Hiromi,
voglio essere estremamente sincera con te: questa storia sembra un dipinto astratto, quasi ipnotico.
Voglio andare per gradi per spiegarti cosa mi ha più colpito di questo primo - leggero e intenso allo stesso modo e tempo - capitolo.
L'introduzione.
So perfettamente che ti sei ispirata ad un altro scritto, ma ho adorato lo stile della narrazione della prima riga. Dicono che la bravura di uno scrittore si ritrovi nel saper incuriosire il lettore e tu, con quella "Era l'estate dei miei diciotto anni", mi hai catturata.
Inoltre, mantenendo questa narrazione quasi poetica in prima persona, sembra quasi di riassaporare i ricordi di René stesso. Io, almeno, ho visto con i suoi occhi.
Mi sono sentita trasportare nel clima francese leggero e ammaliante, quasi roseo se vogliamo affidarci ai cliché.
Hai descritto la gente mattutina come un qualcosa di magistrale, perfetto e intoccabile. René pare fotografare tutto ciò che gli circonda, per poi ridipingerlo con i pensieri.
I personaggi.
La cosa che, forse, ho amato di più.
Parli di René come un diciottenne non avvezzo allo studio. Potevi cadere nel solito cliché noioso e incolore del ragazzino ribelle, col solito rock arrabbiato nelle orecchie che salta la scuola per vedersi con i suoi amichetti sbandati.
E invece no. René è proprio controcorrente.
Ama l'arte, la fotografia e al mondo, a mio parere, non esiste persona più sensibile o creativa di una che coltiva tali passioni.
Un pezzo, del tuo scritto, mi ha particolarmente colpita e ci terrei davvero a citartelo:
"Non vi è mai successo di scorgere il vostro riflesso per caso, proprio quando non ve lo aspettate? Non è qualcosa di incredibilmente straniante? C'era questo ragazzo davanti a me, e chiaramente ero io, ma ricordo di essere rimasto lì a fissarlo per qualche secondo, chiedendomi: «Come?»"
Eh sì, è capitato.
Non c'è molto da spiegare solo, hai aperto una riflessione alquanto profonda in modo del tutto naturale.
Passiamo alla vera protagonista indiscussa: l'immagine di Dahlia.
In primis, meriti i miei complimenti anche solo per il nome: sono fissatissima su queste cose e, devo ammettere, Dahlia è davvero musicale e azzeccatissimo con la figura che hai creato.
Dahlia, anche lei come René, è un personaggio controcorrente: è pazza nella sua diversità, estroversa e quasi ammirevole.
Sarà il modo in cui l'hai descritta - perfettamente sublime -, ma a me sembrava di leggere di un quadro più che di una ragazza e mi hai riportato indietro ai libri di un tempo; sembrava di essere immersi tutto d'un tratto nel lontano e nobile Ottocento o, addirittura, negli occhi di un poeta.
Davvero, non sto esagerando, ma ti ho adorata con questo tuo primo capitolo.
Mi è piaciuto praticamente ogni singola cosa, ogni singola riga.
Non sono solita leggere in questa sezione, lo ammetto, ma tu sei stata bravissima. Mi pento quasi di non aver letto molto altro di tuo (ti conosco per il fandom Merlin dove non condividiamo proprio le stesse preferenze in ambito di OTP, quindi non ho avuto modo di conoscerti come autrice).
Tornando a noi - scusa per la recensione chilometrica -, non ho nulla da obiettare.
Solo, volevo farti notare due errori di distrazione:
"[...] Le lettere sbattevano come piccole onde sui mie denti... Spinte dalla lingua, rotolavano dolcemente sulle mia labbra. [...]"
Dove, "mie denti" è chiaramente "miei denti".
Poi, ancora:
"Il mio riflesso si confuse con la forma sbiadita di una donna tarchiata con i capelli legati in una crocchia, e quando aprì la porta spingendo dalla parte opposta alla mia, mi risveglia dal mio torpore e sgattaiolai dentro al museo."
Dove "risveglia" è sprovvisto della "i" finale.
Insomma, tutto questo per dirti che la tua storia, a mio avviso, avrà molto da offrire e, visto che mi sei piaciuto moltissimo, mi sento già pronta ad inserirla nelle preferite, aspettando un tuo aggiornamento.
Ottimo lavoro!
Alla prossima! |