Salve, carissima!
Innanzitutto, mi scuso per l’immenso ritardo con cui sto adempiendo al mio ruolo di recensore ma, purtroppo per me, ho una marea di impegni universitari che non posso sorvolare. Tra l’altro, ho preferito comunque leggere con attenzione tutta la tua storia, dall’inizio alla fine, piuttosto che concentrarmi solo sull’ultimo capitolo pubblicato. Il motivo della mia scelta credo sia comprensibile: hai scritto un’originale, non una fan fiction, per cui era assolutamente necessario per me sfogliare la storia per intero, in modo tale da riuscire a capire al meglio sia la trama che il tuo stile (in caso di fan fiction è diverso: i personaggi sono più o meno noti, e giudicare anche da un solo capitolo è molto più semplice).
Bene, fatte le dovute scuse, passo immediatamente alla recensione vera e propria.
Te lo dico con estrema franchezza: questa è una delle poche storie che, davvero, è riuscita a spiazzarmi. Purtroppo, non saprei dirti se lo ha fatto in positivo o in negativo, ma temo che per sciogliere questo dubbio avrei bisogno di leggere altri capitoli. Intendo lasciarti un commento quanto più preciso possibile su tutto ciò che riguarda questo racconto, e lo farò esponendoti anche molto apertamente alcune perplessità (che, temo, potrebbero riguardare anche qualche altro lettore). Dunque, preparati ad un papiro lunghiiiiiiiiissimo!
Credo sia doveroso iniziare dallatrama. Hai pubblicato la tua storia attribuendole i seguenti generi: romantico;
introspettivo;
commedia;
e hai giustificato la tua scelta nelle note al secondo capitolo.
Io, però, condivido solo in parte la tua scelta, semplicemente per il fatto che la natura ambigua di quello che hai pubblicato fino ad ora non sembra essere compatibile con l’esclusione del genere fantasy/sovrannaturale. Il vero problema è: di cosa parla questa storia? L’impressione che ho avuto leggendola non è stata delle migliori, almeno per quanto concerne la coerenza della trama.
Esordisci narrando di un battibecco tra la protagonista, Barbara, e un suo compagno di classe particolarmente antipatico che la ragazza reputa un teppista (e, probabilmente, lo è davvero). Ad un certo punto, la narrazione (in prima persona, dal punto di vista di Barbara) si interrompe: la ragazza ha avuto un incidente e si risveglia in ospedale, ma non riesce a ricordare cosa sia successo. Passa un po’ di tempo prima che le torni alla mente quella scena: un tizio che aveva un conto in sospeso con il ragazzo con cui stava litigando (Dario), ha puntato una pistola contro di lei, per poi sparare. Dario, per proteggerla, è rimasto gravemente ferito.
Fino a qui mi sembrava tutto abbastanza coerente; poi è accaduto l’imprevedibile: avviene un cambio di scene totale, e la ragazza viene catapultata in un altro luogo e in un altro tempo, senza che sia immediatamente spiegato il perché. In pratica, sono trascorsi cinque mesi dall’incidente, ma di cosa sia successo nel frattempo, la protagonista non sa nulla. Ad un certo punto, incontra Dario per caso e, dopo una serie di peripezie, si rende conto che quell’immagine non è reale: il giovane è morto cinque mesi prima a causa del proiettile.
Dunque, cosa è successo? Arrivata a questo punto credevo di poter asserire con assoluta certezza che Barbara fosse pazza, o che, al limite, il suo fosse semplicemente un sogno. L’ho pensato poiché, in base a quanto tu stessa hai riportato nelle note al secondo capitolo non si tratta di una fantasy/sovrannaturale & co. (se non lo avessi precisato, avrei pensato certamente che Dario fosse un fantasma, e che tu avessi dimenticato di inserire il sovrannaturale tra i generi).
Dopo poco, infatti, Barbara si sveglia accasciata su di un letto d’ospedale con una mano poggiata su quella di Dario dormiente. È febbraio; la ragazza si rende conto di aver sognato: viene a sapere che Dario è fuori pericolo, ma che le sue condizioni sono ancora piuttosto gravi, per cui è necessario tenerlo in coma farmacologico. A quel punto, quando finalmente credevo di aver compreso cosa stesse succedendo, la scena è cambiata nuovamente e in maniera precipitosa: Barbara si ritrova catapultata di nuovo cinque mesi avanti, afflitta da una strana amnesia e perseguitata dal fantasma del suo nemico. La cosa che più mi ha lasciata perplessa, è il fatto che, in questa specie di dimensione temporale (la chiamo così perché non saprei in quale altro modo definirla) sembra che la ragazza non ricordi di essersi precedentemente svegliata in un ospedale, con Dario ancora vivo, ritenendo tutto ciò solo un sogno.
Io non riesco a capire davvero cosa tu stia cercando di raccontare: perché alterni in maniera tanto traumatica due vicende che sembrano del tutto parallele? Per come stai impostando la narrazione, sembra quasi che tu stia scrivendo due storie completamente diverse sugli stessi personaggi; ma lo stai facendo in maniera confusa. Tra l’altro, pare che il perno di tutta la vicenda ruoti intorno alla “dimensione” in cui c’è il fantasma piuttosto che intorno a quella in cui entrambi i ragazzi si trovano in ospedale ancora convalescenti. Dunque, stai narrando una storia sovrannaturale oppure no? A giudicare da questi primi sei capitoli (e non sono affatto pochi), sembrerebbe proprio che la risposta sia affermativa. I dettagli che usi per descrivere queste vicende ambientate dopo la morte di Dario sono troppo particolareggiati per poter essere definiti solo dei sogni, senza tralasciare il fatto che, stando così le cose, non si capisce come mai tu dia loro tanta importanza. È la coscienza di Barbara a parlare? Oppure è davvero Dario a comunicare con lei? E, se così fosse, non sarebbe, questo, un caso di sovrannaturale?
Il problema, ovviamente, non riguarda solo la scelta del genere: in effetti, tutto sommato si tratta di una storia anche romantica e introspettiva, per cui non ti si può additare alcun errore. Purtroppo, è la storia in sé a non avere un filo conduttore coerente: la realtà è quella che vede Dario e Barbara in ospedale, ancora vivi, oppure è quella in cui la ragazza ha perso la memoria e si ritrova “perseguitata” dal fantasma del suo nemico? Dopo sei capitoli, ancora non sono stata in grado di capirlo con assoluta certezza. Il sospetto è che, probabilmente, entrambe le dimensioni temporali siano in qualche modo “vere”, tuttavia non è ben chiaro il modo in cui l’una dovrebbe incidere sull’altra e quale sia la natura delle visioni di Barbara (ammesso che si tratti di un sogno, mi pare che tutto ciò sia un po’ troppo realistico… non è che magari la ragazza è in coma? Mmh… continuo a sfornare ipotesi, ma nessuna riesce a convincermi fino in fondo).
A parte questa doverosa precisazione circa l’ambiguità e la poca chiarezza della trama, direi che comunque i personaggi sono molto ben delineati: li ha caratterizzati in maniera molto convincente, attribuendo ad entrambi i protagonisti delle personalità realistiche e coerenti con sé stesse. Il rapporto di amore/odio che si instaura tra Barbara e Dario sembra preludere al tipico sentimento di affetto che nasce tra due persone che da sempre si sono considerate eterne nemiche. Come presupposto è interessante, anche se non ho idea di come tu possa sviluppare questo rapporto vista la presunta morte di Dario.
Per quanto concerne gli altri personaggi direi che, a parte Roberta e la mamma di Barbara (le quali compaiono in entrambe le dimensioni), non sono nemmeno sicura della loro effettiva esistenza, o che quanto narrato da Barbara corrisponda al vero. Nella versione “Dario morto”, Barbara scopre che il ragazzo ha una sorellina di quattro anni. Da dove esce fuori questa bambina? La stessa protagonista si stupisce del fatto di non averlo mai saputo: insomma, hanno frequentato per quasi cinque anni lo stesso liceo; si sono dichiarati eterno odio; erano in classe insieme! Come è possibile che Barbara non sapesse nulla di Giada? Se non erro, dovrebbe essere nata più o meno quando i due erano al primo anno di scuola. Perché il ragazzo avrebbe dovuto mantenere il segreto? Potrei anche pensare che ciò sia dipeso dal fatto che il padre lo abbia cacciato di casa, ma come giustificare, allora, che fosse proprio Dario ad occuparsi della sorellina quando usciva dall’asilo? Possibile che proprio nessuno sapesse niente? Mi chiedo se questa sorellina, così come il fantasma, esista veramente oppure no.
Dovendo dare un giudizio globale alla trama, così come tu l’hai esposta, potrei dare un bel dieci per il coraggio: stai affrontando sicuramente un tema molto delicato, e suppongo tu debba tenere molto a questi personaggi e ciò che rappresenta il fantasma di Dario. Purtroppo però, quando si vanno a toccare tematiche complesse, diventa molto difficile riportare sulla pagina scritta ciò che la nostra mente (e il nostro cuore) vorrebbe esprimere. Ciò non toglie che uno scrittore debba sempre mettersi nei panni dei suoi ipotetici lettori: né io né tutti gli altri possiamo in alcun modo sapere cosa tu abbia davvero in testa, ed è normale che, se la trama non è esposta in maniera chiara e comprensibile, si possa cadere in clamorosi equivoci, o, addirittura, si possa non capire quale sia il vero significato della storia narrata. Questo sarebbe un enorme peccato, credimi, anche perché – non posso negarlo – hai una “buona penna”, e il tuo stile non è malvagio, sebbene nel testo ci siano diversi errori (ma sono tutt’altro che irreparabili! Ho visto molto di peggio).
Passo ora allo stile grafico della storia. Per quanto l’impaginazione sia sempre molto ordinata, ho notato che hai alternato caratteri diversi per la stesura dei vari capitoli. Non è un errore vero e proprio, ovviamente, tuttavia sarebbe molto più coerente utilizzare per tutti i capitoli pubblicati il medesimo stile grafico. Probabilmente, un lettore che si appresti a leggere la tua storia ad ogni aggiornamento, nemmeno noterebbe la differenza; tuttavia, chi come me ha letto il racconto tutto d’un fiato, si sarà immediatamente reso conto di queste alternanze. Un altro piccolo consiglio che mi permetto di darti è quello di “giustificare” il testo, ovvero allinearlo sia al margine sinistro che al destro, così da renderlo ancora più ordinato.
È giunto il momento di farti presente i vari errori trovati qua e là tra i vari capitoli. Per dovere di recensore, sono costretta ad entrare nel dettaglio; ma non spaventarti! La maggior parte di quello che sto per segnalarti fa parte dei normali errori stesura dovuti ad una certa inesperienza con le – ahimé – terribili e pignolissime norme grafiche.
“Sei la persona più meschina che abbia mai conosciuto!Mi chiedo come tu possa essere circondato da tante persone… Ah già, forse lo so”avevo sputato quelle parole con tutto il risentimento accumulato in anni di litigi.(capitolo primo) Questa frase è abbastanza utile, poiché presenta diverse tipologie di errore. Prima di tutto, ah è un’esclamazione, per cui deve essere obbligatoriamente seguita da una virgola. Secondo, hai chiuso le virgolette senza inserire un segno di interpunzione forte. Stai attenta! È un errore che ho trovato spessissimo in questa storia! (tra l’altro, non capisco perché, è molto comune tra i giovani autori… dovrei informarmi su cosa spinga tanta gente ad abolire in questo modo la punteggiatura! La cosa peggiore è che questa “moda” rischia di influenzare anche i ragazzi promettenti, come ritengo sia tu). Infine, dopo la chiusura delle virgolette, va sempre inserito uno spazio bianco. Ritengo, inoltre, che tu debba essere coerente durante la stesura del racconto: non solo tra i vari capitoli hai alternato, per il discorso diretto, l’uso delle virgolette alte (primi cinque capitoli) all’uso delle caporali (sesto capitolo), ma spesso non hai utilizzato un medesimo criterio per l’inserimento della punteggiatura. Ti faccio un esempio:
“Prima o poi avrai ciò che meriti e quando quel momento arriverà, sarò lì in prima fila a godermi la scena. E’ una promessa, ragazzino.”Qui hai inserito il punto fermo prima della chiusura delle virgolette, ma qui Anche lei mi guardò, la stessa espressione perplessa di poco prima, per poi rispondermi semplicemente “Il 20 Luglio, amore”. Il punto lo hai messo fuori. Per aiutarti, ti riporto di seguito alcuni estratti di un documento che puoi visionare per intero tra i file di EFP editing, riguardante l’inserimento dei dialoghi nelle varie case editrici (nel caso seguente, faccio riferimento alla Feltrinelli).
BATTUTA SEMPLICE
“A_____.”
“Okay, facciamolo.”
“A_____!”
“Uh! Che bello!”
“A____?”
“C’è qualcosa che vorresti scrivere?”
BATTUTA SEMPLICE RETTA ESTERNAMENTE
“A____,” _____.
“Ricominciamo,” disse Thian.
“A____?” _____.
“Ma come fai a sparare così male?” chiese Thian con ammirazione.
TESTO+DUE PUNTI E APERTE LE VIRGOLETTE
A_____: “A_____.”
Gli altoparlanti ingiungevano: “Tutti gli impiegati si rechino nei rifugi.”
A_____: “A_____?”
Più recentemente si trova:
A_____: “A_____”.
Più sottotono, come parlando a se stessa, aggiunse: “D’altronde in questo periodo va perdendo di
tutto”.
A_____: “A_____!”.
BATTUTA COMPOSTA
“A_____,” _____, “_____.”
“Dalla sua lettera non appare in modo molto chiaro, ma,” cominciai a scriverle in tono duro, “credo
che lei abbia un altro ricordo infantile molto brutto.”
“Non ti è mai venuto in mente,” disse Lynne rivolta al suo ragazzo, ma senza guardarlo, “che in questi
film tu cerchi cose che in realtà non ci sono?”
Nei casi di dialogo nel dialogo, le virgolette alte vengono sostituite dagli apici (‘ ’):
“‘Ora ci sono io, non ti preoccupare. Ti guarirò con tutte le mie forze, ti guarirò,’ gli ho detto con
fiduciosa fermezza.”
Mi era chiaro ben poco di quello che potesse essere successo ma ricordavo con certezza che lui fosse con me e che mentre litigavamo ai giardinetti pubblici per quella bomboletta, fossimo stati bruscamente interrotti da un gruppo di ragazzi molto più alti di me che avevano cominciato ad urlargli contro. (capitolo primo) Ho notato nel tuo stile una cosa piuttosto curiosa: tendi ad utilizzare il congiuntivo anche dove suonerebbe meglio l’indicativo. È piuttosto strana questa cosa, in realtà: sembra quasi che il tuo sia un caso di ipercorrettismo: rendendoti cioè conto del fatto che viene utilizzato poco nei contesti appropriati, tendi ad estenderlo anche dove non è effettivamente necessario. L’indicativo è il modo della certezza, il congiuntivo quello dell’incertezza. Poiché tu hai scritto ricordavo con certezza che, penso sia più corretto sostituire fosse con era e fossimo con eravamo.
Ti segnalo un altro caso simile, sempre preso dal primo capitolo: I dottori mi avevano invitata a parlare con lui tutte le volte che ne avessi la possibilità; dicevano lo aiutasse a mantenere i contatti con il mondo esterno e che continuando così presto si sarebbe svegliato. Inutile dire che non me lo fossi fatto ripetere due volte, cogliendo l’occasione per stare il più vicino possibile a quell’odioso ragazzino che si era cacciato in un pasticcio più grande di luirimettendoci quasi la vita… Io la correggerei nel seguente modo: I dottori mi avevano invitata a parlare con lui tutte le volte che ne avessi avuto la possibilità; dicevano che ciò lo avrebbe aiutato a mantenere i contatti con il mondo esterno e che continuando così presto si sarebbe svegliato. Inutile dire che non me lo ero fatto (feci) ripetere due volte, cogliendo l’occasione per stare il più vicino possibile a quell’odioso ragazzino che si era cacciato in un pasticcio più grande di luirimettendoci quasi la vita… Al posto di aiutasse, ho preferito il condizionale poiché i dottori si stanno riferendo ad un avvenimento che deve ancora accadere (ti ricordo che il condizionale nasce propriamente come “futuro del passato”). Quel fossi, poi, mi pare del tutto ingiustificato: non viene espresso alcun dubbio o incertezza nella frase in questione. Temo che tu ti sia lasciata influenzare dalla famosa regoletta secondo cui dopo che ci va il congiuntivo. È vero; ma a volte bisogna fidarsi del proprio orecchio! Il consiglio che ti do è di leggere la versione originale e la mia correzione ad alta voce, e poi giudicare da te. Tieni presente, però, che hai inserito diverse volte il congiuntivo in maniera del tutto inappropriata all’interno della tua storia (ti segnalo anche questo caso, tratto dal capitolo quarto, dove è sbagliato Lui non poteva sapere fossi lì, io c’ero.). Io non posso farteli presenti proprio tutti perché altrimenti questa recensione si allungherebbe a dismisura, tuttavia ti consiglio di rileggerti per bene tutti i capitoli!
Tre giorni? Ma…ma come è possibile? (primo capitolo). Anche questo tipo di errore è abbastanza comune: hai inserito i puntini di sospensione in numero corretto (tre), tuttavia non hai utilizzato uno spazio prima della parola successiva. Ricordati che è obbligatorio!
Ho notato che hai scritto dei periodi anche abbastanza lunghi ed elaborati, come questo: No, non ero innamorata di Samuele ma un tradimento non era mai semplice da affrontare e Dario questo lo sapeva bene perché nonostante i nostri continui battibecchi mi era stato vicino più di qualunque altra persona. Di per sé, è un bene che tu abbia usato anche delle frasi complesse, poiché denota una certa padronanza dell’italiano scritto. Grammaticalmente questo periodo è corretto ma, data la lunghezza, sarebbe forse il caso di inserire qualche virgola. Una la metterei tra Samuele e ma, poiché in quel punto avviene un cambiamento di soggetto (nella prima frase è io, nelle seconda è un tradimento); inoltre isolerei tra due virgole anche l’espressione nonostante i nostri continui battibecchi, in quanto si tratta di un inciso. In generale, ti consiglio di ridare un’occhiata alla storia e controllare se magari non siano presenti altri periodi simili, molto lunghi ma senza virgole. Magari potresti isolare tra due virgole anche gli incisi brevi comeperò o infatti, nel caso in cui siano inseriti in frasi molto lunghe e complesse che necessitano di almeno un paio di pause, come ad esempio qui:Il giorno dopo infatti lo avevo trovato nel giardino della scuola con un guinzaglio nelle mani e un bassotto all’altro capo del cordoncino. (capitolo terzo)
“Noi restiamo qui fuori… Chiama per qualsiasi cosa, tesoro.”
Non so se esserne triste o felice… Chi verrà qui ad assillarti con queste chiacchiere inutili cinque volte al giorno poi?Queste due frasi (primo capitolo) te le ho segnalate perché hai inserito la lettera maiuscola dopo i puntini di sospensione. Solitamente, infatti, si usa piuttosto la minuscola (anche se mi è capitato di imbattermi in rare eccezioni). Probabilmente, però, la tua scelta di utilizzare la maiuscola è stata dettata dal fatto che entrambe le seconde parti dei piccoli spezzoni che ho riportato sono di fatto indipendenti dalla prima parte. In casi del genere sarebbe opportuno, allora, utilizzare il punto fermo al posto dei puntini di sospensione (dei quali sarebbe sempre opportuno non abusare).
Si da il caso che io non abbia la minima intenzione di illuminarti su tale motivo (capitolo secondo)L’indicativo presente di terza persona singolare del verbo dare va sempre accentato, per poter essere distinto dalla preposizione semplice da (in realtà il contesto chiarisce benissimo se si tratti di un verbo oppure di una preposizione, ma le regole di accentazione prevedono questa distinzione, che io ho imparato soltanto dopo che il mio relatore me l’ha corretta per ben quattro volte nella bozza della tesi).
quando, ancora bambina, rispondevoda grande avrei voluto essere proprio come lei. (capitolo tre) Credo sia un errore di battitura, comunque hai dimenticato di inserire un che tra rispondevo e da.
-oggetti o persone, indifferentemente-Eccoti un’altra regolettagrafica noiosa e apparentemente inutile: gli incisi vanno inseriti fra due trattini alti di media lunghezza, intervallati da uno spazio bianco, ovvero – oggetti o persone, indifferentemente – Il trattino che hai usato tu va bene per le parole composte, come porta-ombrelli, oppure per spezzare la parola quando si va a capo. Informandomi qua e là sull’uso dei trattini (il mestiere di recensore costringe continuamente a spulciare tra grammatiche, vocabolari e testi simili) ho scoperto che il trattino alto di media lunghezza si può eventualmente sostituire col doppio trattino breve (--), tuttavia, questa è una soluzione che non mi è mai capitato di trovare davvero, e non so se sia accettata proprio in tutti i contesti.
Aldilàdella stoffa(capitolo terzo). In realtà, avresti dovuto scrivere al di là. L’espressione aldilà, infatti, si riferisce solo all’ipoetico regno dell’oltretomba.
Non avrei nemmeno saputo dire quali fossero quali argomenti potessero essere considerati seri.(capitolo quarto)Qui c’è un evidente errore di distrazione, niente di preoccupante. Te lo segnalo comunque perché suona piuttosto male e temo ti sia sfuggito durante la rilettura.
Era una di quelle persone di cui ti fidavi ciecamente perché sapevi che non ti avrebbero delusa. (capitolo quarto). In questo caso, non ti stai riferendo a persone, ma al soggetto sottinteso di era, dunque ad una terza persona singolare. La forma verbale che ho evidenziato in grassetto va perciò anch’essa al singolare.
“Barbara, lei ha fatto già tutto quanto fosse in suo potere per il signor Maltese. Adesso deve solo avere fiducia in me e pensare anche a se stessa”(capitolo quarto) Ti segnalo questa piccola imprecisione stilistica perché magari potrebbe stonare all’orecchio di un lettore abbastanza colto: il fatto che il medico si rivolga alla sua paziente chiamandola prima per nome e poi dandole del lei appare decisamente un controsenso. Puoi correggere l’espressione in due modi: o fai in modo che il medico dia a Barbara del tu; oppure sostituisci Barbara con Signorina Gaiti (tra l’altro, più avanti hai usato correttamente entrambe le forme, dunque ritengo sia semplicemente un errore dovuto alla disattenzione).
La mia vita assomigliava ad un’altalena, dove i giorni tristi e cupi erano eccedevano rispetto a quelli sereni dove il mio cuore poteva tornare a battere a ritmi regolari.Anche qui c’è un errore dovuto certamente alla disattenzione (credo che tu fossi partita con l’idea di scrivere erano in eccesso, per poi cambiare idea e usare eccedevano). Occhio a queste piccole sviste! È logico che non sono dovute ad ignoranza, ma denotano comunque una scarsa attenzione dell’autore nei confronti della stesura/rilettura del proprio racconto.
Una soddisfazione che luiera convinto, avrebbe prima o poi ottenuto.Era convinto (capitolo quinto) è un inciso: hai dimenticato di far precedere questa piccola espressione dalla virgola.
Ora passo ad un piccolo appunto stilistico (questione, tra l’altro, che mi ha dato diversi grattacapi).
“Ehi, tutto bene?” domandò guardinga, la voce carica di un’ansia pari alla mia ma di cui non conoscevo l’origine.
Dario sbuffava come una locomotiva, le mani nelle tasche dei jeans che per chissà quale legge della fisica riuscivano a reggersi da soli, impedendo a me come ad altre duecento persone di vedere parti del corpo poco adatte ad un luogo pubblico.
Puntualmente mi chiudevo in me stessa, il corpo percosso da grandi brividi.
Questi costrutti, tratti da diversi capitoli, hanno seriamente insinuato in me il dubbio che, nella prosa italiana, non fossero del tutto corretti. Ho trovato frasi simili in alcuni romanzi, ma si trattava sempre di traduzioni molto letterali dall’inglese. Per sciogliere ogni dubbio, ho chiesto un parere a Erica Baldaro, consulente ufficiale del gruppo EFP editing (persona squisita e davvero molto preparata che ringrazio di cuore anche in questa occasione). Ebbene, lei mi ha rimessa sulla buona strada, facendomi presente che in realtà questo costrutto si può utilizzare anche in italiano (sebbene sia effettivamente tipico della prosa letteraria inglese) purché non se ne faccia un uso improprio e non si abusi di esso. Il giudizio che ti do sull’uso che ne hai fatto tu è dettato unicamente dal gusto personale (questo non influisce minimamente sulla valutazione complessiva della tua storia). A parer mio, trovo che nei primi due esempi che ti ho segnalato avresti potuto evitarlo; il motivo è semplice: in entrambi i casi, dopo la virgola non c’è solo una semplice espressione, ma essa è seguita da una o più frasi di senso compiuto. Ti faccio presente come io (solo e semplicemente io! Hai tutto il diritto di non dare peso a questa opinione) avrei scritto la prima frase citata come esempio: “Ehi, tutto bene?” domandò guardinga, con la voce carica di un’ansia pari alla mia, ma di cui non conoscevo l’origine.
Tieni presente, inoltre, che in alcuni passi (soprattutto nelle parti iniziali di determinati capitoli) la tua prosa è stata molto “aulica”, di un livello che potrei definire di imitazione manzoniana, e, di conseguenza, tipicamente italiano (con tanto di giri di parole ed evidente “pomposità”, che io trovo adorabile). Es: L’ultima volta che ricordavo un contatto con la realtà risaliva alle fredde temperature di un inverno arrendevole, prossimo a lasciare il posto alla primavera ancora troppo timida per ricordare alla città della nebbia il sopraggiungere della bella stagione.
I costrutti che ti ho segnalato prima, invece, mi sembrerebbero più adatti ad una narrazione veloce, priva di troppi indugi sulle parti descrittive, e generalmente poco incline a quei giri di parole tipicamente nostrani. Ripeto: non sono scorretti! La mia è semplicemente una notazione puramente stilistica (ignorala pure, ne avresti tutte le ragioni).
Ti faccio, infine una segnalazione di disattenzione che sicuramente ti interesserà parecchio: hai inserito il numero 2 sia di fianco al titolo del secondo capitolo, che di fianco a quello del terzo! Non è grave, poiché comunque i capitoli si leggono in successione, ma credo che comunque sia giusto fartelo presente.
In generale, ho trovato diversi errori di battitura qua e là: niente di grave ovviamente, ma se vuoi ottenere uno stile più accurato, dovresti cercare di ridare un’occhiata alla tua storia. Non te li ho segnalati perché si tratta di semplici refusi, e non mi sembra opportuno dilungarmi anche su piccole imprecisioni quasi ininfluenti. Devo dire, però, che si nota la differenza tra il capitolo quinto (betato) e i precedenti (non betati): non credo che tu sia uno di quei casi senza speranza che necessitano del supporto di un beta-reader; penso piuttosto che con un pizzico di attenzione in più potresti raggiungere dei risultati stilistici decisamente migliori anche da sola.
Dunque, dunque… è giunto il momento di tirare le somme! Sono stata indecisa fino all’ultimo sul colore della bandierina; poi ho ridato un’occhiata alle varie cose che mi hanno convinta poco e a quelle invece che mi sono piaciute. Alla fine, ho optato per la bandierina bianca, e la ragione della mia scelta va ricercata soprattutto nell’oscurità della trama. Non voglio assolutamente offenderti, né tantomeno ritengo che tu sia un’incapace, piuttosto temo che tu ti sia lasciata trasportare troppo dalla tua storia senza riflettere sul fatto che i lettori potrebbero aver avuto difficoltà nell’interpretarla correttamente o anche solo nel seguirne il filo logico (che – ahimé – penso proprio che per quanto concerne alcuni spezzoni manchi quasi del tutto). Come ti ho già accennato all’inizio, non è semplice esporre una trama molto complessa, tuttavia è necessario che l’autore si sforzi, per quanto possibile, di “semplificare” la vita al lettore: non dico certo che una storia non debba tenere col fiato sospeso, ma non è neppure corretto che chi legge faccia fatica a capire cosa stia succedendo. Io credo sia giunto il momento di fare un po’ di chiarezza: ormai sei in procinto di pubblicare il settimo capitolo, e credo che tu abbia già indugiato troppo con il mistero (se non altro, spiegaci almeno quale delle due dimensioni temporali è reale oppure no, e, se lo sono entrambe, forse dovresti aggiungere sovrannaturale tra i generi della tua storia).
Sei una scrittrice promettente, e questo non ti si può negare. Non mollare! Sono sicura che alla fine riuscirai a fare del tuo racconto una bellissima storia d’amore.
9dolina0
Recensore di EFP editing
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