Just a little smile

di evelyn80
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Foto equivoca ***
Capitolo 2: *** Scrapbook ***
Capitolo 3: *** Inconvenienti spiacevoli ***
Capitolo 4: *** Incontri al mercatino ***
Capitolo 5: *** Outfit stravaganti e somiglianze impreviste ***
Capitolo 6: *** Mai provocare Babbo Natale ***
Capitolo 7: *** Cartoline offensive ***
Capitolo 8: *** Al mare, ci vuole un fisico bestiale ***
Capitolo 9: *** Regali imparziali ***
Capitolo 10: *** Invasioni barbariche ***
Capitolo 11: *** Dare i numeri ***
Capitolo 12: *** Spaventi e improperi ***
Capitolo 13: *** Battute a colazione ***
Capitolo 14: *** Piromania ***
Capitolo 15: *** Indicazioni stradali ***
Capitolo 16: *** A che gioco stiamo giocando? ***
Capitolo 17: *** Disastri enologici ***
Capitolo 18: *** Come un supereroe ***
Capitolo 19: *** Io ce l'ho più grosso ***
Capitolo 20: *** Desideri realizzati ***
Capitolo 21: *** Il pennellino persecutore ***
Capitolo 22: *** Musica heavy e memoria corta ***
Capitolo 23: *** Abiti random ***
Capitolo 24: *** Testimonial pubblicitario ***
Capitolo 25: *** Sogni proibiti ***
Capitolo 26: *** L'amore non è bello se non è litigarello ***



Capitolo 1
*** Foto equivoca ***


Foto equivoca

 

 

 

Los Angeles, agosto 2010

 

Danny e Linda furono accolti da Terry sull'uscio di casa. L'omone strinse la donna in un abbraccio da orso – cui lei rispose baciandogli la punta del naso lungo e dritto – e riservò all'amico diverse pacche sulla schiena, lasciandolo come sempre senza fiato. Poi fece un ampio gesto con il braccio verso il giardino sul retro.
«Venite, Greta vi sta aspettando!».
Non appena varcarono la soglia della veranda l'odore di carne bruciata proveniente dal barbecue li investì.
«Terry... ma non dovresti essere tu a occuparti della griglia?», chiese Danny inarcando le sopracciglia e fissando il fumo nero che si innalzava sopra le loro teste.
«Cazzo, sì! Me ne sono dimenticato!».
Il chitarrista corse al barbecue e, armato di forchettone, tentò di rimediare all'irreparabile danno mentre Greta si sbatteva una mano sulla faccia e scuoteva la testa.
«Oh, Terrence... non cambierai mai...», esalò alzando gli occhi al cielo.
Dopo aver pranzato con la poca carne rimasta intatta, i quattro amici si sistemarono a bordo piscina.
Prima di sedersi sulla sdraio, però, Terry parve ricordarsi improvvisamente di qualcosa e corse dentro casa, per poi uscirne dopo pochi minuti con in mano una vecchia fotografia sgualcita.
«Ehi, amico!», esclamò passandola a Danny. «Guarda un po' che reperto storico ho trovato l'altro giorno! Era dentro la custodia della mia copia di “Chicago Transit Authority”».
Le due donne, curiose, si avvicinarono al batterista e chinarono lo sguardo sull'immagine che ritraeva dei giovanissimi Chicago in posa per il fotografo.
Il volto di Greta si illuminò.
«Che carino!», esclamò, indicando col dito la figura del marito. «Quanti anni avevi in questa foto?».
«Se non ricordo male è una delle prime foto che ci hanno scattato». Fissò Danny per avere conferma e il batterista annuì. «Quindi avevo all'incirca ventitré anni».
«Cucciolotto che eri...», mugolò Greta sciogliendosi e abbracciandolo. «E tu, Danny?», aggiunse subito dopo.
«Ventuno».
Linda era rimasta in silenzio, scrutando con attenzione la fotografia e passando in rassegna i volti dei ragazzi. Poi, all'improvviso, scoppiò a ridere di gusto.
Terry e Danny si voltarono verso di lei, le sopracciglia inarcate.
«Beh? Che c'è da ridere?», chiese il chitarrista, curioso.
«Scusate...», rispose Linda tra un accesso di risa e l'altro, «...ma è che... siete... siete troppo buffi!».
La donna si piegò in due, tenendosi la pancia per il gran ridere e tirandosi addosso gli sguardi contrariati degli altri tre.
«E perché saremmo buffi, secondo te?», chiese Danny incrociando le braccia sul petto magro.
Furono costretti ad attendere che Linda smettesse di sghignazzare prima di ricevere risposta.
«Cavoli, sembrate delle ragazzine invece che dei maschi!», esclamò la donna asciugandosi le lacrime agli occhi, per poi spiegarsi meglio. «Terry, tu e Peter somigliate a due nostre compagne di classe delle scuole medie». Si voltò verso la sua migliore amica e continuò. «Greta, ti ricordi di Ilaria e Chiara?».
La donna corrugò la fronte perdendosi nei ricordi, poi il suo sguardo si schiarì e, fissando di nuovo l'immagine, si mise a ridere anche lei. «È vero!».
Linda riprese. «James sembra indossare la parrucca che si metteva mia cugina da ragazza, quando doveva uscire con il suo fidanzato e non aveva potuto lavarsi i capelli. Walter, invece, somiglia alla prima moglie di mio cugino!».
Le risate di Greta crebbero di intensità e l'amica fu costretta ad alzare il tono di voce per farsi sentire.
«Robert sembra una bagascia che aspetta i clienti. A Lee mancano solo i fiocchetti nei capelli e potrebbe fare la scolaretta. E tu, Danny... cavoli, cosa ti era successo prima di scattare questa foto? Avevi messo le dita nella presa della corrente?».
Greta ormai stava piangendo per il gran ridere, mentre i due uomini avevano aggrottato le sopracciglia, fissandola entrambi con serietà.
«È inutile che mi guardiate a quel modo. Eravate ridicoli, punto e basta!», ribadì Linda, la bocca spalancata in una risata silenziosa.
Terry le strappò la foto di mano e la fissò, serio. Poi, pian piano, lentamente, le rughe sulla sua fronte si distesero e la sua bocca si aprì nel suo gigantesco sorriso da cavallo.
«Ma lo sai che hai ragione? Sembriamo delle femminucce!», disse prima di scoppiare a ridere come un matto.
Danny lo fissò contrariato, poi prese la fotografia dalle sue mani enormi e la guardò, per mettersi infine a sghignazzare pure lui senza ritegno.
«Voi sembrate delle femminucce... io ho semplicemente messo le dita nella corrente!».
Continuarono a ridere tutti e quattro insieme per molto tempo, la foto ormai abbandonata e dimenticata su una delle sdraio.

 

Prompt n° 9 - “Che carino! Quanti anni avevi in questa foto?”

 

Spazio autrice:

Innanzi tutto devo fare due ringraziamenti: il primo a Soul per aver indetto questa Challenge, perché Dio solo sa quanto ho bisogno di sorridere; il secondo a Kim WinterNight per avermi dato di nuovo il permesso di usare la sua OC Greta, e di avermela addirittura regalata.
Per chi non lo sapesse ancora, Greta è una ragazza che compare per la prima volta nella drabble "Disperazione" di Kim. Subito dopo, lei mi ha concesso il suo utilizzo per creare una long, intitolata "Alive again", in cui lei, la mia OC Linda, Terry e Danny dei Chicago sono i protagonisti.
Da questa long è nato poi un AU in cui Terry è ancora vivo e vegeto (mentre nella realtà è mancato il 23 gennaio del 1978), è sposato con Greta; e Linda, dopo aver avuto una relazione con Peter (il bassista dei Chicago, come si evince dalla mia shot "Indovina chi viene a cena?"), si sposa poi con Danny, con cui aveva avuto un brevissimo flirt in “Alive Again”.
Vorrei incentrare questa raccolta, partecipante alla Challenge, sulla BROTP Terry/Danny, che ho sempre immaginato come gli amiconi della vita. I vari capitoli spazieranno nel corso del tempo, quindi più o meno nel passato.
E ora, dopo queste prime spiegazioni di rito, devo chiarire alcuni passaggi di questo primo capitolo.
Innanzi tutto, “The Chicago Transit Authority” è il primo album in assoluto della band, uscito nel 1969. La foto cui faccio riferimento, e che trovate all'inizio del capitolo, è stata scattata verosimilmente nello stesso periodo.
In questo capitolo, ambientato nel 2010, Terry ha 64 anni, Danny 62 e le due donne 60, essendo nate entrambe, come frutto della mia fantasia, nel 1950.
Ma ora veniamo alle descrizioni che faccio dei ragazzi nella foto. Ebbene sì: Terry e Peter mi somigliano davvero a due mie compagne di classe delle scuole medie, e Walter alla ex moglie di un mio cugino. James ha una cofana di capelli che mi ricorda tantissimo una foto di mia mamma e mia zia (mia mamma è del 1950, quindi coetanea di Greta e Linda), in cui entrambe indossano una parrucca alla “Marge Simpson”. Dovete sapere che a quel tempo, dove viviamo noi specialmente (una realtà di campagna) c'era l'usanza (terribile direi) che durante il ciclo le donne non potevano lavarsi. Quindi, quando avevano i capelli sporchi le ragazze si mettevano le parrucche.
Per quanto riguarda Robert, Lee e Danny, lascio a voi decidere cosa vi ricordano XD.
E niente... dovrei aver detto tutto. Spero di avervi fatto sorridere, visto che questo è l'intento della Challenge, e spero di poter aggiornare presto.

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Capitolo 2
*** Scrapbook ***


Scrapbook


 

 

Los Angeles, settembre 2010


Danny tornò dalla cucina reggendo tra le mani un vassoio con due birre e alcuni tramezzini. Linda e Greta erano andate a fare shopping insieme, lasciando i mariti a farsi compagnia. I due uomini avevano finto di essere contrariati, tanto per salvare le apparenze, ma in realtà erano felicissimi di poter stare un po' da soli a chiacchierare liberamente senza doversi preoccupare di moderare i termini.
Dopo aver posato il vassoio sul tavolino da fumo, il batterista andò nella sua camera e ne tornò con in mano un voluminoso album di fotografie.
«Hai presente la foto che ci hai fatto vedere l'ultima volta che siamo venuti a pranzo da voi?», attaccò a dire, posando il grosso volume di fianco al vassoio e versando le birre in due bicchieri, per poi passarne uno a Terry.
Il chitarrista annuì.
«Beh, mi sono ricordato di avere questo vecchio album nascosto da qualche parte, così ho buttato all'aria tutta la soffitta per trovarlo. Mi ci è voluto un po', perché negli anni Linda e io abbiamo accumulato un sacco di ciarpame, ma alla fine sono riuscito a scovarlo in fondo a un vecchio baule pieno di vestiti tarmati».
Terry sogghignò al pensiero dell'amico con la testa ficcata in fondo al baule, e il suo ghigno si ampliò fino a raggiungere le sue enormi dimensioni equine alla vista delle foto in prima pagina, dopo che Danny ebbe sollevato la copertina ancora piena di polvere.
«Oddio, ma eravamo giovanissimi!», esclamò indicando alcune delle foto. «Qui addirittura non avevamo ancora lasciato Chicago!», aggiunse, alla vista di una vecchia Polaroid dai colori sbiaditi.
Prese un sorso di birra e tornò a contemplare l'album, la testa accostata a quella dell'amico.
«Guarda questa», disse il batterista, indicando un'altra istantanea che ritraeva loro due, Robert, Peter e Lee ammassati su un divanetto.
«Mamma mia, che facce!» rise di nuovo Terry, strizzando gli occhi. «Sembriamo degli avanzi di galera!».
«Già!», concordò Danny unendosi alla sua risata. «E tu ti ricordi perché stavamo facendo tutti e quattro il dito medio in croce?», domandò poi grattandosi la testa. «È da quando l'ho rivista che non faccio altro che pensarci, ma proprio non mi viene in mente che cosa ci passasse per la testa in quel momento».
Il chitarrista corrugò la fronte, concentrandosi, poi scosse il capo. «No... ero troppo ubriaco per potermelo ricordare. Non vedi che espressione avevo? Secondo me mi ero appena scolato qualcosa di molto potente».
Danny scoppiò di nuovo a ridere, rovesciando involontariamente il bicchiere di birra sulla poltrona di velluto nocciola.
«Nooooo, che disastro!», urlò mettendosi le mani sulla testa calva. «Linda mi farà la pelle, per questo, e la userà per ritappezzare la poltrona!».
«Non te la prendere...», commentò Terry stringendosi nelle spalle. «Almeno poi avrai la poltrona di pelle umana».
Il batterista lo fissò per qualche istante, prima di ribattere con un ghigno. «Però dovrai farmi un centrino da mettere sulla spalliera, allora».
«Consideralo già fatto», annuì l'omone prima di dare un morso a un tramezzino, ammiccando all'amico. «Hai qualche preferenza sul disegno?», aggiunse con la bocca piena, sputacchiando briciole a destra e a manca.
Danny sorrise. «Sì, io che suono la batteria. E con i capelli, possibilmente...».

 

Prompt n° 27 - “Ero troppo ubriaco per potermelo ricordare.”

 

Spazio autrice:

Come avrete sicuramente capito, questo capitolo si colloca temporalmente subito dopo il primo, e ad esso si riallaccia direttamente. Avrei voluto pubblicarlo più tardi, ma visto che ormai l'ho scritto e che ho voglia di pubblicare qualcosa, lo metto adesso. Naturalmente devo lasciare alcune piccole spiegazioni se mai qualcuno che non conosce il fandom volesse leggere questa raccolta.
Il titolo del capitolo, “Scrapbook” (che significa letteralmente album in inglese) è anche il titolo di una canzone dei Chicago, scritta da Robert Lamm, presente nel loro album Chicago X.
Il sorriso equino di Terry, di cui parlo spesso, fa riferimento a questa foto:

Non so perché, ma a me ricorda molto un cavallo XD.
Quando Terry dice che in una delle foto non avevano ancora lasciato Chicago, è perché prima di trasferirsi in blocco a Los Angeles i membri dei Chicago, appunto, gravitavano tutti nella zona della città ventosa ed è lì che hanno iniziato a muovere i loro primi passi in campo musicale. Poi James Guercio, il loro produttore, li convinse a spostarsi a Los Angeles, dove avrebbero avuto maggiori possibilità di successo.
Le Polaroid a colori sono state immesse sul mercato nel 1962, quindi nel 1966/67 (periodo in cui i Chicago si sono formati) esistevano già.
Naturalmente la foto che osservano i due amici con attenzione è quella a inizio capitolo. Da sinistra a destra abbiamo: Lee in primo piano; Peter, Robert con gli occhi chiusi; Terry e la sua espressione “intelligente” e Danny.
Terry che fa i centrini è una mia invenzione, caratteristica presente non soltanto in questo AU. Non so se esiste anche in altre parti d'Italia quest'usanza, ma mia mamma ha sempre messo dei grossi centrini sulle spalliere delle poltrone e dei divani.
Danny chiede di essere rappresentato con i capelli perché la sua chioma è sempre stata il suo cruccio: è rimasto calvo da giovanissimo e di questo ha sempre sofferto, tanto che per un periodo ha anche portato il parrucchino.
Spero di avervi strappato un sorriso.

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Capitolo 3
*** Inconvenienti spiacevoli ***


Inconvenienti spiacevoli

 

 

 

Los Angeles, giugno 1975

 

Il campo da softball era gremito e la folla era in delirio. Nonostante si trattasse di una partita di beneficenza, infatti, il pubblico era accorso in massa per veder giocare i membri dei Chicago, in tenuta ginnica studiata apposta per l'occasione.
La partita procedeva a fasi alterne: le due squadre erano in parità, e benché tutti i giocatori presenti in campo fossero palesemente amatoriali non erano mancate delle buone giocate e qualche fuoricampo.
Venne il turno di Terry come lanciatore e il chitarrista raggiunse il monte di lancio facendo sbattere ripetutamente la palla nel guantone. Danny, che si era autoproclamato suo ricevitore personale, andò a piazzarsi di fronte a lui, subito dietro la casa base.
Ma non appena fu sul punto di lanciare la sua prima palla, seguendo le indicazioni del batterista che continuava ad ammiccare in tutte le direzioni, il suo viso si contrasse in una smorfia di dolore. Portò entrambe le mani all'altezza dell'ombelico, premendosi la pancia.
Il crampo durò solo pochi istanti: passato il dolore Terry si raddrizzò e caricò il braccio destro, ma appena prima di mollare la palla ecco che tornò a piegarsi in due, la bocca contorta e ripiegata verso il basso.
Il battitore avversario, che per la seconda volta si era preparato a colpire, abbassò di nuovo la mazza, fissando sconcertato il ragazzone davanti a lui che aveva preso a girare in tondo sul monte di lancio, le braccia ben strette attorno al ventre. Venne chiesto il time out e Danny accompagnò l'amico alla loro panchina, sorreggendolo a fatica data la differenza di stazza.
Ma, invece di mettersi a sedere, Terry continuò a passeggiare ondeggiando, raddrizzandosi e chinandosi al ritmo delle coliche.
«Ma insomma, si può sapere che cos'hai?», sbottò il batterista all'ennesima giravolta del ragazzone. «E smettila di andare avanti e indietro, mi fai venire il mal di mare!».
«Credo di aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male...», biascicò Terry in risposta, contorcendosi per il dolore improvviso e acuto.
«A te?! Ma se hai uno stomaco di ferro e potresti mangiare anche l'amianto che non ti succederebbe nulla!».
«Beh... in realtà non so di preciso cosa fosse... magari era davvero amianto...». Danny lo fissò interrogativamente e il chitarrista continuò, approfittando di un lieve attenuarsi del dolore. «Greta mi ha chiesto di pulire il frigorifero, ieri sera, visto che dice che sono io che lo riempio di schifezze. Così mi sono messo a buttar via le cose scadute fino a che non mi è capitato per le mani un barattolo di plastica con la chiusura ermetica». L'ennesima colica lo interruppe e fu costretto ad attendere che fosse passata prima di poter riprendere a parlare. «L'ho aperto e dentro c'era una massa informe di colore grigiastro. Ma il profumino era proprio niente male... così me la sono sbafata...».
«Cosa?! Ti sei mangiato della roba scaduta da mesi?».
«Da anni, vorrai dire... ahi, che male!». Terry si piegò in due per il dolore e Danny fece l'atto di raggiungerlo per sostenerlo, ma il chitarrista lo fermò con un cenno del braccio. «Mi sa che devo andare al cesso, mi sto cagando addosso!».
Mosse qualche passo in direzione degli spogliatoi, e i suoi movimenti furono accompagnati dal suono di una pernacchia liquida. Subito i suoi pantaloncini bianchi si macchiarono di una sostanza color marrone giallastro all'altezza delle natiche.
«Cazzo! Mi sono aerografato la California nelle mutande!», esclamò ululando.
Danny scoppiò a ridere come un matto. Era ancora preoccupato per l'amico, ma la situazione era talmente assurda che non poteva proprio rimanere serio. Incurante dell'odore e delle lamentele del chitarrista lo accompagnò fino agli spogliatoi.
«Fatti una doccia e cambiati. Se stai meglio magari potrai giocare nell'ultimo inning».


Al termine della partita, Jimmy Guercio chiamò a raccolta i ragazzi per scattare una foto ricordo tutti insieme. Terry si era ripreso piuttosto bene, anche se di tanto in tanto il suo intestino era ancora scosso da rumorosissimi e fetentissimi peti, cui ormai i suoi compagni avevano fatto l'abitudine. Erano tutti pronti per lo scatto, quando ecco ripresentarsene uno particolarmente violento. Il chitarrista tentò di trattenerlo, ma senza successo: gli riuscì soltanto di renderlo un po' più silenzioso del solito.
«Ahhhhh», esclamò soddisfatto subito dopo averlo sganciato, appoggiandosi col mento alla spalla di Peter.


Si rese conto che il fotografo aveva scattato proprio in quel momento solo quando Guercio gli fece avere la sua copia della foto, una settimana dopo. Si premurò subito di nasconderla in fondo a una delle sue scatole con l'occorrente per l'uncinetto. Se Greta l'avesse vista gli avrebbe di sicuro chiesto spiegazioni: per quale motivo stava godendo sulla spalla di Peter, con gran soddisfazione di quest'ultimo?
«No, no, meglio metterla via...», borbottò tra sé. Prima di riporla, però, le diede un'ultima occhiata per poi scoppiare a ridere. «Io mi sarò anche cagato addosso, ma Bobby pare che ci si sia pisciato!».

 

 

Prompt n° 16 - “Smettila di andare avanti e indietro, mi fai venire il mal di mare!”

 

Spazio autrice:

Con questo capitolo siamo tornati indietro nel tempo di parecchi anni, a quando Terry era effettivamente ancora vivo anche nella realtà, ma sono comunque rimasta fedele all'AU che ho creato, mantenendo Greta come sua moglie al posto di Camelia. In “Alive Again”, infatti, lei e il chitarrista dei Chicago si sono sposati il 1° luglio del 1972.
Anche stavolta ho preso l'ispirazione dalla foto che trovate all'inizio del capitolo, e che poi è quella che Terry contempla alla fine della shot: ultimamente sto trovando un sacco di foto dei ragazzoni che fanno letteralmente morire dal ridere (almeno me XD). In questa foto, che li ritrae durante una partita di softball (è l'unica informazione che sono riuscita a trovare, tutto il resto è completamente inventato da me) troviamo, da sinistra a destra: in piedi – James, Danny, Peter dall'aria soddisfatta, Terry in posa equivoca, Walter e Robert, con i pantaloni bagnati all'altezza dell'inguine dando l'impressione che si sia fatto la pipì addosso; in ginocchio – saltando il primo che non so chi sia (probabilmente un qualche collaboratore dei Chicago) abbiamo James Guercio (il loro produttore) e Lee. Anche l'ultimo non so chi sia XD.
Per quanto riguarda le informazioni sul softball, non essendo un'esperta mi sono documentata un pochino su internet, limitandomi comunque a citare solo poche cose tecniche. In particolare: il monte di lancio è il punto da cui il lanciatore tira la palla; la casa base è il punto in cui si trova il battitore; e ogni lanciatore ha il suo ricevitore che, avendo ampia visuale sul campo, con gesti in codice suggerisce al lanciatore quale tipo di tiro effettuare. Gli inning, invece, sono una sorta di “tempi” in cui è suddivisa una partita.
Infine, Terry che mangia di tutto è una sua caratteristica (inventata da me) che si ritrova in quasi tutte le storie che lo vedono come protagonista: adora la cucina messicana, che mangerebbe a tutte le ore, e ha la pessima abitudine di emettere i propri gas corporali di scarico senza preoccuparsi di chi gli sta intorno. (Lo sai che ti voglio bene, Terry, ovunque tu sia!)
Ultima precisazione: l'aerografo esisteva già in quegli anni, quindi l'esclamazione di Terry è plausibile.
Spero davvero di aver fatto sorridere, nonostante la situazione sia piuttosto grottesca.

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Capitolo 4
*** Incontri al mercatino ***


Incontri al mercatino

 

 

 

Pasadena, 14 giugno 2020

 

Il Rose Bowl Flea Market era affollato come al solito, grazie anche alla bella giornata quasi estiva. Danny e Linda si fecero largo tra la folla, sgomitando per riuscire ad avvicinarsi alle varie bancarelle di loro interesse. Il batterista acquistò, a prezzo scontatissimo, un cappello di lana azzurra con tanto di pon pon per l'inverno successivo; mentre sua moglie, dopo aver letteralmente preso d'assalto un chiosco di libri usati, si diresse verso la zona occupata dai venditori di scarpe.
Danny, che non aveva nessuna voglia di seguirla, la richiamò con un fischio per sovrastare il vociare della folla che li circondava.
«Vado a salutare Terry alla sua bancarella!», le gridò quando ebbe attirato la sua attenzione, e Linda ammiccò col capo per far intendere che aveva capito e che l'avrebbe raggiunto più tardi.


L'omone era in piedi dietro il suo banco, a mostrare la merce a un gruppetto di attempate signore e a vantarsi della sua innegabile abilità con l'uncinetto nonostante le dita a salsicciotto. Quando se ne furono andate con le borse piene di acquisti, fece cenno all'amico di raggiungerlo e di mettersi seduto accanto a lui.
«Scusami se ti ho ignorato, ma stavo concludendo un buon affare. Sono riuscito a rifilare a quelle vecchie bacucche un sacco di mercanzia che non vendevo da secoli», esordì, abbassando la voce in tono cospiratorio, per poi mollargli una pacca sulla spalla.
Il batterista non se lo aspettava e per poco non andò a sbattere con la faccia contro il piano di legno della bancarella.
«Cristo, Terry, possibile che a settantaquattro anni tu non abbia ancora imparato a dosare la tua forza?», sbraitò Danny, raddrizzandosi e al contempo risistemando la dentiera che si era mossa in avanti.
«Cosa vuoi... uno stallone superdotato come me non si ammoscia nemmeno in vecchiaia», rispose Terry gonfiando il petto come uno scimmione. «Cos'hai comprato di bello?», chiese subito dopo, nel notare il sacchetto in mano all'amico.
«Un berretto di lana». Danny mostrò il suo acquisto e il chitarrista lo fissò aggrottando la fronte.
«Hai comprato un cappello invernale... di giugno e con quasi trenta gradi?!».
«L'ho trovato scontato, non potevo lasciarmelo sfuggire! Lo sai benissimo che la mia testa pelata soffre tantissimo il freddo!».
Nonostante l'espressione seria che Danny aveva stampata in faccia, Terry non poté fare a meno di scoppiare a ridere. L'amico lo imitò subito dopo, tentando di rifilargli a sua volta una pacca sulla spalla ma finendo solo per farsi male alle dita.
Stavano ancora ridendo quando un uomo di mezza età dai corti capelli brizzolati e il pizzetto altrettanto grigio si avvicinò alla bancarella, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloncini.
«Disturbo?», chiese con un sorriso, contagiato dall'ilarità dei due anziani seduti di fronte a lui.
Terry si riprese immediatamente, smettendo di ridere e alzandosi in piedi. «Certo che no! Cosa posso venderti, amico? Un regalo per tua moglie?». Si interruppe di botto, fissando il nuovo arrivato con le sopracciglia inarcate. «Ehi, ma io ti conosco!», esclamò. «Tu sei quel tipo a cui ho venduto il fazzoletto per Natale, lo scorso anno! A Chicago! Billy, vero?», chiese, tendendo la mano che venne subito accettata.
«Sì, sono io. Come va, Terry?», rispose Bill, meravigliandosi per la memoria prodigiosa dell'anziano. Lui, se non l'avesse visto sul giornale qualche mese prima, manco si sarebbe ricordato com'era fatto.
«Benone, grazie! Siete in tour qui a Los Angeles?».
«No, in realtà in questo periodo ci stiamo riposando. Vivo a San Francisco e siccome ho sempre sentito parlar bene di questo mercatino ho deciso di farci una scappata. Immaginavo che ti avrei trovato tra i venditori!», rispose Bill, osservando con un sorriso l'omone che gongolava per essere stato riconosciuto, tronfio come un pavone.
Danny aveva seguito lo scambio tra i due con curiosa cortesia. Siccome Terry pareva essersi completamente dimenticato di lui, si schiarì la voce per attirare l'attenzione.
Il chitarrista si voltò verso l'amico e si decise finalmente a fare gli onori di casa.
«Billy, lascia che ti presenti il mio amico: il grande batterista Danny Seraphine! Danny, lui è Bill, il bassista di una band californiana di cui non ricordo il nome, ma che non è affatto malaccio!».
I due si strinsero la mano, e il bassista dei Faith No More fissò l'ometto anziano di fronte a lui con sincera sorpresa.
«Tu allora sei colui che ha ispirato il fazzoletto!», esclamò colpito, e forse anche un po' stupito nel trovarsi davanti un cosino così minuto. Basandosi sulla stazza di Terry, aveva immaginato che il suo amico batterista fosse una specie di armadio a quattro ante.
Danny lo guardò, confuso. «Non capisco a cosa ti riferisci, scusa...».
Terry si intromise. «Lascia stare, poi ti spiego. A proposito», aggiunse, chinandosi verso la cassa e aprendone il cassetto. «Ti devo ancora i dieci dollari di resto che non hai mai voluto indietro».
Bill scosse le spalle. «Non importa, davvero...», attaccò a dire, ma l'omone lo interruppe.
«Eh no! Adesso li prendi, altrimenti mi offendo!».
Nel vederlo gonfiare di nuovo il petto, ma stavolta in modo minaccioso, il bassista si affrettò ad accettare il denaro e a farlo sparire nel proprio portafogli. Ricordava fin troppo bene lo schiaffone che l'anziano aveva rifilato al suo amico Puffy quando aveva criticato le sue mani.
«Beh... ci vediamo, Terry. Se mai suoneremo da queste parti te lo farò sapere».
«Volentieri, grazie. E lo stesso vale per me!». Bill lo fissò interrogativamente e Terry aggiunse, indicando se stesso e Danny: «Come, non ti ho mai detto che anche noi suoniamo in una band? Non conosci i famosissimi Chicago?!», esclamò al cenno di diniego del bassista. «Amico, non sai cosa ti perdi!».
Dopo un'ultima stretta di mano e un ultimo cenno di saluto, Bill se ne andò lasciando i due amici da soli. Terry si rimise seduto sulla sua sedia da regista e stese le gambe per sgranchirle.
«Cos'è questa storia del fazzoletto che ti avrei ispirato?», chiese Danny, curioso.
«Ma niente... al mercatino di Natale di Chicago ho venduto a quel tizio un fazzoletto da taschino con ricamata sopra una batteria, e gli ho detto che l'avevo fatto per te».
«E allora, se era per me, perché non me lo hai mai fatto avere?», replicò il batterista in tono piccato.
«Immaginavo che me l'avresti chiesto...», rispose Terry. E, con un sorriso, tirò fuori da sotto una pila di centrini un fazzoletto tale e quale a quello che aveva dato a Bill e lo porse all'amico.

 

 

Prompt n° 6 - “L'ho trovato scontato, non potevo lasciarmelo sfuggire!”

 

Spazio autrice:

Mi sono divertita tantissimo a scrivere questo quarto capitolo. Come avete visto abbiamo fatto un nuovo salto nel tempo, stavolta fino ai giorni nostri. In questo AU, naturalmente, non c'è nessuna pandemia in corso e quindi si può andare tranquillamente in giro per mercatini.
Lo voglio dedicare a Kim WinterNight perché la primissima idea di questo AU, come avevo forse già accennato, è stata sua, quando ha scritto “
Only handcrafted!”, facente parte della sua raccolta “Multi-Feelings”. In quella shot Bill Gould, bassista dei Faith No More, si reca ad un mercatino di Natale a Chicago per comprare un regalo al suo amico batterista “Puffy” Bordin. Si imbatterà nella bancarella di Terry, che in vecchiaia si è dedicato completamente al suo hobby dell'uncinetto e va in giro per mercatini sul suo scassatissimo pick-up blu a vendere la sua mercanzia, e acquisterà un fazzoletto da taschino con sopra ricamata una batteria stilizzata, che Terry aveva ideato per Danny. Come avete visto ho fatto largo riferimento a questa storia.
Da quel momento i nostri cervelli, già sintonizzati di suo, hanno continuato a elaborare storie facenti parte di questo Universo Alternativo. Un'altra shot, sempre di Kim, cui ho fatto riferimento, è “
Notizie in regalo”. Kim mi aveva chiesto, tempo fa, di scrivere anch'io di un incontro fra Terry e Billy, e ho cercato di accontentarla. Spero di non aver scritto castronerie su di lui e di non averlo reso OOC, cara!
Il Rose Bowl Flea Market è un mercatino molto famoso di Pasadena, un sobborgo di Los Angeles, che si tiene ogni seconda domenica del mese.
Stavolta non mi sono ispirata a una fotografia, ma al famoso fazzoletto con la batteria ricamata, quindi a inizio capitolo ho messo il disegno a mano di una batteria, perché non ho trovato fazzoletti da taschino ricamati a quel modo XD.
E niente, dovrei aver detto tutto.
Spero di aver strappato almeno un sorriso.

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Capitolo 5
*** Outfit stravaganti e somiglianze impreviste ***


Outfit stravaganti e somiglianze impreviste

 


 

Chicago, 17 dicembre 1967

 

Terry salì sulla sua Chevrolet Impala e mise in moto, facendo rombare il motore. Anche quella sera – la quinta di fila – i “The Big Thing” avrebbero suonato al “Barnaby's”. E anche quella sera, come di consueto, il chitarrista avrebbe dovuto dare un passaggio al suo amico, nonché batterista della band, Danny Seraphine. Anche se doveva allungare il tragitto di molto, a Terry non dispiaceva affatto fargli quel favore. Lui e Danny si conoscevano già da qualche anno, da quando avevano iniziato a suonare insieme nei “Jimmy Ford and the Executives” insieme a Walter, il loro sassofonista, e il ragazzone si era sempre trovato benissimo in sua compagnia. Nonostante il batterista fosse un ragazzo semplice, proveniente da una famiglia operaia che viveva in un quartiere di Chicago noto soprattutto per le lotte tra gang rivali, aveva un grandissimo senso dell'umorismo e aveva un talento naturale per le percussioni che, a suo modesto parere, l'avrebbe portato molto lontano.
Quando arrivò sotto casa sua, Danny lo stava già aspettando accoccolato nel vano del portone, per ripararsi dal vento gelido che spirava dal lago e si intrufolava tra le strade della città. Il ragazzo si mosse rapido e salì sull'auto, crogiolandosi subito nel calore dell'abitacolo.
«Ahhhh», sospirò, «adesso va molto meglio».
Prima di ripartire, Terry gli lanciò una lunga occhiata obliqua, esaminando il suo abbigliamento. L'amico indossava un paio di pantaloni neri, una giacca grigia dal taglio all'antica e un foulard bianco a motivi dorati stretto attorno al collo.
«Ma come diamine ti sei vestito?», chiese, inarcando le sopracciglia. «E quello da dove l'hai pescato?», aggiunse, indicando il foulard.
«Dal cassetto della biancheria di mia mamma», rispose Danny scrollando le spalle. «E poi, scusa, perché mi chiedi come mi sono vestito? Non ti ricordi cosa ha detto Walt, ieri sera?». Terry scosse il capo e il giovane batterista continuò, scimmiottando il vocione del sassofonista: «Perché domani sera non ci vestiamo eccentrici?».
Terry si grattò la testa e ingranò la marcia, dirigendosi verso il locale. «Io non avevo mica capito, sai? Mi sono vestito normalmente», disse, accennando a ciò che indossava al di sotto del giubbotto di pelle: pantaloni bianchi e maglione a collo alto marrone a righe beige.
Danny si strinse nelle spalle. «Pazienza... magari pure gli altri si sono vestiti normali».
«Sarebbe un peccato. Chissà quanto hai penato per trovare quella giacca!».
«No, ho semplicemente frugato nell'armadio dei miei, te l'ho già detto».
Mentre guidava, Terry continuava a lanciare occhiate furtive all'amico che, ben presto, se ne accorse.
«Si può sapere perché continui a guardarmi così? Cos'ho di tanto strano, a parte i vestiti?».
«Non lo so...», rispose il chitarrista, dubbioso. «È solo che mi ricordi qualcuno, ma non riesco a capire chi...».
Danny scosse il capo e si accese una sigaretta.
«Ehi, occhio alla tappezzeria. Se mia mamma ci troverà qualche bruciatura sopra penserà che fumo», si raccomandò Terry, e il batterista si voltò a guardarlo, stupito.
«Ma tu fumi per davvero!».
«Sì, ma mia mamma mica lo sa», replicò il ragazzone, stendendo le labbra in un enorme sorriso che lo fece somigliare a un cavallo.


Gli altri ragazzi erano già arrivati e stavano aspettando davanti all'ingresso del locale. Terry li passò in rassegna con lo sguardo e vide che tutti, tranne Lee, indossavano giacche rétro.
«Anche tu non hai ascoltato Walt, ieri sera, eh?», chiese, accostandoglisi.
«In realtà sì, l'ho ascoltato, ma non mi andava di vestirmi da pagliaccio», replicò il trombettista, arricciando il naso.
Mentre entravano nel ristorante, lo sguardo del chitarrista cadde su un tavolinetto da fumo sistemato in un angolo dell'ingresso, pieno di giornali e riviste. Proprio in cima alla pila stava un albo a fumetti con ritratto in copertina un uomo magro, dalle lunghe basette e l'espressione furba, che indossava una giacca verde scuro. “Le avventure di Lupin III”, recitava il titolo. Subito si staccò dal gruppo e corse a prenderlo.
«Ehi, Danny, ora ho capito a chi mi somigli!», esclamò, alzando il giornalino e facendolo vedere a tutti.
Il batterista aggrottò le sopracciglia, poi scosse il capo. «Non mi somiglia per niente...», sbuffò, per poi incamminarsi di nuovo verso il salone principale del locale, seguito da tutti gli altri.
Terry rimase per qualche istante a fissare la faccia furbetta del ladro gentiluomo ritratto sull'albo e fece una smorfia. «Eppure io avrei detto di sì...», commentò tra sé e sé prima di correre a raggiungere i suoi compagni.

 

 

Prompt n° 5 - “Da dove l'hai pescato?”

 

Spazio autrice:

Visto che oggi è il mio compleanno voglio farmi anch'io un piccolo regalo, e così ho deciso di pubblicare questo nuovo capitolo.
Stavolta siamo tornati indietro nel tempo agli esordi dei Chicago, quando addirittura non avevano ancora adottato il loro nome definitivo ma si facevano ancora chiamare “The Big Thing” e facevano piccoli concerti come cover band in giro per i locali di Chicago e dintorni.
In questo periodo Terry aveva 21 anni e Danny 19, e siccome il batterista proviene, come detto anche nel testo, da una famiglia della classe operaia che viveva in un quartiere abbastanza malfamato della città, ho immaginato che non avesse ancora l'automobile (anche perché i pochi soldi che guadagnava come musicista doveva passarli alla sua prima moglie per il mantenimento di sua figlia Maria) e che Terry, quindi, lo passasse a prendere spesso e volentieri. I due si conoscevano già da qualche anno, perché appunto suonavano già insieme, e Walter con loro, in altri piccoli gruppi.
Mi sono ispirata, ovviamente, alla foto a inizio capitolo, in cui abbiamo, da sinistra a destra: James, Robert, Lee, un paggetto non meglio identificato XD, Walter, Danny, Peter e Terry. Ultimamente Pinterest mi manda un sacco di foto interessantissime dei Chicago. E, come si può vedere, sono vestiti tutti (a parte Terry e Lee) in maniera abbastanza eccentrica. In effetti a quel tempo vestivano in modo un po' “vintage”, perché secondo loro faceva moda XD.
Ho messo che Lee storge il naso alla vista dei vestiti “da pagliaccio” perché lo immagino come un tipo piuttosto altezzoso, visto che proveniva da una famiglia benestante.
E secondo voi, Danny somiglia o no a Lupin III? Non so perché ma io ce lo vedo tantissimo.
Tra l'altro, Lupin III è nato proprio nella metà del 1967. Non so se i manga arrivassero già in America, ma in fondo siamo in un universo alternativo, quindi tutto può essere, no?
Spero di avervi fatto sorridere.

 

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Capitolo 6
*** Mai provocare Babbo Natale ***


Mai provocare Babbo Natale

 



 

Los Angeles, 10 ottobre 2019

 

Danny percorse agilmente gli ultimi metri che lo separavano dall'abitazione di Terry. Erano parecchi giorni che non vedeva l'amico e così aveva deciso di fare una passeggiata e di passare a vedere come stava. Suonò il campanello, già pronto a ricevere la consueta pacca sulla schiena, ma quando Terry aprì la porta fece un salto all'indietro, rischiando di cadere giù dal portico come una pera cotta. Riuscì a non precipitare dai pochi gradini solamente grazie alla prontezza di riflessi dell'amico, che lo aveva afferrato per il bavero del giubbotto appena in tempo.
«Cristo, Terry...», ansimò il batterista cercando di riprendersi dallo spavento, per poi fissare nuovamente l'omone e aggiungere: «Ma che cazzo stai combinando?».
Terry aveva i lunghi capelli grigi completamente coperti da quella che pareva una crema biancastra, arrotolati attorno al capo e tenuti in posizione da diversi giri di pellicola trasparente. La sua barba, lunga come mai Danny l'aveva vista, stava subendo lo stesso trattamento.
«Sta' zitto, non me ne parlare!», esclamò il chitarrista, il tono di voce più cupo del solito e lo sguardo torvo. «Ti ricordi che domani uscirà il nostro ultimo album, no?».
Danny annuì. «Sì, ma solo perché me l'ha rammentato Linda stamattina. E allora?».
«E allora quel cretino di Lee mi ha chiesto di aiutarlo a pubblicizzare il CD». Terry fece il gesto delle virgolette con le dita mentre pronunciava la parola “aiutarlo”.
Danny continuò a fissarlo, stranito.
«Mi ha chiesto di vestirmi da Babbo Natale e di piazzarmi al centro del Beverly Center con un sacco pieno di dischi del nostro ultimo album!», esplose l'omone, mulinando le braccia come se avesse voluto spiccare il volo.
Il batterista rimase per qualche secondo in silenzio, guardando l'amico a occhi sgranati, poi esplose in una sonora risata.
«Tu... vestito da Babbo Natale... a ottobre?», ansimò tra uno sghignazzo e l'altro, piegato in due con le mani poggiate sulle ginocchia. «Questa sì che... è più che bella! Il peggior... Babbo Natale... della storia!».
«Grazie per il supporto morale...», replicò Terry incrociando le braccia sul petto imponente. «Te l'ha mai detto nessuno che sei un grandissimo stronzo pezzo di merda?».
Le risate sguaiate di Danny avevano attirato Greta, che arrivò alla porta giusto in tempo per sentire l'appellativo poco lusinghiero rivolto dal marito all'amico.
«Terrence! Ma ti pare questo il modo di rivolgerti al tuo più caro amico?! Non farci caso», aggiunse, rivolta al batterista, «in questi ultimi giorni è un po' nervoso».
«Saresti nervosa anche tu se dovessi vestirti da Babbo Natale in pieno autunno e fare l'idiota davanti a tutti», bofonchiò Terry, scuro in volto.
«Andiamo, smettila adesso», riprese Greta. «Pensa invece a quanti bambini farai divertire».
«Appunto... tu riesci a immaginarmi con dei mocciosi che gridano seduti sulle mie ginocchia, e che magari mi tireranno pure la barba?». Il chitarrista rabbrividì a quel pensiero.
«Su, su...». Danny gli diede un paio di pacche sulla spalla. «Potresti trovare qualcuno che ti faccia da elfo, così almeno sarete ridicoli in due».
Terry fissò l'amico con sguardo pensoso. «Sai che mi hai dato proprio una bella idea?».
Greta fece un gesto verso l'interno della casa. «Che ne dite di entrare? Direi che l'aria l'abbiamo cambiata abbastanza. E poi, Terrence», aggiunse guardando l'orologio, «è ora di togliere la tintura».
Danny seguì i padroni di casa fin nella stanza da bagno, curioso di seguire i preparativi dell'amico. «Ma non avresti fatto prima a comprarti una parrucca e una barba posticcia?», chiese incredulo, quando capì che Greta – intenta a dipanare la pellicola trasparente – aveva tinto di un bianco abbacinante i capelli e la barba del marito.
«Ma scusa, Danny», rispose la donna. «Terrence ha dei capelli e una barba splendidi, perfetti per fare Babbo Natale visto che sono mesi che non li taglia. Perché fargli mettere una parrucca quando basta usare un po' di tintura temporanea?».
«Però i capelli di Terry sono lisci come spaghetti», replicò il batterista con un sorrisetto, fissando la faccia dell'amico riflessa nello specchio, «mentre invece lo sanno tutti che Babbo Natale è riccio!».
L'omone si passò la mano di piatto all'altezza del collo, in un gesto minaccioso rivolto a Danny di cui la moglie non si avvide.
«E, infatti, non appena avrò lavato via la tintura in eccesso, gli farò la messa in piega», rispose, placida.
Danny fu costretto a mettersi la mano davanti alla bocca, per soffocare la risata che minacciava di sfuggirgli dalle labbra al pensiero di Terry con la testa piena di bigodini colorati.
«Forse è meglio che vada», bofonchiò alla fine. «Linda mi aspetta per andare a fare la spesa».
«Sì, credo anch'io che sia meglio per te se te ne vai», replicò il chitarrista a denti stretti, «oppure Linda potrebbe essere costretta a fare un puzzle a grandezza naturale, prima di andare al supermercato».
L'ometto fece la linguaccia all'indirizzo dell'amico, salutò calorosamente Greta e fece per andarsene.
«Domani vedi di essere puntuale!», lo raggiunse il vocione di Terry proprio mentre stava per aprire la porta di ingresso.
«Certo!», replicò, stavolta senza trattenere le risa. «Questa non voglio proprio perdermela!».

 

Beverly Center (Los Angeles), 11 ottobre 2019

 

C'era già un sacco di folla in fila davanti all'entrata del Centro Commerciale, tutti curiosi di assistere all'uscita dell'ultimo disco dei Chicago organizzata da Lee Loughnane – e largamente pubblicizzata sul loro sito internet – in cui Babbo Natale in persona avrebbe distribuito copie gratuite del loro nuovo album ai primi cento che si fossero presentati da lui. Danny sghignazzò nel vedere le facce speranzose mentre con l'auto si dirigeva al parcheggio sul retro, riservato al personale.
Una volta dentro l'enorme stabile fu accolto da un inserviente, che lo accompagnò verso una stanza anch'essa riservata agli operatori del Centro Commerciale.
«Mi segua, prego. La stanno aspettando con ansia!».
«Me?», chiese Danny, indicandosi col dito, ma l'uomo che lo guidava si limitò ad annuire.
Non appena la porta della stanza si aprì il batterista fu accolto da una pacca sulla spalla, troppo debole per essere stata mollata da Terry. Infatti, quando si voltò nella direzione del colpo, si trovò davanti la faccia sorridente ed entusiasta di Lee.
«Oh, Danny, non sai che idea fantastica hai avuto!». Il batterista lo fissò inarcando le sopracciglia e lui continuò. «Io non ci avevo proprio pensato, ma tu sei stato un genio. Babbo Natale non può presentarsi senza un elfo!». Con un gesto della mano indicò degli abiti color verde smeraldo ripiegati con cura su una mensola.
Lo sguardo di Danny saettò dal trombettista a Terry, placidamente seduto su una poltroncina con indosso il costume rosso, barba e capelli ricci di un bianco abbagliante.
«Questa è opera tua!», esclamò puntandogli addosso l'indice, minaccioso, nel notare il sorrisetto di scherno sul faccione rubicondo dell'amico. «Ah, no... io non ho nessuna intenzione di vestirmi da elfo!».
«Ma se sei stato proprio tu a suggerirlo», disse il chitarrista ampliando il suo sorriso equino. «Potresti trovare qualcuno che ti faccia da elfo, così almeno sarete ridicoli in due», aggiunse, ripetendo le stesse parole che Danny aveva pronunciato il giorno prima.
«Appunto! Io ho detto qualcuno, non me stesso!».
«Ma nel dire qualcuno non ti sei mica escluso a priori. Pensaci bene, tu sei perfetto per fare l'elfo: sei basso, minuto...».
«Ehi, come ti permetti!», esclamò il batterista, ma Terry continuò come se non l'avesse nemmeno sentito.
«E soprattutto sei calvo come una palla da biliardo, così il cappello a punta non ti farà troppo caldo».
Danny digrignò i denti, mentre tutti gli altri membri della band ridacchiavano.
«Cosa avete da ridere? Vorrei vedere voi al posto mio!», esclamò, rivolto a nessuno in particolare.
Robert si sciolse dall'abbraccio di Peter e gli diede una pacca sulla schiena.
«Andiamo Danny... lo sappiamo tutti che tu e Terry siete come fratelli mancati. Chi meglio di te potrebbe fare l'elfetto al suo fianco?».
Il batterista strinse i pugni, già pronto a menare le mani; ma dopo aver passato lo sguardo sui suoi compagni di band rilassò le dita e fece calare le spalle. Lee fremeva di aspettativa e tutti gli altri – da James a Walter, da Robert a Peter – lo fissavano sorridendo bonariamente. Nessuno lo stava prendendo in giro.
«Oh, e va bene, farò l'elfo!», sbottò quindi, rivolgendo lo sguardo al cielo.
«Sapevo che avresti accettato», disse Terry. E, alzatosi dalla poltroncina, gli porse il costume verde con un sorriso.
Una volta vestito di tutto punto, Danny e il chitarrista uscirono dalla saletta privata seguiti dai loro compagni di band, che andarono a piazzarsi dietro un bancone per rilasciare autografi a chi li avesse richiesti. Dopo che i due si furono sistemati al centro dell'ingresso del Centro Commerciale, fermi proprio davanti a un enorme albero di Natale alto 5 metri e decisamente fuori luogo alla metà di ottobre, gli inservienti aprirono il negozio e la folla si riversò all'interno. I primi della fila corsero e si spintonarono, pronti a dare il tutto e per tutto pur di accaparrarsi il CD gratis.
Danny aggrottò le sopracciglia e lanciò un'occhiata fugace all'amico. Terry capì al volo e gli fece un cenno col capo.
«Preparati, perché qui voleranno ceffoni! Capiranno presto che non bisogna mai provocare Babbo Natale!».
«E nemmeno il suo elfo!», aggiunse Danny.
E, gonfiando il petto come due scimmioni, si apprestarono ad affrontare l'orda di fan l'uno di fianco all'altro, tirando su le maniche dei loro costumi.

 

 

Prompt n° 7 - "Grazie per il supporto morale..."

 

Spazio autrice:

Questo capitolo mi è stato suggerito da Soul in persona. Qualche giorno fa, parlando dei numerosi album natalizi che i Chicago hanno pubblicato, lei mi ha detto che riusciva a immaginarsi benissimo Terry vestito da Babbo Natale, anche se in realtà hanno iniziato a pubblicarli quando Terry era già morto da un pezzo. Ma qui noi siamo in un AU in cui il buon chitarrista è ancora vivo e vegeto, e quindi poteva benissimo vestirsi da Santa Claus per promuovere il loro ultimo album.
E l'ultimo album natalizio dei Chicago è proprio uscito l'11 ottobre del 2019. La copertina è quella che vedete nell'immagine iniziale.
Visto che Lee ne è il produttore, ho immaginato che l'idea di promuovere il disco con Babbo Natale che distribuisce copie gratis sia nata proprio da lui XD.
Il Beverly Center è uno dei maggiori e più importanti Centri Commerciali di Los Angeles, quindi il luogo adatto per la promozione.
Ricordo inoltre che in questo AU i membri dei Chicago non hanno subito nessun avvicendamento e sono ancora i membri fondatori; inoltre le coppie slash affrontate in altre storie qui vivono il loro amore alla luce del sole.
Nella realtà Terry ha avuto una figlia, anche se quando lui è morto lei era ancora piccolissima. Per questo motivo, e visto che lo immagino come un eterno ragazzone, non riesco ad immaginarlo come amante dei bambini e in questo AU, in cui è sposato con Greta, lui e la donna non hanno avuto figli.
Danny, invece, quasi alla fine del capitolo è “pronto a menare le mani” perché ha sempre avuto un caratterino piuttosto ardito, e non ha mai esitato a fare a pugni se secondo lui era necessario.
Dovrei aver detto tutto, più o meno, e spero di avervi fatto sorridere.

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Capitolo 7
*** Cartoline offensive ***


Cartoline offensive



 

 

Honolulu, 19 giugno 1971


Terry fissò il retro della cartolina illustrata, poggiata davanti a sé sulla piccola scrivania della stanza d'albergo che divideva con Danny, con la lingua tra i denti, impegnato a pensare a cosa scrivere di tenero e romantico per la sua Greta. Prima di lasciarla, dieci giorni prima, le aveva promesso che le avrebbe mandato una cartolina da ogni luogo che avrebbe visitato durante il loro tour mondiale, e fino ad allora aveva mantenuto la promessa, spedendogliene praticamente una ogni giorno. Si era limitato, però, a scrivere solo dei saluti e a riempire il resto dello spazio di cuoricini colorati. Questa volta, per quella che sarebbe stata l'ultima cartolina prima di rientrare negli Stati Uniti, voleva scriverle qualcosa di speciale.
Nonostante avesse conosciuto quella ragazza soltanto da pochissimo, infatti, sentiva in cuor suo già di amarla perdutamente ed era certissimo, senz'ombra di dubbio, che avrebbe passato con lei il resto della sua vita.
Quando Danny fece il suo ingresso nella camera, dopo essersela spassata a lungo con qualche groupie, Terry ebbe finalmente un'idea brillante: Greta era italiana, quindi avrebbe potuto scriverle una bellissima dedica nella sua lingua. E quale maestro migliore dell'amico poteva trovare, lui che era appunto di origini italiane e si vantava sempre di conoscere benissimo quella lingua?
«Ehi, Danny, ho bisogno di una mano!», esordì, bloccandolo a metà strada verso il bagno.
«A quest'ora?», chiese il batterista, lanciando un'occhiata all'orologio con le palpebre semi abbassate. «Sono le tre di notte...».
«E allora?».
«E allora sto morendo di sonno! L'unica cosa che vorrei, adesso, è ricongiungermi al mio letto e dormire per due giorni di fila!», rispose Danny in tono lagnoso.
«E invece mi aiuterai a scrivere questa bella cartolina per Greta!», replicò Terry, puntando le mani sui fianchi ampi.
Nel sentir pronunciare il nome della ragazza, il batterista pensò alla sua amica Linda e subito sorrise. Prese una sedia e si mise seduto accanto all'amico.
«Che cosa avevi in mente?», chiese, lasciandosi scappare uno sbadiglio.
«Vorrei scriverle una bella dedica in italiano, ma qui l'esperto in quella lingua sei tu!».
Danny si stiracchiò e si grattò il mento, per poi lisciare gli enormi baffoni alla Fu Manchu.
«Allora... vediamo. Potresti scrivere: “Alla ragazza più bella del mondo, con ardore!”», declamò in italiano, mettendosi in posa plastica.
«E cosa diamine vorrebbe dire?», chiese Terry grattandosi la testa. Danny tradusse e il chitarrista annuì. «Mi piace! Come devo scrivere?».
Questa volta fu il batterista a grattarsi il capo. Lui e i membri della sua famiglia parlavano abitualmente in italiano, specialmente davanti alla nonna che non capiva nemmeno una parola di americano, ma... scrivere in italiano? Pensava di non averlo mai fatto, e sua nonna aveva una calligrafia talmente brutta che, se anche avesse letto le sue lettere, non ci avrebbe capito un tubo.
Non volendo, però, fare brutta figura con l'amico, si schiarì la gola e iniziò a fare lo spelling.
«Dunque... A... L... poi E...».
Terry prese a scrivere di buona lena e in bella calligrafia, attendendo che Danny enunciasse una per una le lettere. Il batterista, vedendo che l'amico pendeva dalle sue labbra, si fece animo e continuò a elencare.
«G... A... S... E...», disse contando le lettere sulle dita, lo sguardo rivolto al soffitto. «O... R... E», concluse infine, soddisfatto quasi più dell'amico per essere riuscito a portare a termine il compito.
Il chitarrista contemplò la frase che aveva appena scritto con orgoglio, per poi leccare il grosso francobollo che aveva acquistato insieme alla cartolina e incollarlo nell'apposito riquadro. L'indomani mattina, prima di andare in aeroporto, l'avrebbe imbucata nella prima cassetta delle lettere disponibile.

 

Milano, 21 giugno 1971

 

«Terry, potresti togliermi una curiosità?», chiese Greta, dopo aver salutato Terry e Danny appena arrivati dagli Stati Uniti, mentre lei, la sua migliore amica Linda e i due ragazzi si dirigevano verso la stazione della metropolitana più vicina.
«Certo», rispose lui, facendosi di colpo attento.
«Potresti spiegarmi cosa hai voluto dirmi con questa cartolina?». Così dicendo, trasse dalla borsetta la piccola immagine illustrata che il chitarrista le aveva spedito da Honolulu.
Terry si sentì arrossire suo malgrado. Lanciò un'occhiataccia a Danny e chiese, deglutendo: «Perché? Cosa ti ho scritto?».
«“Ale ragase pu balle dil monto, con afrore!”», lesse Greta, le sopracciglia corrugate. «Vorresti dire che puzzo?!».
Terry scosse il capo tutto agitato, facendo ondeggiare i lunghi capelli castani. «No, io non mi permetterei mai!».
«E allora perché hai scritto “con afrore”?».
Linda scoppiò a ridere, mentre il chitarrista si voltava verso l'amico e lo afferrava per il bavero della maglietta a polo.
«Danny... si può sapere che cazzo mi hai fatto scrivere?», ringhiò, scuotendolo.
«Te l'ho detto! Dovevi scrivere: “Alla ragazza più bella del mondo, con ardore!”. Poi però non sapevo le lettere giuste e allora ho sparato un po' a caso per non fare brutta figura con te...», si giustificò il batterista, ancora scosso come una marionetta dal ragazzone.
«Sai, Danny?», disse Linda dopo che Terry l'ebbe deposto a terra – su insistenza di Greta – ed ebbe spiegato di aver chiesto all'amico di insegnargli una bella dedica in italiano da scrivere alla ragazza. «Questo significa solo una cosa».
«Che cosa?», chiese il batterista, massaggiandosi il collo.
«Che sei un pessimo insegnante!».
«Già...», concordò Terry. «Avrei fatto meglio a scriverlo in americano! La prossima volta che mi viene in mente di chiederti di aiutarmi a scrivere qualcosa in italiano, per favore, dimmi di no, okay?».
«Ci puoi contare!», gracchiò Danny.

 

 

Prompt n° 21 - "L'unica cosa che vorrei adesso è ricongiungermi al mio letto e dormire per due giorni di fila!"

Prompt n° 4 - “Sei un pessimo insegnante!”

 

Spazio autrice:

Questo capitolo è uno spin-off della mia long "Alive Again", la storia in cui Terry e Greta si conoscono e si innamorano. Dopo che i due si sono conosciuti ai due concerti tenuti in Italia dai Chicago nel 1971, infatti, Terry è costretto a lasciare la ragazza per proseguire nel suo tour ma le promette di mandarle una cartolina da ogni luogo che visiterà, in attesa di poter tornare da lei in Italia durante una piccola pausa del tour mondiale.
Rispetto al capitolo precedente siamo tornati molto indietro nel tempo, e nel rileggere la long di cui sopra mi sono resa conto di aver considerato tempi strettissimi per la ricezione delle cartoline, tipo un giorno soltanto XD. Della serie: manco adesso le riceviamo in un giorno, figuriamoci a quel tempo. Ma ormai è andata così e ho deciso di non modificare comunque le date. Dai, in fondo siamo in un AU, dove la posta potrebbe essere molto più celere che nella realtà XD.
Danny, oltre alla sua fama di donnaiolo che lo perseguita, ha davvero origini italiane: i suoi genitori sono figli di emigrati italiani e la sua amata nonna non ha mai nemmeno imparato a parlare in americano. Come dichiarato nella sua autobiografia, la nonna lo chiamava “Dannooze”, che è la versione americanizzata di “Dannuzzo”.
Le immagini che ho scelto stavolta ritraggono Terry e Danny agli inizi degli anni '70.
Spero di avervi strappato una risata

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Capitolo 8
*** Al mare, ci vuole un fisico bestiale ***


Al mare, ci vuole un fisico bestiale

 

 

 

 

Veneto, 01 settembre 1977



Danny si svegliò con uno sbadiglio, stiracchiandosi e allungandosi nel letto fino a sbattere con i pugni contro la testiera di legno. Il rumore sordo fece destare Terry che spalancò gli occhi cerchiati di rosso, a testimonianza della sbronza colossale che aveva preso la sera prima al termine della loro unica data italiana.
«Oddio che mal di testa...», biascicò, la bocca impastata e un orribile sapore sulla lingua. «Ma quanta cazzo di roba ho bevuto, ieri sera?».
«Ah, non lo so davvero! Ricordo solo che l'ultima bottiglia che ti sei scolato era piena di un liquido trasparente come acqua che il proprietario dell'albergo continuava a chiamare graffa, o qualcosa del genere».
Mentre parlava, Danny si era alzato di scatto dal materasso e aveva aperto le tende, lasciando che la luce del sole ormai alto inondasse la stanza.
Terry sibilò, coprendosi la faccia con un braccio. «Cazzo, mi bruciano gli occhi!».
Il batterista gli si accostò e gli batté un paio di pacche sul bicipite flaccido, facendolo tremolare come un budino.
«Su, su», lo esortò, «un bel caffè amaro per colazione ti farà passare tutto».
Il ragazzone si alzò dal letto a fatica, buttò giù le gambe e si grattò distrattamente la schiena prima di inclinarsi su un lato e mollare un lunghissimo peto a pernacchia. L'odore del Fegato alla Veneziana che aveva ingurgitato la sera prima invase la camera, costringendo Danny a spalancare la finestra.
«Cazzo, Terry! Pure la cucina italiana ti stimola così tanto? Io credevo che fosse solo il chili a farti un effetto nefasto!».
Il chitarrista si strinse nelle spalle. «Cosa vuoi? Ho la digestione lenta, io!».
«Allora dev'essere per quello che non fai altro che mettere su ciccia», ridacchiò il più giovane, riferendosi al notevole aumento di peso che l'amico aveva avuto negli ultimi tempi. «Quanto pesi, adesso? 120 chili?».
«136», rispose Terry con uno sbadiglio prima di rendersi conto di essere stato offeso. «Ehi, come ti permetti?», sbraitò, afferrando il proprio cuscino e scagliandolo contro Danny che lo scansò con un balzo. «Sarai bello tu, che ti si contano le costole! Greta mi ha detto che mi trova bellissimo, perché ho tanta ciccia da stringere», aggiunse, afferrando le proprie maniglie dell'amore e strizzandole tra le dita enormi.
Il batterista scoppiò di nuovo a ridere, non tanto per la risposta dell'amico quanto per il tempo che aveva impiegato a capire che lo stava prendendo in giro.
«Ma quanto ci metti ad afferrare una battuta?», chiese sghignazzando.
«Che vuoi, il mio cervello si sveglia sempre un paio d'ore dopo il mio corpo», rispose Terry, stringendosi nelle spalle.
«Soprattutto dopo che ti sei scolato tutta la cantina di un albergo!», rise ancora Danny, facendo grugnire l'amico.


Dopo che entrambi si furono vestiti ed ebbero fatto colazione insieme ai loro compagni di band, Terry si guardò attorno con aria sconsolata.
«Che cosa potremmo fare per ammazzare il tempo? Partiremo solo domani per la Germania».
«Io direi che dovremmo approfittare di questa bella giornata di sole! Potremmo andare al mare, che ne dite? Le spiagge italiane sono famose in tutto il mondo!», rispose Danny con un sorriso.
«Lo dici solo perché tu sei di parte. Anche le spiagge della Croazia sono molto belle!», replicò Walter incrociando le braccia sul petto magro.
Il batterista gli fece la linguaccia. «Già, ma noi siamo a Verona. Mica possiamo andare in Iugoslavia! Allora, chi ci sta?».
Gli altri ragazzi declinarono l'invito, così Danny e Terry chiamarono un taxi e si fecero portare fin sull'Adriatico.
Dopo che il batterista ebbe trattato sul prezzo nel suo italiano un po' stentato, i due scesero a Chioggia e andarono in spiaggia. La temperatura era ancora molto gradevole e parecchie persone avevano avuto la loro stessa idea, perciò il litorale era abbastanza affollato di ombrelloni, asciugamani e bagnanti. Ma in Italia i Chicago non erano conosciuti da molti, e quindi nessuno parve riconoscerli.
Essendo a corto di attrezzatura da mare, i due amici decisero semplicemente di togliersi la maglietta e di rimanere in pantaloncini, per poi sdraiarsi direttamente sulla sabbia. Alcune ragazze piazzate lì vicino li notarono e cominciarono ad additarli, e ben presto Danny se ne accorse, iniziando a pavoneggiarsi e ad atteggiarsi a macho anche se il suo fisico minuto mal si prestava a tale immagine.
Terry, che non si era reso conto di aver attirato l'attenzione delle giovani, fissò l'amico come se gli avesse dato di volta il cervello. Poi capì che lo spettacolo era a beneficio di un pubblico femminile e si alzò in piedi.
«Ora ti faccio vedere io chi è lo stallone, qui...», disse, per poi trattenere il fiato, tirare dentro la pancia e alzare le braccia fino alle spalle, mettendosi in posa plastica rivolto verso le fanciulle.
Ma, purtroppo per lui, essendo un accanito fumatore di erba la sua capacità polmonare non era delle migliori, quindi quasi subito il suo grosso ventre si rilassò, strabordando dai pantaloncini blu.
Danny scoppiò a ridere, subito imitato dalle ragazze alle loro spalle.
«Terry, contieniti per favore! Sembri una grassona in topless!».
Il chitarrista abbassò le braccia e fulminò l'amico con lo sguardo.
«Che cosa cazzo vorresti dire?!».
«Che pare che tu ti sia perso il reggiseno e te ne vada in giro con le tette al vento!», replicò il più giovane senza smettere di ridere.
Terry puntò i pugni sui fianchi ampi e arricciò le labbra in una smorfia contrariata.
«Guarda che a Greta le mie tette piacciono tantissimo!», replicò, per poi portare entrambe le mani a coppa sotto ai suoi pettorali, sollevandoli e facendoli ballonzolare.
Continuò così per un po', con somma ilarità sia dell'amico che delle giovani dietro di loro; poi iniziò a battersi il petto a mo' di scimmione, saltellando sul bagnasciuga e rumoreggiando come un orango. La sua esibizione attirò l'attenzione di molti dei bagnanti nelle loro vicinanze, che cominciarono ad additarlo e a puntarsi poi il dito indice alla tempia.
Danny era ormai piegato in due dalle risate. Terry lo raggiunse, lo afferrò per le gambe e, senza sforzo, se lo caricò su una spalla, continuando a muoversi come un gorilla.
«Smettila...», esalò il batterista tra una risata e un sobbalzo, «ci stanno guardando tutti!».
«E sai che me ne frega...», rispose il ragazzone, per poi avvicinarsi all'acqua e gettare in mare l'amico senza tanti complimenti. Infine fece un inchino rivolto ai bagnanti, mollò un peto alle cipolle e si tuffò pure lui.


«Che figura di merda ci hai fatto fare!», esclamò Danny una volta usciti dall'acqua. Non avendo il costume furono costretti a rimanere in piedi per far asciugare i pantaloncini, la stoffa inesorabilmente appiccicata ai loro gioielli di famiglia che, per il freddo e la vergogna, parevano essersi ridotti ai minimi termini.
«Tanto non ci conosce mica nessuno».
«E meno male! Però mi sono giocato la possibilità di scoparmi qualche bella ragazza!».
Terry gli mollò due sonore pacche sulle spalle, spingendolo avanti di qualche passo.
«Non te la prendere, potrai sempre rifarti in Germania».
I due amici si fissarono negli occhi e scoppiarono in un'altra, allegra risata.
«Oh, amico...», esalò Danny, cingendo a fatica la spalla di Terry con un braccio. «Se non esistessi, bisognerebbe inventarti».
Il chitarrista ricambiò la stretta. «Anche tu, fratello. Anche tu».

 

 

Prompt n° 11 - "Dovremmo approfittare di questa bella giornata di sole!"

Prompt n° 15 - "Se non esistessi, bisognerebbe inventarti."

Prompt n° 26 - "Il mio cervello si sveglia sempre un paio d'ore dopo il mio corpo."

Prompt n° 36 - "Smettila, ci stanno guardando tutti!"

 

Spazio autrice:

Finalmente torno ad aggiornare questa raccolta. In questo periodo sono impegnata con alcuni contest, quindi devo dividermi fra le varie cose :-)
Rispetto al capitolo precedente siamo andati un po' avanti con gli anni ma siamo rimasti comunque in Italia, in Veneto per la precisione, dove i Chicago il 31 agosto 1977 tennero un concerto all'Arena di Verona.
Il concerto successivo si terrà poi in Germania il 03 settembre, quindi ho immaginato che si siano presi un giorno di riposo in cui potrebbero benissimo essere andati al mare. Ho scelto una spiaggia di Chioggia perché è il litorale più vicino a Verona.
Qui, il nostro Terry torna ad essere il solito mangione petomane. Il Fegato alla Veneziana è un piatto tipico del Veneto, a base di fegato e cipolle che, come sappiamo, stimolano molto le emissioni gassose XD. Inoltre, il buon chitarrista è sempre stato pure amante dell'alcool, e non poteva certo farsi mancare un bottiglione di grappa (la
graffa di Danny), per concludere in bellezza la serata.
Per quanto riguarda il peso notevole del ragazzone, il dato è vero. Questi giorni sto leggendo una biografia non ufficiale di James Pankow, trombonista dei Chicago, scritta da Bill Fleck e intitolata “
Gimme a show! 50 years on the rock and rollercoaster”, in cui l'autore riporta che Terry ha sempre avuto problemi a mantenere la linea, avendo sempre avuto la tendenza ad ingrassare nonostante fumasse come un turco. Poco prima di morire aveva raggiunto il ragguardevole peso di 300 libbre, pari a circa 136 chilogrammi.
Nel mio AU, in questo periodo il chitarrista era già sposato con Greta, mentre Danny, dopo aver avuto un brevissimo flirt con Linda (la migliore amica di Greta) nei primi anni settanta, si ritrova da solo, perché Linda è innamorata di Peter Cetera – bassista della band – e si fidanzerà con lui, come raccontato nella mia shot “
"Indovina chi viene a cena?". Siccome, però, Peter poi si scoprirà omosessuale e innamorato di Robert Lamm – il tastierista della band – i due si lasceranno e Linda tornerà da Danny, che poi sposerà.
Danny non ha mai fatto mistero per la sua passione per le donne, ecco perché si lamenta di non aver potuto scopare nessuna ragazza XD. Inoltre, come già detto altre volte, il buon batterista ha origini italiane, mentre Walter Parazaider, il sassofonista che qui compare in un piccolo cammeo, ha origini croate. Leggendo la biografia di cui sopra ho scoperto che ha addirittura sangue gitano, nelle vene. Parlo di Iugoslavia perché nel 1977 lo stato non si era ancora diviso.
Il topless era già largamente conosciuto, visto che ha iniziato ad apparire sulle riviste già nei primi anni settanta.
Infine, la foto a inizio capitolo ritrae Terry in posa plastica sulla riva del mare.
E ora basta, perché le note sono quasi più lunghe del capitolo stesso.
Spero di avervi strappato una risata.

 

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Capitolo 9
*** Regali imparziali ***


Regali imparziali


 

 

Los Angeles, 23 luglio 2020

 

Danny raggiunse l'ingresso del Beverly Center correndo come un forsennato – per quanto glielo consentisse la sua veneranda età – facendo lo slalom tra i passanti sul marciapiede. Terry gli aveva dato appuntamento lì per le 09:05, ma lui non aveva sentito arrivare il messaggio, il giorno prima, e lo aveva visto solamente quella mattina quando si era alzato dal letto. E solo perché sua moglie Linda gli aveva sbattuto il cellulare in faccia dicendogli che aveva un SMS in arrivo.
L'amico lo aspettava davanti alle porte scorrevoli del centro commerciale, le braccia incrociate appoggiate sul ventre prominente.
«Eccomi... arrivo...», ansimò l'anziano batterista, fermandosi con una scivolata e appoggiando le mani sulle cosce per riprendere fiato. «Sono in ritardo?».
Terry alzò lo sguardo e indicò l'enorme orologio digitale appeso sopra le loro teste, e che segnava le 09:08.
«Di tre minuti», rispose, con voce cavernosa.
«Scusami», riprese Danny dopo aver preso una lunga boccata d'aria, «ma non avevo visto il messaggio, ieri».
Il chitarrista si infervorò. «Non avevi visto il messaggio? Ma se hai sempre il telefono in mano! Non fai altro che spippolare! Semmai, l'unico che potrebbe usare una scusa del genere sono io!», concluse tirando fuori dalla tasca il suo vecchio cellulare Samsung dallo schermo incrinato e tenuto insieme da diversi giri di nastro isolante nero.
Danny si scusò ancora e Terry, dopo un'ultima occhiataccia all'amico, sciolse le braccia e gli mollò un paio di pacche sulle spalle.
«Sei perdonato, in fondo non hai tardato troppo... e forse io avrei fatto di peggio. Andiamo, adesso, Omega ci aspetta!».
I due uomini varcarono l'ingresso del centro commerciale e imboccarono la scala mobile, diretti al migliore negozio di orologi del vasto complesso. Robert aveva telefonato al chitarrista il giorno prima e lo aveva incaricato di andare a comprare il regalo di compleanno per Jimmy, che il 20 di agosto avrebbe compiuto 73 anni.
«Perché proprio noi?», chiese Danny mentre prendeva lo slancio per saltare proprio al centro del gradino. «Non poteva andarci lui a comprare il regalo?».
«No, perché lui e Peter stamattina presto partivano per una vacanza di venti giorni alle Hawaii», rispose Terry, afferrando al volo l'amico e impedendogli di cadere. Invece di centrare il gradino, infatti, il batterista aveva preso proprio l'intersezione tra due segmenti e, quando la scala aveva iniziato a piegarsi durante la salita, aveva inesorabilmente perso l'equilibrio.
«E Lee e Walt?», chiese ancora Danny, raddrizzandosi e afferrando strettamente il corrimano.
«Trombetta in bocca è impegnato nel suo studio privato a registrare nuove canzoni natalizie», rispose il chitarrista in tono cupo, forse ricordando di quando aveva dovuto vestirsi da Babbo Natale nell'ottobre dell'anno precedente, «e Wally è il compagno di Jimmy, idiota! Lui il regalo glielo farà per conto suo, no?».
«Già... già...», mormorò distrattamente il batterista, intento a prepararsi a scendere dalla scala mobile. Il salto plastico che credeva di fare si rivelò un mezzo disastro, e ancora una volta fu l'amico a salvarlo dalla caduta.
Il negozio di orologi Omega era proprio di fronte a loro, e i due uomini vi entrarono con passo deciso. Robert aveva lasciato a Terry carta bianca in merito alla scelta del regalo, e il chitarrista aveva pensato che il regalo migliore per Jimmy fosse proprio un orologio. Magari con una bella dedica incisa sulla cassa.
Muovendosi come un elefante in un negozio di cristallerie, Terry si avvicinò al bancone e chiese di vedere alcuni degli ultimi modelli. Danny gli si accostò, sistemandosi gli occhiali sul naso per leggere meglio i prezzi.
«Cazzo... ma hai visto quanto costano?», sibilò all'amico dopo che il commesso ebbe posto loro davanti alcuni degli orologi da uomo più belli che erano in esposizione, strizzando gli occhi davanti ai cartellini.
«Beh, il denaro non dovrebbe mica essere un problema», replicò il chitarrista. «Abbiamo guadagnato talmente tanto in più di cinquant'anni di carriera!».
«Non è questo il punto!», sbottò Danny intimandogli con le mani di abbassare la voce. «Ma se spendiamo così tanti soldi faremo disparità con i regali!».
Terry aggrottò le folte sopracciglia grigie. «Perché?».
Il batterista si sbatté la mano sulla faccia. «Ma come perché... A Walter abbiamo regalato un pigiama di flanella, e a te un nuovo kit per l'uncinetto!».
«Ah... già, è vero...».
«Abbiamo speso una cazzata per voi due», continuò Danny. «Non possiamo pagare più di mille bigliettoni a testa per Jimmy, mentre per il vostro regalo abbiamo speso sì e no cinque dollari!».
Il chitarrista annuì gravemente. «Hai ragione», ammise, per poi chiedere al commesso se potesse fargli vedere qualcosa di più economico.
Ma anche l'orologio più scarso del negozio costava comunque sempre troppo per poter essere imparziali, così i due amici ringraziarono l'addetto, che li salutò con fare scocciato, e uscirono dal negozio.
«Allora cosa potremmo comprargli?», chiese Terry guardandosi attorno, scrutando le varie vetrine che li circondavano. «Io ero partito a colpo sicuro».
Danny lo imitò, e si bloccò con un ghigno davanti a un'edicola. «Io credo di saperlo...».
Il chitarrista seguì lo sguardo dell'amico e si lasciò sfuggire un sorrisetto.
«Aggiudicato!», rispose.

 

 

Prompt n° 19 - “Non avevi visto il messaggio? Ma se hai sempre il telefono in mano!”

 

Spazio autrice:

Innanzi tutto devo ringraziare Kim Winternight – a cui dedico questa scemenza – per avermi aiutato a procurarmi un prompt (come se quello della challenge non fosse già abbastanza XD). Le ho chiesto di lanciare uno dei dadi di Tiger ed è uscito fuori il quadrante di un orologio che segnava le 09:05. Ecco perché Terry ha dato appuntamento a Danny proprio alle 09:05; ed ecco perché il chitarrista decide di andare a comprare proprio un orologio come regalo per James.
In realtà il centro commerciale apre alle 11:00, ma io mi sono presa questa licenza.
Il Beverly Center è uno dei centri commerciali più famosi e importanti di Los Angeles, al cui interno si trova appunto uno dei tanti negozi di orologi “Omega”. Orologi piuttosto costosi che i nostri “vecchietti” (Terry ha 74 anni e Danny 72) decidono di non comprare non tanto per mancanza di soldi, perché dopo 53 anni di royalties i dollari non gli mancano di certo (e tanti sono davvero gli anni di attività dei Chicago), ma per non creare disparità con gli altri regali da quattro soldi già acquistati per i compleanni precedenti, e che non avevo mai rivelato. Quindi ora sappiamo anche cosa hanno ricevuto Terry e Walter di regalo XD.
E cosa avranno comprato all'edicola? Lo scopriremo solo in occasione del compleanno di Jimmy, ovviamente, quindi portate pazienza!
Altre piccole precisazioni: Terry chiama Lee “Trombetta in bocca” sia perché è un trombettista, sia perché, forse memore della sua assurda richiesta di farlo vestire da Babbo Natale a ottobre, come abbiamo visto nel capitolo di questa raccolta che si intitola “Mai provocare Babbo Natale”, ce l'ha ancora un po' con lui. La frase in questione, “Trombetta in bocca”, fa parte di una gag molto esilarante del film “Totò a colori”, con protagonista appunto l'inimitabile Principe De Curtis.
Poi, faccio chiamare Walter “Wally” da Terry perché sulla biografia non ufficiale di James Pankow che ho appena finito di leggere questo è il nomignolo utilizzato per riferirsi a lui.
E, dulcis in fundo, la foto a inizio capitolo rappresenta appunto il Beverly Center.
Spero di avervi strappato una risata!

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Capitolo 10
*** Invasioni barbariche ***


Invasioni barbariche

 

 

 

Seattle, 23 luglio 1972


Terry e Danny irruppero rumorosamente in una delle stanze d'albergo che i Chicago occupavano, beccandosi un'occhiataccia da parte di Lee, che stava provando nuovi trucchetti con le labbra per migliorare il suono della sua tromba.
Il chitarrista stringeva la propria camicia di jeans, fradicia di sudore, tra le dita. «Cazzo che storia!», esclamò, appoggiandosi con il braccio sinistro allo stipite della porta che dava sul terrazzino e sovrastando Lee che era seduto proprio in quel punto. «Credo di non aver mai corso così tanto in vita mia!».
Danny, anche lui ansante e scompigliato, non riuscì a trattenere una risata. «Certo che anche tu, però, te le vai proprio a cercare! Che bisogno c'era di dare un calcio a quel cancello?».
«Oh, e dai!», replicò Terry, sventolando la camicia e spandendo il suo afrore di sudore per tutta la camera. «Quel cane aveva rotto il cazzo! Ogni fottuta volta che siamo passati da lì non ha fatto altro che abbaiare!».
«Forse perché è un cane da guardia?», chiese sarcastico il batterista, lasciandosi cadere sul letto.
«Beh, a me aveva rotto le palle lo stesso! Come facevo a sapere che il cancello non era chiuso a chiave e che si sarebbe spalancato?».
Fino a quel momento Lee era rimasto in silenzio, il bocchino della tromba ancora appoggiato sulle labbra, a fissare il compagno di band che, a torso nudo, lo sovrastava nella sua imponenza. Visto che i due, però, non accennavano ad andarsene, e che l'odore di sudore di Terry era la cosa più terribile che avesse mai sentito – dopo le sue scorregge – decise che era arrivato il momento di farsi valere.
«Scusate, voi due», disse schiarendosi la voce. «Questa è la mia stanza!».
Il chitarrista abbassò lo sguardo su di lui, e lo fissò come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza.
«Ah sì? Non ci avevo fatto caso».
«Beh, ora che te ne sei accorto potete sloggiare, per favore? Mi sto esercitando per il concerto di domani sera!», insisté Lee, fissando alternativamente i compagni di band che, però, finsero di non averlo nemmeno sentito e continuarono a parlare della fuga precipitosa dal pastore tedesco che Terry aveva involontariamente liberato, e che li aveva seguiti abbaiando e ringhiando fino all'hotel.
Frustrato per la loro mancanza di rispetto, il trombettista portò di nuovo il suo strumento alla bocca e ricominciò a soffiarci dentro, muovendo le labbra e facendole vibrare in vari modi per cercare di ottenere suoni più puliti possibile. Dopo pochi minuti l'enorme chitarrista gli batté su una spalla.
«Senti, buco del culo, potresti abbassare il volume?».
A quelle parole, Lee si indignò talmente tanto da alzarsi in piedi di scatto e lasciar cadere la tromba a terra, le mani che gli fremevano per la rabbia.
«Fuori dalla mia stanza!», gridò in tono isterico, battendo i piedi a terra come un bambino in preda a un accesso di bizze. «Fuori! Fuori!!!».
Terry e Danny lo fissarono come se gli fossero spuntate altre due teste: Lee Loughnane, il ragazzo per bene che non perdeva mai le staffe, stava saltellando sul pavimento come uno scimpanzé impazzito?
«Andiamo, Danny», disse il chitarrista alla fine. «A quanto pare non siamo bene accetti, qui».
«Cazzo, avete invaso la mia camera come se fosse stata casa vostra!», urlò di nuovo Lee alle due schiene che si allontanavano in direzione della porta. Prima di uscire, Terry sporse il sedere e sganciò un peto a pernacchia in direzione del trombettista, per poi sbattere l'uscio alle proprie spalle.
«Non avete un briciolo di rispetto!».
Il grido di Lee si perse nel silenzio caldo della stanza. Il ragazzo andò a raccogliere la tromba e si rimise seduto sulla sedia davanti alla porta del terrazzino. Fece l'atto di accostare lo strumento alle labbra poi lo riabbassò, scuotendo la testa.
«Tanto ormai ho perso la concentrazione...», mormorò, buttandosi sul letto.

 

 

Prompt n° 18 - “Non ci avevo fatto caso.”

Prompt n° 29 - “Potresti abbassare il volume?”

Prompt n° 30 - “Tanto ormai ho perso la concentrazione...”

 

Spazio autrice:

Mi sono divertita tantissimo a scrivere questa piccola shot, poco più di una flash in effetti, creata tutta basandomi sulla foto che avete trovato a inizio capitolo. A parte il fatto che mi sono ancora più innamorata di Terry nel vederlo così a petto nudo, con quel bel faccione fatto per strappare baci, l'espressione di Lee che lo guarda dal basso mi fa letteralmente piegare dalle risate. E, infatti, sono riuscita addirittura a inserire 3 prompt, e a martoriare il povero trombettista come ormai di consueto. Povero Lee! Gliene faccio succedere di tutti i colori!
Il fatto è che lui è l'unico dei Chicago con cui sento meno feeling, non so perché (manco li conosco di persona ahahahahahaha). Non riesco a fare a meno di immaginarlo come un tizio con la puzza sotto al naso, e di conseguenza è normale che venga preso di mira.
Ora devo dare alcune piccole delucidazioni.
La foto è stata proprio scattata il 23 luglio 1972 (almeno stando alla didascalia su Pinterest) e la sera successiva, il 24 luglio, i Chicago hanno davvero tenuto un concerto a Seattle.
Leggendo su internet, mi sono documentata su come funziona la tromba, e ho scoperto che il suono è creato dalla vibrazione delle labbra mentre l'aria fuoriesce, amplificata dal bocchino prima e dalla campana poi. Ecco perché Lee si esercita in trucchetti con le labbra.
La vicenda del cane che insegue la mia BROTP è tratta da una storia vera. Molti anni fa (nel 1991) con la mia famiglia andammo in vacanza in compagnia della famiglia di mio zio (fratello di mio papà). Nel piccolo paese piemontese in cui eravamo, in agosto si teneva sempre una fiera di beneficenza che durava per tutta la settimana di ferragosto, chiamata localmente “il banco”, e noi tutte le sere andavamo a pescare i numeri. Nel tornare in albergo, passavamo davanti ad un cancello da dentro il quale un pastore tedesco ci abbaiava selvaggiamente. Una sera, mio zio diede un calcio al cancello che si spalancò, e il cane saltò fuori come una furia. Per fortuna, alla fiera di beneficenza avevamo vinto uno scopettone, e mio papà ebbe la prontezza di spirito di ficcarlo in faccia al cane, che si spaventò e tornò dietro il cancello XD. Da questa vicenda ho tratto la scena che viene raccontata da Terry.
Infine, Terry chiama Lee “buco del culo” perché, come ho scoperto leggendo la biografia non ufficiale di James Pankow, i tre “fiati” dei Chicago – James, Walter e Lee, appunto – si erano auto nominati “Hole in the Ass gang”. Quindi, per mia licenza poetica, gli ho fatto affibbiare quel nomignolo.
Spero di avervi strappato una risata!

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Capitolo 11
*** Dare i numeri ***


Dare i numeri

 

 

Las Vegas, 10 luglio 1976

 

Terry raggiunse Peter e si lasciò cadere seduto sul divanetto accanto a lui.
Era il terzo giorno che i Chicago soggiornavano all'Aladdin Hotel di Las Vegas e il chitarrista aveva già sperperato quasi tutto il suo cachet, ricevuto per le quattro serate all'Aladdin Theater, alla roulette. Su di giri grazie all'LSD e all'adrenalina scatenata dal gioco d'azzardo, Terry aveva continuato a chiedere a tutti, e in special modo a Danny, di dargli dei numeri da giocare. Quando il batterista, per timore di veder sparire anche tutto il suo ingaggio, si era rifiutato di aiutarlo ulteriormente, il ragazzone aveva deciso di rivolgersi all'unico che non lo avesse ancora scacciato in malo modo.
«Allora, Belli Capelli, che numero potrei giocare, adesso?», cominciò a sproloquiare, accendendosi una sigaretta. «Al tavolo dieci sono usciti il 5, il 17, il 13, il 23, due volte di fila il 32, il doppio zero, il 14, poi di nuovo il 5 e di nuovo il 32. Quindi dovrei puntare uno di questi numeri. Ma se cambia la mano poi anche i tiri cambiano, e io dovrei aspettare almeno sei o sette giri per vedere cosa esce!». Trasse una lunga boccata e riprese a parlare come una macchinetta. «Al tavolo sette, invece, è uscita la gold per tre volte, una volta la silver e due volte gli amici dello zero. Dici che dovrei puntare lì? Magari sperare in un'altra gold river? Oppure potrei puntare cavalli e carré!».
Peter, un bicchiere di vino rosso pieno per metà in mano, aveva ascoltato lo sproloquio del chitarrista senza capire nemmeno una parola di ciò che stava dicendo. I suoi compagni di band erano sempre soliti sballarsi con l'acido ma a lui non era mai piaciuto e, per tenersi al passo, preferiva darsi all'alcol. Anche se, in realtà, mentre tutti gli altri acceleravano come treni lui non faceva altro che rallentare... rallentare... rallentare...
E mentre Terry continuava a blaterare qualcosa riguardo a numeri, numeri e ancora numeri, lui teneva lo sguardo fisso davanti a sé, gli occhi ridotti a due fessure per riuscire a mettere a fuoco ciò che lo circondava. Sorbì un piccolo sorso di vino e sorrise tra sé e sé, cullato dal vocione del chitarrista che parlava a raffica. Stava quasi per appisolarsi quando Terry lo scrollò e, per poco, non si rovesciò quanto rimaneva del contenuto del bicchiere sui pantaloni bianchi.
«Allora, Belli Capelli! Cosa punto? Rosso o Nero? Pari o Dispari? Manque o Passe?».
Il bassista si voltò lentamente verso di lui. «Non ti stavo ascoltando... dicevi?», riuscì a malapena a borbottare, la lingua impastata dall'alcol.
Il chitarrista lo fissò attentamente ed esclamò: «Quattordici secco! Grazie, Pete!».
Peter lo guardò allontanarsi di corsa verso uno dei tavoli da gioco, la sala che gli ondeggiava attorno.
«Non c'è di che...», biascicò prima di chiudere gli occhi.

 

 

Prompt n° 23 - “Non ti stavo ascoltando... dicevi?”

 

Spazio autrice:

Prima di prendermi una decina di giorni di vacanza ho deciso di lasciarvi con un piccolo nuovo capitolo di questa raccolta sempre più strampalata, che non vede più soltanto come protagonisti Terry e Danny, ma anche altri vari membri della band, e tutto grazie alle foto che trovo su Pinterest, come quella che correda il capitolo e che mi ha stimolato tantissimo nello scrivere questa piccola flash, soprattutto l'espressione attenta e intelligente di Peter...
Ma veniamo ai chiarimenti di rito!
I giorni 8, 9, 10 e 11 luglio 1976 i Chicago hanno tenuto 4 concerti all'Aladdin Theater di Las Vegas, teatro inaugurato appena sei giorni prima da Neil Diamond. Poiché il teatro appartiene all'Aladdin Hotel, ho immaginato che i nostri ragazzoni possano aver soggiornato lì, e che Terry (e forse non solo lui) abbia dato fondo alle sue doti??? di giocatore d'azzardo. In quel periodo, di sicuro, aveva già abbandonato l'acido per dedicarsi alla sua vera passione, la cocaina, ma poiché ci troviamo in un AU in cui il buon chitarrista non muore ho pensato bene di fargli consumare ancora l'LSD. Peter, invece, come dichiarato in varie interviste, non ha mai apprezzato tale sostanza e preferiva darsi all'alcol, anche se mentre tutti gli altri acceleravano lui rallentava...
Le parole pronunciate da Terry scritte in corsivo sono tutti termini relativi al gioco della roulette americana (leggermente diversa da quella francese). “Cambiare la mano” significa cambiare croupier (che si spostano da un tavolo all'altro ogni mezz'ora). I giocatori più accaniti sostengono che, quando cambia la mano, i tiri della pallina siano diversi e quindi non ci si può più basare sui numeri usciti in precedenza per decidere cosa puntare. “Gold, silver e amici dello zero” sono combinazioni di numeri che si susseguono sulla ruota della roulette e che la dividono in spicchi. I “cavalli” sono le puntate su due numeri contigui, mentre i “carré” o “quartine” su quattro numeri contigui sul tavolo. “Manque” sono i numeri da 1 a 18, mentre “passe” i numeri da 19 a 36.
Alla fine del capitolo Terry decide di puntare il 14 secco perché questo numero, nella Smorfia Napoletana, rappresenta “l'ubriaco”. E Peter lo è decisamente.
E ora, dopo questa lezione sul gioco della roulette, è meglio che vi saluti.
Spero di avervi fatto sorridere almeno un pochino.

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Capitolo 12
*** Spaventi e improperi ***


Spaventi e improperi

 


 

Sidney, 27 giugno 1972

 

Danny aprì la porta della propria camera d'albergo e uscì nel corridoio, gli occhi bassi. Stava cercando disperatamente di ricordare il nome della ragazza con cui era stato a letto la notte prima, e che avrebbe avuto piacere di rivedere quella sera. Ma non poteva mica chiamarla con un “ehi” o, peggio ancora, con un fischio! Sarebbe stato maleducato!
Ancora soprappensiero, il batterista non si accorse della grossa sagoma che gli si era avvicinata di soppiatto alle spalle. Mentre chiudeva l'uscio e faceva per andarsene, l'individuo dietro di lui lanciò un urlo mostruoso, sollevando le braccia sopra la testa. Sobbalzando per lo spavento, Danny si voltò di scatto e si trovò davanti un uomo che torreggiava sopra di lui, il viso coperto da una terrificante maschera nera piena di graffi.
Portandosi entrambe le mani al petto, il batterista si schiacciò contro il muro lanciando un grido acuto, da femminuccia, saltellando sul posto come una cavalletta. Poi si rese conto che la figura che gli stava davanti, e che ora stava ridendo pesantemente con voce profonda, aveva lunghi capelli castani e un paio di occhi grigi, a malapena visibili dai fori della maschera.
«Terry...», sibilò sfiatato, per poi lasciarsi invadere improvvisamente dalla rabbia e mettersi a mulinare le braccia e a sbraitare in siciliano, ricordando improvvisamente tutti gli improperi che aveva sentito pronunciare da suo nonno prima e da suo padre poi: «Cugghiuni! Pezz’i mieidda! Và rumpiti i cuoairna!».
Nel sentirlo pronunciare quella marea di epiteti di dubbio senso compiuto, Terry si mise a ridere ancora più forte, piegato in due con le mani sullo stomaco. A lui si unirono pure il resto dei Chicago, che avevano osservato la scena con curiosità dal fondo del corridoio.
Quando Danny si rese conto che anche gli altri lo stavano prendendo bellamente per il culo, prese a inveire contro tutti i suoi compagni di band: «Test’ri cazzu! Figghi di sucaminchia!».
Continuò così fino a quando non ebbe esaurito il suo repertorio di bestemmie, che era piuttosto ricco. Dopodiché si accasciò di nuovo con la schiena contro il muro per prendere fiato a grandi boccate.
«Mi hai fatto morire di paura, stronzo! Me la sono quasi fatta sotto!», esalò, fissando l'amico che aveva il volto ancora coperto dalla maschera.
Terry si raddrizzò, singhiozzando per il gran ridere, poi gli diede una pacca sulla spalla.
«Dai, andiamo a bere qualcosa!», propose.
«Sì, è meglio. Ma prima sbarazzati di quella cosa, grazie!», rispose il batterista indicando la maschera.
Il ragazzone se la tolse e la gettò dietro le sue spalle, per poi prendere l'amico sottobraccio e scendere al bar dell'albergo, seguiti da tutti gli altri.
«Vuoi spiegarmi cosa ci hai gridato, prima?», chiese il chitarrista, curioso.
«Meglio di no», rispose Danny.

 


Prompt n° 38 - “Prima sbarazzati di quella cosa, grazie!”

 

Spazio autrice:

Lo so, questa volta ho scritto giusto una cavolata di poche righe, ma la foto di Terry che ho trovato, e che avete visto a inizio capitolo, mi chiedeva di scrivere qualcosa. Visto che poi devo seriamente impegnarmi in due contest e che quindi non so quando tornerò a scrivere su questa raccolta, ho deciso di assecondare la richiesta della foto, ed ecco qui il risultato XD.
Alcune noticine piccine piccine:
1) Il 26 e il 27 giugno del 1972 i Chicago erano davvero a Sidney, per due date.
2) Danny ha origini italiane, anche se non so di preciso di quale regione. So solo che la nonna lo chiamava “Dannuzzo” quindi ho ipotizzato che possa essere siciliano. Le bestemmie che lancia, e che ho trovato su internet (chiedo venia se ho scritto delle cavolate), significano nell'ordine: coglione; pezzo di merda; vatti a rompere la testa (vatti ad ammazzare); teste di cazzo; figli di buona donna.
Spero di avervi fatto sorridere, anche con questa piccola scemenza.

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Capitolo 13
*** Battute a colazione ***


Battute a colazione

 

 

 

Caribou Ranch, 15 maggio 1973

 

Impegnati ai fornelli del suo piccolo chalet al Caribou Ranch, dove quella mattina i ragazzi avevano deciso di far colazione, Terry e Lee lavoravano spalla contro spalla, silenziosi e concentrati. Non avevano un tostapane a disposizione, così, dopo che Peter glielo aveva suggerito, avevano deciso di tostare il pane in cassetta in padella. O meglio, in due padelle, visto che ognuno aveva deciso di fare a modo proprio.
Il trombettista leggeva con attenzione su un foglietto totalmente coperto da scritte in una calligrafia rotondeggiante, ripetendo tra sé e sé gli ingredienti.
«Due pizzichi di sale... un pizzico di pepe...».
Terry gli lanciò un'occhiata di sottecchi, tornò a guardare il proprio pane quasi completamente bruciacchiato e infine tese la mano verso il compagno di band.
«Mi passi la ricetta?».
«Eh no, caro mio!», sbottò Lee, sottraendo il foglietto alla sua vista. «Te lo sogni, di copiare la ricetta delle uova strapazzate di mia nonna. Hai deciso di fare di testa tua? E allora, fai di testa tua!».
«Io volevo solo un aiutino, buco del culo, mica fregarti il cappello da chef stellato!», replicò il chitarrista, seccato.
«La smetti di chiamarmi in quel modo?!», saltò su Lee, inviperito, quasi lasciandosi sfuggire di mano la padella.
«Guarda che siete stati voi, a mettervi quel nome idiota», rispose Terry indicando Walter e James, già strizzati insieme agli altri attorno al piccolo tavolo in attesa della colazione. «Avete fatto tutto da soli, quindi ora non venire a lamentarti se ti chiamo col nome che vi siete scelti!».
Danny, appena uscito dal bagno, interruppe la diatriba, piazzandosi in mezzo a loro e osservando entrambe le padelle. Fece un cenno d'approvazione verso quella di Lee e storse il naso alla vista dei resti carbonizzati in quella di Terry.
Il chitarrista lo fulminò con lo sguardo, quindi decise di smorzare la tensione con una battuta.
«Cosa fa un pomodoro la mattina?».
Terry alzò gli occhi per fissare l'amico, un'espressione interrogativa stampata in faccia, e Danny riprese: «Salsa. E una patata?».
Il chitarrista rimase a guardarlo con la bocca semiaperta e la faccia da pesce lesso.
«Pure. E l'insalata?».
Terry si grattò la testa mentre il pane finiva di abbrustolire del tutto, spandendo odore di bruciato nella piccola cucina.
«Russa!», concluse Danny mettendosi a sedere a capotavola.
Lee scoppiò a ridere, più per l'espressione del chitarrista che non per la barzelletta.
Terry si voltò a guardarlo di sottecchi, per poi girarsi verso il batterista. «No, aspetta... Era una battuta? Non l'ho capita!».
«Ma va?», chiese ironico Robert. «Non se ne era accorto nessuno!».
«Gne... gne... gne», borbottò il chitarrista. «Allora, visto che ridi tanto, ti servo per primo. Tiè!». E, con la grazia di un elefante in un negozio di cristallerie, gli rovesciò il contenuto – bruciato – della padella nel piatto.

 

 

Prompt n° 1 - “Mi passi la ricetta?”

Prompt n° 3 - “No, aspetta... era una battuta? Non l'ho capita!”

 

 

Spazio autrice:

Sì, ne sono consapevole: anche questa è una piccola idiozia, una flashina in cui sono riuscita a inserire addirittura due prompt, ma come si fa a resistere alle foto che Pinterest mi suggerisce, tipo quella che avete visto a inizio capitolo? Non sono adorabili questi due ragazzoni? E Lee non sembra proprio intento a leggere qualcosa, con il pizzico di sale stretto tra le dita?
E anche se non si vedono, devono per forza apparire anche gli altri ragazzoni, no?
Anche stavolta, Terry chiama molto delicatamente Lee “buco del culo”. Come già detto in un altro capitolo di questa raccolta, Walt, Jimmy e Lee, i fiati dei Chicago, si erano autonominati la “Hole in the Ass Gang”. Quindi, Lee, non puoi lamentarti se Terry poi ti chiama col nome che vi siete scelti XD.
Nella primavera del 1973 i Chicago erano al Caribou Ranch, impegnati a registrare “Chicago VI”.
Spero di avervi fatto sorridere!

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Capitolo 14
*** Piromania ***


Piromania

 

 

Caribou Ranch, 10 agosto 1974

 

 

Jimmy Guercio era stato perentorio, quella mattina.
«Mettetevi in ghingheri, oggi farete un servizio fotografico!».
Così i Chicago al gran completo avevano tirato fuori dall'armadio il loro vestito migliore e si erano lasciati agghindare, trucco e parrucco, per posare davanti al fotografo.
Quando erano stati condotti davanti a un'enorme piramide di balle di fieno, però, si erano immobilizzati, fissando sconcertati la montagna traballante che svettava di fronte a loro.
«E cosa dovremmo fare? Spargerlo per tutta l'aia?», chiese Terry, facendo sventolare i lembi della giacca che aveva indossato. Benché fossero a più di tremila metri di altezza, infatti, il sole batteva caldo e implacabile quel giorno.
«Ma no!», replicò Guercio scuotendo il capo. «Dovete salirci sopra e mettervi in posa! Su, forza, fate come dice il fotografo», li esortò con ampi cenni delle mani.
James, Robert e Laudir furono i primi a sospendere l'arrampicata, evitando di salire troppo in alto. Il brasiliano si lasciò cadere seduto su una delle balle, convinto che reggesse il suo peso, ma si ritrovò con il fieno fino alla vita.
«Porra! Eu afundei!», esclamò in portoghese cercando di rimettersi dritto ma senza riuscirci.
«Che hai detto, amigo?», gli chiese Danny passandogli accanto.
«Che sono sprofondato nel fieno, cazzo!», replicò Laudir, seccato.
Robert si sdraiò sulle balle nella posizione di un antico romano disteso su un triclinio, mentre James si sedette con cautela al suo fianco per evitare di fare la fine del percussionista.
«Muovetevi piano, per favore. Io sono allergico alla paglia!». Non fece in tempo a finire la frase che iniziò a starnutire, gli occhi rossi.
Walter si mise seduto sulla fila di balle appena superiore, perfettamente a suo agio. Danny gli si piazzò accanto, ma non appena accostò la schiena al fieno iniziò a dimenarsi come un'anguilla.
«Ma che cazzo di animali ci sono, qui dentro? Le pulci?», chiese, cercando disperatamente di grattarsi contro la spalla ossuta del sassofonista.
Peter si accoccolò in una nicchia nella paglia subito dietro di loro mentre Terry, dopo aver grattato vigorosamente il dorso dell'amico ancora in preda al delirium tremens, si andò ad appoggiare, con fare annoiato, a una delle balle sulla sinistra.
«Che caldo, però...», si lamentò agitando i lembi della giacca.
Lee, che era stato l'ultimo a salire sulla piramide di paglia, andò a piazzarsi più in alto di tutti, seduto composto sulla propria balla con le mani giunte in grembo.
Il fotografo diede loro le ultime indicazioni, poi si mise a scattare freneticamente, muovendo la fotocamera di qua e di là. Ben presto il rullino finì ed ebbe bisogno di andare a prenderne un altro.
«Cinque minuti di pausa, ragazzi!», annunciò. «Cambio il rullino e sono da voi».
«Che palle!», esclamò Terry, togliendosi la giacca e tirando fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni un pacchetto di sigarette tutto stropicciato e un accendino. «Io mi sono rotto i coglioni di stare in posa! Chi vuole una sigaretta?», chiese, mostrando il pacchetto ai suoi compagni.
Lee lo fulminò con lo sguardo.
«Ma sei cretino?! Vuoi metterti a fumare su una montagna di paglia?».
Il chitarrista lo ignorò e continuò a sciorinare le sigarette davanti al naso degli altri, ma tutti rifiutarono.
Nonostante Lee continuasse a inveire contro di lui, Terry accese la sigaretta e tirò una lunga boccata.
«Ahhhhh, ci voleva proprio», esalò. Aspirò nuovamente a fondo e poi scosse la cenere ai suoi piedi, sotto lo sguardo terrorizzato dei suoi compagni di band. Altre due boccate, ed ecco che la stecca era già finita e il chitarrista lasciava cadere il mozzicone ancora fumante sul fieno.
«Terry? Forse non avresti dovuto fumare qui», balbettò Danny, indicando la cicca con l'indice che gli tremava.
«Perché no?», chiese il ragazzone, stringendosi nelle spalle.
«Perché il fieno sta prendendo fuoco!», esclamò Lee, drizzandosi e buttandosi giù dalla piramide di paglia a rotta di collo.
Tutti i Chicago rimasti posarono lo sguardo sulla balla di fieno incriminata: il fumo sprigionato dalla cicca era notevolmente aumentato e già le prime fiamme iniziavano a lambire i fili dorati. Terry si raddrizzò lentamente, come se ancora non riuscisse a comprendere la gravità della situazione, poi all'improvviso esplose.
«Merda, merda, merda!», gridò, ruzzolando giù dalla montagna di fieno e trascinando con sé James e Robert, che erano sotto di lui. Il trombonista riprese subito a starnutire, la faccia ficcata nella paglia.
Peter, Walter e Danny seguirono il suo esempio e si catapultarono giù, lasciando il povero Laudir ancora alle prese con i suoi vani tentativi di tirarsi fuori dal fieno, che pareva volesse risucchiarlo.
«Ajude-me, ajude-me!», gridò disperato, mulinando le braccia verso gli altri ragazzi che gli rotolavano accanto giù per la piramide erbacea.
Walter si fermò appena in tempo e riuscì ad afferrarlo per i polsi, trascinandolo con sé nella caduta.
Finalmente tutti a terra e coperti di fili dorati ovunque, i ragazzi si raddrizzarono e si allontanarono di corsa dalla montagna di fieno, che adesso stava bruciando allegramente. Le pagliuzze incendiate si alzavano leggere verso il cielo, trasportate dall'aria calda sollevata dalle fiamme che guizzavano.
Le grida di “al fuoco, al fuoco” si sparsero per tutto il cortile del Caribou Ranch. Jimmy Guercio accorse con le mani tra i capelli, seguito dal fotografo e da un gruppo di volontari armati di secchi.
«Ma che cazzo avete combinato?!», gridò il produttore, fuori di sé. «Questo fieno mi è costato un occhio della testa, e doveva servire anche per le stalle! Chi è stato?».
Terry si mise a fischiettare, fingendo indifferenza, ma Lee lo afferrò per una spalla e lo spinse davanti a Guercio.
«Questo idiota si è messo a fumare mentre aspettavamo che tornasse il fotografo!».
«Spione!», replicò il chitarrista, intrecciando le braccia sul petto e mettendo il broncio. «Non lo sai che chi fa la spia non è figlio di Maria?».
«Non mi interessa se non sono figlio di Maria! Hai rischiato di ucciderci!».
«Quanto la fai tragica...», replicò Terry, stringendosi nelle spalle. Si voltò a fissare il mucchio di paglia ormai quasi completamente carbonizzato prima di aggiungere: «In fondo, poteva andare peggio... avrei potuto dar fuoco a tutto il ranch».
Gli altri ragazzi alzarono gli occhi al cielo e li fecero roteare. Era inutile: Terry non sarebbe mai cambiato.

 

 

Prompt n° 10 - “Poteva andare peggio...”

 

Spazio autrice:

C'è poco da fare. Ormai non riesco a fare a meno di immaginarmi Terry come un inguaribile pasticcione combina guai, ma anche tremendamente adorabile e di indole ottimista. Ecco perché non si scompone più di tanto dopo aver dato fuoco alla piramide di fieno che vedete in foto (ehi, ovviamente è una mia licenza poetica XD): in fondo poteva davvero andare peggio!
Altre piccole noticine:
Nella data indicata i Chicago erano davvero al Caribou Ranch, intenti a girare lo speciale “Chicago: meanwhile back at the ranch”, una specie di documentario in cui si vedono i ragazzi intenti a cantare, in sala registrazioni e persino alcuni stralci del loro tempo libero, come Terry in sella a una moto, Danny a cavallo e Walter con sua moglie e una delle sue figlie.
L'allergia al fieno di James è una mia invenzione.
La frase che dice Terry, “chi fa la spia non è figlio di Maria”, è tratta da una vecchia filastrocca che credo sia conosciuta un po' in tutta Italia e che io sentivo spesso dire quando ero alle scuole elementari.
La foto a inizio capitolo fa riferimento proprio al 1974, ed è probabile che sia stata scattata davvero in occasione delle riprese di quello speciale di cui vi dicevo sopra.
Spero di aver strappato un sorriso.

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Capitolo 15
*** Indicazioni stradali ***


Indicazioni stradali

 

 

 

 

Sapporo (Giappone), 06 aprile 1973

 

Nonostante fosse già la terza volta che andavano in tournée in Giappone, i Chicago non erano mai stati a Sapporo. Terry e Danny, quindi, decisero di prendere la metropolitana e di fare un giro per la città prima di recarsi all'Hokkaidou Kousei Nenkin Kaikan, dove avrebbero tenuto il loro concerto quella sera.
All'improvviso, si resero conto di non sapere più dove si trovavano. I cartelloni che indicavano le varie fermate non erano di nessun aiuto, visto che i nomi erano scritti tutti in ideogrammi simili a omini stilizzati che sembrava facessero il girotondo. Così, dopo essersi guardati attorno per un po', Terry si avvicinò a una ragazza dai corti capelli neri a caschetto che era intenta a mettere ordine sulle mensole di un negozio.
«Scusi...», disse a voce alta convinto che, se avesse urlato, quella avrebbe compreso meglio la sua lingua. «Noi dobbiamo andare a Kaka!», aggiunse, indicando alternativamente se stesso e il batterista.
«Kaka?», ripeté la ragazza, perplessa.
«Sì, Kaka... come diavolo si chiama quel cazzo di posto, Danny?».
Il batterista tirò fuori dalla tasca un foglietto tutto stropicciato su cui aveva avuto l'accortezza di scrivere il nome della location del concerto, e lo mostrò alla signorina.
Lei lo lesse e iniziò subito ad annuire vigorosamente, per poi mettersi a parlare a raffica in giapponese, muovendo l'indice a destra e a sinistra come se volesse indicar loro la strada da seguire.
«Banme no teiryūjo de gesha shi, saisho no kōsaten de usetsu suru hitsuyō ga arimasu...».
Terry guardò nella direzione in cui la ragazza ammiccava, lo sguardo perso nel vuoto, travolto da quel fiume di parole incomprensibili. Quando finì di parlare la ringraziò con un inchino e si avvicinò mestamente al batterista.
«Danny?», mormorò. «Mi sa che ci siamo persi...».

 

 

Prompt n° 44 - “Mi sa che ci siamo persi...”

 

Spazio autrice:

Era da un po' che avevo adocchiato la foto che avete visto a inizio capitolo, con un Terry a dir poco spaesato, e dovevo assolutamente scriverci sopra qualcosa. E ora che Soul ha aggiunto i nuovi prompt ho trovato proprio quello che faceva per me. Non pare anche a voi, infatti, che la signorina stia dando indicazioni stradali accurate in giapponese e che il nostro chitarrista non ci stia capendo una beneamata mazza? XD
Per quanto riguarda ciò che dice la signorina, ho semplicemente preso il google traduttore, ho scritto delle indicazioni in italiano e ho copiato pari pari quello che è saltato fuori, quindi chiedo umilmente scusa a tutti i giapponesi e a coloro che conoscono la lingua se ho scritto delle idiozie.
È solo un piccolo delirio, ne sono consapevole, ma dovevo assolutamente scrivere qualcosa per questa challenge perché mi mancava! XD
Ovviamente, nella data indicata i Chicago erano davvero a Sapporo.
Spero di aver strappato un sorriso!

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Capitolo 16
*** A che gioco stiamo giocando? ***


A che gioco stiamo giocando?

 

 

 

 

 

Los Angeles, 27 giugno 1976

 

Stravaccati su un divanetto nel giardino della villa di Robert sulle colline di Beverly Hills, il tastierista e Terry si godevano il sole di quella mattina di prima estate. Entrambi in canottiera, avevano contemplato per un po' i grattacieli di Los Angeles seminascosti dalla calura, finché Bobby non aveva proposto all'amico di fare una partita a Backgammon. Il chitarrista aveva subito accettato, facendo scrocchiare le nocche mentre l'altro sistemava la tavola da gioco tra di loro.
Entrambi disposero le proprie pedine e iniziarono la partita. Ben presto, a Robert fu chiaro che Terry non aveva assolutamente idea delle regole del gioco, se non addirittura che fosse completamente ignaro dell'esistenza del Backgammon.
«Dama!», esclamò infatti a un certo punto il chitarrista, ponendo una delle proprie pedine sopra un'altra. «Rassegnati, Bobby, non riuscirai mai a battermi!».
Robert alzò il viso su di lui e lo fissò, sconcertato.
«Terry... ma sai almeno a che gioco stiamo giocando?».
«Certo. Perché?».
«Hai appena detto dama!».
Il chitarrista gli restituì lo sguardo, perplesso. «Perché... non stiamo giocando a dama?».
Robert si sbatté la mano sulla fronte. «Forse è meglio se, prima di continuare, leggi le regole», disse passando all'amico il foglietto con le istruzioni per giocare.

 

 

Prompt n° 2 - “Non riuscirai mai a battermi!”

 

Spazio autrice:

Scusatemi! So che questo capitolo è veramente miserando, ma la foto che avete visto all'inizio, e che mostra lo sguardo sconcertato di Robert, mi ha spezzato non appena l'ho trovata su Pinterest. Un'altra cosa che mi ha fatto male, anche se lo sapevo benissimo, è stato vedere una delle pistole di Terry nella fondina che lui tiene in vita. Al pensiero che potrebbe essere magari proprio quella con cui ha avuto l'incidente mortale mi sono sentita mancare, ma questa è un'altra storia.
Torniamo a noi. Il Backgammon è un gioco da tavolo per due giocatori di origine antichissima, addirittura del tempo dei Sumeri. Qui trovate le regole del gioco: https://it.wikipedia.org/wiki/Regole_del_backgammon
Personalmente, ho giocato a Backgammon qualche volta al computer, e trovo che sia un gioco sì divertente, ma anche con regole piuttosto complesse. Ecco quindi che il nostro amatissimo Terry non ci capisce una mazza e si convince di giocare a dama XD.
Spero di aver fatto comunque sorridere anche con questa piccola sciocchezza.

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Capitolo 17
*** Disastri enologici ***


Disastri enologici

 

 

 

Los Angeles, 28 ottobre 2020

 

Danny era in giardino, intento a rastrellare le foglie secche cadute sull'erba. Aveva fatto vari mucchietti sparsi qua e là; e aveva già lanciato parecchie bestemmie – in americano e pure in siciliano – contro il vento che, di tanto in tanto, minacciava di sparpagliarle di nuovo. Quando fu soddisfatto del suo lavoro si asciugò la fronte con la manica e afferrò un grosso sacco nero per buttarci dentro le foglie. Si rese subito conto che, da solo, non sarebbe mai riuscito a tenere aperto il sacco e, contemporaneamente, a manovrare il rastrello, così lanciò una voce a sua moglie.
«Ehi, Linda! Vieni a darmi una mano!”, gridò, per poi emettere un lungo fischio.
La donna lo raggiunse quasi subito.

«Guarda che non sono mica un cane!», si lamentò, le braccia incrociate sul petto generoso. «Non è necessario che tu mi chiami con un fischio!».
Danny arrossì, suo malgrado intimorito dall'atteggiamento della moglie, poi le chiese se cortesemente poteva tenere il sacco aperto mentre lui ci buttava dentro le foglie.
La donna sorrise, intenerita dal timore improvviso che aveva colto Danny. Il marito sapeva benissimo, da sempre, che con lei doveva rigar dritto.
«Certo che ti aiuto, tesoro».
Mentre lavoravano, Linda chiese al marito notizie di Terry.
«È dal giorno del tuo compleanno che non lo vedo. E, tra l'altro, non mi hai nemmeno mai raccontato cosa avete combinato in occasione degli altri compleanni. Chissà come vi sarete divertiti!».
Danny ridacchiò al ricordo dei loro atti terroristici, poi raccontò alla moglie quello che era successo al compleanno di Lee, l'ultimo in ordine cronologico, giusto una settimana prima.
Linda scoppiò a ridere nell'immaginare il grosso chitarrista impegnato nella furiosa battaglia di cibo. Quando ebbe ripreso fiato spostò lo sguardo lungo la strada e si immobilizzò.
«Guarda chi c'è!», esclamò indicando un punto in lontananza. «Che tempismo! Quando si parla del diavolo...».
Il batterista si voltò e vide arrivare Terry. Alzò entrambe le braccia per salutarlo, sorrise e lo chiamò: «Ehi, fratello! Stavamo giusto parlando di te!».
L'omone rispose al sorriso dell'amico e si avvicinò alla staccionata che delimitava il giardino. Danny notò subito che c'era qualcosa che non andava: Terry era bagnato fradicio, aveva i lunghi capelli grigi appiccicati alla faccia e gli abiti zuppi. Quando gli fu sufficientemente vicino, avvertì un fortissimo odore di vino.
«Non indovinerai mai cosa mi è successo!», esordì l'omone, senza attendere commenti.
«Cazzo, fratello, che hai fatto? Ti sei buttato vestito nella fontana di Marino?», replicò il batterista.
Il chitarrista lo fissò stranito e Linda spiegò: «Marino è un paesino del Lazio, nei Castelli Romani, in Italia. In occasione della Sagra del Vino, in ottobre, le fontane del paese buttano vino invece che acqua. Ci siamo stati in vacanza l'anno scorso, e non ti dico come si era ridotto», aggiunse in tono ironico, indicando il marito.
Terry rise, ma scosse la testa.
«No, no, niente di tutto questo. Stamattina Greta aveva qualche linea di febbre, così ha mandato me al supermarket», raccontò, tirando fuori di tasca un biglietto con la lista della spesa fradicio quanto lui. «Quando sono arrivato al reparto dei vini c'era una vecchietta, avrà avuto sì e no ottant'anni...».
«Vecchietta?», lo interruppe Linda, ridendo. «Guarda che tu non sei mica tanto più giovane!».
«Io ne ho settantaquattro! Per arrivare a ottanta me ne mancano ancora sei!», replicò il chitarrista gonfiando il petto, tronfio come un tacchino, prima di riprendere a raccontare. «Insomma, questa vecchietta mi guarda e mi dice: “Scusi, signore, lei che è così alto, potrebbe prendermi quella bottiglia di vino lassù?”. Voleva proprio la cazzo di bottiglia più in alto di tutte, capite?». Terry gesticolò trafelato, spandendo ovunque l'afrore di vino, e la coppia davanti a lui rise. «Era troppo in alto anche per me, così mi sono arrampicato sugli scaffali...».
«Che hai fatto?!», sghignazzò Danny appoggiandosi al manico del rastrello.
«Te l'ho appena detto, mi sono arrampicato! Sono salito sul primo ripiano, ma non era ancora abbastanza. Così sono salito sul secondo».
«E hanno retto il tuo peso?!», chiese Linda, incredula.
L'omone trasse un lungo respiro prima di rispondere, mortificato.
«No. Quando ho allungato la mano per prendere la bottiglia che voleva la vecchietta i due ripiani hanno ceduto contemporaneamente, io sono caduto all'indietro e mi sono tirato addosso tutto lo scaffale. Ho rotto non so quante bottiglie di vino...».
La donna si portò entrambe le mani al viso. «Oddio! E ti sei fatto male?».
«Io no, ma il mio portafogli sì. Ho dovuto ripagare una fortuna: a quanto pare, quello era lo scaffale dei vini francesi!».
Danny esplose in una nuova risata, mentre Linda scosse la testa a più riprese.
«Povera Greta...», commentò. «Più povera di prima, col marito che puzza come una cantina sociale e pure senza spesa!».
«Come senza spesa?!», esclamò Terry, risentito. «Io le compere le ho fatte!».
Chinò lo sguardo per guardarsi le mani e mostrare le buste di plastica che, però, non c'erano. Chiuse gli occhi e gettò la testa all'indietro, disperato.
«Cazzo! Mi sono dimenticato le buste al supermarket!».

 


Prompt n° 12 - “Stavamo giusto parlando di te!”
Prompt n° 25 - “Non indovinerai mai cosa mi è successo!”
Prompt n° 33 - “Che tempismo!”
Prompt n° 41 - “Vieni a darmi una mano!”

 

 

Spazio autrice:

Ho approfittato della Challenge di Soul per dare vita a un capitoletto che partecipa anche ad un'altra sfida, sempre indetta da Soul sul sito di EFP: si chiama “Prompts, our Wires” e ognuno dei partecipanti doveva dare un prompt, che poi è stato assegnato in via randomica a un altro partecipante. A me è toccato “vino”, suggerito da alessandroago_94. Per quanto potesse sembrare semplice, all'inizio mi sono sentita in difficoltà perché non sapevo proprio cosa scrivere, poi ho deciso di unire le due sfide e questo è il risultato. Spero che ad Ale possa piacere, visto che comunque ogni tanto è passato anche da questa raccolta e ormai ha imparato, suo malgrado, a conoscere i personaggi XD.
Credo che stavolta non ci sia molto da aggiungere, se non che ho deciso di ambientare il capitolo in epoca odierna: era da un po' che scrivevo capitoli ambientati negli anni '70, quindi visto che stavolta ho inventato tutto il contesto di sana pianta ho pensato di arrivare ai giorni nostri in cui, nel mio ipotetico AU, Terry avrebbe avuto 74 anni suonati.
L'accenno al compleanno di Lee fa riferimento al capitolo a lui dedicato della mia raccolta "Birthday Boy"
, mentre per quanto riguarda la fontana che butta vino, come dice Linda nel paese di Marino, nel Lazio, in occasione della Sagra del Vino che si tiene i primi di ottobre le fontane del paese vengono modificate per far loro buttare vino al posto dell'acqua.
Spero di aver strappato almeno un sorriso.

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Capitolo 18
*** Come un supereroe ***


Come un supereroe

 

 

 

 

 

San Diego, 28 luglio 1974

 

Terry fece il suo ingresso trionfale sul palco del Balboa Stadium di San Diego, sfoggiando la sua nuova mise fatta realizzare su misura per lui da uno dei migliori sarti degli Stati Uniti: una tuta intera aderente azzurra decorata da strani ghirigori. Occhialoni scuri, baffoni da tricheco, casacca aperta sul petto villoso adornato da un'enorme catena d'oro, il chitarrista si mosse baldanzosamente tra i compagni di band e andò a piazzarsi davanti al suo microfono, imbracciando il proprio strumento.
Non appena lo vide passare, James diede di gomito a Walter ed entrambi scoppiarono in una risatina; Lee lo fissò con tanto d'occhi per poi storcere il naso inorridito; Robert si grattò la testa e Peter fece una faccia strana, come se non sapesse se mettersi a ridere o rimanere serio.
Danny fu l'ultimo a notare il suo arrivo, chino com'era a regolare l'altezza dei microfoni disposti attorno alla sua batteria, e non appena alzò gli occhi su di lui fu costretto a sbattere le palpebre più e più volte: il suo migliore amico indossava un paio di mutandoni bianchi borchiati, che riflettevano la luce aranciata del sole al tramonto, al di sopra dei pantaloni. Si guardò attorno e vide che tutti gli altri ragazzi stavano ridendo sotto i baffi mentre Terry, ignaro, si pavoneggiava davanti al microfono.
Incerto su come comportarsi lanciò un'occhiata eloquente a Robert, seduto dietro la tastiera poco lontano da lui. Il tastierista scosse il capo, come a voler dire “lascia perdere”. Danny allora si strinse nelle spalle e diede l'attacco alla prima canzone.


Al termine del concerto, dopo che Jimmy ebbe salutato il pubblico con il suo solito entusiasmo, i Chicago si affiancarono l'uno all'altro per fare il consueto inchino e godersi i meritati applausi. Danny si mise al fianco sinistro di Terry e, incapace di resistere ancora a lungo, mentre si piegavano in avanti gli sussurrò all'orecchio:
«Ehi, fratello... ma ti sei accorto di esserti messo le mutande sopra i pantaloni?».
Il chitarrista si raddrizzò, sconcertato, per poi abbassare lo sguardo su di sé.
«Oh, cazzo... E me lo dici solo adesso? Io ero convinto che andassero indossate così!», sbottò inorridito, finalmente consapevole di aver fatto una figura di merda davanti a tutti i loro fan.
Al suo fianco destro, Walter si piegò verso di lui.
«Non te la prendere», gli disse. «In fondo, anche Superman porta gli slip sopra i pantaloni!».


 

Prompt n° 8 - “E me lo dici solo adesso?”

 

Spazio autrice:
Ben ritrovati! Sì, lo so, anche questo capitolo è davvero scarso, una flashfic veramente insulsa, ma io dovevo assolutamente scrivere qualcosa su questa raccolta per la challenge di Soul, e come potevo ignorare la foto di Terry che avete visto all'inizio???
Sì, so benissimo che questi slip borchiati sono un tutt'uno con la tuta del chitarrista, e infatti la cerniera li taglia pure a metà (comodi per andare in bagno XD), ma come potevo non immaginare Terry in veste di supereroe inconsapevole, con i mutandoni borchiati sopra i pantaloni? Tra l'altro in questa foto ha un contegno che, personalmente, mi fa scoppiare a ridere perché lo vedo troppo serio XD.
Credo che questo sia l'abbigliamento più originale che abbia mai indossato: di solito portava felpe e jeans. Forse nel rendersi conto che i mutandoni stonavano avrà cambiato genere?
Spero di avervi strappato almeno un sorriso!

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Capitolo 19
*** Io ce l'ho più grosso ***


Io ce l'ho più grosso

 

 

 

Los Angeles, 07 dicembre 1974

 


Terry ammirò soddisfatto l'enorme abete bianco americano alto trenta metri, fatto venire apposta dal Canada, che alcuni operai specializzati avevano appena terminato di piantare nel giardino frontale della sua villetta, ben visibile da tutte le abitazioni dislocate lungo la strada.
Si sfregò le mani e rivolse lo sguardo alla sua destra: l'abete davanti alla casa di Walter, che ogni anno il sassofonista decorava con più di duemila luci colorate, sembrava un bonsai in confronto al suo. *1)
Con un ghigno satanico in volto, già pregustando l'aspetto straordinario che avrebbe avuto il suo albero di Natale non appena finito di decorarlo, il chitarrista andò in garage per prendere lo scatolone con luci e addobbi e la scala telescopica. Ma per quanto si guardasse attorno, proprio non gli riuscì di trovarla.
Nel portar fuori la scatola con le luci lo sguardo gli cadde lungo la strada: in lontananza, un Babbo Natale a grandezza naturale con tanto di slitta illuminata trainata da renne faceva bella mostra di sé sul tetto della villetta di James. In quel momento Terry ricordò che, qualche giorno prima, il trombonista era venuto a chiedergli in prestito la scala proprio per sistemare quell'obbrobrio sul tetto. Oltretutto, in quell'occasione Jimmy aveva anche scoperto il suo più grande segreto, di cui solo sua moglie Greta era a conoscenza, ovvero che amava lavorare all'uncinetto e che aveva la casa piena di tendine e centrini fatti a mano da lui stesso. *2)
Puntò le mani sui fianchi ed entrò in casa. Andò al telefono in salotto e compose il numero dell'abitazione di Jimmy, ma nessuno rispose: evidentemente il trombonista e Chicken Sweety dovevano essere usciti. *3)
Tornò fuori, il ghigno da satanico divenuto scocciato, e fissò l'abete che svettava di fronte a casa sua. Trasse un lungo respiro e gonfiò il petto.
«Bene, farò senza scala!», decretò.
Aprì lo scatolone con le luci, si annodò un'estremità della catena luminosa attorno alla vita, si avvicinò al tronco resinoso e, dopo essersi sputato sulle palme delle mani, iniziò ad arrampicarsi, sfruttando i numerosi rami dell'abete come appigli. Ma quando arrivò a metà della scalata, e i rami iniziarono a farsi troppo ravvicinati per consentirgli un passaggio agevole, Terry si ritrovò incastrato senza riuscire più ad andare avanti o, ancora peggio, a tornare indietro.
«Oh cazzo!», esclamò, cercando di districarsi dal groviglio di aghi e ramoscelli, il grosso ventre prominente schiacciato tra due nodosi rami contigui. «Credo di aver mangiato troppo...», aggiunse, dopo aver provato a tirare in dentro la pancia per liberarsi, ma senza risultato. «E ora che faccio?», si chiese, cercando di far vagare lo sguardo oltre la cortina verde. *4)
Era da solo quel pomeriggio, perché sua moglie Greta era andata a fare le prime spese natalizie insieme all'amica Linda, e sapeva che non sarebbero rientrate prima di sera. Avrebbe potuto forse mettersi a urlare come un pazzo, ma avrebbe rischiato di attirare l'attenzione di Walter, e non voleva certo mettersi in ridicolo proprio davanti al suo più acerrimo avversario in fatto di alberi di Natale.
L'unica sua speranza era che passasse qualcuno proprio sul suo marciapiede: avrebbe potuto richiamare allora l'attenzione di quel passante e chiedergli aiuto per scendere.
Fu fortunato: dopo soli dieci minuti ecco che una figura dai lunghi capelli biondo scuro fece la sua comparsa in fondo alla strada, diretta verso di lui. Quando fu più vicina, si rese conto che si trattava di Lee, che camminava a passo svelto, le mani sprofondate nelle tasche del giaccone.
Terry storse il naso: proprio mister perfettino gli toccava in sorte? Ma in una situazione del genere doveva fare buon viso a cattivo gioco, così lanciò un fischio acuto e prolungato per attirare l'attenzione del trombettista. Poiché quello non aveva sentito, decise di ricorrere alle maniere forti: strappò una grossa pigna dal suo peduncolo e la tirò in testa all'amico, che si bloccò e voltò di scatto la testa verso l'albero.
«Ehi, buco del culo! Sono qui!», chiamò Terry non appena vide Lee scrutare attentamente tra i rami. *5)
Il trombettista faticò un po' a metterlo a fuoco, mimetizzato com'era in mezzo agli aghi.
«Terry?! Cosa ci fai lassù?».
«Secondo te? Stavo facendo il nido per il mio uccello!», rispose il chitarrista, sarcastico.
«Beh, detto da te, la cosa non mi sorprende. Buon lavoro, allora!», replicò Lee, facendo l'atto di riprendere il cammino.
«Aspetta!», lo bloccò Terry, disperato. «Volevo addobbare l'albero di Natale, ma sono rimasto incastrato. Non potresti darmi una mano a scendere?».
«Ma perché ti sei arrampicato fin lassù? Non avevi una scala telescopica?».
«Sì, ma l'altro giorno l'ho prestata a Jimmy, perché doveva mettere Santa Claus sul tetto».
Lee si voltò per un attimo a guardare la slitta di Babbo Natale sulla casa del trombonista. «Che pacchianata», commentò, riferendosi alla decorazione. «E perché non te la sei fatta restituire?», riprese.
«Ho provato a chiamarlo, ma non mi ha risposto! Non è che ne avresti una tu?».
Il trombettista fu tentato di negare, lasciandolo appeso all'albero per vendicarsi di tutte le volte in cui lo aveva chiamato buco del culo, come poco prima. Ma poi il suo buon cuore ebbe la meglio.
«Aspettami lì, che la vado a prendere», disse prima di tornare indietro.
«E dove vuoi che vada... sono incastrato!», rispose Terry rivolto alle sue spalle che si allontanavano.
Venti minuti dopo, Lee fu di ritorno con la scala. La appoggiò al tronco dell'albero e sperò che il chitarrista riuscisse a liberarsi da solo. Quando fu chiaro che non ce l'avrebbe mai fatta, si tolse il giaccone per muoversi più agilmente e iniziò a salire sui pioli.
«Se mi fai rovinare il mio bellissimo maglione di Aspen, io...».
«E chi ti ha detto di metterti quella schifezza? Anzi, a proposito: ma lo indossi perché ti pagano per far la pubblicità alla stazione sciistica?».
«Me lo sono messo perché non immaginavo certo di dovermi arrampicare su un abete di trenta metri per farti tornare con i piedi per terra. E no, non mi pagano, me lo metto per mio diletto!», ribatté Lee, stizzito, cercando di evitare di accostarsi ai rami per non rimanere invischiato alla resina. *6)
Giunto al livello dei piedi di Terry, il trombettista lo afferrò per le caviglie e iniziò a tirare con tutta la sua forza, mentre l'amico si spingeva verso il basso puntando le braccia contro i rami sopra la sua testa. Con grande sforzo da parte di entrambi, finalmente l'enorme chitarrista riuscì a sgusciare via dalla sua prigione arborea e a tornare a terra, tutto appiccicaticcio per la resina.
«Grazie, buco del culo. Senza di te non ce l'avrei mai fatta!».
Lee arricciò il naso nel sentirsi ancora una volta chiamare a quel modo, ma evitò di ribattere. Con Terry era inutile lamentarsi: lui faceva sempre di testa sua. Fece per riprendere la scala e tornarsene a casa, ma il chitarrista lo bloccò.
«Aspetta! Ormai che sei qui, ti andrebbe di darmi una mano a piazzare le luci e le palle? Mi piacerebbe fare una sorpresa a Greta, e vorrei finire prima del suo ritorno».
Ancora una volta Lee fu tentato di rispondere picche, ma Terry lo guardò con sguardo languido e cedette con un sospiro.

«E sia! Ma solo se smetti di chiamarmi buco del culo!», concesse.
Il chitarrista alzò la mano destra. «Prometto che smetterò di chiamarti buco del culo... almeno per oggi».
Lee alzò gli occhi al cielo e li fece roteare, poi sistemò meglio la scala contro l'albero e iniziò a posizionare le luci che Terry gli passava. Mentre lavoravano insieme l'atmosfera si distese e, senza che neanche se ne rendessero conto, ben presto iniziarono a fischiettare Jingle Bells, modulando i loro soffi in modo da creare un simpatico duetto.
Una volta terminato con le luci, Terry aprì lo scatolone pieno di enormi palle di plastica rosse, che aveva acquistato qualche giorno prima appositamente per decorare il suo nuovo albero. E mentre Lee continuava a lavorare nella parte alta dell'abete, ormai perfino incurante dei possibili danni al suo amato maglione di lana, il chitarrista si prodigò ad addobbare i rami più bassi, girando attorno al tronco e fischiettando, allegro come un bambino.
Alla fine rimase solo il puntale. Terry ne aveva comprati due: uno a forma di stella e l'altro dalla classica foggia a cuspide. Li prese entrambi, uno per mano, e li mostrò a Lee.
«Quale ti piace di più tra questi due?», chiese, sinceramente interessato al parere dell'amico.
Il trombettista li osservò entrambi attentamente. «Certo, il classico ha sempre il suo fascino», commentò, «ma direi che per il tuo albero sia molto meglio quello a forma di stella».
«E allora che stella sia!», approvò Terry, per poi porgere l'oggetto all'amico. «A te l'onore!», disse, aprendo le labbra nel suo enorme sorriso da cavallo. *7)
Lee rispose con un sorriso altrettanto ampio e, dopo aver esteso al massimo la scala telescopica con il chitarrista che ne reggeva saldamente la base, salì fino al vertice dell'abete, piazzando la stella con un: «Voilà!».
Di nuovo a terra, e dopo aver dato corrente alle luci, i due amici si strinsero la mano.
«Ben fatto, buco del culo!», commentò Terry fissando l'albero di Natale dal basso in alto, soddisfatto del risultato.
Lee puntò i pugni sui fianchi. «Terrence! Avevi promesso che non mi avresti più chiamato a quel modo!», sbottò.
Il chitarrista incassò la testa nelle spalle. «Scusami... è stata la forza dell'abitudine».
L'amico lo fissò torvo ancora per qualche istante, poi distese le labbra in un nuovo sorriso. In fondo era quasi Natale, e si sentiva più buono del solito. Terry allungò le braccia e lo serrò in un abbraccio da orso che lo lasciò quasi senza fiato, sporcandogli irrimediabilmente il maglione con la resina che aveva ancora appiccicata addosso.
Proprio in quel momento la macchina di Greta entrò nel vialetto. La giovane donna e la sua amica scesero e si avvicinarono all'abete col naso per aria, entrambe con lo sguardo estasiato.
«Wow, Terrence... ma è stupendo! E hai fatto tutto in un pomeriggio?», esclamò Greta, accostandosi al marito e dandogli un bacio sulla guancia.
«Ovviamente», gongolò il chitarrista gonfiando il petto e Lee, al suo fianco, si schiarì rumorosamente la gola. «Lee mi ha aiutato, naturalmente. Senza di lui non ce l'avrei mai fatta!», aggiunse, dando il cinque all'amico.
In quell'istante, anche l'albero di Natale davanti alla casa di Walter si illuminò, le duemila lucine colorate che riverberavano nel crepuscolo. Terry gli lanciò un'occhiata per poi tornare a rivolgere lo sguardo al proprio abete.
«Caro Wally, quest'anno te l'ho fatta! Ti ho battuto alla grande!», commentò gongolando, tronfio come un tacchino.
Linda fissò alternativamente i due alberi di Natale, poi si rivolse al chitarrista.
«Terry, fammi capire una cosa: tu hai comprato un abete di trenta metri... solo per fare invidia a Walter?».
«Certo! Lui tutti gli anni si vanta del suo albero, e io gli ho fatto vedere che non ce l'ha solo lui!».
«Ho capito. State facendo a gara a chi ce l'ha più grosso. Tipico di vuoi uomini!». Linda scrollò il capo.
«Ah, per quello non c'è storia. Io, ce l'ho più grosso!», ribatté Terry, puntando l'indice verso di sé.
«Guarda che io intendevo l'albero di Natale», rise Linda, credendo che l'amico si stesse riferendo alle sue tanto millantate dimensioni. *8)
«Anch'io!», rispose il chitarrista con un ghigno.
Entrambe le donne si sbatterono la mano sul volto, poi Linda salutò gli amici e si diresse verso la casa di Peter. Dopo pochi istanti anche Lee riprese la sua scala e se ne andò. Terry e Greta rimasero ancora per qualche minuto in giardino, a contemplare l'albero di Natale sempre più bello nella sera ormai quasi del tutto calata.
«Ti piace, amore mio?», chiese l'enorme chitarrista, stringendo la mano della moglie.
«Oh, Terrence! È il miglior regalo che potessi ricevere, questo Natale!».
E, sotto le luci colorate, i due si scambiarono un bacio che sapeva d'amore, di gioia e di serenità.

 

 

Prompt n° 24 - “Cosa ci fai lassù?”

Prompt n° 28 - “Quale ti piace di più tra questi due?”

Prompt n° 31 - “Ho provato a chiamarlo, ma non mi ha risposto!”

Prompt n° 32 - “È il miglior regalo che potessi ricevere!”

Prompt n° 47 - “Credo di aver mangiato troppo...”

 

 

Spazio autrice:

Sono contentissima di aver potuto scrivere questo capitolo e di farlo partecipare a ben due challenge, innanzi tutto perché adoro le storie ambientate nel periodo natalizio, e poi perché da quando ho scoperto che Walter è davvero solito decorare un enorme abete con 2000 luci davanti casa sua per Natale, non ho potuto fare a meno di pensare a come Terry avrebbe potuto reagire a questo “affronto alle sue dimensioni”. XD
Contrariamente a tutti gli altri capitoli precedenti, in questo sono presenti le note numerate, perché Asmodeus non conosce i Chicago e quindi devo lasciargli quante più informazioni possibili. Per chi già conosce i ragazzi e le mie trame, questa parte può essere saltata.
I Chicago (Robert Lamm alle tastiere, Peter Cetera al basso, Terry Kath alla chitarra, Walter Parazaider al sassofono, Lee Loughnane alla tromba, James Pankow al trombone, Danny Seraphine alla batteria – questa la formazione originaria) sono una rock band con i fiati formatasi a Chicago nel 1968 e poi trasferitasi subito a Los Angeles, per avere migliori chance di successo. Il loro produttore aveva preso in affitto per loro delle villette tutte nello stesso quartiere per farli lavorare meglio, per cui ho immaginato che tutti i membri della band vivessero nella stessa strada. In questo AU, totalmente frutto della mia fantasia, Terry è sposato con Greta (OC di proprietà di Kim WinterNight concessami in comodato d'uso dalla stessa autrice), una ragazza milanese che il chitarrista ha conosciuto in occasione del loro primo concerto in Italia, nel 1971. La migliore amica di Greta, Carmelinda (Linda per gli amici, OC di mia creazione), dopo aver avuto un piccolo flirt con Danny in Italia, riesce a raggiungere l'amica a Los Angeles con la scusa dello studio per conquistare il suo vero obiettivo: il bassista della band, Peter Cetera. Con molti sforzi, alla fine riuscirà nel suo intento e lo sposerà, ma l'idillio avrà breve durata. Peter in realtà è gay anche se inconsciamente non se ne è ancora reso conto, e quando Robert, il tastierista, gli rivelerà di essere interessato a lui, i due si metteranno insieme. Linda quindi si ritroverà “cornuta e mazziata” e, per dispetto, tornerà a frequentare Danny. Con il tempo, però, i due si scopriranno davvero innamorati: si sposeranno e rimarranno insieme fino alla fine. Nel 1974 Robert e Peter non stavano ancora insieme (questo avverrà nel 1977) per cui Linda è ancora sposata con il bassista.
Dovrei aver detto tutto il necessario, e lascio spazio ora alle note numerate.
*1) – Sul librettino a corredo del CD dei Chicago “Chicago XXV – The Christmas Album”, pubblicato nel 1998 e poi ripubblicato nel 2003 col nome “What's It Gonna Be, Santa?” con l'aggiunta di sei nuovi brani, è scritto che Walter, ogni anno, decora un enorme albero di Natale nel giardino di casa sua con 2000 luci colorate. È stata questa notizia a darmi l'idea per questo capitolo.
*2) – Questo è un riferimento al capitolo "Tende di pizzo e centrini all'uncinetto", della mia raccolta “10 Assi per una Challenge”, che è ambientato il 04 dicembre 1974 (quindi 3 giorni prima di questo capitolo) e in cui si racconta che James Pankow, dovendo mettere un'enorme decorazione natalizia acquistata dalla compagna sul tetto di casa, e non avendo una scala, va da Terry a farsi dare la sua in prestito. Mentre sta aspettando che il chitarrista la tiri fuori dal garage, nel curiosare nella stanza da letto dell'amico, scopre il suo diario segreto in cui Terry raccoglie gli schemi per i lavori all'uncinetto, sua passione segreta. Nel mio AU in cui Terry è ancora vivo (nella realtà è venuto a mancare il 23 gennaio 1978), questa sua passione è ricorrente e, in vecchiaia, diventerà il suo hobby principale, tanto che andrà pure a vendere le sue creazioni ai mercatini.
*3) – Chicken Sweety è il soprannome che i Chicago avevano affibbiato a Karen, compagna (e poi moglie) di James.
*4) – Terry è sempre stato una buona forchetta ed ha sempre avuto la tendenza ad ingrassare, basti pensare che, poco prima di morire, aveva raggiunto il notevole peso di 136 Kg per 182 cm di altezza.
*5) – Buco del culo è un soprannome che ho coniato io per Lee, facendolo sempre pronunciare a Terry. Questo epiteto deriva dal fatto che Lee, James e Walter, i fiati dei Chicago, si erano auto nominati “Hole in the ass Gang”. Nella mia personalissima visione, Lee è un tipo perfettino, sempre con la puzza sotto al naso, e che tiene tantissimo alla sua immagine.
*6) – Il capo di abbigliamento in questione è un maglione di lana, realmente posseduto da Lee Loughnane, con ricamato sopra (davanti e dietro) uno sciatore, molto simile a quelle pubblicità vintage delle stazioni sciistiche. Per questo motivo, nel corso dei nostri deliri io, Soul e sua sorella Kim lo abbiamo ribattezzato “il maglione di Cortina d'Ampezzo”. Poiché penso che Cortina sia pressoché sconosciuta negli USA, l'ho rinominato per l'occasione “il maglione di Aspen”, nota località sciistica degli Stati Uniti. Se siete curiosi, potete vedere Lee che lo indossa in questo video : https://www.youtube.com/watch?v=e1vIQJqZjb0. Potrete anche farvi un'idea dell'aspetto dei protagonisti.
*7) – Il sorriso da cavallo di Terry a cui faccio riferimento è quello visibile in questa foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/thumb/6/61/Terry_Kath.jpg/220px-Terry_Kath.jpg
*8) – Nella mia personalissima visione di Terry, il chitarrista non perde mai occasione per vantarsi delle proprie doti amatorie, e soprattutto delle proprie dimensioni da stallone.
Spero di aver strappato un sorriso.

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Capitolo 20
*** Desideri realizzati ***


Desideri realizzati

 

 

 

Los Angeles, 18 dicembre 1974

 


Terry e Greta si accomodarono su due sedie a sdraio l'uno accanto all'altra, proprio sotto l'enorme abete bianco che il chitarrista aveva decorato alcuni giorni prima in compagnia di Lee. Le luci colorate si riflettevano nei loro occhi e sui fili d'erba bagnati dalla rugiada.
Non faceva particolarmente freddo, quella sera, e i due avevano deciso di passare un po' di tempo seduti fuori in giardino, per riuscire ad ammirare qualcuna delle stelle cadenti che solcavano il cielo proprio in quel periodo dell'anno, le Geminidi.
«Non pensi che sarebbe meglio spegnerlo, tesoro?», chiese Greta fissando l'enorme albero di Natale, frutto dell'ego smisurato del marito in fatto di dimensioni. «Con tutte queste luminarie non riusciremo mai a vedere le stelle cadenti».
«E lasciare campo libero al bonsai di Wally? Mai!», replicò Terry.
«E dai, Terrence, non essere sciocco! In fondo si tratta solo di una sera. Puoi pur concedere un minimo di gloria al povero Walter, non credi?».
Il chitarrista sbuffò, ma poi rivolse un caldo sorriso alla moglie e si alzò per andare a spegnere le luci.
Non appena piombarono nell'oscurità, il cielo si fece appena appena più limpido. Purtroppo non potevano certo far spegnere tutti i lampioni della strada; per non parlare dell'albero di tre piani di Walt o, peggio ancora, del Babbo Natale dalla slitta illuminata sul tetto della villetta di James.
La giovane coppia si prese per mano e scrutò il cielo, in cerca di almeno una delle stelle cadenti. Il silenzio, in quella notte di metà dicembre nella periferia di Los Angeles, era rotto soltanto dal rombo di un'auto che, di tanto in tanto, sfrecciava in una delle strade vicine e dal “Oh! Oh! Oh!” lanciato dal pacchiano Santa Claus di Jimmy.
«Se avessi saputo che quell'affare parlava, non gli avrei mai prestato la scala», bofonchiò Terry tra sé e sé all'ennesima risata del panzone meccanico, facendo scoppiare a ridere Greta.
Dopo parecchi minuti di attesa – e numerosi richiami di Babbo Natale – ecco che, inaspettatamente, una stella cadente passò proprio davanti ai loro occhi attenti. Probabilmente doveva essere bella grossa, se erano riusciti a individuarla in mezzo a tutto quel riverbero.
«Eccola!», esclamò il chitarrista. «Esprimi un desiderio! Ma non dirlo ad alta voce, altrimenti non si avvera!».
Greta chiuse gli occhi ed espresse il suo desiderio in silenzio, per poi tornare a fissare il marito. Terry aveva stampato in volto il suo enorme sorriso da cavallo.
«Allora? Cosa hai desiderato?», le chiese.
La ragazza si mise a ridere di nuovo. «Ma scusa, Terrence, non mi hai appena detto di non dirlo ad alta voce, altrimenti non si avvera?».
Il ragazzone arrossì e si passò una mano tra i capelli castani. «Hai ragione, scusa...».
«Comunque posso anche dirtelo», lo interruppe la moglie, «perché tanto il mio desiderio si è già avverato. Io desidero solo il tuo amore, Terrence. E quello me lo dai già».
Terry arrossì ancora di più e si sporse per posarle un casto bacio sulle labbra.
«Sai cosa ho desiderato io?». Greta scosse la testa e lui fece per riprendere a parlare, ma fu interrotto dal suono di una piccola esplosione proveniente dalla villetta di James. Al Babbo Natale sul tetto era saltata in aria la testa meccanica che, con un ultimo “Oh! Oh! Oh!”, era andata a finire in mezzo alla strada.
Il sorriso equino di Terry divenne un ghigno. «Che il Santa Claus di Jimmy facesse una brutta fine!», concluse.
Greta lo fissò con aria di rimprovero. «Terrence! Sei incorreggibile!».
Lui si strinse nelle spalle. «Beh, almeno ora sappiamo che le stelle cadenti fanno davvero avverare i desideri!». E, sporgendosi di nuovo, catturò le labbra della moglie in un lungo bacio.

 

 

Prompt n° 37 - “Esprimi un desiderio! Ma non dirlo ad alta voce, altrimenti non si avvera!”

 

 

Spazio autrice:

Pensavo che non avrei pubblicato altro da qui alla fine dell'anno, ma non ho potuto resistere né alla foto che avete visto a inizio capitolo (che ritrae Terry e la sua prima moglie, Pamela, ma che noi fingiamo sia Greta, vero?), né al prompt di Soul, e così ecco questo capitolo di fine anno della raccolta. Stavolta abbiamo più fluff che comicità, ma un po' di sana tenerezza non guasta mai.
E, comunque, abbiamo scoperto che il Babbo Natale sul tetto della casa di James, che ormai ci perseguita visto che ne ho parlato sia nel capitolo precedente che in un'altra fic, parlava pure! Ma grazie al desiderio di Terry ce ne siamo finalmente sbarazzati XD.
Due precisazioni:
1 - In questo periodo dell'anno, nel cielo si può vedere davvero lo sciame di stelle cadenti denominate
Geminidi perché provenienti, appunto, dalla costellazione dei Gemelli.
2 - L'albero di Natale di Walter è alto davvero 3 piani.
Spero di aver fatto sorridere, e di nuovo auguro Buone Feste a tutti!

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Capitolo 21
*** Il pennellino persecutore ***


Il pennellino persecutore

 

 

 

 

 

Tokyo, 05 gennaio 2010

 


Danny era finalmente riuscito a prendere sonno, sistemato alla bell'e meglio su un divano di stoffa ruvida e polverosa, quando lo squillo acuto del suo cellulare lo ridestò di soprassalto. Lanciò un'imprecazione in siciliano e si allungò per prendere il telefonino, lasciandoselo sfuggire di mano un paio di volte prima di riuscire finalmente a portarselo all'orecchio.
«Pronto?», bofonchiò, con la voce cupa e cavernosa di chi è appena stato strappato al sonno.
«Ciao, tesoro, come va?». La voce squillante di sua moglie Linda gli ferì l'orecchio, facendolo gemere per il disappunto.
«Linda, ma lo sai che ore sono?», chiese seccato mentre si raddrizzava. Accese la luce e poi si rimise seduto, appoggiando la schiena alla seduta del sofà.
«Certo che lo so: sono le dieci di mattina e il sole splende!».
«A Los Angeles, forse. A Tokyo sono le tre di notte, è buio pesto e io stavo dormendo della grossa!», sbottò Danny. Già aveva faticato a prender sonno a causa di Terry, che non aveva fatto altro che frugare nei suoi bagagli alla ricerca di uno dei suoi numerosi berretti di lana, e che lo aveva risvegliato spennellandogli la pelata con un dannato pennello per il trucco di Linda, finito chissà come tra la sua roba. Poi ci si metteva pure lei a scartavetrargli i coglioni, telefonandogli nel bel mezzo della notte... per cosa, poi? «Si può sapere perché mi hai chiamato a quest'ora?».
La voce della donna, dall'altro capo della linea, si fece secca. «Scusami se ti ho rotto le palle, Daniel Peter Seraphine, ma sono due giorni che non ci sentiamo e dovresti come minimo essere contento di ricevere una mia chiamata, per quanto ti abbia svegliato!».
Danny, il cellulare scostato dall'orecchio per non venire assordato dalla moglie, alzò gli occhi al soffitto e trattenne un sospiro. Dall'altra parte della stanza gli giunse la risatina di Terry, soffocata dal bozzolo di coperte in cui si era avvolto prima di stendersi sul pavimento. Ancora una volta, i musi gialli avevano fatto confusione con le prenotazioni delle camere d'albergo, e loro due si erano ritrovati a dormire in una stanza a metà tra il locale caldaia e un ripostiglio.
«Scusami, tesoro. È che sono un po' nervosetto...», replicò il batterista, cercando di mantenere la calma.
A quelle parole anche Linda si placò. «Come mai? Cosa è successo?».
«Anche stavolta i giapponesi hanno fatto casino, e io e Terry siamo rimasti senza camera».
La donna scoppiò a ridere di gusto. Danny fece un'espressione imbronciata a solo beneficio dell'amico, che nel frattempo aveva tirato fuori la testa dal viluppo di coperte e lo fissava col suo enorme sorriso equino.
«Non c'è niente da ridere, sai?», bofonchiò il batterista, per poi ripetere la domanda di poco prima. «Come mai mi hai chiamato?».
Linda placò le risa e rispose. «Stamani ho appuntamento con Greta, vogliamo andare a fare un po' di shopping. Ma quando sono andata in bagno per truccarmi mi sono accorta che il mio pennello per il fard è sparito», spiegò. «Non è che per caso è andato a finire tra le tue cose mentre preparavamo i bagagli?».
«Ancora con quel dannato pennellino?!», esclamò Danny, lasciando basita la moglie e facendo scoppiare Terry in una roboante risata.
«Perché dici “ancora”?».
«Perché due ore fa, giusto quando stavo per addormentarmi per la prima volta, Terry mi ha svegliato proprio con quello!», raccontò il batterista. Stava seriamente iniziando a odiare quell'attrezzo.
«Ti prego, non scendere nei particolari», replicò Linda. «Non voglio sapere nulla dei vostri giochini erotici!».
«Se per te farmi spennellare la pelata con quelle quattro setole sintetiche è erotico...».
«Setole sintetiche un corno! Quel pennello è in setole di scoiattolo, e costa un occhio della testa!», sbottò la donna. «Spero solo che non me lo abbiate rovinato!».
A questo punto Terry, che aveva seguito tutta la conversazione grazie alla voce squillante di Linda che fuoriusciva dal microfono del telefonino, si intromise.
«Tranquilla, Linda! Il tuo pennello sta benissimo, l'ho usato con tutta la mia delicatezza!», gridò col suo vocione da basso.
Danny mise in vivavoce e posò il cellulare a terra. «Ecco, così potete parlare più comodamente», disse con uno sbadiglio.
«Era proprio quello che temevo», sospirò la donna, riferendosi alla frase del chitarrista. «Ma vuoi spiegarmi per quale motivo sei andato a frugare nella borsa di mio marito? Il mio non è un rimprovero, lo so benissimo che voi due siete culo e camicia; ma sono curiosa come una scimmia, lo sai, vero?».
Terry sorrise all'uscita dell'amica, e raccontò per filo e per segno ciò che era successo in quella stessa stanza due ore prima: del suo cappello di lana che si era rovinato e della sua ricerca frenetica tra i vestiti di Danny.
«Così gli ho detto: “Me lo presti, vero? Il mio si è rotto l’altro giorno e fuori fa un freddo cane”». Il chitarrista terminò il suo resoconto con una risata, per poi voltarsi a guardare l'amico con espressione interrogativa. «Me lo presti, giusto?».
Danny alzò di nuovo lo sguardo al soffitto, esasperato. «È la quinta volta che me lo chiedi. Ti ho già risposto di sì!».
Terry si strinse nelle spalle. «Era solo per essere sicuro».
Dopo le ultime raccomandazioni di Linda su come trattare il suo pennellino, la donna chiuse la comunicazione. Danny raccolse il suo cellulare da terra e lo spense.
«Così evito di farmi svegliare un'altra volta», borbottò, per poi ributtarsi sdraiato sul divano.
Terry sghignazzò, spense la luce e si avviluppò di nuovo nelle coperte. «Buonanotte, fratello», disse, prima di chiudere gli occhi.
«Buonanotte», biascicò il batterista, la voce di nuovo impastata dal sonno.

 

 

 

Prompt n° 22 - "Me lo presti? Il mio si è rotto l'altro giorno."
Prompt n° 40 - "È la quinta volta che me lo chiedi."

 

 

Spazio autrice:

Innanzi tutto Buon Anno a tutti!
Ok, non ho saputo resistere. La mia carissima sorella di scrittura (e anche sorella in spirito) Kim WinterNight mi ha fatto un assist pazzesco quando ha scritto, nella sua raccolta “Ventiquattro tasche colme di bizzarrie”, il capitolo n° 18 “Strani ritrovamenti”. E come potevo io non approfittare della situazione e scrivere il seguito ideale della sua piccola flash? Infatti, la frase tra virgolette
Me lo presti, vero? Il mio si è rotto l’altro giorno e fuori fa un freddo cane” è tratta proprio dalla sua flash. Kim, tesoro, questo è il mio regalo per l'Epifania. E questo regalo vale anche per sua sorella Soul, ovviamente, perché lei con questa sua straordinaria challenge mi ha ispirato tantissimo. L'ultimo capitolo che ho pubblicato nel 2020 fa parte della sua challenge, e così il primo che pubblico nel 2021.
Ovviamente, trattandosi di un AU in cui Terry è ancora vivo, la location e la data del concerto è totalmente inventata da me. Ho scelto il Giappone perché nel corso degli anni i Chicago hanno fatto tantissimi concerti nel paese del Sol Levante, e sono parecchio famosi, laggiù. Ho scritto che non è la prima volta che i giapponesi fanno confusione nel prenotare i loro alberghi perché avevo già raccontato di una situazione simile in un'altra one-shot, facente parte della raccolta “10 assi per una challenge” e intitolata “Un letto per tre”. Anche in quel caso c'era stato un errore con le prenotazioni delle camere.
Altre piccole precisazioni:
- Il fuso orario tra Los Angeles e Tokyo corrisponde appunto a 17 ore di differenza, quindi quando a Los Angeles sono le dieci di mattina, in Giappone sono le tre di notte del giorno dopo.
- Nel 2009 esistevano già i primi smartphone, soprattutto negli Stati Uniti.
- Daniel Peter Seraphine è il nome completo del batterista.
- Le setole più pregiate per i pennelli da trucco sono appunto quelle in pelo di scoiattolo. Io non sono un'esperta così mi sono documentata su internet. È sottinteso che disapprovo l'uso della pelliccia animale, visto che ci sono le setole sintetiche.
Spero di aver strappato un sorriso.

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Capitolo 22
*** Musica heavy e memoria corta ***


Musica heavy e memoria corta

 

 

 

 

Pasadena, 10 gennaio 2021

 

 

Il Rose Bowl Flea Market era abbastanza affollato quella domenica mattina di inizio gennaio. Complice il cielo quasi totalmente sereno e la temperatura gradevole, in molti si erano recati al famosissimo mercatino delle pulci e si aggiravano curiosi tra le varie bancarelle.
Terry, seduto dietro il suo banco pieno di tendine di pizzo e centrini all'uncinetto – frutto delle sue mani sante – buttati alla rinfusa, ingannava il tempo in attesa dell'arrivo di qualche cliente ascoltando la musica, grazie al suo vecchio stereo portatile che aveva riesumato dalla soffitta proprio la sera prima.
Dalle piccole casse fuoriusciva, distorta dal volume troppo alto e dalla potenza ridotta dello stereo, la voce profonda e a volte roca di un uomo, che cantava su vibranti note heavy metal. Il chitarrista tamburellava con le mani sulle proprie ginocchia al ritmo della musica, scuotendo la testa avanti e indietro. Molti degli avventori del mercatino, nel vedere quell'ultrasettantenne dai lunghi capelli brizzolati così infervorato da quelle note infernali, si tennero alla larga. Solo una ragazza ebbe il coraggio di avvicinarsi, complimentandosi con lui per la scelta della colonna sonora e comprando pure un centrino da regalare a sua nonna.
A mezzogiorno Terry non aveva venduto praticamente altro, e stava iniziando a pensare che – forse – la musica che stava ascoltando non lo aiutava affatto ad attirare la clientela, quando fu avvicinato dal suo migliore amico.
Danny, nell'udire la voce graffiante e la musica hard fuoriuscire dallo stereo, storse il naso. Da purista del jazz e del soft rock, proprio non riusciva ad apprezzare quelle note così dure.
«Ma si può sapere che razza di musica ascolti?», disse, apostrofando Terry senza nemmeno dirgli “ciao” e mettendosi a sedere su uno sgabello accanto a lui.
Il chitarrista si voltò a guardarlo per un istante prima di abbassare il volume.
«Ehi, fratello! Hai presente quel tizio, l'amico del mio amico?», spiegò. Danny lo fissò con un punto interrogativo stampato in faccia, grattandosi la pelata da sopra il berretto di lana, e Terry riprese. «Ti ricordi al compleanno di Peter quel matto che si toccava le palle, e che a un certo punto ha iniziato a lanciarci contro la sua merda?».
Il batterista alzò gli occhi al cielo. «E come potrei dimenticarlo? I miei vestiti hanno continuato a puzzare per una settimana, nonostante Linda li avesse lavati più e più volte!».
«Beh, lui e il mio amico Bill, quello che aveva comprato il fazzoletto con la batteria ricamata sopra, fanno parte di una band che si chiama Faith No More, e questo è un loro CD».
«E da quando in qua tu ascolti l'heavy metal?».
Terry si strinse nelle spalle. «Da quando l'ho conosciuto, l'anno scorso».
«Ma non eri tu quello che ha sempre minacciato di lasciare la band, quando abbiamo avuto la deriva commerciale qualche anno fa, perché sostenevi che il jazz era l'unico stile musicale accettabile sulla faccia della Terra?». Il chitarrista fece di nuovo spallucce e Danny aggiunse, scuotendo la testa: «Non ho mai conosciuto una persona più incoerente di te».
Terry premette il tasto di stop sullo stereo, facendo calare il silenzio attorno alla sua bancarella.
«In effetti non mi ha portato granché fortuna», ammise, «perché stamani non ho venduto un cazzo...».
Danny scoppiò a ridere. «Perché, ora anche i cazzi si fanno all'uncinetto?».
«Beh, se ci fanno le fighe, perché non i cazzi?», replicò il chitarrista, unendosi alla risata dell'amico.
Una volta scemato l'accesso di risa, il batterista guardò l'orologio.
«Ehi, sono già le dodici e trenta! Ti va un panino? Offro io!».
Terry annuì prima di chiedere: «Ma... e Linda?», rendendosi finalmente conto di non aver ancora visto la moglie dell'amico.
«È rimasta a casa», rispose Danny scrollando le spalle. «Se ho capito bene oggi deve vedersi con tua moglie».
«Ah, già...», ricordò improvvisamente l'enorme chitarrista. «Greta me lo aveva accennato, stamattina. Ok, allora vada per due begli hot dog solo per me e te!».
Danny si incamminò in direzione della bancarella dei panini, ma tornò indietro solo pochi istanti dopo con la faccia sconsolata.
«Avresti qualche spicciolo da prestarmi? Ho dimenticato il portafogli a casa».
Terry fece roteare gli occhi. «Non ti dimentichi la testa solo perché ce l'hai attaccata al collo!».
«Io, eh?».
Danny sorrise, e il chitarrista gli rispose stendendo le labbra nel suo enorme sorriso da cavallo. Poi aprì il cassetto della cassa e gli porse dieci dollari.
«Tieni. Vorrà dire che offrirò io, stavolta!».
«A buon rendere!», replicò Danny, prima di incamminarsi di nuovo verso il venditore di hot dog.

 

 

 

Prompt n° 13 - “Ma che musica ascolti?”

Prompt n° 35 - “Non ho mai conosciuto una persona più incoerente di te.”

Prompt n° 43 - “Avresti qualche spicciolo da prestarmi?”

 

 

Spazio autrice:

Eccomi con un nuovo capitolo! C'è poco da fare: i prompt di questa challenge sono così ispiranti, soprattutto se penso alla mia BROTP Terry/Danny, che non riesco a fare a meno di scrivere delle cretinate, ma che spero strappino comunque qualche risata.
Stavolta devo mettere un sacco di annotazioni, perché ho fatto tantissimi riferimenti ad altre storie, a fatti realmente accaduti e a pubblicità piuttosto discutibili XD.
Partiamo dall'inizio!
- Il “Rose Bowl Flea Market” è uno dei mercatini delle pulci più famosi e frequentati di Los Angeles, nel quartiere di Pasadena. Si tiene la seconda domenica di ogni mese, quindi proprio il 10 gennaio 2021. In questo mio AU, in cui Terry lavora all'uncinetto, l'uomo ha una bancarella al mercatino dove vende le sue creazioni.
- In alcune storie già presenti sul sito, di cui la prima è Only hancrafted! di Kim WinterNight, si parla dell'incontro, e della conseguente amicizia, tra Terry Kath e Bill Gould, bassista dei Faith No More. Nella mia raccolta Birthday Boy, nel capitolo dedicato al compleanno di Robert Lamm, i Chicago incontrano in una piadineria proprio i FNM, e Mike Patton – il loro cantante, noto per la sua passione giovanile per i propri escrementi – li bersaglia con un lancio di cacca.
- Terry Kath è sempre stato un purista del Jazz. Purtroppo non possiamo sapere come sarebbe andata a finire, perché è morto troppo presto nella realtà, ma stando a quanto riportato su una biografia non ufficiale di James Pankow, il chitarrista pare avesse intenzione di lasciare la band quando Peter Cetera aveva iniziato a comporre troppe ballate per i suoi gusti. Figuriamoci quindi nel periodo degli anni '90, quando i Chicago hanno perso la maggior parte del loro lustro a causa delle ballate commerciali che erano costretti a cantare (costretti perché non le scrivevano loro, i loro produttori le facevano scrivere da altri cantautori, soprattutto Diane Warren, conosciuta come la “regina delle ballate”).
- Il riferimento alla “figa fatta all'uncinetto” è tratto da una controversa pubblicità di una nota marca di assorbenti. Se non l'avete mai vista, potete trovarla qui: https://www.youtube.com/watch?v=KSlsknYptu8
Per concludere, la foto a inizio capitolo ritrae proprio l'ingresso del mercatino.
Spero di avervi strappato un sorriso.

 

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Capitolo 23
*** Abiti random ***


Abiti random

 

 

 

 

Los Angeles, 10 maggio 1975

 

Terry stava approfittando della bella giornata di sole, e dell'intervallo di tempo di quindici giorni tra un concerto e l'altro, per lavare la sua automobile e quella di Greta. Entrambe le auto avevano dannatamente bisogno di una rinfrescata – sporche com'erano della polvere rossa che, nelle giornate di vento, proveniva dal deserto – e il chitarrista, in canottiera e pantaloni bianchi di una tuta, in mano il tubo di gomma per innaffiare, aveva praticamente allagato tutto il giardino facendo il bagno pure a se stesso.
Per fortuna Greta non era a casa, altrimenti le sue urla avrebbero invaso tutto il vicinato.
Aveva appena finito di risciacquare le carrozzerie dal sapone, e aveva preso la pelle di daino per asciugarle e togliere tutti gli aloni, quando si sentì apostrofare.
«Ehi, fratello? Ma non sei ancora pronto?!».
Terry si voltò di scatto in direzione della voce: Danny, vestito di tutto punto, i capelli tenuti tirati indietro da un'abbondante dose di gel e i baffi alla fu manchu sistemati alla perfezione così come il pizzetto, lo osservava dal marciapiede, i gomiti appoggiati alla staccionata che delimitava il suo giardino.
Il chitarrista lo fissò con sguardo interrogativo e l'altro si sbatté la mano sulla faccia, esasperato.
«Non dirmi che te lo sei dimenticato!».
«Che cosa?», chiese Terry, incerto.
«Alle undici in punto abbiamo appuntamento alla KCRW per un'intervista sul nostro ultimo album!».
Il ragazzone si grattò la testa con la pelle di daino fradicia, come a voler ricordare qualcosa che inesorabilmente gli sfuggiva. Poi, all'improvviso, la voce di Jimmy Guercio gli risuonò nelle orecchie: “Mi raccomando: sabato dieci maggio alle undici in punto!”. Ora che ci pensava, in effetti, aveva sentito il loro produttore pronunciare quelle specifiche parole qualche giorno prima; ma lui non aveva minimamente prestato attenzione a niente di quello che aveva detto in precedenza, e quindi non aveva la più pallida idea di cosa avrebbero dovuto fare quel giorno a quell'ora.
«Ehm... scusa, fratello, ma me ne ero completamente dimenticato».
«Non è che, per caso, non hai proprio ascoltato quello che ci ha detto Guercio l'altro giorno?», chiese Danny in tono ironico, conoscendo la scarsa capacità di concentrazione dell'amico e compagno di band.
Per tutta risposta, Terry stese le labbra nel suo enorme sorriso equino, confermando la supposizione del batterista.
«Arrivo subito, dammi il tempo di cambiarmi», disse infine, buttando la pelle di daino nel secchio pieno di acqua saponata e sparendo dentro casa.
Danny guardò l'orologio: erano le dieci e mezzo, quindi avevano ancora mezz'ora, ma la sede della KCRW era a Santa Monica, vicino al campus dell'omonima Università, e avrebbero dovuto attraversare buona parte della città affrontando il traffico dell'ora di punta. Se non fossero partiti entro dieci minuti sarebbero arrivati di sicuro in ritardo, e Guercio avrebbe fatto loro uno dei suoi soliti cazziatoni. Ormai c'era abituato, perché con Terry era sempre di norma arrivare in ritardo, ma stavolta non aveva nessuna voglia di farsi rimproverare per colpa di qualcun altro.
Così, dopo soli due minuti passati a passeggiare nervosamente su e giù sul marciapiede, Danny mise le mani a coppa davanti alla bocca per amplificare la propria voce e gridò:
«Allora? Si può sapere quanto ci metti?! Dobbiamo muoverci!».
Terry si affacciò ad una delle finestre del primo piano, con un asciugamano arrotolato attorno ai capelli bagnati e il torso nudo.
«Ehi, non mettermi fretta! Fammi almeno mettere qualcosa addosso!».
Cinque minuti dopo, il chitarrista uscì di casa chiudendosi l'uscio alle spalle. Indossava un paio di jeans scoloriti e una canottiera bianca tutta traforata, che gli andava decisamente stretta e non riusciva a contenere il suo ventre prominente.
Danny la ricordava: il chitarrista era solito indossarla qualche anno prima, quando era ancora magro.
«Ma cosa cazzo ti sei messo?».
«È il meglio che sono riuscito a trovare. Se tu non mi avessi messo fretta forse, nell'armadio, avrei trovato qualcosa di più adatto!», replicò Terry incrociando le braccia sul petto ampio.
Danny si sbatté la mano sulla fronte per la seconda volta, ma poi precedette l'amico e salì in macchina. Il tempo passava, e lui non voleva assolutamente arrivare in ritardo, non quel giorno.

 

 

Prompt n° 34 - “Arrivo, dammi il tempo di cambiarmi.”

Prompt n° 42 - “È il meglio che sono riuscito a trovare.”

Prompt n° 50 - “Ehi, non mettermi fretta!”

 

 

 

Spazio autrice:

Ed eccomi con un nuovo capitolo, un'altra piccola sciocchezza che spero possa avervi fatto almeno sorridere. Quest'anno non me la sento di scrivere qualcosa di malinconico/triste in occasione dell'anniversario della morte di Terry, avvenuta il 23 gennaio 1978 (sono già 43 anni, ahimè); quindi ho deciso di commemorare questo giorno pubblicando questo capitoletto, mostrando un Terry vivo e vegeto al massimo delle sue capacità cognitive...
Passo subito a dare le spiegazioni di rito.
Nel 1975 i Chicago hanno davvero avuto 15 giorni di pausa dal loro tour americano nel mese di maggio, e visto che due mesi prima, a marzo, era uscito il loro ultimo album, Chicago VIII, ho immaginato che potessero aver sfruttato l'occasione per rilasciare qualche intervista.
La KCRW è la stazione radio più famosa di Los Angeles, ed ha sede vicino al campus dell'Università di Santa Monica, che ne è la proprietaria. Ho sempre ipotizzato che i Chicago vivessero tutti nella zona di Hollywood, ai piedi delle colline, quindi a buona distanza da Santa Monica che si trova invece sul mare.
La canottiera bianca traforata di Terry potete vederla in questa foto: https://i.pinimg.com/564x/30/3a/91/303a91cf0e9ada6e0578ef057ef9896b.jpg. Come potete notare il chitarrista era relativamente più magro quando la indossava, rispetto alla foto di inizio capitolo, che lo mostra intento a lavare le auto. Dico relativamente perché Terry non è mai stato un figurino, ha sempre avuto la tendenza ad ingrassare, cosa che poi effettivamente ha fatto quando ha smesso di stare attento alla linea, poco prima di morire.
Spero di aver strappato una risata.

 

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Capitolo 24
*** Testimonial pubblicitario ***


Testimonial pubblicitario

 

 

 

 


 

Los Angeles, 05 luglio 1972

 

 

Sull'onda del loro successo planetario, i Chicago erano stati contattati dai responsabili di un'azienda produttrice di bevande gassate per essere i loro testimonial della campagna pubblicitaria estiva, durante la quale avrebbero presentato anche il loro ultimo prodotto: una cola dietetica.
Dopo aver esaminato a lungo i membri della band, gli incaricati decisero che la persona più adatta a pubblicizzare la nuova bevanda senza zucchero fosse Terry, grazie al suo fisico non proprio longilineo e quindi idoneo a rappresentare una cola dietetica, preferita da chi aveva problemi di peso.
All'inizio il chitarrista aveva storto il naso perché, mentre Danny e gli altri avrebbero tracannato litri e litri di bevande gassate e zuccherine, lui avrebbe dovuto limitarsi a sorseggiare una brodaglia dalla dubbia composizione; ma i responsabili dell'azienda utilizzarono tutta la loro capacità persuasiva per convincerlo, adducendo come motivazione il fatto che lui sarebbe stato il primo a provare questo nuovo prodotto, destinato ad avere un enorme successo, e quindi sarebbe di sicuro diventato il testimonial numero uno nel mondo.
Rinfrancato da quelle parole Terry si era infine spogliato di buon grado, mostrandosi a petto nudo e sorridente con in mano una lattina della nuova bevanda. Il fotografo scattò da diverse angolazioni, poi diede alcuni minuti di pausa, durante i quali il chitarrista ne approfittò per assaggiare la nuova e tanto osannata bibita. Aprì la linguetta con uno strappo secco e trangugiò un paio di sorsate, facendo poi schioccare le labbra per assaporarne il gusto.
Fu subito chiaro, per chi lo conosceva bene come Danny, che c'era qualcosa che non andava. Nonostante Terry tentasse di dissimulare indifferenza davanti allo sguardo indagatore dei responsabili dell'azienda, infatti, il batterista notò che le labbra gli tremolavano e che gli occhi gli si erano riempiti di lacrime.
Il fotografo fece ancora qualche scatto prima di dichiararsi soddisfatto. Non appena si fu allontanato, Terry corse dietro il capanno di legno che gli aveva fatto da sfondo e sputò a ripetizione, tentando di togliersi dalla bocca il gusto della cola.
Danny lo raggiunse quasi subito, un sorrisetto sulle labbra.
«Allora? Com'è questa nuova bibita rivoluzionaria?».
Il chitarrista si voltò a guardarlo con sguardo omicida.
«Mi prendi per il culo?».
«No. Sono sinceramente curioso», rispose il batterista, facendo varie smorfie nel tentativo di rimanere serio.
«Posso essere sincero?», chiese Terry, guardandosi attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno degli incaricati dell'azienda nei paraggi.
«Certo. Anzi, devi!».
Il chitarrista si chinò verso l'orecchio dell'amico. «Ha un sapore orribile! Secondo me non ne venderanno nemmeno una cassa. Altro che testimonial dell'anno, farò una figura di merda davanti a tutti!».
Danny gli batté una pacca consolatoria sulla spalla. «Non te la prendere. Anche la cola che hanno propinato a noi faceva cagare. Mal comune mezzo gaudio», recitò.

 

 

Prompt n° 45 - “Ha un sapore orribile!”

 

 

Spazio autrice:

Ben ritrovati su questo nuovo capitolo della raccolta. Stavolta ho approfittato di uno scatto di Terry con in mano una lattina di cola per renderlo testimonial pubblicitario di una nuova bevanda dietetica che, come avrete capito, non è proprio il massimo. Non penso che i Chicago siano mai stati testimonial pubblicitari di qualcosa, se non giusto Terry con gli amplificatori della Pignose, visto che ne era comproprietario. Ovviamente non ho fatto nomi: immaginate pure un'ipotetica nuova marca a vostra scelta. Anche perché, documentandomi su Wikipedia, ho visto che le due principali case produttrici di bevande gassate, di solito concorrenti tra loro (avete capito di chi parlo, vero?), hanno lanciato sul mercato la loro diet coke in periodi molto diversi rispetto all'ambientazione di questo capitolo: la prima (con la P) nel 1963, la seconda (con la C) nel 1982.
E niente, credo non ci sia altro da dire se non che mi sono divertita molto a scrivere anche questa piccola sciocchezza. Purtroppo i prompt sono quasi finiti ma spero di essere in grado di riuscire a sfruttarli tutti!
Spero di aver strappato almeno una risata.

 

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Capitolo 25
*** Sogni proibiti ***


Sogni proibiti

 

 

 

 

Los Angeles, 24 giugno 1973

 

Danny parcheggiò la propria auto sul lungomare e si diresse a passo spedito al bar di Venice Beach, dove Terry gli aveva dato appuntamento la sera prima per una tarda colazione. Non appena lo raggiunse al tavolo a cui era seduto, circondato da una marea di persone in tenuta da spiaggia, non riuscì a trattenere una risata. L'amico aveva le spalle incurvate verso il basso, lo sguardo fosco e un asciugamano a righe multicolori gettato sulla testa a mo' di cappuccio.
«Ehi, fratello! Tutto bene?», chiese. «Mi sembri un po' sbattuto, stamattina».
«Mi fa male la testa...», rispose Terry con voce cavernosa, socchiudendo gli occhi. «Mi dà fastidio pure la luce del sole».
«Allora perché non mi hai chiamato? Avremmo potuto rimandare e vederci un'altra volta, se stai così male», disse Danny, mettendosi seduto accanto a lui.
Il chitarrista scosse piano la testa, lasciandosi sfuggire un sibilo di dolore.
«Dovevo uscire di casa per forza. Greta ha organizzato una sorta di club del libro, o qualcosa del genere, e oggi era il suo turno di ospitare le altre ragazze. Non potevo certo restarmene lì a sentirle blaterare su Orgoglio e Pregiudizio».
«A me è piaciuto molto, quel libro», replicò Danny, serio, e Terry fece una smorfia di disgusto.
«Bleah, roba da femminucce!».
Il batterista gli lanciò un'occhiataccia prima di tornare a interessarsi al suo malessere.
«Comunque, perché ti fa tanto male la testa? Quanta roba hai ingurgitato, ieri sera?».
«Ma niente di che, ti giuro. Mi sono limitato a un po' di chili piccante e un paio di lattine di birra». Danny lo fissò scettico ma lui fece finta di non vederlo, continuando a parlare. «Però, ieri pomeriggio, mentre spostavo in giardino un cazzo di vaso enorme pieno di begonie ho sentito uno strappo alla schiena. Stanotte ho dormito malissimo per il dolore e stamattina mi sono alzato con il torcicollo, e ora mi fa male la testa da morire. Credo sia un po' di cervicale». Si interruppe per un istante per aggiustare l'asciugamano che gli stava scivolando dalla testa. «Anzi, già che ci sei mi faresti un massaggio? Magari mi passa».
Danny annuì. «Posso provarci, ma non sono molto bravo in queste cose. Non ti garantisco nulla».
«E tu fallo lo stesso, tanto peggio di così non penso di poter stare».
Il batterista si alzò in piedi, si mise alle spalle dell'amico, sollevò l'asciugamano togliendoglielo dalla schiena e si mise a lavorare sul suo collo e sulle sue spalle, muovendo le dita a casaccio sulla pelle scaldata dal sole estivo. Terry si mise subito a mugolare di piacere, quindi prese coraggio e premette con maggiore insistenza.
«Sai? Stanotte ho fatto un sogno stranissimo!», disse poi, tanto per fare conversazione.
«Ah, davvero? E cosa ti sei sognato?», chiese Terry, curioso.
«Ti ricordi quella volta, un paio di anni fa, al Music Center di Tanglewood, quando i fan ci avevano assediato e noi siamo dovuti uscire nascosti dentro il carrello della biancheria sporca?».
«Eccome se me lo ricordo. Avevate fatto una barricata assurda alla porta del camerino, e io ho dovuto pisciare nel vaso di quella povera pianta mezza morta!».
«Beh», riprese Danny, continuando a massaggiare il collo taurino dell'amico, «ho sognato che quegli invasati erano riusciti a sfondare la porta e che ci avevano afferrato e portato via a braccia. Tu e gli altri siete stati letteralmente fagocitati dalla folla, mentre io mi sono ritrovato con quattro bellissime ragazze, che si sono strappate i vestiti di dosso e mi chiedevano disperatamente di essere possedute».
«E ti pareva...», commentò il chitarrista, scuotendo la testa nonostante il dolore.
«Ma il bello è che», riprese Danny, «invece di buttarmi nella mischia, come di sicuro avrei fatto nella realtà, ho risposto loro che ero felicemente fidanzato e che non mi interessava un'avventura di una notte!».
Terry si voltò a guardarlo da sotto in su, strappandosi l'asciugamano dalla testa.
«Tu... che rifiuti una scopata facile perché sei felicemente fidanzato? Secondo me sei tu che ieri sera hai assunto strane sostanze, non io!».
Danny arrossì all'improvviso. «In realtà... credo di sapere perché, nel sogno, ho risposto così».
«Ah sì? E perché?».
«Perché non riesco a togliermi Linda dalla testa! Anche se è fidanzata con Peter, e so che si sposeranno a breve, non faccio altro che pensare a lei. Pure quando la mattina mi sveglio e...».
«Ah no!», lo interruppe Terry in tono imperioso. «Adesso ti metterai comodo e mi racconterai tutto! Cos'è questa storia che sei ancora in fissa con Linda, tu che hai una donna in ogni città?».
Danny imporporò ancora. «Ma a te non fa male la testa?».
«Adesso sto meglio grazie al tuo massaggio. E ora avanti, spara!», replicò il chitarrista con il suo sorriso equino stampato in faccia, facendo cenno all'amico di mettersi seduto al suo fianco.

 

 

Prompt n° 17 - “Adesso ti metterai comodo e mi racconterai tutto!”

Prompt n° 46 - “Stanotte ho fatto un sogno stranissimo!”

Prompt n° 48 - “Posso provarci, ma non sono molto bravo.”

 

Spazio autrice:

Ben ritrovati su questa raccolta. Eccoci ad un nuovo capitolo incentrato sulla strampalata ma solida amicizia tra Terry e Danny. Mi sono divertita tantissimo a scriverlo, ispirata dalla foto di Terry con l'asciugamano sulla testa che avete visto all'inizio. E sono riuscita anche a fare un riferimento alla mia fic "Il grande assedio del Music Center" in cui i Chicago venivano assediati da un'orda di fan.
Immagino sappiate in molti che “Orgoglio e Pregiudizio” è uno dei più celebri romanzi di Jane Austen. Vi immaginate il batterista intento a leggerlo e, soprattutto, ad apprezzarlo?
Inoltre, che Danny sia un donnaiolo ormai è storia risaputa, ma in questo AU lui è ancora innamorato di Linda, la migliore amica di Greta (moglie di Terry) con cui ha avuto un brevissimo flirt in Italia quando i quattro ragazzi si sono conosciuti per la prima volta. Tutto questo è raccontato nella mia long "Alive again"
Nel periodo in cui è ambientato questo capitolo (1973) Linda è ancora felicemente fidanzata con Peter Cetera, di cui è profondamente innamorata e con il quale si sposerà. Qualche anno più tardi, Peter le confesserà di essere omosessuale e di essere innamorato di Robert Lamm. Linda, furibonda, lascerà il marito e inizierà a frequentare nuovamente Danny, più per ripicca che per altro, per poi scoprire che il batterista è l'uomo giusto per lei e sposarlo.
Sono un po' triste, in realtà, in questo momento, perché quello che avete letto è il penultimo capitolo della raccolta. L'ultimo, con i quattro prompt rimanenti messi a disposizione dalla giudice, è già quasi pronto per essere pubblicato. Se mai Soul dovesse aggiungere nuovi prompt, ovviamente, la raccolta continuerà senza alcun dubbio.
Spero di avervi strappato una risata.

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Capitolo 26
*** L'amore non è bello se non è litigarello ***


L'amore non è bello se non è litigarello

 

 

 

 

 

Los Angeles, 05 marzo 2021

 


Terry era seduto sulla sua poltrona preferita in salotto, tra le mani un ferro da uncinetto 0,75 e sulle ginocchia il complicatissimo schema di un copriletto a filet. Con il busto piegato in avanti e la faccia a meno di venti centimetri dal foglio per non perdersi nemmeno uno dei minuscoli punti, l'omone aveva la lingua stretta tra i denti e la fronte aggrottata per la concentrazione. Il piccolo attrezzo metallico sembrava letteralmente sparire tra le sue dita a salsicciotto.
Stava giusto borbottando tra sé e sé la sequenza dei vari passaggi da fare quando sua moglie Greta lo raggiunse, i capelli raccolti sotto un enorme foulard a fiori e un grosso album rilegato in pelle marrone tra le mani.
«Ehi, tesoro! Guarda cos'ho ritrovato in un cassetto!», esclamò la donna facendolo trasalire. L'uncinetto gli sfuggì dalle dita sudaticce e alcuni dei punti si sciolsero inesorabilmente.
«No! E che cazz...». Terry si trattenne appena in tempo dal bestemmiare pesantemente, la figura della moglie che troneggiava su di lui con le braccia puntate sui fianchi.
«Terrence, lo sai che non voglio che tu usi questi termini da scaricatore di porto!».
«Scusami, amore. Ma mi hai fatto prendere un accidente, mi hai fatto scappare il filo di mano e ora mi tocca ricominciare da capo».
Greta lo liquidò con un gesto brusco: non aveva mai compreso la passione così smodata del marito per l'uncinetto, né tanto meno l'idea malsana – avuta in vecchiaia – di mettere su una bancarella ambulante per vendere le sue creazioni. Per lei, l'hobby di Terry era solo fonte di vergogna nei confronti dei signori Robinson, i loro rispettabilissimi vicini di casa.
«Lascia perdere quella sottospecie di coperta che tanto non venderai mai, e guarda piuttosto cosa ho riesumato dall'ultimo cassetto dell'armadio in soffitta».
L'occhiataccia che Terry le aveva rivolto nel sentir denigrare il suo lavoro si addolcì quando vide ciò che la moglie gli stava posando sulle gambe. Un vecchio annuario del liceo.
Mise filo e uncinetto sul tavolinetto accanto alla poltrona e si mise a sfogliare le vecchie pagine in cerca delle sue fotografie.
«Eccomi!», esclamò quando ne trovò una, indicandosi col dito.
Greta si chinò sul volume e la osservò attentamente.
«Oh mio dio, ma sei davvero tu?», chiese, mettendosi a ridere.
«Certo che sono io! Perché, non mi riconosci?», sbottò Terry fissandola con le sopracciglia aggrottate.
«Sinceramente no. Con quei capelli a spazzola sembri Arnold Schwarzenegger da piccolo».
Il chitarrista tornò a fissare la foto per poi unirsi alla sua risata. «Beh, in effetti è strano vedermi con i capelli corti. Sono talmente tanti anni che li porto lunghi che non mi ricordavo nemmeno di averli avuti così», commentò, picchiettando l'indice sull'immagine. «Tieni, tesoro», aggiunse, restituendo l'album alla moglie, «ora devo rimettermi a lavorare a questo copriletto, altrimenti non lo finirò nemmeno per il prossimo Natale».
Greta lo fissò dall'alto in basso. «Come, tu non vieni a darmi una mano a mettere in ordine nella soffitta? Guarda che la maggior parte di tutto quel ciarpame è roba tua!».
«Ora non posso, cara, devo proprio concentrarmi su questa sottospecie di coperta», ribadì Terry, ripetendo le parole poco lusinghiere che la moglie aveva usato poco prima.
«Ma me l'avevi promesso!».
L'omone si strinse nelle spalle. «Ah sì, e quando? Io non me lo ricordo», disse serafico.
Greta serrò le labbra in una smorfia di disappunto, gettò l'annuario che ancora teneva in mano sull'altra poltrona e girò sui tacchi, sibilando: «Ah, ma mi vendicherò, sai? Eccome se mi vendicherò!».
Terry la seguì con lo sguardo mentre si allontanava, un sorriso bonario sulle labbra. La minaccia della moglie non lo preoccupava affatto, sapeva perfettamente come farsi perdonare.
Fece passare qualche minuto, giusto il tempo di essere sicuro che Greta fosse tornata in soffitta, poi posò di nuovo il suo lavoro a filet e andò in cucina, ficcando la testa in profondità nel freezer finché non ebbe trovato ciò che stava cercando: due vaschette di gelato, una alla vaniglia e l'altra al cioccolato. Prese un cucchiaio da minestra e se lo mise in tasca poi, una confezione per ogni mano, salì le scale per raggiungere la moglie.
Non appena Greta lo vide varcare la soglia della soffitta lo fissò con sospetto, che si accentuò alla vista del gelato. Non fece in tempo a esprimere le sue perplessità che il marito proruppe in una domanda.
«Qual è il tuo gusto preferito?», e le mostrò entrambe le vaschette.
La donna ci pensò un po' su, in cerca dell'inghippo, prima di rispondere.
«La vaniglia. Perché?».
«Ottima scelta», rispose semplicemente Terry.
Posò entrambe le confezioni a terra, poi si spogliò lentamente del maglione, della camicia e della canottiera, rimanendo a torso nudo. I suoi pettorali flaccidi e coperti di una ormai rada peluria grigia, gravati dal peso e dall'età, ballonzolarono come due budini. Raccolse la vaschetta di gelato alla vaniglia – con Greta che seguiva attentamente i suoi movimenti – la aprì, tolse il cucchiaio dalla tasca dei pantaloni e ne raccolse una dose abbondante, per poi spalmarsela sul petto. Infine spalancò le braccia e si offrì alla moglie.
«Mangiami, sono tutto tuo!».
Greta non seppe se rimanere seria o scoppiare a ridere. Ma quando vide che negli occhi del marito brillava una scintilla di malizia, capì che Terry era serissimo. Lasciò cadere a terra il piumino antipolvere che stringeva tra le dita, sciolse i lunghi capelli grigi e si buttò sul suo petto.
Forse qualcuno li avrebbe giudicati vecchi per queste cose, ma loro non si erano mai sentiti più giovani di così.

 

 

Prompt n° 14 - “Qual è il tuo gusto preferito?”

Prompt n° 20 - “Guarda cos'ho ritrovato in un cassetto!”

Prompt n° 39 - “Me l'avevi promesso!”

Prompt n° 49 - “Mi vendicherò!”

 

 

Spazio autrice:

Purtroppo siamo giunti alla fine di questa raccolta. Ho utilizzato tutti e 50 i prompt messi a disposizione dalla giudice, ma nel caso in cui dovesse prima o poi pubblicarne altri mi riservo senz'altro la possibilità di riaprirla e continuarla con nuovi capitoli. Stando così le cose, al momento, mi faceva piacere chiudere quest'avventura con una piccola shot dedicata a Terry e Greta, una coppia molto ben assortita, direi. Eterno ragazzone lui, più compassata e dedita all'immagine lei, comunque questa coppia vive insieme (almeno nella mia story line UncinettoAU!) da ben 49 anni, visto che si sono sposati il 1° luglio 1972. E nonostante abbiano ormai superato i settant'anni (75 Terry e 71 Greta) il loro amore e la loro passione non si è mai sopita. Certo, i piccoli battibecchi sono sempre all'ordine del giorno, ma allora dove sarebbe il bello della vita insieme?
Tanto per la cronaca, la foto a inizio capitolo è tratta appunto da un annuario di Terry e il ferro da uncinetto da 0,75 è uno dei più sottili che esistano e va usato appunto con il filo molto sottile.
Ringrazio Soul Dolmayan per aver indetto questa challenge che mi ha dato tanta soddisfazione e per tutte le recensioni deliranti che mi ha lasciato. Ringrazio Kim Winternight sia per avermi regalato la sua OC Greta sia per avermi accompagnato in questa raccolta con tantissimo entusiasmo. Ringrazio inoltre jarmione, Giadastales, alessandoago_94, Sabriel_Little Storm, juriaka, leila91, sakkaku, Teo5Astor, Asmodeus e LadyPalma che mi hanno seguito e hanno recensito almeno un capitolo. Ringrazio anche chi mi ha seguito silenziosamente, nella speranza di avervi strappato un sorriso e avervi regalato almeno un minuto di svago.

 

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