Buonasera!
Io sono dell’idea che la danza sia un’espressione artistica piuttosto sopraffina, eterogenea nella sua espressione e per questo non adatta a tutti per essere compresa e incoraggiata, come successo spesso con la buona arte in generale.
Leggendo questa one-shot ho potuto avvertire una dolcezza e una determinazione molto devote e piene di un affetto incommensurabile, che si plasma con il tempo con la conoscenza e ciò che la vita porta nella quotidianità della protagonista, un’acuta osservatrice della realtà circostante in costante e continua evoluzione.
La narrazione è leggiadra e complementare alle descrizioni argute e mai realmente scontate, in quanto denotano un’emotività percettibile e chiaramente matura rispetto al resto, portando l’idea a uno sviluppo particolareggiato e distinto, che ho apprezzato davvero tanto.
Proprio quest’ultimo mi ha dato l’impressione di essere quasi una lettura parafrasata di un gran quadro in movimento stile novecento, partendo da elementi più fondali (come il teatro, le sue atmosfere e la scenografia) per poi avvicinarsi gradualmente sempre più al centro di esso e andare più a fondo, nelle vene delle persone interpellate, facendo supposizioni mai scontate o prive di significato.
Irene risulta essere un’idealista sentimentale dal principio indeciso e a tratti ambiguo fino alla conclusione più completa; le piacciono le persone che guardano doppiamente ciò che hanno intorno, quelli che hanno un’emozione da esprimere tramite il ballo, la sua vita, la sua danza vitale.
Insegnare è la somma perfetta per poter esprimere questo aspetto in maniera tridimensionale, senza riserve e remore, vivendo un circolo conclusivo che le porta tante soddisfazioni; piccole, immense soddisfazioni quotidiane che la rendono ciò che è ora.
Vedere le sue allieve come delle seconde figlie, notare i loro miglioramenti unendo insegnamento e divertimento e, infine, riconoscere come il tempo passato sia stato fonte importante comprendendo alti e bassi, vittorie e sconfitte, abbondanza e carestia.
Non è senz’altro un elemento da sottovalutare, se si aspira totalmente a completare il proprio percorso di vita in un obiettivo che si ha da tanto tempo e avendo certi aspetti simili a lei, approvo bene questo aspetto.
Un plauso sentito per la pulizia grammaticale, ortografica e d’impaginazione che ho trovato impeccabile con le varie riletture, ovviamente aggiungendo anche la chiarezza del linguaggio dei periodi, che mi hanno dato l’impressione di essere agevoli e dediti anch’essi all’introspezione più limpida possibile.
Metterò questa shot tra le ricordate perché merita e anche perché tratta un soggetto molto sottovalutato e sicuramente non convenzionale nei tributi scritti, sebbene la danza sia ampiamente diffusa anche qui e ci sia una grandissima cultura dietro essa.
I miei più sinceri complimenti per lo sviluppo ancor più artistico dell’idea, della coesione tra generi ed elementi e del tributo, riuscito e sentito nella cura e nelle parole che hai fatto pensare, vivere tra la mente e il cuore di Irene e degli spettatori o degli stessi suoi conoscenti.
Un grandissimo abbraccio,
Watashiwa
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