gli
occhi di un blu profondo, suggerivano un’origine nordica più che
giapponese. La figura slanciata e ben proporzionata, mimetizzava alla perfezione
i fasci muscolari tesi e pronti a scattare con temibile vigore. La sua bellezza
non passava certo inosservata, e di questo ne era pienamente consapevole. Ma per
lei i ragazzi non avevano ancora alcuna importanza, almeno non dal punto di
vista sentimentale. Si divertiva nel vedere il potere che esercitava su di loro
e, a volte maliziosamente, sfruttava le sue doti per ottenere ciò che le
stava a cuore. Con suo fratello ed i suoi compagni di squadra, questo gioco,
senza dubbio sleale, aveva sempre funzionato. Neanche gli altri ragazzi della
scuola erano indifferenti al suo fascino conturbante, e lei li stuzzicava
spesso e volentieri, incuriosita e divertita dalle bizzarre reazioni che a
volte provocava. Sapeva bene di poter giocare all’infinito, di non correre
alcun rischio, perché nessuno aveva il coraggio di spingersi troppo
avanti.
E come avrebbero potuto? Se ad ammansirli non era
sufficiente il fatto che fosse un’ottima karateca, perfettamente in grado
di raffreddare gli animi più intraprendenti, c’erano sempre suo
fratello e tutta la squadra di calcio, pronti a scattare in sua difesa ad un
minimo cenno di pericolo.
Vi era un’unica cosa che non era riuscita ad
ottenere con un civettuolo battito di ciglia dei suoi begli occhioni luccicanti
e le sue più languide moine…
Suo fratello…nonostante fosse l’unico
ostacolo tra lei e il suo sogno, non poteva fare a meno di adorarlo. Lo aveva
sempre amato e rispettato sin da quando aveva cominciato a capire qualcosa del
mondo, e questo legame si era ancor più consolidato dopo
l’incidente di due anni prima, in cui avevano perso la vita entrambi i
genitori.
Beh…genitori era una parola grossa… in
realtà genitori veri e propri, non li avevano mai avuti. Due individui
freddi ed indifferenti, sempre in giro per affari, troppo impegnati per
occuparsi di due figli, cresciuti solamente grazie alle cure di balie e
domestici, non si potevano certo definire genitori.... Un tempo ciò
l’aveva fatta soffrire molto, ma poi, vi si era abituata grazie
all’amore del fratello, sempre al suo fianco, e alla passione per il
karate.
Ora lui aveva compiuto 19 anni, mentre lei ne aveva
solo 16. Ne avrebbe fatti 17 tra 7 mesi. Ma non erano sufficienti.
Non le consentivano di decidere della sua vita, in
quanto, secondo una stupida legge, doveva rimanere sotto la custodia di un
familiare sino alla maggiore età.
Ma non vi era più tempo. I campionati nazionali
si disputavano quell’anno e lei voleva parteciparvi ad ogni costo. Ne
aveva un bisogno quasi vitale, non tanto per diventare il numero uno, o meglio,
questo le sarebbe piaciuto, ma il motivo principale, l’anelito che la
spingeva ad andare contro la volontà della persona che più amava
al mondo, era un altro. Il desiderio viscerale che la dominava, era incontrare
e battere spiriti forti come il suo, scontrarsi con individui animati dal suo
stesso fuoco. Per lei il karate era una filosofia di vita, un’arte antica
e gloriosa, un confronto tra spiriti, prima che tra corpi. Una forza interna,
un modo di essere sempre e comunque. Non era facile spiegare cosa provava
quando combatteva. Sentimenti contrastanti ed incontrollabili si mescolavano
dentro, facendola sentire…viva! Sì, il karate era vita, la sua
vita…
Ed era questo che più la faceva soffrire. Non
trovava alcuna soddisfazione a combattere con i pappemolli del suo club, che
praticavano quello sport più per far colpo sulle ragazze, che per vera
passione, e inoltre, e questo era l’apice della sua frustrazione, quando
incontrava qualcuno, che poteva anche solo lontanamente sembrare
all’altezza della sua abilità, questo non la prendeva sul serio.
“ Sei una
ragazza” si sentiva dire “ho
paura di farti male”
Lei arrabbiata e delusa lo stendeva con poche mosse,
lasciandolo stordito per il dolore e per lo stupore, ma così non
c’era proprio alcun gusto. Non c’era il sacro spirito del karate.
Questo era il vero motivo che la spingeva a voler
incontrare tutti i più grandi campioni nazionali. Sfidarli e vincerli.
Anche se era una donna, avrebbero combattuto al massimo lo stesso,
perché in palio c’era il titolo nazionale.
Reika, infatti, non solo voleva partecipare alle
nazionali di karate, ma voleva partecipare a quelle maschili!
Combattere con altre ragazze? Improponibile! Vi aveva
provato, ma le aveva sempre stese, senza la benché minima difficoltà.
Ma suo fratello, in quanto sostituto legale dei
genitori, non ne voleva sapere di firmare l’autorizzazione. Era stato
irremovibile.
“Troppo
pericoloso. Non se ne parla” aveva sentenziato con decisione, non
lasciandole alcuna possibilità d’appello.
Lo aveva supplicato, minacciato, adulato, aveva fatto
di tutto ma non c’era stato verso.
Finché le venne quella splendida idea.
La ragazza sorrise sorniona, abbandonandosi al ricordo
di quella splendida giornata di fine febbraio.
“Sono
già passati tre mesi da quel pomeriggio. Come al solito
assistevo agli allenamenti della Nankatsu, aiutando Patty nelle sue mansioni.
Durante una
pausa quel mattacchione di Bruce disse “Ehi avete sentito di quegli
sbruffoni della Toho? Hanno battuto la Furano per 4 a 1 in un’amichevole.
E Lenders, come al solito, ha mandato all’ospedale 4 giocatori avversari.
Dicono che ultimamente sia diventato ancora più forte e violento!”
“Non lo
nominare neanche Bruce!” Aveva ribattuto il mio fratellone “Quel
tipo lo detesto. Il pensiero di doverci giocare in nazionale mi fa venire il
vomito!”
“Dai
Benji” l’aveva ripreso il capitano “Hai promesso che non
l’avresti provocato e avresti fatto di tutto per ignorarlo, se proprio
andarci d’accordo é impossibile”
“Sì Holly e cosi farò.
Io mantengo sempre le mie promesse. Ma quell’odioso, violento,
presuntuoso, vorrei proprio che incontrasse qualcuno che gli desse una bella
lezione!”
“ Si
magari una ragazza…” intervenni io, così, senza pensarci.
Beh! In
realtà un’ideina mi stava già venendo in mente!
Benji mi
guardò.
“Ma
cosa dici piccola?” e scoppiò a ridere, seguito da tutta la
squadra
“ Beh che
c’e tanto da ridere?Ce l’avrà anche lui un cuore no?”
“E
sentitela la mia sorellina” Continuò Benji tra le risa “ No
Lenders non ce l’ha un cuore…Comunque vederlo piegato da una donna sarebbe
il massimo. Darei chissà cosa per ciò!”
Insperabilmente
si era aperta una breccia di speranza. Con decisione puntai dritta in quella
direzione e… fu allora che sferrai il mio attacco.
“Qualsiasi
cosa Benji? Davvero faresti qualsiasi cosa per vedere Lenders innamorato e
dolce come un gattino?”
“Sì
qualsiasi cosa!”
“E
allora facciamo una scommessa. Io farò innamorare Lenders di me, e tu in
cambio mi firmi l’autorizzazione per la partecipazione alle nazionali di
karate”
La squadra
smise di ridere e Benji mi guardò a bocca aperta. Ma si riprese subito.
Il mio impassibile fratellone, non era da lui mostrare emozioni in pubblico!
“Ancora
con questa storia! E poi è una scommessa persa in partenza Reika, Lenders
manco lo conosci e ti consiglio di stargli ben lontana”
“E
allora perché non accetti la scommessa? Sono stufa di insistere Benji.
Hai paura?”
Lo guardai e
gli sorrisi. Lui sostenne il mio sguardo, serio ed immobile, come sempre fa
quando tenta di leggermi dentro. Ma questa volta ero più che determinata
a non fargli assolutamente capire le mie vere intenzioni. E ci riuscii. Non
comprese che stavo facendo sul serio, probabilmente interpretò il mio
sorriso come uno scherzo, ed era esattamente quello che volevo...
Per
completare il mio piano, contai sull’appoggio inconsapevole di Bruce. E
feci bene.
Quel ragazzo
lo conosco come le mie tasche. Un caro amico, ma anche un impiccione di prima
categoria! Non é mai capace
di starsene zitto, sempre pronto a stuzzicare e ficcare il naso nei fatti dei
compagni…
Come mi
aspettavo, disse “Ahaha! Benji ti prego accetta. Te lo vedi Lenders al
guinzaglio trascinato dalla tua dolce sorellina?”
Benji rise
e…cedette. Sempre convinto che fosse uno scherzo, naturalmente.
“ E va
bene Reika. Accetto. Se lo farai innamorare parteciperai alle nazionali”
“E una
promessa fratellone?”
“Certo”
“Guarda
che ora non puoi più tirarti indietro. C’é tutta la squadra
a testimoniare”
“ Certo,
certo. Ma ora lasciaci riprendere gli allenamenti”
E
ritornò alla sua amata porta, ridendo, ignaro edl passo falso che aveva
appena fatto….
Ce
l’avevo fatta. Benji era caduto nella mia trappola.
Da allora, per
le successive tre settimane, studiai come una matta per il test di ammissione
alla Toho. È una scuola molto selettiva e ho voluto essere sicura di
entrarci.
Ovviamente,
sono stata molto attenta a tenere Benji all’oscuro di tutto. Non gli ho
più menzionato l’argomento nazionali e scommessa, e lui, sempre
convinto che si trattasse di uno scherzo, si dev’esser completamente
dimenticato della cosa, e non sospetta assolutamente niente….”
Determinata come sempre, aveva proseguito dritta per
la sua strada, organizzando tutto nei minimi dettagli.
Così, ora stringeva tra le mani la lettera che
conteneva l’esito dell’esame. Il preside in persona, le comunicava
di aver superato brillantemente l’esame di ammissione e di essere stata
ufficialmente accettata alla Toho School, inoltre, il punteggio da lei ottenuto
era talmente alto, che prevedeva il suo inserimento in una classe
superiore…
La missiva era giunta due giorni prima, e da quel
momento la ragazza non aveva perso neanche un istante per i preparativi della
sua imminente partenza.
Aveva un mese e mezzo di tempo prima della chiusura
delle iscrizioni al campionato nazionale.
Una data che, per una strana coincidenza, combaciava
con il ritiro della nazionale di calcio per la partecipazione ai mondiali
Juniores.
Aveva detto a Benji che sarebbe andata un mese e mezzo
da Emily, la sua amica inglese, per perfezionare la lingua e anche per
dimenticare del tutto la delusione della mancata partecipazione alle nazionali
di karate. Aveva affermato, con vergognosa faccia tosta, che starsene lontana
per un po’ le avrebbe fatto bene. Benji non ebbe alcuna obiezione da fare
ed, anzi, si congratulò con la sorella per la sua saggia capitolazione.
“Che ottima
attrice sono. Se con il karate le cose non andassero bene mi dedicherò
al teatro!” pensò
ridacchiando soddisfatta, mentre chiudeva l’ultima valigia.
Alla Toho, di certo, non si era presentata col cognome
Price, altrimenti Lenders l’avrebbe rispedita indietro a calci già
il primo giorno. Aveva usato il cognome della mamma, Akaido. Le piaceva. Forse
era l’unica cosa di sua madre che le piaceva.
Infine, a Tokyo, dove si stava trasferendo per
frequentare la nuova scuola, aveva affittato una casa in un quartiere
tranquillo.
“Sì non c’é che dire”
esclamò “Sono un genio. Non mi é sfuggito proprio niente!”
“Reikaaaaaa!” sentì urlare dal
piano di sotto “Sei pronta dobbiamo andare o faremo tardi
all’aeroporto”
“Sì Benji arrivo, ma aiutami a portare le
valige” si affrettò a rispondere.
Un’ora dopo i due fratelli erano
all’aeroporto.
E chi mai avrebbe creduto che fossero fratelli? Lei
con quei bellissimi capelli biondi e quegli occhi blu, attirava sguardi
ammirati; lui, moro, con gli occhi color pece, era altrettanto bello.
Apparivano così diversi ad un primo sguardo. Eppure, osservandoli con
maggiore attenzione, si notava qualche somiglianza. La bocca piena e ben delineata
era identica sia nella forma che nell’espressione, ed identico era anche
quel sorriso particolarissimo che esprimeva fierezza, strafottenza, timore e
rispetto.
Benji era, all’apparenza, impassibile e freddo.
In realtà, nascondeva un carattere dolce e sensibile. Queste sue
debolezze, celate con cura dietro ad una maschera di arroganza e presunzione,
erano note solo a pochissimi intimi. Anzi, forse la sorella era l’unica a
conoscere la vera indole del portiere. Amava quel fratello più di se
stessa. E ora lo stava imbrogliando con fredda lucidità. Reika ebbe un
attimo d’incertezza mentre salutava il fratello che le sorrideva
tranquillo, ma lo eliminò subito.
Lei infatti era testarda ed irremovibile. Una volta
presa una decisione, non la bloccava più nessuno. Anche lei, come il
fratello, sapeva essere fredda, determinata, impassibile, ma preferiva tenere
queste doti solo per situazioni eccezionali. In genere era solare, allegra,
vivace e dolcissima. In pratica, i due fratelli rappresentavano perfettamente i
due lati della medaglia, due elementi complementari ed indivisibili.
“Piccola mi mancherai tanto. Ma ricordati che mi
hai promesso di tornare per il ritiro della nazionale. Lo sai che Patty, Amy e
Jenny non possono farcela da sole”
“Esagerato! Comunque tra un mese e mezzo
sarò qui. Tranquillo. E vedrai mi sarò tolta la storia
dell’autorizzazione dalla testa” disse, e tra sè e sé
pensava “Perché sarai costretto
a firmarmela e io avrò in mente solo gli incontri che dovrò
affrontare”
“Come sono felice di sentirtelo dire. Finalmente
cominci a ragionare. Hai avuto proprio una buona idea ad andare a trovare la
tua amica Emily. Buon viaggio piccola” rispose Benji abbracciandola e
accarezzandole i capelli, pensando “Oh
finalmente l’ho fatta ragionare! Era ora!”
Povero Benji come si sbagliava!
I due fratelli si salutarono ed il ragazzo
risalì fiducioso in macchina, allontanandosi velocemente diretto agli
allenamenti. Reika aspettò qualche minuto finché l’auto nera
del fratello non scomparve inghiottita dal traffico dell’ora di punta. Quindi
chiamò un taxi e si diresse alla stazione dei treni.
CAPITOLO 2 LA NUOVA
MANAGER
Reika arrivò a Tokyo a sera inoltrata.
Chiamò un taxi, diede l’indirizzo della nuova casa e,
scrutando svogliatamente al di là del finestrino, si concentrò
sui suoi propositi.
Per tutto il viaggio non aveva fatto altro che leggere riviste sportive
su Mark Lenders, Danny Mellow e Ed Warner.
Ormai, tra quello che le avevano raccontato Benji e gli altri ragazzi,
e tutti quegli articoli, sapeva vita morte e miracoli dei tre giocatori.
Inoltre li aveva visti giocare una volta, tre anni prima.
In effetti, c’era un altro motivo per cui aveva deciso di imbarcarsi
in quella strana avventura.
Il motivo era Ed Warner. Il portiere karateca. L’aveva visto
all’opera per la prima ed unica volta in quell’occasione, ed anche
se era appena uscito da un infortunio, e perciò non giocava al meglio, era
rimasta egualmente affascinata dall’agilità e dalla tecnica del
portiere. Stupefatta dalla maestria con cui aveva fuso insieme due discipline
tanto diverse, non gli aveva staccato gli occhi di dosso per tutti i novanta
minuti di gioco, e si era convinta che Warner avesse colto non solo lo spirito
del calcio ma anche, e questo era quello che le interessava, quello del karate.
“Certo che i giornalisti e
i ragazzi non mi hanno dipinto un bel quadro dei tre giocatori”
pensava “ Anzi a sentire Benji,
Lenders é il diavolo in persona…e va bene ormai ci sono e non mi
tiro indietro. Più dura é la sfida e più bella sarà
la vittoria!”.
Il taxi si arrestò silenziosamente davanti ad una villetta color
cioccolato, disposta su due piani, dall’aspetto pulito e discreto, che si
affacciava su un curato cortile delimitato da un cancelletto in ferro battuto, dipinto
di nero.
Pagò il taxista, dandogli anche una lauta mancia per averla
aiutata a portare le valige sino alla camera situata al primo piano.
Nel quarto d’ora successivo, esplorò con minuziosa cura tutta
la casa. Il piano terra era composto da una piccola cucina, un ampio salotto
con un divano enorme color avorio ed un bagnetto. Al piano superiore vi erano due
stanze da letto, una matrimoniale ed una singola, entrambe ampie e luminose ed
un bagno con una bella vasca idromassaggio e doccia.
“Insomma non poteva andarmi meglio” esclamò la
ragazza “Mi sistemerò nella matrimoniale così
dormirò bella comoda”.
Sistemò le valige, fece una lunghissima doccia e mangiò
del sushi comprato alla stazione poco dopo l’arrivo nella nuova
città.
Si coricò piuttosto presto.
“Domani devo essere riposata e in perfetta forma. Mi aspetta una
dura battaglia”.
Si addormentò serena, pensando al suo amato karate e alle
nazionali che l’attendevano.
“Ecco signorina Akaido questa é la classe a cui
l’abbiamo assegnata. La 5G. Sì, il suo test era semplicemente
perfetto e così l’abbiamo inserita in una classe di due anni
più avanti. Ma sono sicura che non avrà problemi. Siamo felici di
averla con noi”
La preside la guardò sorridendo. Era una donnina piccola con
lunghi capelli bianchi-argento trattenuti da un fermaglio dorato alla base
della nuca. Gli occhi dolci, dietro agli occhiali d’osso, esprimevano
cordialità e comprensione.
Reika rimase a bocca aperta. Due anni più avanti. Cavoli! Sapeva
di essersi impegnata e di aver dato il massimo, ma non si aspettava certo di averlo
fatto così bene quel test! Si riprese velocemente dalla piacevole
sorpresa e constatò che quella gratificazione le aveva dato una carica
in più. E quella mattina ci voleva proprio. Non che non fosse carica
anzi, si sentiva un vulcano pronto ad esplodere, ma una piccola lusinga alla
sua autostima, non poteva farle che bene!
“Venga, l’accompagno nella sua nuova classe” disse la
preside alzandosi dalla sua comoda poltrona di pelle scamosciata ed avviandosi lentamente
verso la porta.
“Ma lei é giapponese?” le chiese mentre procedevano
lungo un ampio e pulito corridoio sul quale si affacciavano una sfilza di porte
color mogano.
“Sì, i miei genitori erano giapponesi”
“Ma quei capelli color dell’oro? Sono cosi lunghi e belli,
non passa certo inosservata in un mondo di teste more”
“Ah si, questi sono un dono della nonna materna. Lei era
tedesca.”
“Ah! ora capisco. Ecco siamo arrivati”
La preside aprì la porta dopo aver bussato con discrezione, dal
momento che le lezioni erano già iniziate da un’ora.
“Scusi l’interruzione professor Nagheshi, ma è
arrivata la nuova studentessa”
Reika entrò. Nell’aula si sollevò un sommesso
brusio che non passò inosservato alla bella ragazza, abituata
com’era, agli sguardi ammirati dei compagni di scuola.
“Bene ora vi lascio. Arrivederci signorina Akaido” la
salutò la preside, rivolgendole un’ultima affettuosa occhiata,
prima di accomiatarsi.
“Bene ragazzi, questa e la vostra nuova compagna. Prego signorina,
si presenti pure” disse l’insegnante, con tono gentile ed
incoraggiante.
Reika si voltò per la prima volta, da quando era entrata, verso i
nuovi compagni. Sino a quel momento aveva dedicato tutta la sua attenzione
all’esame delle figura del professore. Era alto e magro, coi capelli leggermente
spruzzati di grigio sulle tempie e un paio di folti baffi nerissimi.
Sembrava un tipo simpatico, e raramente sbagliava i suoi giudizi. La
ragazza disponeva, infatti, di una rara e preziosa dote: sapeva valutare con
estrema precisione le persone che si trovava di fronte, individuandone, in
fretta, i difetti, i pregi, i punti di forza e quelli deboli. A volte, aveva
bisogno di più tempo per la sua analisi, ma una volta fatta, sapeva
sempre come affrontare e sopraffare chi si trovava davanti…
Quindi alzò lo sguardo sulla classe e…faticò a non
lasciarsi sfuggire un urlo di sorpresa ed esultanza!
Lì, compostamente seduto in terza fila, vi era Danny Mellow e
accanto a lui Ed Warner, il quale aveva alla sua sinistra, nient’altro
che Mark Lenders!
“Non posso credere alla mia
fortuna, allora qualcuno lassù mi ama!. Non fallirò…Tigre a
noi due!” pensò sentendo il cuore accelerare per l’eccitazione.
Con voce chiara e melodiosa disse “Salve a tutti. Mi chiamo Reika
Akaido e sono la vostra nuova compagna. In realtà sono più
piccola di voi di ben due anni, ma mi hanno assegnato a questa classe. Non so
se ne sarò all’altezza, spero che voi tutti mi possiate
aiutare”
Che discorso del cavolo! Ma non le andava di dire niente di sé,
oltre al nome e all’età. E poi stava pensando a tutt’altro.
Non staccava gli occhi di dosso ai tre ragazzi. Due di loro se ne accorsero,
Warner e Mellow. Lenders, invece, apparentemente, non la notò neppure, intento
a fissare un punto indefinito oltre la finestra alla sua sinistra.
“Bene signorina, sono sicuro che sarà all’altezza. I
suoi test erano ottimi. Si può sedere in terza fila vicino alla
signorina Nabuashj”
Reika si diresse con passo deciso al posto assegnatole senza
distogliere lo sguardo dai tre giocatori. Warner e Mellow la osservarono con
un’espressione interrogativa dipinta in volto mentre un imbarazzante
disagio si faceva strada in loro: essere fissati in quel modo da due occhi cosi
belli, non era proprio loro indifferente…
Si sedette con grazia e smise di osservarli, fingendo di prestare
attenzione alla lezione, ma in realtà, intenta a riordinare le idee in
modo da sfruttare al meglio quell’inaspettato colpo di fortuna. “Quindi” pensò “Per ora non mi posso sbilanciare molto ma mi
sembra di aver capito che Lenders lo dovrò avvicinare di traverso.
Tramite i suoi amici. Mellow me lo giro come voglio, ma Warner mi sembra
più sveglio. Devo stare attenta a non fare passi falsi…”
Tra un pensiero e l’altro, arrivò la fine delle lezioni. I
nuovi compagni le si fecero attorno. Tutti tranne tre, ovviamente. Ma questo lo
aveva già previsto. Non le ci volle molto per capire che i tre calciatori
erano evitati e temuti dal resto della classe, e questo a loro andava benissimo
in quanto non desideravano essere avvicinati da nessuno.
Ma la ragazza non era dello stesso parere, quindi si liberò in
fretta dei compagni urlanti e scocciatori, e si appostò sfacciatamente davanti
al banco di Mellow.
“Ciao Danny. Io sono Reika ed è un vero piacere per me
conoscere il miglior centrocampista della nazionale giapponese. Ovviamente…
dopo Tom Becker” disse con il tono freddo e tagliente che i Price sapevano
sfoderare con disarmante disinvoltura.
Il ragazzo la fissò sbalordito, incapace di credere alle proprie
orecchie, totalmente spiazzato dallo strano comportamento della sconosciuta.
“Ciao anche a te Ed Warner. La tua tecnica di parata è la
mia preferita. Sei agile e veloce come un gatto. Hai un’elevazione
portentosa, ma ti manca ancora qualcosa per poter eguagliare il grande Benjamin
Price”
Ed, a quel nome tanto odiato, strinse i pugni con furia e Lenders,
finalmente, si girò a guardarla. Oh! E quindi era riuscita ad attirare
la sua attenzione. Gli era bastato sentire il nome del suo amato
fratellone…Come si stava divertendo…E ora l’atto
finale…
“E infine ciao anche a te Mark Lenders, Tigre del calcio. Nessuno
ti batte in potenza e resistenza. Ma pecchi in velocità e precisione.
Doti che … Oliver Hutton possiede invece in abbondanza!”
Quelle parole furono seguite da un silenzio tombale carico di tensione
pronta ad esplodere da un momento all’altro. I pochi ragazzi rimasti in
aula, se la diedero a gambe levate.
Lenders si alzò rosso di collera, mentre Danny ed Ed rimassero
immobili nelle loro posizioni, pietrificati dallo stupore. Al movimento
scattante e minaccioso della Tigre, Reika ritenne opportuno indietreggiare di
qualche passo.
Caspita, come era alto e che spalle larghe; non se lo ricordava così
imponente… ma poco male, la prestanza fisica non l’aveva mai
intimorita, anzi… Cambiando totalmente atteggiamento, sfoderò il
suo sorriso più dolce e disse “Comunque sia, é stato un
piacere. Spero altrettanto per voi” Ma quello che poteva sembrare un
gesto di resa, dettato dalla paura per l’imminente reazione di Mark, si
dimostrò ben presto esser tutt’altro. La ragazza, infatti, non era
per nulla spaventata, divertimento ed arroganza brillavano sfacciatamente nei
suoi occhi, e lo sfrontato occhiolino che inviò ai ragazzi, prima di
lasciare velocemente l’aula, fece loro capire, di essere stati
apertamente presi per i fondelli.
Reika, stava ancora ridacchiando beatamente lungo i corridoi della
scuola, pensando alle espressioni incredule ed arrabbiate dei tre giocatori,
quando le sue orecchie captarono un interessante discorso.
“……….per forza sono ancora senza manager. Ma li
hai visti? Fanno paura solo a guardarli. Chi vuoi che entri in una gabbia di
bestie inferocite?” disse un ragazzotto decisamente sovrappeso, dai
capelli impomatati e spessi occhiali da vista che coprivano degli occhi piccoli
e vacui.
“Ehm scusate” si intromise Reika. “ Ho sentito che
stavate parlando di un posto per una manager. Ma per la squadra di calcio della
scuola?”
“Sì infatti, sono mesi che la cercano ma nessuna ragazza
se la sente di stare in mezzo a quegli attaccabrighe” le rispose il
grasso ragazzo aggiustandosi gli occhiali sul naso per poter meglio ammirare la
femminea bellezza che gli stava di fronte.
“Scusate ancora” continuò Reika, al colmo dello
stupore. Non poteva creder alla sua fortuna! Ma allora il destino era proprio
dalla sua parte!
“A chi devo rivolgermi per quel posto?”
“Ma stai scherzando? Non vorrai mica farlo tu? Una ragazza
così carina e delicata se la mangiano in un boccone” rispose il
ciccione.
“Non ti preoccupare, troverò da sola a chi rivolgermi, se
proprio non me lo vuoi dire” disse sorridendo e, contemporaneamente,
pensando “Carina e delicata glielo
vai a dire a tua sorella, brutta faccia da maiale!”
“Ok…ok… se proprio insisti ti accompagno dal
responsabile tecnico del club di calcio. Vieni”.
Reika non se lo fece ripetere due volte e seguì il ragazzo
ciccione ed il suo amico al piano terra dell’edificio.
“Ecco, é la seconda porta a sinistra, ma secondo me ti
stai suicidando bellezza”
“Grazie sei stato molto gentile” rispose lei allontanandosi
velocemente per non cedere all’impellente desiderio di tirare un calcio
sul muso di quel sudicio maiale
Bellezza! Ma che confidenze si prendeva?
“Avanti” sentì dire al di là della spessa
porta di legno intarsiato.
Mezz’ora dopo, indossata la tuta blu della squadra di calcio,
seguiva con passo spedito, il responsabile tecnico che la stava conducendo al
campo dove si allenavano i ragazzi della Toho.
Reika, traboccante di felicità, già si pregustava
l’espressione incredula e sicuramente furibonda di Lenders. Chissà
se gli era passata l’arrabbiatura della mattina. Era stata proprio
perfida! Nominargli Benji e Holly in una volta sola, forse era più di
quanto quella “tenera” Tigre potesse sopportare…
Giunsero, in pochi minuti, a bordo campo. I ragazzi della Toho si
stavano allacciando le stringhe delle scarpe da calcio, pronti ad iniziare
l’allenamento.
“Ragazzi ho un’ottima notizia per voi. Finalmente ho
trovato una manager. La signorina Akaido, che mi dice avere anche molta esperienza
come infermiera. Perciò sono sicuro sarà un’ottima manager!”
disse l’uomo tutto d’un fiato.
Reika fece qualche passo avanti esattamente nel momento in cui un paio
di occhi fiammeggianti si posarono su di lei.
“Mister non é possibile che questa ragazzina faccia da
manager. Non voglio assolutamente poppanti piagnucolose all’interno della
squadra” disse il capitano stentando a reprimere la collera che divampava
chiaramente nel suo sguardo.
“Lenders tu comandi in campo, ma fuori le decisioni le prendo io.
La signorina sarà la vostra manager. E comportatevi bene altrimenti ve
la dovrete vedere con me. E con questo la discussione é chiusa.
Arrivederci”. Il responsabile tecnico non aveva ancora concluso la frase
che già si stava allontanando velocemente.
“Che vigliacco”
pensò la ragazza osservando la figura dell’uomo già lontana
“ Fa la voce grossa e poi scappa.
Ma hanno tutti paura di ‘sto Lenders? Porca miseria ma chi sarà
mai?”
“Ascolta ragazzina, credo che le cose non ti siano chiare. Noi
qui non ti vogliamo, perciò vattene con le buone oppure ti faccio
sparire io con le cattive, sono stato chiaro?” le disse Mark con tono
duro e sprezzante.
Reika si limitò a fissarlo con i suoi grandi occhi blu, senza
aprire bocca.
“Ehi sei sorda hai capito poppante?” Mark era sempre
più sconcertato ed irritato dallo strano comportamento di quella
ragazzina.
“Reika” disse lei dopo qualche istante, sostenendo senza
paura lo sguardo di fuoco di lui.
“Co…cosa hai detto?” balbettò completamente
spiazzato.
“Reika. Così mi chiamo. Forse non te lo ricordi e continui
a chiamarmi con nomignoli molto dolci. Certo, mi potrebbe anche piacere essere
chiamata così da te, ma non già dal primo giorno. Lasciami almeno
il tempo di conoscerti….”
“Ma che cazzo stai dicendo?” Mark era oramai fuori di
sé.
Reika si voltò verso Mellow con un’espressione annoiata in
volto “Scusa Danny mi sai dire che ore sono?”
Danny era allibito. Come il resto della squadra d’altronde.
Troppo stupito per ribellarsi, guardò l’orologio e balbettò“Le…le…
15.05”
“Ecco lo sapevo” sbottò la ragazza con aria di
rimprovero “ L’orario di allenamento è già iniziato
da 5 minuti e voi siete qui a farmi le feste invece di allenarvi. E tra un mese
e mezzo c’è il ritiro della nazionale. Forza ragazzi in campo.
Sono lusingata di tutto questo calore ma ora al lavoro” disse battendo
energicamente le mani.
“Ma sei impazzita?!? Che vai blaterando? Fuori da questo
campooooooo!Subitooooo!” Lenders, ormai senza controllo, aveva tutta
l’intenzione di afferrarla per la giacca della tuta e sbatterla di peso
fuori dal campo, ma lei lo prevenne girando sui tacchi ed entrando nella sede
del club.
“Oh l’ha capito, ora prende la sua roba e se ne va”
esclamò soddisfatto Mark.
Sollevato, si voltò a sua volta ed entrò in campo, pronto
per iniziare l’allenamento, seguito fedelmente dalla sua squadra.
CAPITOLO 3 IL PUGNO
Reika si diresse all’interno della sede del club ma non certo per
raccogliere le sue cose .
Quali cose poi? La sua divisa era ben piegata nella cartella che aveva
in mano e non aveva nient’altro con sé, ma tanto era il desiderio
di Lenders di togliersela dai piedi, che non l’aveva notato.
La ragazza fece un rapido giro del posto. Vi era un lungo corridoio dal
pavimento di un colore indefinibile, probabilmente in origine sulle tonalità
del giallo-crema, ma ora decisamente sul grigio, tanto era lo sporco rappreso.
La prima porta a sinistra era la cucina. Non appena vi entrò, un odore
di marcio ed acqua stantia la travolse, facendola arretrare di un passo. Che
orrore, avrebbe dovuto lavorare non poco per pulire tutto quel sudiciume!
La stanza successiva era un ripostiglio abbastanza ampio, con
all’interno tutto il necessario per le pulizie, scatoloni, colmi di acqua
ed integratori per i ragazzi, erano ammassati ordinatamente sulla parete in
fondo accanto ad un’enorme lavatrice per il bucato. Da un lato
all’altro della stanza correvano lunghi fili per stendere la biancheria.
La porta ancora dopo era un bagno piccolissimo ed, ovviamente, molto
sporco.
Sul lato destro del corridoio vi era, invece, un’unica porta al
centro. Reika l’aprì senza esitare e si ritrovò negli
spogliatoi. Il disordine era totale anche se, per quanto possibile,
l’ambiente era il più pulito della sede.
La ragazza sospirando rassegnata, si rimboccò le maniche della
giacca sino ai gomiti e cominciò a sistemare e strofinare, intonando un
allegro motivetto per farsi compagnia e darsi coraggio.
Sgobbò come una forsennata per tre ore e mezza. Ma, alla fine,
soddisfatta, constatò che tutto era pulito ed in ordine.
Si affacciò alla finestra della cucina. Il sole stava per
tramontare, ma i ragazzi non accennavano ad interrompere gli allenamenti, anche
se si vedeva benissimo che erano allo stremo dello forze. Reika sorrise sadicamente,
quando il numero 8 si accasciò al suolo, stringendosi un polpaccio,
probabilmente in preda ad un crampo muscolare.
Certo che ne avevano di resistenza. Più di tre ore a correre
come pazzi. E Lenders sempre ad urlare insulti a destra e a manca. Lo si
sentiva sino all’interno degli spogliatoi.
“Forse” pensò
ironica “ La loro non è
resistenza, ma paura del loro capitano. Vediamo di dare una mano a questi
poveretti”
Trascinò fuori, non senza difficoltà, uno scatolone pieno
di bottigliette d’acqua fresca, e subito dopo, una cesta colma di
salviette pulite.
Asciugandosi la fronte imperlata di sudore, si avvicinò a bordo
campo, intenzionata ad interrompere quella che era diventata più una
lotta al massacro che non uno sport.
Qualcosa, però, attirò irrimediabilmente la sua
attenzione, facendole dimenticare il suo proposito. Ed Warner, con uno scatto
felino, che avrebbe fatto invidia ad un acrobata professionista, era piombato
sulla palla, respingendola con una perfetta mossa di karate, facendo fare una
capriola al cuore della ragazza che lo fissava rapita.
Il portiere recuperò la sfera rotolata poco distante dai pali e
la passò velocemente ad uno dei compagni facendo riprendere il gioco che immediatamente si rifece concitato
ed aggressivo.
Subito dopo la rimessa in gioco del pallone, Warner percepì uno
strano senso di disagio, come se qualcuno lo stesse ostinatamente fissando. Si
assicurò che la palla fosse lontana dai piedi del pericoloso capitano,
prima di guardarsi attorno alla ricerca della causa di quella fastidiosa
sensazione. Sussultò stupito quando riconobbe la ragazzina di poco prima,
che lo osservava completamente imbambolata, senza vergogna né pudore, a
pochi passi dalla linea del fallo laterale. Ed sbuffò nervosamente
scostandosi dalla fronte i capelli inzuppati di sudore mentre perlustrava il
campo guardingo, per fortuna Mark era impegnato in un’azione di gioco e
guardava dalla parte opposta, se l’avesse vista, per quella incosciente,
sarebbe stata la fine! Il portiere,
nonostante la’spetto menefreghista, aveva un cuore tenero e non aveva
certo intenzione di assistere al massacro di un’ingenua ragazzina appena
giunta in città. Tentò di farle un cenno contenuto che passasse
inosservato ai suoi compagni e soprattutto al capitano, ma che la distogliesse
da quel pericoloso stato di torpore in cui sembrava piombata. La sua gentile
precauzione fu però inutile perché la ragazza non accennò
minimamente a muoversi e ben presto tutta la squadra si accorse della sua presenza
ed il gioco si bloccò istantaneamente a centrocampo.
“Ma guarda questa! Non solo
é ancora qui, ma anche sbava su Ed e mi distrae i giocatori. Ma ora la
sistemo io per le feste!” pensò con rabbia Mark che, come
tutti gli altri giocatori, fissava incredulo la sottile figura della ragazza,
immobile a bordo campo.
Lenders si voltò nella direzione di Reika, caricò il tiro
e contemporaneamente urlò “ Ehi poppante lo sai che é
pericoloso stare a bordo campo?”
Il pallone partì. Non era un tiro molto forte. Lui non voleva
certo ammazzarla, solo spaventarla. Il pallone le avrebbe fatto comunque male,
si trattava sempre di un tiro della Tigre, dopotutto!
Reika udì l’urlo del capitano e si riscosse, giusto in
tempo per vedere il pallone dirigersi implacabile verso il suo volto. I suoi
prontissimi riflessi le permisero di scansare il tiro senza difficoltà ed
evitare una dolorosa ed umiliante contusione.
Senza scomporsi, corse a recuperare la palla rotolata a pochi passi
dalla panchina. Ora avrebbe insegnato un po’ di educazione a quello
zoticone.
Agganciò la palla col piede destro e avanzò velocemente
verso Lenders “Sì, soprattutto se ci sono degli imbecilli come te
che tentano di ammazzare le personeeeeee!” urlò di rimando,
caricando il tiro.
Un calcio potentissimo partì in direzione di un immobile
capitano, per l’ennesima volta stupito dalla reazione di quella
incomprensibile donna. Mark si ritrovò una bomba in pieno stomaco e per
il dolore si piegò in due imprecando.
Reika lo osservò, leggermente preoccupata. Forse aveva
esagerato, a volte si dimenticava di quanto fossero potenti i suoi calci…
“Ehi tigrotto ti ho fatto tanto male?” le uscì dalle
labbra senza riflettere.
Realizzò il significato delle sue parole, solo quando vide Mark rialzarsi
lentamente per poi dirigersi nella sua direzione col volto livido di collera ed
un’espressione omicida.
La ragazza indietreggiò lentamente, a piccoli passi, sino a
trovarsi spalle al muro.
Non aveva paura. Poteva difendersi benissimo anche da un energumeno
inviperito. Ma cercava di guadagnare tempo, per decidere quale fosse la cosa migliore
da fare.
Lenders sembrava avere tutte le intenzioni di prenderla a pugni.
Ma lo avrebbe fatto? Lui non sapeva che lei era molto forte e lo poteva
stendere in poche mosse. Avrebbe alzato le mani lo stesso? Contro una ragazza?
“Se lo fa giuro che prima
gli spezzo una gamba, così salta le nazionali compromettendo seriamente
la sua carriera, e secondo, me ne torno a casa e picchio Benji sino a che non
mi firma quella cavolo di autorizzazione..” pensò appiattendosi il più
possibile contro la parete di cemento, tenendo a bada il suo ritmo cardiaco con
profondi e regolari respiri, tecnica che aveva appreso solo dopo lunghissimi ed
estenuanti allenamenti di concentrazione. Dal di fuori la ragazza appariva
perfettamente calma e padrona della situazione.
Mark invece, arrestatosi di fronte a lei, non faceva nulla per
nascondere la rabbia che lo invadeva facendolo fremere. La sovrastò completamente con la
sua imponente figura fissandola cupo. Tutta la squadra lo aveva seguito e i
compagni tremavano all’idea
del massacro che il loro capitano si apprestava a fare, ma nessuno osava dire anche solo una parola.
Gli unici due, che avrebbero potuto intervenire, se ne stavano ancora
in mezzo al campo, palleggiando svogliatamente tra di loro.
“Ehi Ed, non e meglio fermare Mark?” chiese Yellow
lanciando un’occhiata di sottecchi al capannello di persone attorno alla
povera ragazza
“Ma dai Danny, Mark non picchierebbe mai una donna. Lo
sai!”sbuffò annoiato il portiere.
“Si ma é furioso …….ma Ed dove vai?”
“Corri Danny sta caricando il pugno. O mio Dio, l’ammazza!”
urlò spaventato il ragazzo correndo
perdifiato verso il suo capitano.
Reika, inchiodata al muro, completamente nascosta dal massiccio corpo
di lui, lo fissava dritto negli occhi fremente di rabbia cercando di ignorare
il possente braccio del capitano sollevato sopra di lei.
Non voleva colpirla, solo spaventarla. E che caspita! Non era mica uno
che picchiava le donne. Nonostante qualcuno lo pensasse… “Ma questa non si spaventa. Anzi mi guarda
con aria di sfida. Ma allora vuole morire” pensò il ragazzo perdendosi,
per un brevissimo istante, nel blu di quelle iridi scintillanti, che gli
ricordavano il mare in tempesta.
Reika, all’apparenza sempre impassibile, si ripeteva incessantemente,
come un ritornello“ Su provaci
bastardo e poi ti sistemo io. Dai Reika non fa male. Puoi resistere. Non
farà male. Almeno non quanto poi ne farai a lui…non fa male…”
Il pugno partì. Violentissimo.
La ragazza lo sentì sibilare vicinissimo al suo orecchio
sinistro. Non batté ciglio anche se non poté impedire al suo
respiro di arrestarsi per alcuni secondi, ma quella fu l’unica debolezza
che concesse al suo corpo perfettamente sotto controllo.
“Ahi” sussurrò Mark a testa bassa, con il volto e gli
occhi vellutati parzialmente nascosti dai lunghi capelli scuri che sfioravano
la fronte ghiacciata di lei, tanto le era vicino.
Ed e Danny, ansanti per la corsa e lo spavento, si bloccarono accanto a
Mark, videro il sangue scendere dalla mano del loro capitano che aveva colpito violentemente
il muro a pochi centimetri dall’orecchio della ragazza.
“Forza ragazzi la pausa e finita” esordì Reika,
staccandosi dal muro e ponendo una qualche distanza di sicurezza tra lei ed il
ragazzo che l’aveva scombussolata più di quanto era disposta ad
ammettere, non era più tanto sicura di riuscire a nascondere il
turbamento che prepotentemente si stava facendo strada dentro di lei…
“Tutti in campo per l’ultima mezz’ora di allenamento.
Tutti tranne il vostro capitano che ora si farà medicare la mano”
“Ma neanche per sogno. Lo vuoi capire o no che devi
sparire?” sbraitò Mark
“Lenders ti lancio una sfida” disse la ragazza con uno
sguardo glaciale.
“Ma sei impazzita? Ma allora tu le vuoi proprio prendere. E che
sfida vuoi lanciarmi? Per un tiretto che hai fatto, ti sei montata la
testa?”
“Ma che hai capito, io non voglio sfidarti a calcio. Non accetto
sfide perse in partenza. Io sfido solo quando so di poter vincere”
“E che sfida vuoi?”
“Allora accetti?”
“Accetto tutto, basta che ti togli dalle palle”
“Ok la sfida è questa. Se vincerai tu sparirò per
sempre da questa città. Se vincerò io, avrò la
soddisfazione di aver vinto punto e basta”
Non poteva certo dirgli “Mio
fratello, nonché tuo peggior amico, mi permetterà finalmente di
realizzare il mio sogno..”
”Che cavolo dici? Dimmi che sfida è!”
“Io ti giuro Mark Lenders, che se entro un mese e mezzo non ti
avrò trasformato da tigre inferocita a dolce gattino, sparirò per
sempre dalla tua vita. Accetti?”
Mark rimase a bocca aperta, incurante della figura da allocco che stava
facendo davanti alla sua squadra. Ora non era neanche più incazzato. Era
semplicemente stravolto. Ma era pazza? Sì non vi erano altre spiegazioni
plausibili: quella furia era appena scappata da un manicomio!
“Beh! io interpreto il tuo silenzio come un sì. Forza
ragazzi ancora qui? Tutti in campo. Mark vieni che ti sistemo la mano e
soprattutto controllo che non ci sia niente di rotto. Se non interveniamo
subito potresti avere serie conseguenze e magari saltare anche la nazionale. Su
non fare l’orgoglioso e seguimi negli spogliatoi!”
“Si Mark la ragaz…ehm Reika ha ragione, se hai qualcosa di
rotto bisogna sistemarlo subito. Ragazzi avete sentito la nostra manager? Tutti
in campo” E dicendo ciò, Ed si voltò e corse verso il campo,
seguito a ruota da tutta la squadra.
“Grazie Ed…”bisbigliò Reika.
Ora che Ed l’aveva accettata era a metà dell’opera.
Ma le restava la parte più difficile. Farsi accettare da Mark Lenders.
Questo appariva sempre più stravolto. Ci si metteva anche Ed. E
poi questa ragazzina che lo fissava. Ma che stava succedendo?
Reika non si limitò a guardarlo con occhioni luccicanti, ma
sorrise dolcemente, dicendogli “Per favore capitano, lascia che controlli
la tua mano”
“Non se ne parla neanche!” tentò di opporsi
ostinatamente lui.
Qual’era la tecnica migliore per far capitolare Mark Lenders? Provocarlo,
semplice!
“E dai capitano non avere paura, non ti farò male”
disse con fare insinuante.
“Paura?!?!?!PAURA IO?!?!?Ma sei scema? Muoviti e facciamola finita
con questa storia!” sbraitò entrando come una furia negli
spogliatoi, seguito da una donna con un’inequivocabile espressione di
vittoria stampata a chiare lettere in volto.
Ed, appoggiato al palo della sua porta, aveva seguito lo scambio di
battute tra il suo capitano e la nuova manager e sorrise incredulo, scuotendo
la testa “Io quasi quasi scommetto
con Danny 2000 yen che quella ragazza vincerà la sfida!”pensò
divertito sistemandosi i guanti logori.
Mark si sedette rabbiosamente a cavalcioni di una panca
“Ma te ne intendi o hai detto una palla a quel cretino del mister
per farti prendere?” chiese in malo modo osservando lievemente
preoccupato la sua mano sanguinante che continuava a gocciolare sul pavimento lindo.
“Tranquillo ora vedrai” disse la ragazza avvicinandosi con
una salvietta imbevuta di disinfettante.
Si sedette anche lei a cavalcioni di fronte al ragazzo. Gli prese la
mano con cautela, avvolgendola nella salvietta e pulendola con cura.
Una volta fatto ciò, controllò che non vi fosse nulla di rotto,
palpando la grande e nerboruta mano del capitano con gesti esperti e delicati.
“Si sta gonfiando, ma non c’è nulla di rotto. Ti
metto questa crema e ti fascio. Dopo la doccia ti rifaccio la fasciatura e la porterai
anche domani. Poi potrai farne a meno” disse mentre spalmava la crema
analgesica con movimenti leggeri e fluidi.
“In effetti devo ammettere che sei brava, non avevi detto una
palla” ammise lui colpito dalla delicatezza con cui lo toccava e dalla
perfetta fasciatura che aveva iniziato ad applicargli.
“Ci mancherebbe altro con tutte le volte che ho fasciato dita e
mani a mio fratello…”
Si interruppe bruscamente…Ops che aveva detto! Mossa falsa!
“Fratello? Hai un fratello?”
“Ma sei cretino ora ti
metti a discutere con questa arpia dei fatti suoi…”
“Sì” bisbigliò Reika concentrandosi sulla
mano del ragazzo, pregando che lui non si accorgesse di nulla.
“E che fa tuo fratello per aver sempre bisogno di fasciature alle
mani?”
“Oh niente di speciale. Solo é… un tipo molto
distratto…”
“Oddio! Se Benji mi
sentisse, mi rinnegherebbe…”pensò mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore.
“Ecco ho finito” disse infine
”Uh” mugugnò il ragazzo“Torno in campo” borbottò
alzandosi e uscendo senza neanche voltarsi per ringraziarla.
Alle 19.10 gli allenamenti finalmente terminarono. Reika attendeva i
ragazzi alla panchina con le salviette pulite e l’acqua. Tutti furono
piacevolmente colpiti da queste attenzioni, normali per tutte le altre squadre,
ma non per la Toho non aveva mai avuto una manager.
La ragazza porse le salviette ai giocatori e commentò “Si,
siete molto bravi ma ci sono alcune cose che vanno migliorate. Soprattutto voi
tre che giocherete in nazionale. Danny sei veloce e preciso. I tuoi passaggi
sono precisi al millimetro, il tuo tiro è potente se solo…tu lo
usassi. Perché non tiri mai in porta? Devi avere fiducia nelle tue
capacità e se ti capita l’occasione buona concludi senza
esitazioni. Ed sei meraviglioso. Starei delle ore a guardarti…ed infatti
per questo motivo ho rischiato di venir ammazzata da un pallone
volante…” risatine divertite accolsero la volontaria battuta della
ragazza, che ammiccò maliziosamente in direzione del portiere,
aumentando l’ilarità generale “Ma noto una certa insicurezza
sul lato sinistro. Hai qualche problema col braccio sinistro?”
“Beh veramente un anno fa ho subito un brutto infortunio alla
spalla. Ora e perfettamente guarita ma d’istinto tendo a
proteggerla” confermò il portiere in parte imbarazzato dalla
battuta della ragazza e in parte sorpreso dalla sua perspicacia.
“Devi superare questo istinto. La tua debolezza si vede sin
troppo. Mark con te proprio non ci siamo. Perché vuoi sempre strafare? E
poi perché sempre e solo potenza? Perché non migliori
l’effetto, la classe, la tecn…”
“Bastaaaaaaaaaaaaa” scoppiò come un tuono il bomber
giapponese “Non solo ti insinui a tutti i costi nella squadra. No, alla
signorina non basta fare la manager. Vuole fare l’allenatore adesso. Tra
un po’ ti metti la divisa e scendi in campo!!!Basta sparisci!”
“Uff!Ma come sei monotono. Era solo qualche consiglio tanto per
fare due chiacchiere. Dai andate a farvi la doccia che siete tutti sudati ed
é sera ormai, potreste prendere freddo”
“Ma per che ci hai preso per delle femminucce, poppante?”
“Ehi tigrotto, ma non si può mai dire niente con
te!” lo provocò Reika mentre gli porgeva la salvietta pulita, questa
volta pienamente consapevole di stuzzicare l’ira della Tigre.
Lui con mossa fulminea le afferrò i polsi. Questa volta glieli
avrebbe stritolati e così l’avrebbe fatta star zitta una volta per
tutte. Sì, se solo li avesse afferrati i polsi. Invece si trovò
tra le mani la salvietta, mentre la ragazza lo guardava, a una ragguardevole
distanza di sicurezza, con un sorrisetto storto che gli ricordava tanto
qualcuno… Ma come aveva fatto?
“Questa è più
veloce di Ed!”pensò.
Lo stesso pensiero ebbe Ed che, perplesso, scrutava con attenzione la figura
della ragazza.
“Su a lavarvi tutti quanti”
E ai giocatori, non restò altro che ubbidire docilmente.
“Ciao Reika”
“Ciao a tutti, a domani”salutò la ragazza osservando
annoiata il gruppetto di giocatori allontanarsi.
“Uffa ma quanto ci mettono a uscire da lì? Sono quasi le 8
e io devo sistemare gli spogliatoi, buttare le divise in lavatrice e chiudere
tutto. Ma mi sono stufata ora busso”
Colpì con decisione la porta degli spogliatoi.
“Ehi Danny, Ed, Mark, vi volete muovere, io non voglio fare
notte”
La porta si aprì ed Ed la guardò interrogativo
“Ma che ci fai ancora qui?”
“Ma come che ci faccio! Devo sistemare e fare il bucato e voi
siete gli ultimi! Siete tutti vestiti? Bene io inizio a sistemare che è
già tardissimo”
“Va bene allora manag… ehm Reika noi andiamo a
domani” disse Danny gettandosi la sacca in spalla e avviandosi alla
porta.
“Si ciao a domani” borbottò la ragazza gettando
magliette e calzoni in una grande cesta di vimini.
“Dì un po’ mocciosa, viene tuo fratello a
prenderti?”chiese Mark acido come sempre quando era costretto a rivolgere
la parola a qualcuno che avrebbe preferito evitare.
“No mio fratello non è in città in questo periodo,
vado a casa da sola”
“Coosaa?”esclamò Ed “Ma sei matta? Io non so
da dove tu venga, ma qui a Tokyo una ragazza non può girare la sera da
sola”
“Ah no? Non lo sapevo, é così pericolosa la
città?”
“Smettila di fare domande cretine e muoviti ragazzina. Quanto ci
metti a finire?” chiese sempre più acido Mark.
“Ehm… se mi aiutate un paio di minuti, altrimenti una
decina”.
E fu così che i tre temutissimi assi della Toho, si ritrovarono
a raccogliere le magliette e i calzini sporchi dell’intera squadra,
insieme ad un demonio dai capelli d’oro!
“Ehi manag…Reika dove abiti? Io sarei arrivato” disse
Danny guardando la ragazza e i due compagni.
“Non molto lontano. Grazie Danny di avermi accompagnata sino a
qui. E buonanotte. Ah Danny, un’altra cosa se proprio ti viene di
chiamarmi manager, non farti problemi io non mi offendo”
“Tu no, ma qualcun’altro sì!”
“Chi il capitano? Ma no, vedrai che tra un po’ sarà
il più entusiasta di tutti!”
Danny faticò a non scoppiare a ridere davanti allo sguardo
esageratamente sdolcinato che Reika rivolse a Mark, il quale, dal canto suo,
era pronto ad esplodere da un momento all’altro.
Ma non ne ebbe il coraggio di provocare ulteriormente il suo super irascibile
capitano e quindi disse solamente “Buonanotte manager, é un
piacere averti tra noi!”
Quella era l’ultima frase che Mark voleva sentir dire
all’amico, Danny lo sapeva bene, e per questo motivo entrò di
corsa in casa.
Proseguirono ancora un po’ lungo una strada ampia ed illuminata
da una fila di lampioni che diffondevano una rilassante luce gialla.
“Reika sarei arrivato anche io. Però se vuoi
proseguo…”
Ed era combattuto, non gli sembrava una buona idea lasciare la ragazza
sola con Mark. Magari ricominciavano a beccarsi e lui la mollava in mezzo alla
strada.
La ragazza comprese al volo il suo dubbio “Ed tranquillo, Mark
non mi mollerebbe mai in mezzo alla strada, sola di notte. Buonanotte e grazie
anche a te”
Ma come aveva fatto? Era telepatica?
“Reika sei …io…benvenuta anche da parte mia” disse
il portiere, reggendo lo sguardo assassino del suo capitano.
Mark non ci poteva credere. Nel giro di un pomeriggio, quella mocciosa
aveva conquistato tutta la squadra. Pazienza per quei cretini dei suoi
compagni, col cervello che avevano non ci si poteva aspettare altro, ma Danny
ed Ed… non poteva crederci! Erano sempre stati tutti e tre convinti che
una manager fosse più un impiccio che un aiuto. E ora erano qui a
ringraziarla di esistere. Ma robe da pazzi!
“Ehi Mark aspettami, Ciao Ed e…Grazie”.
Camminarono ancora per diversi minuti in silenzio
“Mark?”
“Non parlare. Ogni volta che apri bocca fai danni”
“No io volevo dirti che…”
“Ma mi capisci quando parlo? Zitta! Chiudi quella fogna che ti
ritrovi al posto della boccaaa!”
“Ma Mark io volevo solo dirti che sono arrivata”
“Ma allora le vuoi prende…cosa? Arrivata? Ah….sì….non
avevo capito”
“Eh per forza non mi fai mai parlare”
“Ma se non riesco mai a farti stare zitta”
“Dai, basta così” disse Reika chiudendosi il
cancello alle spalle “Sembriamo due innamorati al primo bisticcio e noi
non siamo ANCORA innamorati, vero….tigrotto?”
“Ma io ti ammazzo”.
Ma la ragazza era già entrata in casa, chiudendosi la porta alle
spalle con un sonoro tonfo.
Dalla finestra osservò compiaciuta la massiccia figura della
Tigre che si allontanava scuotendo la testa rabbiosamente.
“E questo è solo l’inizio, mio caro” sussurrò
divertita scrutando la sagoma del ragazzo che veniva inghiottita dal buio della
notte.
CAPITOLO 4. UNA SCIOCCA
VENDETTA
“Oh caspita com’è tardi …non ce la farò
mai ad arrivare prima della campanella”
Reika correva a più non posso verso la scuola.
“Cavoli, ieri sera Benji mi ha tenuta al telefono sino a
mezzanotte passata. Possibile che il mio taciturno fratellone diventi un
chiacchierone irrefrenabile solo con me? E come se non bastasse stamattina ho
spento la sveglia senza rendermene conto…Beh…quella stupida mi ha
interrotto un sogno bellissimo….”
Quella mattina stava beatamente sognando il portiere della Toho, quando
l’odioso trillare dell’orologio si era insinuato a forza nel suo
idillio. Avevano disputato un incontro estenuante e lei, dopo mille
difficoltà, gli stava dando il colpo di grazia…
”E quella maledetta sveglia si é messa a suonare e
così io non l’ho potuto stendere! Accidenti” sbottò
delusa.
Intanto era arrivata, ansante e sudata, davanti alla porta della sua
classe mentre la campanella di inizio lezione, suonava stridula.
“ Uff! ce l’ho fatta per un pelo!” esclamò
entrando.
Tutti, e questa volta proprio tutti, si voltarono a guardarla. Era
semplicemente bellissima. Col fiatone, le guance arrossate e gli occhi lucidi
per la folle corsa.
“Ciao ragazzi come va?” disse fermandosi di fronte al banco
di Danny “ Ehi che state facendo? Fate gli esercizi di matematica? Ma non
farete mai in tempo prima dell’arrivo del professore. Ascolta Danny ti
faccio copiare i miei esercizi se mi fai sedere vicino a te”
Si abbassò con studiata lentezza, sino a sfiorare
l’orecchio del ragazzo, mentre una ciocca dei lunghi capelli, sfuggita
alla pesante treccia con cui li aveva raccolti, solleticava la guancia del
centrocampista.
“Ti prego ti prego ti prego. Io la mia vicina di banco non la
sopporto. È così insulsa” gli sussurrò piano in modo
che nessun altro potesse udire le sue parole.
“Ehm….si….va bene…..” balbettò il
ragazzo che era arrossito violentemente.
Questo lei, con calcolata freddezza, lo aveva previsto. Nel totale
imbarazzo il centrocampista non si sarebbe opposto alla sua richiesta!
Avuto il facile consenso di Danny, avvicinò un banco vuoto e prese
posto, mentre il resto della classe osservava stupefatta le sue mosse. Ma
perché una ragazza tanto carina si ostinava a voler stare con quegli
antipatici sbruffoni? La componente maschile della classe non se ne dava pace,
mentre le ragazze invidiavano, di nascosto, la sfacciataggine della nuova
arrivata che, in quattro e quattr’otto, si era tanto avvicinata ai sogni
proibiti di tante studentesse: i campioni nazionali!
Danny per dissimulare l’evidentissimo imbarazzo, e tentando di
ignorare le occhiate di disapprovazione del suo capitano, chiese“Ehm…come
mai in ritardo stamattina?”
“Ho spento la sveglia senza accorgermene. Stavo
sognando….”
“Ah ah la poppante stava sognando!” Intervenne Mark
infastidito dalla sfrontataggine della ragazza e dall’imbarazzo
dell’amico.
“ E cosa sognava la ragazzina? No...lasciami indovinare. Sognavi
la mamma che ti cambiava il pannolino e ti dava il latte?” disse cattivo,
convinto, con quella battutaccia, di vederla arrossire almeno quanto Danny. .
“E con questa battuta
ti ho tappato la bocca strega”
pensò.
Ma Reika ancora una volta non reagì come lui si aspettava.
“Oh no un sogno molto più bello. Stavo sognando Ed!”
disse candidamente, fissando il portiere dritto negli occhi, senza alcun
pudore.
Questa volta fu Ed ad arrossire violentemente e Mark ammutolì di
fronte a tanta audacia, mentre, sconsolato, osservava i volti dei suoi due
migliori amici sfiorare le sfumature del viola, e la loro dignità
disintegrata da una ragazzina con gli occhi color del mare in tempesta.
“E anche per oggi e finita” disse Reika stiracchiando le
braccia sopra la testa in un modo non proprio elegante, poco dopo lo squillo
dell’ultima campanella.
“Voi che fate ora?” chiese con tono fintamente ingenuo.
“Andiamo a mangiare e poi agli allenamenti” rispose Danny.
“Ho capito. Allora ci si vede al campo”
“Ma con chi mangi?” chiese sempre Danny
“Da sola. Non conosco nessuno di interessante qui a parte voi
tre. Ma se mi unisco a voi, Mark ne sarebbe così contrariato che non
inghiottirebbe neanche un boccone!”
“Guarda che a me, che tu ci sia o non ci sia mi e del tutto
indifferente” rispose il ragazzo piccato.
“Ah si? Allora facciamo dei passi avanti. Ieri volevi che
sparissi perché la mia presenza ti era insopportabile e oggi mi dici che
ti sono indifferente. Comunque se é così, mi unisco volentieri.
Dove si va a mangiare?”
“Ma guarda che sfacciata. Nessuno ti ha invitato..” Mark si
sentì, giustamente, raggirato per l’ennesima volta.
“Dai Mark lascia stare altrimenti non é più
finita” intervenne Ed “ Noi di solito pranziamo su un tavolo in
giardino. Vieni, seguici” la invitò Ed facendo strada seguito
dalla ragazza e dai due amici.
Il pranzo, strano ma vero, si svolse in maniera del tutto tranquilla.
Mark non disse una parola e la ragazza parlò incessantemente con Ed e
Danny del più e del meno. Il suo modo di fare non risultò
né fastidioso né invadente ai due amici, anzi, i suoi discorsi
erano divertenti e stuzzicanti tanto che, più volte scoppiarono a ridere
o la incalzarono con domande, sinceramente incuriositi da quella strana e
bellissima creatura.
“Ok vi precedo al club così finisco di fare la lavatrice.
Avrei dovuto farlo stamattina prima delle lezioni ma…ehm…sì,
insomma non mi sono svegliata! Ciao a dopo ragazzi” e scappò via,
veloce ed imprevedibile come sempre.
A quell’allusione, Ed arrossì un’altra volta, e Mark,
incapace di trattenersi oltre, sbottò “Insomma Ed la smetti di
arrossire come una donnetta? Ma che cazzo vi prende a voi due! Vi fate
abbindolare da una ragazzina invadente e sfrontata!”
“Ma Mark che dici! Smettila di fare tutte queste storie! In fondo
devi ammettere che é simpatica! E poi non é per niente una
ragazzina….non so se hai notato certi interessanti particolari…”
“Ed basta! Non la sopporto e farò in modo che se ne vada
il prima possibile! Non vi riconosco più!E se non la smettete subito,
faccio sparire anche voi due!”
Mancava poco meno di mezz’ora alla fine degli allenamenti quando
cominciò a piovere a dirotto. Reika sistemò le bibite e la cesta
con le salviette sulla panchina e si mise a chiamare a gran voce
“Ragazzi venite qui per favore!”
Il gioco si bloccò mentre la palla rotolava incontrastata verso
il fallo laterale. Qualcuno di loro si stava già avviando verso la
panchina, irresistibilmente attratto dal richiamo di colei che ormai era ufficialmente
la loro manager.
Una voce profonda e minacciosa li fermò.
“Ma dove credete di andare? Non vi ho mica detto di fermare il
gioco. E tu oca starnazzante che vuoi? Come ti permetti di
interromperci?”
“Ma capitano” rispose lei candidamente “ Sta per
piovere e siete tutti sudati ed accaldati. Potreste prendere una brutta
infreddatura. Per di più mancano solo una ventina di minuti alla fine
e….”
“Zitta! E voi continuate a giocare”
“Ma capitano tra cinque settimane c’è il ritiro
della nazionale e se uno di voi si ammala dovrà stare fermo qualche
giorno e questo potrebbe danneggiare la sua preparazione atletica…”
insistette.
“Insomma vuoi tacere si o no?”
“Mark, Reika ha ragione siamo sudati e rischiamo di prendere
freddo. Dai andiamo a cambiarci” disse il portiere avviandosi verso la
panchina e prendendo la salvietta che la ragazza gli offriva.
Il resto della squadra fece lo stesso. Mark li raggiunse e disse furibondo“
Ah la mettete cosi? Ora non si ubbidisce più al capitano? Ma ora ve la
faccio vedere io”
E stava per colpire il primo malcapitato che aveva vicino.
Ed lo bloccò con mossa fulminea “Mark ti stai rendendo
ridicolo. Avresti interrotto anche tu l’allenamento! Ora solo
perché l’ha detto lei fai l’irragionevole. Insomma in fondo
ha ragione e lo sai!”
“Ed vai al diavolo ! Tu e tutti gli altri! Io torno in
campo” e rivolse uno sguardo pieno di odio e sfida alla causa dei suoi
guai.
La ragazza lo guardò seria “ Ancora qui capitano? Muoviti
vai subito in campo!”disse stupendo tutti.
“Ma mi prendi per un idiota? Tu non mi dici cosa devo o non devo
fare! Io ora vado a fare la doccia e tu non osare più aprire
bocca!” sbraitò, dirigendosi con passo spedito negli spogliatoi,
seguito dai compagni.
Ed e Danny rimasero indietro. Si voltarono a guardare Reika e, cogliendo
l’espressione di trionfo della ragazza, scoppiarono a ridere a
crepapelle.
Mark accortosi che i due amici non l’avevano seguito nello spogliatoio,
tornò fuori. Vide i tre letteralmente piegati in due dalle risate e
capì di esserci cascato, ancora una volta, come un perfetto imbecille.
Ed, asciugandosi gli occhi per il troppo ridere, afferrò Danny
per le spalle e lo trascinò nello spogliatoio dicendogli piano, in modo
che nessuno sentisse “Danny io scommetto 2000 yen che Reika
vincerà la sfida con Mark!”
“Nooo”
“Oh sì invece!”
“Ehi ragazzi sempre la solita storia! Siete gli ultimi e io
voglio andare a casa!” urlò la ragazza tempestando di pugni la
porta degli spogliatoi.
“Ok Reika entra pure siamo vestiti” le disse Ed ridendo
“Ma insomma possibile che siate sempre gli ultimi? Mamma mia
guarda qui che disastro!” disse cominciando a raccogliere velocemente
magliette, pantaloncini e calzini.
“Sai Reika non ti abbiamo ancora ringraziata. Questo posto non e
mai stato cosi pulito e ordinato” le disse Ed incurante degli sguardi
assassini di Mark.
Ed era l’unico che aveva il fegato e la forza di tener testa
all’irascibile capitano. Almeno sino al giorno prima era l’unico!
“Oh si poppante cara! Grazie di esistere!” gli fece il
verso Mark.
“Oh capitano grazie troppo gentile” disse lei di rimando
fingendo di credere alle sue parole
“Guarda che sto scherzando!”
“Ah davvero? Beh non ha importanza! Ogni scherzo ha un fondo di
verità e io mi voglio illudere!”
“Va al diavolo!”sbuffò esasperato il capitano,
ripromettendosi di non rivolgerle la parola mai più.
Nel tragitto verso casa Reika, Danny e Ed parlarono allegramente. Le
stavano discretamente chiedendo alcune
informazioni sul suo conto: da dove veniva, con chi viveva, e via dicendo. La
ragazza stava bene attenta a dare risposte vaghe ma convincenti, in modo da non
dire niente più del necessario, senza insospettirli. Stava raccontando
un sacco di frottole e le rimordeva la coscienza.
Senza contare tutte le bugie che aveva detto a Benji la sera prima al
telefono! Al solo pensiero si sentiva un verme. Ma il fine di tutte quelle
bugie era troppo importante per lei. E perciò mise da parte tutti gli
scrupoli.
Ormai Danny ed Ed l’avevano accettata completamente nel giro di soli
due giorni. Niente male.
Invece Mark era sempre più astioso. Avevano già salutato
Danny ed Ed e stavano percorrendo l’ultimo tratto di strada da soli in
silenzio. Reika pensò “Qui
c’e qualcosa che non va! Forse lo sto provocando troppo e lui per reazione
si sta chiudendo sempre più a riccio. E inoltre mi guarda con odio.
Forse ho esagerato….”
Mark, accanto a lei, era assorto in pensieri più o meno simili
“Questa qui sta proprio esagerando.
Me ne devo liberare in fretta e darle anche una bella lezione. Devo farmi
venire qualche idea…”.
“Mark sono arrivata. A domani capitano”
Lui non la salutò neanche, e tanto meno si girò a
guardarla. Insomma fece come se lei non esistesse.
“Eh si! Mi sa tanto che sto sbagliando qualcosa…”
mormorò la ragazza entrando in casa.
La mattina seguente, contrariamente alle sue abitudini, Reika si
svegliò molto presto.
Indossò la tuta, mise la cartella e la divisa in una sacca e
fece una corsa sino al campo da calcio.
Doveva assolutamente scaricare la tensione e l’ansia con
dell’esercizio fisico.
Quanto le mancava il karate! Se solo avesse avuto
l’opportunità di chiedere ad Ed di allenarsi insieme. Ma lui come
avrebbe reagito? Le avrebbe riso in faccia e detto “No grazie non mi metto con le ragazze?” No, non era ancora il
momento giusto per chiederglielo. Accidenti ma perché era nata donna?
Quanti problemi in meno se fosse stata un ragazzo!
Giunta alla sede del club di calcio, aprì la porta con le chiavi
che le aveva dato il mister ed entrò nel ripostiglio. Buttò le
divise sporche, accatastate la sera precedente, in lavatrice ed avviò la
macchina. Raccolse e piegò gli indumenti già asciutti, stesi ordinatamente
sui fili. Li sistemò con cura nei vari armadietti, stando bene attenta a
non confondere i capi, tutti dotati di un’etichetta interna riportante il
nome del proprietario. Per ultimi sistemò gli indumenti del capitano.
Accarezzò assorta il ruvido tessuto della maglietta…
“Oggi Mark lo lascio stare. Sono sempre più convinta di
aver esagerato” disse chiudendo anche l’ultimo armadietto.
“E ora una bella doccia e poi a lezione! Inizia una nuova
giornata con la Tigre!”.
Chiuse la porta a chiave.
“A quest’ora non verrà nessuno. Ma la prudenza non
è mai troppa”
Si spogliò, raccolse i suoi vestiti e li ficcò nella
sacca, quindi si avvolse in un asciugamano ed entrò nella doccia
facendosi beatamente avvolgere dal getto di acqua bollente.
“Non mi e venuta nessuna idea per sbarazzarmi di quella
lì” sbuffò spazientito Mark aprendo la porta degli
spogliatoi con la chiave di riserva.
Aprì il suo armadietto e prese il libro che aveva dimenticato la
sera prima e che gli serviva per la prima ora di lezione. Lo chiuse e si
girò.
E rimase pietrificato.
Davanti a lui c’era l’ultima persona che voleva vedere. E
soprattutto non in quelle condizioni!
Il ragazzo deglutì a vuoto mentre le sue pupille si dilatarono
facendo sembrare ancor più scuri e minacciosi i suoi temibili occhi.
Reika era appena uscita dalla doccia ed era avvolta in un asciugamano bianco
che le copriva giusto il minimo indispensabile. I seni, piuttosto abbondanti
per lo standard giapponese, erano praticamente scoperti e rigati da goccioline
di acqua profumata che, incuranti degli sguardi di fuoco del ragazzo, si
infilavano nell’attaccatura di quelle morbide curve. Le gambe affusolate,
erano completamente nude, accarezzate dalle punte dei lunghi capelli sciolti ed
umidi. Il volto dolcissimo, reso ancor più irresistibile dal lieve
rossore provocato dallo stupore e dall’imbarazzo, era illuminato da due
occhioni spalancati che lo fissavano timidi e leggermente spaventati.
Mark faticò a riprendersi. Trattenne il fiato mentre il suo
corpo reagiva prepotentemente al richiamo dei sensi, incurante della sua
volontà. E l’aveva anche chiamata poppante? Ma quella era la donna
più donna che avesse mai visto!
“Ehm…Mark che ci fai qui a quest’ora?” chiese
Reika imbarazzatissima, incapace, per la prima volta, di sostenere lo sguardo
di lui. Che cos’era quel fuoco che gli bruciava negli occhi? Era
spaventata... Si trovava nuda, davanti ad un ragazzo e questa era una
situazione del tutto nuova. E soprattutto inaspettata.
Lui non rispose, temendo di dire cose che non avrebbe voluto. Mai si
era sentito così poco padrone di se stesso. Che gli stava accadendo?
“Scusa capitano io non pensavo che qualcuno…io…mi
rivesto immediatamente!” disse lei precipitandosi a prendere la sacca con
la divisa e scomparendo di nuovo in bagno. Si vestì in un baleno.
Intanto il ragazzo tentò di calmarsi, riprendendosi duramente
“Ah brutto idiota! Neanche
fosse la prima donna che vedi nuda! E poi quella lì non è neanche
così bella…no è bellissima…ma che dici idiota tu la
odi…ma è bellissima lo stesso…è solo una ragazzina
petulante e rompipalle….ma bellissima…idiota idiota idiota”.
“Ecco capitano ora va meglio” disse Reika uscendo dal bagno
con addosso la divisa “Scusa ancora, io non mi
aspettavo…Mark?…Perché mi guardi così?” un
brivido gelido percorse il corpo della ragazza .
Mark la fissava ancora con occhi pieni di eccitazione e desiderio.
“Perché ti vorrei saltare
addosso e toglierti di nuovo quella stupida divisa” pensò
“Ma non posso…ehi…un
attimo…perché non posso?Forse ho trovato il modo di liberarmi di
te!”
Il capitano le sorrise. Un sorriso che, però, non la
rassicurò per niente.
Reika non riusciva a comprendere le intenzioni del ragazzo e si sentiva
sempre più a disagio Si sentiva, per la prima volta in vita sua,
indifesa e vulnerabile.
“Forse é meglio andare in classe, che dici?” chiese
con voce esitante.
“Si dolcezza ma prima divertiamoci un po’”
Le si avvicinò rapidamente, non lasciandole neanche il tempo di comprendere
che stava accadendo.
“Mark? Che vuoi fare?” riuscì a formulare confusa.
“Oh nulla di spiacevole sta tranquilla. Non sono il tuo bel Ed,
ma non ti potrai lamentare, vedrai” e così dicendo,
l’afferrò per le braccia, sollevandola di peso da terra.
La ragazza, con la mente annebbiata, realizzò di esser stata sbattuta
violentemente contro il muro e la paura aumentò incontrollata, rendendola
incapace di reagire. Sentì il corpo caldo e teso di lui premere
prepotentemente contro il suo, il suo petto possente di lui appoggiato con
forza sui suoi seni delicati.
Le stava decisamente facendo male, molto male.
Il viso di Mark era sempre più vicino e il ghigno cattivo, sino
a quel momento stampato sul suo volto, scomparve, lasciando il posto ad un’espressione
che lei non riuscì ad identificare, ma che le scaldò le viscere,
facendole provare un indefinibile senso di vertigine.
“Reika reagisci. Un calcio
e ti liberi e poi gliela fai passare la voglia di metterti le mani addosso”
pensò in un fuggevole lampo di lucidità, preparandosi a sferrare
il calcio.
Mark percepì il movimento nel corpo di lei ed istintivamente ne
approfittò per infilare una gamba muscolosa tra quelle di Reika,
schiacciandola ancora più contro la parete. In quella posizione, la
ragazza aveva una gamba completamente incastrata sotto il corpo di Mark, ma
l’altra era libera. Era sufficiente.
La bocca di lui era ormai vicinissima e Reika ne percepiva già
il calore conturbante. Mille emozioni contrastanti esplosero nella sua mente quando
le labbra coprirono anche l’ultimo spazio che li separava, appoggiandosi
con forza ed arroganza sulle sue. Senza rendersene conto, come se il cervello
avesse smesso di dare ordini al corpo, permise alla lingua di lui di insinuarsi
prepotente e possessiva nella sua bocca, non opponendo la benché minima
resistenza.
Mark invase quel magnifico rifugio con avidità, esplorandone con
cura ogni millimetro. Il suo movimento della sua lingua smise di essere
invadente e divenne pian piano dolce e sensuale, inebriato dalla pacata
arrendevolezza con cui lei lo aveva accolto.
Anche lui smise di pensare. Il suo corpo seguiva un istinto sconosciuto,
non informando la sua mente di ciò che stava facendo. Il sapore di lei
era dolce e penetrante, anche il suo sapore, oltre che i suoi occhi blu, gli
ricordava il mare. Non avrebbe mai più potuto guardare una distesa d’acqua
senza pensare a lei…
Quel bacio si protrasse per un’eternità, o forse per pochi
istanti, nessuno dei due lo avrebbe mai saputo…
Reika si sentì improvvisamente debolissima. Se non ci fosse
stato il corpo spigoloso di Mark a tenerla inchiodata alla parete, si sarebbe
accasciata a terra come un sacco vuoto. Le mani della ragazza erano tutto un
formicolio a causa della ferrea presa con cui lui la teneva ancora
ostinatamente bloccata. Qualcosa le salì in gola. Un singhiozzo. Lui lo
percepì. Era diventato insensibile a tutto il mondo circostante, ma
ciononostante era in grado di percepire anche un minimo sussulto nel corpo di
lei. Era come se tutti i suoi sensi si fossero concentrati solo ed unicamente
su Reika… la lasciò andare immediatamente.
Non più sorretta dal corpo del ragazzo, scivolò a terra,
in ginocchio, fissandolo con occhi sbarrati.
“Cazzo! Che diavolo sto facendo!?”
Due lacrime inconsapevoli rigarono le guance pallide della fanciulla. Stava
piangendo e non lo sapeva, completamente intontita dalle sue stesse emozioni.
Le mie lacrime
sono sgorgate,
hanno inumidito
la terra;
e non dirmi,
fingendoti sorpreso:
“Cos’è
successo?”
Lui l’ afferrò sotto le ascelle e la tirò su, non
con la sua solita violenza, ma la strinse con inconsueta dolcezza. Notando che
la ragazza era sotto shock ed incapace di sorreggersi, la prese in braccio e la
posò delicatamente su una panca.
“Reika ho esagerato. Volevo solo spaventarti. Ti giuro che non
volevo farti niente di male. Calmati ora” disse stringendola al petto e
cullandola piano, seriamente preoccupato dallo stato di shock in cui sembrava
essere sprofondata. Lei lo lasciò fare, completamente svuotata, si
abbandonò remissiva tra le braccia del suo aguzzino.
La tenne stretta a lungo, accarezzandole la nuca e sussurrandole
“Mi dispiace non volevo farti questo. Mi dispiace davvero…credimi…”
Reika, piano piano, riconquistò un po’ di lucidità.
“Ma cosa mi è
successo? Lo potevo colpire benissimo e invece l’ho lasciato fare! Il mio
primo bacio…non me l’ero immaginato così…ma che cosa
sto dicendo…cosa ha osato fare questo porco… e ora me ne sto beata
tra le sue braccia…ma come si sta bene…ma cosa dico dovrei
ammazzarlo di pugni…che strana sensazione…non so neanche se mi sia
piaciuto o meno…ma che dico? Questo ti violenta e a te piace?”
“Mark” disse con voce debolissima.
Lui la scostò un poco da sé, ma non la guardò
negli occhi. E come avrebbe potuto? Si sentiva un verme. Non avrebbe mai
più avuto il coraggio di immergersi in quelle meravigliose pozze
blu….
Si alzò, dandole le spalle.
“Scusa Reika. Perdonami se puoi. Ho perso il controllo prima
vedendoti nuda…io… non ci sono scusanti per quello che ho fatto. Ma
cerca di perdonarmi lo stesso” disse tutto di un fiato.
“Andiamo in classe, è tardi” fu l’unica
risposta che lei si sentì di dargli mentre raccoglieva la sua roba.
“Ehi Reika c’e qualcosa che non va? Sei strana oggi”
le chiese Danny guardando la ragazza seduta al suo fianco.
“Oh no, sono solo un po’ stanca. Stanotte non ho dormito
bene..”
“Ancora sogni sul nostro portiere?” la punzecchiò
Danny divertito
“No Danny. Stanotte solo… incubi”
Il modo in cui lo disse, fece uno strano effetto al ragazzo che,
confuso, si voltò verso Ed il quale, a sua volta, stava osservando di
soppiatto il capitano che quel giorno aveva un’espressione in volto che
l’amico mai gli aveva visto prima.