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Autore: A i l a    21/06/2015    3 recensioni
[Sasori-centric]
Emozioni, ecco, erano queste che man mano distruggeva quando, grazie a all'utilizzo della bautta, fingeva un broncio o un sorriso, a seconda delle situazioni.
Smettere di essere un marionettista significava perdere la poca spontaneità che gli restava, uccidendo ciò che era veramente.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akasuna no Sasori
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Rimase qualche minuto ad osservare la propria collezione, come al solito. Scrutava le marionette, una ad una, e più le guardava, più immaginava cosa avrebbero pensato i suoi genitori di quei lavori a cui era tanto legato.
Sasori era rimasto orfano quando era ancora bambino; nella sua memoria, non erano rimasti impressi molti momenti passati in loro compagnia, come una normale famiglia felice,
normale. Li conosceva solo grazie alle storie che sua nonna era solita raccontargli e a qualche ricordo frammentato.
Non amava parlare dei suoi genitori, non gli piaceva riesumare il passato, tanto meno far pesare le sue disgrazie su altri.

Lasciava che fosse la sua arte a parlare del suo passato.

Anche amando i suoi capolavori, il ragazzo dai capelli rossi non riusciva a non provare una nota di disgusto nell'osservare quei ricordi che aveva plasmato con le sue stesse mani.
Ogni manichino non solo portava con sé un bagaglio ricolmo di false speranze e vecchi rancori, ma anche l'immagine cristallina di una determinata situazione, accompagnata dal fantasma di quelli che erano i suoi sentimenti.

Rimembrava perfettamente quando, da bambino, osservava la nonna che lavorava nel suo studio, sognando di possedere le sue stesse abilità. Guardandola con occhi colmi di stima e sguardo indagatore, aveva imparato a maneggiare gli attrezzi e ad assemblare le componenti.

Una sera si recò nel suo laboratorio, inizialmente solo per curiosità. Frugando tra gli aggeggi e dando un'occhiata più da vicino ai fantocci costruiti della donna che lo teneva in custodia, si sentì invadere da un'ondata di emozioni. Nostalgia, angoscia, antiche gioie... tutto questo solo nel metter mano in quegli schizzi confusionari o rivolgendo lo sguardo verso ogni singola opera. Nessuna faceva eccezione.
Quel marasma di sensazioni, che gli aveva procurato un batticuore irrefrenabile, era la spintarella di cui Sasori aveva bisogno per trovare la propria strada.

Non ci pensò due volte: afferrò un foglio di carta e una matita, pescati a caso da quel mare di carte, e cominciò a disegnare il suo progetto, per poi renderlo materiale.
Lavorò tutta notte, riuscendo a dare una forma a quel pensiero che lo tormentava ormai da tempo: i burattini che aveva forgiato raffiguravano suo padre e sua madre.

Essendo le sue prime marionette, nonostante la tecnica fosse quasi eccellente, si notava che c'era lo zampino di un principiante. Da quei corpi curati nel dettaglio e dai tratti disegnati minuziosamente, si poteva scorgere l'alba di un grande talento.

Talento che in futuro sarebbe stato apprezzato solo da pochi.
L'arte delle marionette, in passato, aveva riscosso molto successo nella sua città natale, Suna, ma ora il numero di marionettisti stava diminuendo notevolmente e con loro anche i seguaci.

Ciononostante, Sasori è sempre stato supportato da sua nonna e spinto a proseguire il suo cammino per diventare un artista di successo.

Col tempo, però, si accorse che il suo sogno era quasi irrealizzabile.

Il ragazzo rimase immobile per qualche minuto, immerso nei propri pensieri. Essendo troppo legato al passato, non riusciva a proiettarsi nel futuro; si sentiva tremendamente insicuro riguardo all'avvenire e riguardo a ciò che ne sarebbe stato di lui. Questi timori, naturalmente, erano ben nascosti sotto la maschera che si ostinava a portare ventiquattro ore su ventiquattro. Ormai non se la toglieva neanche quando era da solo, per questo motivo, spesso, questa era sul punto di frantumarsi. Oh, quanto invidiava le marionette! Quegli affascinanti manichini potevano essere e restare una cosa sola, una soltanto, non un miscuglio di emozioni mal amalgamate e appiccicose come gli esseri umani.
Cercò di distrarsi da quei pensieri scuotendo un poco la testa.

Uscì dal proprio laboratorio, spegnendo la luce dietro di sé, e dirigendosi verso la camera da letto.
La quiete della sera era passata, ora c'erano le tenebre notturne ad aspettarlo. Non voleva affrontarle, o almeno non questa volta. Desiderava solo addormentarsi il prima possibile, mettendo la parola “fine” al termine di un altro giorno.

 



 

L'angolo dell'autrice

Buongiorno a tutti!
Finalmente sono riuscita ad aggiornare anche questa storia con... *ugh*, solo quattro mesi di ritardo! *vergogna alle stelle*
Mi scuso per avervi fatto aspettare così tanto, davvero! Sono stata molto irresponsabile ^^”
Eppure, chi mi conosce lo sa: Aila è sempre in ritardo.
Questa volta, però, mi hanno tenuta occupata delle cause di forza maggiore quali:

1.
scuola
2.
studio intensivo di matematica
3.
preparazione ad una certificazione di inglese
4.
ancora scuola

Adesso, con l'arrivo dell'estate, conto di aggiornare più frequentemente! :D
Ne approfitto per mandare un bacio alla cara Brave che mi supporta (sopporta?) sempre e che riesce addirittura a reggere una come me. :')
E naturalmente un grande ringraziamento è destinato anche a voi che leggete e recensite questa storia! Grazie di tutto cuore ♥
Spero di ricevere i vostri pareri riguardo la storia anche in questo capitolo ^^
Grazie ancora, un abbraccio, ♥

 

Aila




   
 
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