E vai di seconda recensione, al galoppo e con la sciabola verso il cielo! YEEEEHA! Ahem.
Le Sorelle sono a caccia, finalmente. Sono scappate, le hanno prese, e ora è finalmente il loro turno. Ma come sempre, Keana ci spiazza: perché quel "finalmente" non è poi tanto così bello.
"La verità è che sto per aggredire un ragazzino tredicenne, e che forse già sta immaginando di poter tornare a casa. Hebi è subdolo e pericoloso. Ma chi lo ha reso tale? Chi inculca ai ragazzi dei due distretti privilegiati che è un onore battersi agli Hunger Games? Chi li spinge ad allenarsi fin da piccoli per questo? Chi li rende giovanissimi killer assetati di sangue? Loro. Snow, e il suo odioso regime. L'unica guerra giusta e benedetta sarebbe quella contro di loro. Questa non è guerra, è un gioco al massacro tra disperati. E' per questo che non riesco a odiare i miei avversari come vorrei."
E niente, mannaggiattè Kea', riesci a farmi provare pena per quel miserabile figlio di puttana di Hebi. La nostra guerriera filosofa proprio non ce la fa ad essere cattiva come vorrebbe, e come ho già detto ma non mi stancheremo mai di ripeterlo, noi siamo pazzi di lei proprio per questo.
Hebi è solo una stupida, irritante vittima di qualcosa ben più grande di lui: e la sua fine non può che essere inelegante, sporca, miserevole, trafitto dalla sua stessa arma.
Si dice che i Giochi prendano ventiquattro innocenti e ne facciano ventiquattro vittime: Keana forse lo sapeva, ma solo adesso se ne rende conto. E tutti noi ci speriamo, che questa sia la fine, ma c'è ancora un capitolo e Panem non tollera chi bara al suo giochetto preferito...
Vada come vada, noi ci siamo stati, lì con le Sorelle. Fino alla fine. [cit.]
Al prossimo capitolo, dunque. Te lo devo di' brava? Eccerto che te lo devo dì. |