Dunque, ricominciamo. Altro giro, altra corsa.
Questo probabilmente è in assoluto il mio capitolo preferito di tutta la storia (perché sì, tu sai quanto io ami l’angst). Però stavolta ho pianto davvero i fiumi, Ange. D’accordo che sono sempre la prima a professare il verbo del mainagioia e via discorrendo, però, anche tu, figlia mia…
Va beh, andiamo per ordine, vah. Anzitutto, cominciamo dal principio: riprendiamo con la narrazione da Ilarion, Talini e Percy, che stanno ancora attraversando la Neva. Ora, mi sento un po’ ignorante, perché francamente al significato di quell’ETA non ci ero arrivata nemmeno io, però Ilarion che lo mette in chiaro con quel tono da hostess (o forse dovrei dire steward?) mi ha fatta accasciare al suolo dalle risate. O meglio, non so se la colpa sia da attribuire maggiormente a lui o a Talini che gli chiede se si tratti di una malattia sessualmente trasmissibile ma, oh, va beh, hai capito cosa intendessi. O almeno lo spero, eh, soprattutto visto che ultimamente convivo con l’onnipresente terrore di non risultare comprensibile. Giuro, gente, noi qua ridiamo e scherziamo ma è davvero una sensazione dilaniante…
Tornando a noi, la scena in cui i tre superano il posto di blocco della polizia russa sembra quasi avvenire al ralenti, il che è stupefacente, sul serio. Da una parte vorrei sapere come fai, dall’altra immagino che si tratti di una dote innata, e in un certo senso ne sono quasi ben più lieta così, perché almeno vi rimane attorno questo alone di mistero che mi ha reso la lettura ancor più affascinante e dovevo dire anche un’altra cosa ma me ne sono prontamente dimenticata, yay
Comunque, Ilarion pattinatore non me lo aspettavo, sul serio. Se ci pensi, sia la sua morte che quella di Lene hanno a che fare con un lago ghiacciato… niente, era scritto nelle stelle che questi due alla fine sarebbero dovuti finire insieme.
Siccome sono pigra non mi va di commentare tutta la scena di lotta tra Beta, Deianira e Gavril. Queste cose non mi entusiasmano particolarmente, è vero, immagino tuttavia che sia a causa del fatto che, anche se ci provassi, non sarei mai in grado di scrivere una cosa del genere, neppure con tutto l’impegno del mondo. C’è anche da dire che, ahimè, spesso e volentieri scene di questo genere mi trasmettono un senso di pesantezza inequiparabile, le trovo pedanti anche solo a vederle nei film d’azione in tv, figurarsi se mi trovo a doverle leggere; mi confondo, non riesco più a trovare il punto focale dell’attenzione e a tratti non capisco più che stia succedendo o chi siano i soggetti delle determinate azioni. Forse è solo colpa mia che son scema, non saprei. Ad ogni modo, sarai ben lieta di sapere che in questo caso non è successo, o almeno nemmeno più di tanto. Ovviamente, per l’ennesima volta tale prodigio avviene grazie alle tue straordinarie doti narrative. Li hai demoliti proprio ben bene, eh? Comunque sia, l’arrivo provvidenziale (è proprio il caso di dirlo) della jeep di Ilarion, Talini e Percival salva la vita a Gavril e Deianira, al che i cinque partono tutti insieme appassionatamente alla volta di Sant’Isacco.
E ora inizia il casino.
Perché, se fino a qui è filato tutto piuttosto liscio (ci siamo anche liberati di Beta, pensa un po’ te che fortuna sfacciata) adesso arrivano i dolori. Dunque, tutte le marionette si riuniscono davanti alla cattedrale, Andrea idea uno dei suoi soliti piani geniali che, in linea di massima, può anche funzionare e tu dici “Okay, a sto giro ce la facciamo, si salvano tutti senza troppi danni” e invece no, ovviamente. Uffa, probabilmente, da sotto questo punto di vista, sono ancora una bambina, che crede che il lieto fine perfetto sia assolutamente realizzabile. Lo so, io sono quella fissata con l’angst, è vero, però, anche se può non sembrare, alla fine tendo sempre a donare un happy ending a quel che scrivo – lo darò anche ad In time, prima o poi, promesso. E invece tu no. Sei diventata più drastica di me (il che non è grave, è patologico), sappilo.
Torniamo a noi. Dopo questa abbondante parentesi di preambolo, sono prontissima per commentare la battaglia finale, con tanto di “addio ai computer da dare in beneficenza in caso di morte” di Andrea. Dio, l’adoro sempre di più, sul serio.
Gamma arriva nella cattedrale portando i corpi morti di Gala e Jules (e qui si può sentire bene in sottofondo il cuore di migliaia di shippers che s’infrangono). Approfitto subito di questo momento – non so se poi dopo ne avrò il tempo necessario – per poter porgere le mie più sentite e sincere scuse a Gamma. Certo che è proprio strana, questa storia: per via dei tuoi geniali colpi di scena, resi in modo a dir poco magistrale, sono stata costretta a ricredermi ben due volte, prima con Talini e adesso con Gamma. Non so più in che realtà vivo: è tutto vero oppure è un ennesimo inganno di Ange?~
Comunque, si scopre che Gamma fa parte dei buoni e il primo tentativo di evocazione viene interrotto. Per fortuna Gala e Jules sono vivi, gioite, figliuoli e figliuole! Il salmo del malefico Alpha resta sospeso a metà, mentre i non-morti Novembre e Dicembre ce la mettono tutta per mettergli i bastoni tra le ruote. E partono le scazzottate, yeah~ pensandoci bene, forse c’era da aspettarselo che quei due non fossero morti sul serio: insomma, essendo già morti è improbabile che muoiano un’altra volta, no? Mi pare tra l’altro che, in uno dei primi capitoli, venisse detto chiaramente che, una volta che si viene trasformati in Marionette, si diventa immortali, no? Però potrei anche sbagliarmi, eh. Tornando a noi, Jules che afferra Alpha per le caviglie è il top, LOL. Non lo so, mi ha fatta sorridere come scena, della serie “Ehi, guarda, non sono morto!” ed è perfetta, davvero. Come anche Gamma che spiega la situazione in tutta calma con quell’ “Un ammutinamento, certamente”: se tempo fa ti avevo detto che la flemma di Gamma mi dava ai nervi, adesso sono costretta a ricredermi e ad affermare che invece mi piace un sacco, perfetta, senza dubbio, inoltre la trovo verosimilmente ed incredibilmente adatta al suo personaggio. Pertanto, come al solito, splendido lavoro con l’IC anche qui, mia adorata!~ *lancia flying kiss à la Talini*
Qui parte una serie di botte da orbi, alla fine delle quali sembra essere Alpha ad avere la meglio. Tuttavia, ennesimo colpo di scena! Finalmente Percival si unisce alla “festa” (sto scherzando, obv) e tenta il tutto per tutto nel fermare il cattivone. Tuttavia, siccome Alpha è notoriamente un perfido malvagio, invoca lo stesso Paimon – e oh mio Dio, oh mio Dio, ci stiamo avvicinando sempre di più al punto per cui ho versato e verso tuttora fiumi e fiumi di lacrime.
Insomma, a me questo bestione non piace per niente. Vorrei tipo correre a nascondermi sotto la poltrona ma non posso, sia perché sono troppo grossa e non ci entro, sia perché temo che mia madre disapproverebbe e sia perché forse vorrei conservare quel briciolo di dignità che ancora mi resta. Anche se, dopo quest’uscita, temo di essermelo giocato definitivamente. Sigh.
Il lato positivo è che almeno Alpha è morto. Yeah, meno uno. Il problema è che adesso coso cattivo si vuole inglobare tutto l’universo. Oh, bene, perfetto.
Ovviamente, l’unico modo per rispedirlo da dov’è venuto è che qualcuno si sacrifichi per la causa, così come in tutti i film drammatici che si rispettino. E chi si poteva sacrificare, se non il mio adorato Percy? Cioè, non è possibile. Va beh che io e l’allenatore Travis abbiamo già un appuntamento segnato e ci rivedremo quest’estate con l’inizio di Ares, però questa si chiama cattiveria! Sappilo, Ange. Umphf. Perché dopo tutta la fatica che ha dovuto patire, tutte le volte che ha rischiato di morire e poi prontamente si è salvato, non poteva e soprattutto non doveva morire così. Capisco tutta la storia del peccato da espiare, capisco il ritorno da Camelia e tutto quello che vuoi, fatto sta che sono passate due settimane e non sono ancora riuscita a somatizzare la cosa.
Due. Dannatissime. Settimane.
Ha ragione Rie (come al solito, già): sei più perfida di Martin.
Il punto è che non è tanto il fatto in sé (vale a dire che Percy si debba sacrificare) che mi fa star male, quanto piuttosto tutta l’ambientazione che ci hai creato attorno: le Marionette che lo implorano di ripensarci, il fatto che non ci sia un’altra soluzione – e quei mormorii, quei “c’è sempre un’altra soluzione” che si perdono nel vento, inascoltati – e Ilarion che, per quanto in quel momento possa stare male, decide di essere quello più forte, perché è il più grande di tutti e deve dare loro il buon esempio, accettando per primo la decisione del loro padre. Lui che era sempre quello più cauto, che s’informava sulle situazioni prima di dare il proprio consenso, adesso, per un bizzarro quanto crudele gioco del destino, è il primo a dire di sì, in questo incredibile rovescio della medaglia. E quest’abbraccio di tutte le Marionette a Percival è davvero straziante: vedere quello che si considera come il proprio genitore morire davanti agli occhi è terribile, non lo si augurerebbe mai, nemmeno al peggiore dei propri nemici.
In questi momenti il mio stato d’animo era lo stesso di Lene, piangevo veramente a dirotto. E sia chiaro una volta per tutte: non ti odio per questa scelta, capisco che se queste sono le tue esigenze di trama ci sia poco da fare, permetti tuttavia che noi lettori e lettrici ci siamo rimasti con i cuori infranti. Perché hai un talento davvero meraviglioso, cioè quello di farci affezionare a qualsiasi personaggio, anche a quelli che meno ti aspetteresti, tanto che per un momento – quando Percival afferra Gamma per il colletto, impedendogli di volare via, attirato dall’immenso potere di quel demone orrendo – mi hai anche fatto partire un po’ la ship tra loro due. Magari un giorno scriverò qualcosa sulla Percivalxadult!Gamma, chi lo sa…
Arriviamo al finale, sarà meglio, che già qui è tutto estremamente drammatico di proprio, se poi mi metto pure a cincischiare senza dire un accidenti allora non ne usciamo più. Che dovevo dire? Ah, sì, forse che ho amato la cura e la dovizia che ci hai messo nel descrivere anche quest’ultima scena: le Marionette che lentamente si avviano verso questo demone che è una sorta di buco nero e che non conserva più niente della ragazza dolce ed amorevole che una volta era Camelia, le loro lacrime che vengono aspirate in quel nulla eterno, dolore ed agonia crescenti, la fatica di mettere un piede dietro l’altro, il rischio di venire inevitabilmente attratti da quell’abisso e Percy che è lì, al centro ed affronta il suo destino con il sorriso sulle labbra, perché almeno così potrà ricongiungersi a quella figlia tanto benvoluta e persa così prematuramente, per qualcosa che si sarebbe potuto e dovuto evitare. Gamma fissa lo spettacolo da lontano, serra i pugni perché per quanto meraviglioso da guardare possa essere quella scena è anche immensamente, terribilmente dolorosa. Perché se ne va un grande uomo e un grande amico, una persona davvero splendida, che ha rimediato a tutti gli sbagli commessi con un gesto lodabile, riportando alla vita dodici ragazzi che – chi più, chi meno – ingiustamente l’avevano perduta.
Ilarion e Jules chiudono il cerchio e possiamo assistere ad una delle scene più belle e meglio rese che abbia mai letto in vita mia. Sullo sfondo solenne della cattedrale di Sant’Isacco, le note della cantilena del salmo si alzano verso il cielo e la magia ha inizio, mentre i colori dei fili delle dodici Marionette danzano nell’aria. Ti faccio i miei più vivi complimenti, sul serio, perché sembrava di essere là e poter vedere la scena davanti ai propri occhi e non come al solito, no, c’era qualcosa di diverso e di più intenso in tutto ciò ed è stato davvero… incredibile, sul serio. Ad un certo punto il coinvolgimento emotivo è stato talmente forte che credevo che fosse tutto reale.
Il finale è irrealmente lirico e struggente che quasi mi ha fatto piangere più di ogni altra cosa. Perché sì, rappresenta la fine di un’avventura ed è un po’ come se avessi reciso una sorta di cordone ombelicale, mi sono talmente affezionata a questa storia che ormai è diventata un figlio un po’ anche per me. Quel “Fuori, comincia a nevicare” è meraviglioso (tanto che me lo sono anche messa come stato di WhatsApp. Ops): preso fuori contesto non è che una semplice frasetta di senso compiuto, invece qui rappresenta un mondo intero, un’avventura che finisce, avvolta nella morbidezza dei soffici e candidi fiocchi di neve.
E no, niente, penso che mi converrà fermarmi qui con questa recensione, altrimenti scoppierò di nuovo a piangere. Passo all’altra, consapevole del fatto che già che sia “l’ultima recensione a Marionnette” che lascio in vita mia mi fa venire istantaneamente di versare fiumi e fiumi e fiumi di lacrime. E fiumi e fiumi e fiumi— insomma, hai capito.
Aria |