Ciao Aila,
incredibile ma vero sono finalmente riuscita a passare :)
Quando avevo letto il link su facebook mi sono subito elettrizzata e non vedevo l'ora di poter leggere questo tuo nuovo lavoro principalmente per due motivi: il primo è che la scrittrice sei tu e il secondo riguarda il protagonista, io amo alla follia Sasori e cerco sempre nuove prospettive o punti di vista che mi facciamo cogliere i mille volti di questo incredibile personaggio.
Non ho neanche letto la prima riga che mi ritrovo a riflettere con la quinta parola da te scritta. Bella.
La definizione di bello in ambito artistico viene spesso ammonita perché può essere tutto e niente nello stesso contesto, rappresenta un'idea come rappresenta il vuoto, ma personalmente credo che chi davvero più che comprendere vive l'arte possa permettersi di usare la parola bello. Viene sfruttata nel linguaggio di tutti i giorni come se non esistessero sinonimi per descrivere positivamente ciò che ci circonda. Io sono di questa corrente di pensiero, poi naturalmente ognuno la vede come vuole nei limiti delle sue capacità, però sono certa della pericolosità di questo termine. Un uso errato e tutto quell'universo emozionale diventa una calma piatta e insipida.
Per me è stato un inizio con il botto se così posso dire, una frase diretta e semplice in grado di evocare sia ricordi personali sia di introdurre il lettore nella storia senza chiedergli alcuno sforzo. Mi piace molto la naturalezza della narrazione, sei stata molto brava.
L'infanzia di Sasori credo colpisca non solo perché è un punto saliente del personaggio e l'aspetto che Kishimoto ha messo più in evidenza, credo possa essere il punto di arrivo di Sasori proprio perché da lì lui è maturato più che dal punto di vista fisico o caratteriale, è maturato e ha preso la sua strada dal punto di vista psicologico. Un bambino che si rompe e cerca di riparsi da solo come i burattini che ama tanto, al punto da desiderare di diventare uno di loro per potersi guarire all'infinito, nella vana speranza di potersi curare definitivamente un giorno.
Non trovi sia triste vedere quanto fiato sprecato dietro a una figura apparentemente malvagia?
Nonostante i trentacinque anni, alla fine lui non è rimasto il quindicenne ferito che ha compiuto atti atroci in preda a un folle dolore?
Sì, è un carnefice e i peccati compiuti devono pagarli tutti, in un modo o nell'altro. Tuttavia penso trafigga di più la coscienza che la psicostasia, si è capaci di azzardare un percorso dopo la vita, indipendentemente dal fatto che si possa credere o non credere, ma riuscire a decodificare ciò che le nostre colpe ci porteranno a fare è impossibile e per questo più opprimente.
Quando ha parlato della natura morta mi hai fatto pensare al grandissimo Caravaggio, lo considero uno dei pittori più talentuosi che siano mai esistiti e per me in particolare è uno di quelli che ammiro di più. I suoi contrasti sono frutti di una mano divina e ripensando a La morte della Vergine non posso che rivedere il nostro marionettista dietro a quei drappi rossi come il sangue, il chiaro e lo scuro della sua anima e un corpo che potrebbe essere quello che lui ha spontaneamente sacrificato o quello nuovo, morto e incompleto, oppure perfino l'emblema del suo operato da assassino. Sì, è un assassino e il non volerlo essere non cambierà le cose.
Il tormento degli artisti è affascnante e per molti incomprensibile a pieno, ci si ferma all'apparenza o alle etichette e non si scava nel torace della persona, del genio ma si chiama pazzo perché la sua unicità spaventa, i suoi errori spaventano quando i nostri possono essere mille volte peggiori a partire dalla superficialità con cui guardiamo quell'artista camminare per strada.
Sei stata favolosa, mi hai portata di nuovo tra le braccia del marionettista come non accadeva da molto tempo. Sono pochissime le persone che lo sanno valorizzare come merita, tu sei tra queste.
Complimenti! :D
Un bacione,
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