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Autore: merlot    13/09/2016    4 recensioni
{ Storia ad OC } { AU, come al solito }
"...«Aiuto» rantola Victor, tre pallottole nella colonna vertebrale mentre le sue dita insanguinate cercano il pavimento, trascinandosi dolorosamente verso l'uscita. Proteggilo con la tua vita, se necessario. Ma Victor non vuole morire. Vuole solo tornare a casa da suo fratello e fingere che non sia successo niente, che le sue gambe funzionino ancora, dimenticare il dolore e farsi una dormita, bere del kvas con gli amici.
«Certo» sorride la ragazza tedesca, labbra che si muovono ma suono che non gli arriva alle orecchie, come in un film muto, come in un film di guerra mentre gli appoggia il muso della pistola alla guancia «Ti aiuto io»
Uno sparo.
Poi il silenzio..."

[...]
Le Marionette sono decisamente la famiglia più stramba che ci sia, e il fatto che siano già morti almeno una volta è solo una delle tante cose bizzarre che accomuna queste dodici persone dai passati diversissimi.
Tra anelli maledetti, serpenti giganti e padri scomparsi, sono sempre in mezzo ai guai.
{chapters: 14/15}
Genere: Avventura, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gamma, Kudou Michiya, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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marionnette }

hiraeth

 

 

« they said he was a liar,

someone you cannot trust

but his heart burned like fire

ashes to ashes, dust to dust

and his legacy so sublime

will burn till the end of time »

 

 

 

 

» San Pietroburgo, Russia

13:26

Correre su un fiume ghiacciato può sembrare una cosa relativamente facile per molti, ma per Ilarion, certo non lo è.

Gli ricorda troppo il periodo in cui era campione di pattinaggio, il vento tra i capelli biondi scuro e la frizione delle lame che scivolano sul ghiaccio, lisce come l'olio, lo scroscio di applausi nel pubblico mentre intonava quella danza di cui conosceva ogi più oscuro segreto.

Sono le nostre passioni che ci distruggono, e per lui la frase è letteralmente veritiera, visto che è morto per il freddo e per l'acqua, anni prima, mentre si allenava sul lago ghiacciato.

Ha pensato che tornare un po' in patria possa fargli bene, ma adesso, a centoventi allora sulla Neva, non sa come diavolo gli sia venuta in mente una cazzata del genere.

Percival alza gli occhi dalla cartina, il perfetto paparino turista dalla barba incolta e il sorriso acido.

«Dobbiamo essere vicini» chiosa Talini, osservando il paesaggio che le scorre a fianco, il verde dei pascoli che cede il posto all'area industriale e sviluppata, cemento grigio che divora l'erba, instaurando il suo regime di smog e rumore e sudore umano.

«Abbastanza» Percival scruta la larga patina di ghiaccio sotto di loro, occhi scuri cogitabondi «Secondo Gavril, il primo posto di blocco è al Volodarskiy Most. Meglio se torniamo in carreggiata prima di allora. Il jamming è stato distrutto, perciò credo riuscirò a sollevare una barriera protettiva quando ingaggiamo. Qual'è l'ETA, Talini?»

«Che cos'è, una malattia sessualmente trasmissibile?»

«Estimated time of arrival. Prego» replica Ilarion asciutto, mentre si avvicina all'argine del fiume ghiacciato, ben attento a non sbandare con le larghe e pesanti ruote.

«Oh» Talini controlla il display del telefono con le ciglia aggrottate «Tre minuti»

La loro macchina taglia di lato, salendo sulla riva ghiaiosa del fiume, tagliando per i prati resi chimicamente presentabili, facendo lo slalom tra i cartelloni che pubblicizzano dentifrici miracolosi e le lampadine del futuro. Il cielo è pennellato di cumuli grigi e minacciosi, e sembra che stia per mettersi a piovere, cosa sconveniente visto che la jeep non ha il tettuccio; Talini fa esercizi mentali di yoga mentre si immettono in una stretta stradina che si unisce poco più avanti alla Narodnaya, l'arteria che porta in centro città. Talini quasi si dispiace. Aveva iniziato ad abituarsi alle irregolarità del ghiaccio e lì sarebbero stati più sicuri, ma non possono essere così incauti. Se i nemici li avessero visti tentare di immettersi attraverso il fiume, avrebbero sparato a vista.

«Un minuto» informa Talini, mettendosi in piedi sul sedile posteriore, mano appoggiata alla sbarra sopra di lei per rimanere in equilibrio, l'altro palmo che stringe la pistola.

Già in lontananza si riesce ad intravedere il Volodarskiy Most, il cielo coperto da cavi della corrente e l'enorme strada sbarrata da una barricata di veicoli scuri che compone la barriera.

Appena gli uomini stazionati al posto di blocco notano la sgangherata jeep militare che sobbalza e ruggisce nella loro direzione, si fanno avanti con i kalashnikov in mano e le palette di cartarifrangente.

«Ehi, voi!» chiama uno, dal megafono «Non si può entrare in città. Fate dietrofront immediatamente, oppure apriremo il fuoco»

Ilarion solleva il piede dall'accelerazione per quel poco che fa rilassare un pochino gli uomini abbigliati in nero, ma un istante dopo lo riabbassa violentemente; la jeep fa uno scatto in avanti, un ringhio bestiale proveniente dal motore, mentre divora metri e metri di asfalto in pochi secondi, sempre più veloce.

«Alt!» urla uno, cincischiando con il fucile che probabilmente non sa neppure come usare. Esplode un colpo, infiammando il silenzio, ma a pochi centimetri dal vetro il proiettile viene deviato dallo scudo di magia innalzato da Percival.

Talini risponde all'offesa, scaricando due caricatori sugli uomini e sulle ruote delle macchine; i russi si tuffano di lato con urla spaventate e sconvolte, non appena lo scudo magico entra in contatto con i loro veicoli.

La barriera vacilla, incerta, ma sembra reggere l'urto, e il metallo della barricata viene piegato, scintille di frizione mentre Ilarion sterza violentemente per non sbandare e l'aria si riempie di elettricità statica.

Con un ultimo colpo di reni da parte della jeep, superano la barricata relativamente indenni, Ilarion con l'acceleratore premuto a tavoletta per evitare che le guardie non abbiano la bella idea di inseguirli. Ha i capelli scompigliati e il respiro pesante, ma sono decisamente vivi e vegeti.

«Bene, bene» esclama Percival in tono perfettamente pacato mentre sfrecciano a cento all'ora a Nevskiy Prospekt «A Sant'Isacco, presto!»

 

Ore 13:44

Lene arriva all'Ermitage con un po' di ritardo sulla tabella di marcia, ma è piuttosto comprensibile viste le condizioni avverse in cui si trova.

Sola, in una città sconosciuta ed infestata da nemici che vanno in giro armati di Colt o semiautomatiche, le è stato difficile raggiungere il centro dopo la bravata delle bombe. Deve ammettere che è stata un'idea geniale, quella di posizionare gli ordigni in modo da creare scompiglio. Si sarebbe anche divertita se, oh, non avesse rischiato la vita per tutto il tempo in cui è stata lì.

Una volta le truppe le sono arrivate così vicine che a stento è riuscita a trattenersi dall'urlare, ma l'importante è che ora è lì, davanti alla facciata intimidatoria ed opulente del museo e non è più sola. Almeno Percival ha avuto la buona grazia di curare le sue ferite alla schiena e adesso si sente come nuova.

Pensa che potrebbe visitare l'Ermitage, un giorno o l'altro, magari per vedere se c'è qualche incunabolo di interesse tra le sue collezioni.

«Lene!» cinguetta Colonia non appena la vede arrivare, seduta sul bancone dei biglietti vuoto all'entrata del museo.

Marina le fa un cenno di capo, tutta intenta ad ammucchiare armi e strumenti utili per la battaglia. Blake invece se ne sta in disparte, osservando una cartina con le sopracciglia aggrottate e un nervoso battito dei piedi.

«Ragazze, ottimo lavoro!» esclama Ottobre, sedendosi a sua volta sul piano per riprendere fiato dopo la corsa.

«Dovremmo dirlo a te. Sei stata fantastica con le bombe» mormora Blake, offrendole un sorriso bonario.

«Grazie, ma è stata tutta un'idea di Percival. Notizie di Gala?» domanda, ma sotto sotto arrossisce di piacere a quel complimento.

«Niente ancora, ma se andiamo a Sant'Isacco, scopriremo di certo qualcosa in più. L'ora X è tra quindici minuti, quindi preparatevi per lo spettacolo, ragazze» Andrea dimostra un'espressione risoluta dietro gli occhiali neri mentre distribuisce le armi a tutte le presenti «Si va in scena»

 

Ore 13:56

Quando il gomito di Beta entra in collisione con la sua mascella, Deianira vede le stelle. Rotola a terra, facendosi schioccare la mandibola e sputando sangue misto a saliva dal labbro spaccato e grondante di rosso, i suoi sennsi non più in grado di discernere l’alto dal basso.

«Nira!» esclama Gavril, sparando una cascata di colpi contro Beta, che però vengono intercettati e deviati dalla sua barriera magica impenetrabile. In realtà è un po’ imbarazzante da dire, ma sembra che Beta non stia prendendo veramente sul serio la situazione.

Sia Gavril che Deianira sono ridotti piuttosto male: lui con un taglio che sanguina copiosamente dalla fronte e una caviglia slogata per un brutto atterraggio, e lei con il volto insanguinato e il respiro pesante per la lotta.

Beta, dal canto suo, sembra che si stia solo riscaldando, i capelli ancora perfettamente in ordine e il volto ancora perfettamente freddo.

«Ti arrendi, Marionetta?» sibila lei, afferrando la ragazza per il collo e scagliandola come una bambola di pezza contro l'inferriata della balaustra. La testa di Deianira colpisce il metallo con un sonoro e poco rassicurante 'crak' e si ribalta all'indietro mentre Beta le sferra un calcio sull'orecchio, colpendo la morbida cartilagine, un fischio acuto che rimbomba nel suo timpano.

Gavril le balza sulla schiena, tentando di colpirla con il calcio della pistola, ma viene scagliato lontano da un gesto impaziente di Beta, che lo fa andare a ruzzolare a dieci metri di distanza. Il suo corpo entra in contatto con il terreno con un suono viscido e molle, niente più di un pupazzo di carne e magia.

Deianira apre gli occhi a fatica, mettendo a fuoco l'immagine di una Beta che ride maniacalmente di lei. Sembra che qualcuno abbia abbassato l'audio oppure lo abbia dimezzato e Deianira sente solo il rumore fragoroso del suo respiro spezzato.

Tenta debolmente di alzarsi in piedi, la faccia smunta di Xavier impressa nella mente e nient'altro che il suo dolore e la sua frustrazione a mandarla avanti.

La testa le pulsa, il sangue le invade il naso e la bocca con il suo sapore metallico e disgustoso, il mondo che si riduce ad una serie di immagini sfocate ed indistinte.

Beta le appoggia pesantemente il piede contro il petto, impedendole di muoversi e rendendole difficile inspirare.

«Bene, bene, bene» sibila la Pura, appoggiando metà del suo peso sullo sterno di Nira, strappandole un grugnito di dolore «Non fai più tanto la sfacciata, eh?»

«Va' al diavolo. Se devi uccidermi, sbrigati e facciamola finita» borbotta lei, la lingua gonfia e il dolore che sembra riversarsi nei suoi muscoli, nelle ossa, nelle vene.

Ai lati del suo campo visivo, Gavril si sta alzando faticosamente, volto tumefatto dalla caduta e la parte destra del viso graffiata è bruciata dalla frizione dell'impatto.

È confuso e dolorante a causa dei liquidi ancora in circolazione nel canale semicircolare nel suo orecchio, e Deianira sente la sua speranza affondare sempre di più in un lago ghiacciato.

«Oh, no, no, no! Che divertimento ci sarebbe?» mentre parla, Beta comincia a pestare con i tacchi dello stivale contro il suo petto, rapidamente, colpi secchi e disinteressati. Nira stringe i denti, sentendo le lacrime che le scivolano lungo le guance «Ho intenzione di torturarti, sentirti urlare ed implorare, farti soffrire. Altrimenti che gusto c'è? E quando avrò finito, tornerò a far visita al tuo caro Xavier, contenta? Immaginati la sua faccia nel sentire cosa ti ho fatt»

«Puttana!» ruggisce Deianira con un ultimo sprazzo di lucidità rimasta a sentire il nome del suo ragazzo. La collera monta dentro di sé, adrenalina che si mescola alle sue cellule. Afferra la caviglia di Beta e la torce di lato con violenza, scagliandola lontano e facendola ruzzolare sull'asfalto.

Gavril le è subito addosso, tempestandola di calci con il piede buono, mentre è ancora a terra; Beta ruggisce di dolore, accucciandosi in posizione fetale e dandosi lo slancio con le mani per colpire al mento il ragazzo con le suole degli stivali.

Il ragazzo geme, ribaltando il capo e tentando di recuperare l’equilibrio.

Gavril vacilla, barcollando all'indietro ed è un lampo, la luce che brilla sulla lama mentre la donna la estrae dalla manica e gliela affonda della coscia con precisione chirurgica. Gavril ulula di dolore, crollando in ginocchio con il volto pallido e sudato, una macchia sempre più scura ed appiccicosa che si allarga sui suoi pantaloni mentre tenta di comprimere il punto in cui il metallo ha spaccato la carne come il burro.

«Tranquillo, non ho preso l'arteria femorale. Quando ho finito con la tua amica, mi divertirò anche con te» gli sibila nell'orecchio e, per buona misura, gli affonda ancora di più la lama nella gamba, rigirandola leeentamente, lacerando muscolo-pelle-ossa-cartilagine e ridacchiando al muggito di dolore che si leva dal suo petto.

«E ora, il tuo turno» Beta riporta l'attenzione su Deianira, che si è alzata in piedi, reggendosi a stento contro la balaustra, viscida del suo sangue.

Ha un occhio nero e gonfio, e il respiro le esce ad ansiti dolorosi. Sente tutta la vergogna e la frustrazione, le parole di Gala che fanno il replay nella sua mente.

"Deve essere facile, per te".

«No, è più dura di quanto pensassi» sibila a mezza voce mentre tenta di inutilmente di andare alla carica con un pugno ben piazzato; Beta è più rapida e furba.

Schiva balzando di lato, ma una afferra il braccio della marionetta con una mano smaltata e la porta bruscamente in basso; l'unica cosa che Deianira sa per certo è che si ritrova, un istante dopo, stesa a terra, i suoi piedi che hanno lasciato l'asfalto e il suo corpo massacrato e supino, la schiena che è un puzzle di dolore e bruciore ed agonia. Beta è a testa in giù sopra di lei o forse è lei storta a prescindere.

«Allora, primo round, Dolcezza» le sussurra la Pura, appoggiando con infinito divertimento lo stivale sul suo avambraccio «Testiamo il tuo livello di sopportazione del dolore, ti va?»

E, senza aspettare risposta, scarica tutto il suo peso sul suo corpo e Deianira urla, urla, urla a pieni polmoni, tanto che quasi non riesce a sentire il suono dell'osso che si spezza, della sua speranza che perisce nell'agonia.

Tenta di divincolarsi, di scappare per sfuggire a quella lenta tortura logorante, il dolore che, insopportabile, sembra ghermirla con le sue tenaglie.

In qualche strano modo, riesce a liberarsi, rotolando di lato e zoppicando, tremando mentre si rimette in piedi, il vento gelido che bacia i suoi capelli.

«Me la pagherai!» ruggisce, la stanchezza che suppura ogni suo poro mentre raccoglie le ultime energie e dà una spallata a Beta in pieno petto, che barcolla all'indietro con una risata di compatimento.

Che bisogno c’è di essere prudente? In fondo ha già vinto.

«Gameover, marionetta. Non hai più scampo» le sibila mente stanno l'una davanti all'altra sul ponte, la Bol'shaya Neva ghiacciata sotto di loro, tutta la disperazione, la stanchezza, il dolore che bagnano il volto di Luglio.

E Beta sente che vuole berla tutta e saziarsi di quello sconforto, banchettare di quella rabbia repressa.

Gli occhi di Deianira si fermano su un punto oltre Beta e un lento e vittorioso sorriso si dipana sulle sue labbra fessurate dal gelo. Beta batte le palpebre, incurante delle misteriose visioni di una donna morente e si appresta a colpirla di nuovo, pugno alzato per—

«Gameover per te!» strepita, tuffandosi di lato, sempre trattenendo il braccio rotto con la mano.

Beta sgrana gli occhi, ma quando si gira è ormai troppo tardi per schivare l'enorme jeep a fantasia militare che sfreccia a tutta velocità verso di lei.

Un attimo, un impatto, un grido.

Il corpo di Beta viene sbalzato in aria, e ricade a più di dieci metri di distanza, il capo fracassato e il sangue che le esce in rivoli dalla bocca, niente più di una macchia senza nome sull’asfalto inclemente.

«Oh, Cristo, l'abbiamo ammazzata?» domanda Talini, facendo capolino dal retro del velivolo con l'espressione turbata.

«No, è una Pura. Si riprenderà, purtroppo» Percival smonta rapidamente dalla macchina, lanciando un'occhiata dubbiosa al parafangoammaccato ed insanguinato e ad una Deianira ed un Gavril esausti e coperti di lividi e ferite, per poi dichiarare a nessuno in particolare «è arrivata la cavalleria!»

 

Ore 13:58

La jeep stipata con cinque persone, due delle quali conciate proprio male, si ferma davanti alla piazza alberata con una frenata improvvisa che fa stridere gli pneumatici.

Percival ha tentato di curare le ferite di Gavril e Deianira meglio che può, ma sono ancora pesantemente contusi e stupiti di tutta quella confusione. Furgoncini neri che corrono da tutte le parti, uomini che urlano ordini nei walkie-talkie e le scale della Cattedrale sono affollate di guardie abbigliate in nero, che corrono da tutte le parti, con i fucili spianati ad eliminare ogni minima minaccia al rituale che sta per compiersi.

«Siete in ritardo» obietta Andrea, spuntando tra i cespugli dove lei, Colonia, Lene e Blake si sono appostate per osservare la situazione meglio e prepararsi per l’assalto.

«Ci avete messo un bel po’, eh?» rincara Elisabeth, spuntando con Elia dal ramo più basso di un albero lì vicino.

Talini ed Ilarion scendono dalla macchina, aiutando i ben più scossi Gavril e Deinaira ad acquattarsi nell’erba bassa per non essere individuati.

«Ci serve un piano» temporeggia Elia, passandosi una mano tra i capelli biondi «Non possiamo sperare di entrare lì così. Ci massacreranno prima che arriviamo alle scale»

«Okay, qual è il nostro scopo principale?» domanda Andrea, battendo furiosamente sul tablet.

«Far entrare Percival nella Cattedrale» sentenzia Ilarion, sedendosi sui talloni con aria determinata.

«D’accordo» esclama Andrea, mostrando la pianta della chiesa con espressione studiatamente neutra «La Cattedrale ha una pianta a croce greca, con tre entrate, una per ogni braccio, tranne su uno. Percival entrerà da quello a destra e gli altri a sinistra o in centro. Siamo in dieci, quindi dividiamoci in tre gruppi. Talini, Ilarion e Lene, andate con Percy e fate in modo che arrivi sano e salvo dentro. Gavril e Eisabeth, con me in centro. Voialtri quattro a sinistra. Il nostro scopo è guadagnare tempo, ma se avete necessità, entrate nella cattedrale. Tutto chiaro?»

Andrea osserva a lungo i suoi fratelli, volti pallidi ed emaciati e fili intrecciati alla pelle. Sono stanchi, sudati e demoralizzati, ma non demordono.

Tutti annuiscono, nervosi, ma nessuno osa dire una parola.

«Se muoio oggi, date i miei computer in beneficienza» dice lei, alzandosi in piedi con la pistola carica stretta tra le dita «Pronti? Tre, due, uno… via

 

Ore 14.00

Gamma fa la sua grande entrata attraverso la calca di agenti di sicurezza stazionati all'ingresso della Cattedrale di Sant'Isacco, due minuti prima dell'inizio del rito.

«Gamma» Alpha non si volta neppure per constatare che l'uomo sta avanzando rapidamente tra le file di panche, trascinando delle cose dietro di sé con nonchalance «Com'è la situazione fuori?»

«Un vero e proprio inferno. Bombe dappertutto e i miei uomini non rispondono alle chiamate» Gamma sale le scale con sguardo dritto davanti a sé e lancia con noncuranza i corpi insanguinati ed immoti di Gala e Jules ai piedi di un confuso Alpha.

«Le due Marionette» non è una domanda, ma un'affermazione. Alpha smuove lievemente il cadavere di Gala, facendola rotolare di lato, e scoprendone il viso privo di vita. Non respira, semplicemente, e nel suo corpo non c'è segno di battito.

Inconfondibilmente morta, è bellissima in quella quiete pregna di attesa, palpebre abbassate che non vedranno più il tramonto, non piangeranno più lacrime di gioia. Forse in vita non era mai stata convenzionalmente attraente, con quel nasino un po’ elfico, i capelli improbabili e le occhiaie, ma il suo cadavere immobile ha assunto una certa grazia, una certa armonia dei tratti.

«Stavano tentando di sabotare l'evocazione e ho dovuto fermarli con le cattive» Gamma si stringe nelle spalle, con un mezzo sorriso amaro e privo di ogni remora «È abbastanza? Ho ucciso la donna che amo e suo fratello per la causa. Ora ti fidi di me?»

«Sicuramente hai dimostrato una lealtà non equiparabile a quella di nessun altro dei miei sottoposti. Mi fido di te, Gamma. Costruiamo un nuovo mondo assieme e le vite di queste Marionette saranno il nostro sacrificio»

«Come desideri» Gamma si mette in ginocchio, gli occhi che scandagliano con ansia il cristallo violaceo e pulsante e, in fondo, proprio quella che appare come una figura umana intrappolata all'interno.

«Che l'evocazione abbia inizio» esclama Alpha con aria solenne, allargando le mani lugubremente, mentre le dozzine e dozzine di candele all'incenso piazzate mela sala si illuminano di un lucore azzurro ed inquietante. La stanza ora brilla, la luce blu che sembra provenire da un altro mondo.

«Lungo i fiumi di Babilonia,

là sedevamo e piangevamo

ricordandoci di Sion.

Ai salici di quella terra

appendemmo le nostre cetre,

perché là ci chiedevano parole di canto

coloro che ci avevano deportato,

allegre canzoni, i nostri oppressori:

"Cantateci canti di Sion!".

Come cantare i canti del Signore

in terra straniera?

Se mi dimentico di te, Gerusalemme,

si dimentichi di me la mia destra;

mi si attacchi la lingua al palato

se lascio cadere il tuo ricordo,

se non innalzo Gerusalemme

al di sopra di ogni mia gioia.

Ricordati, Signore, dei figli di Edom,

che, nel giorno di Gerusalemme,

dicevano: "Spogliatela, spogliatela

fino alle sue fondamenta!".

Figlia di Babilonia devastatrice,

beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.

Beato chi afferrerà i tuoi piccoli

e li sfracellerà contro la pietra»

La voce di Alpha riverbera tombale attraverso la pietra, sembra scuotere la terra sotto il loro piedi e aprire un passaggio verso il mondo infernale, milioni di universi paralleli che si stringono e tremano assieme, affascinati ed inorriditi da ciò che sta per essere compiuto.

Il Puro solleva il palmo, su cui brilla lo scintillante anello di Salomone, il brillante che pulsa di potere attraverso il marchio, e sembra che tutte le ombre della stanza vengano risucchiate verso il punto focale. Il cristallo brucia, emette luce ad intermittenza, diffondendo il suo bagliore violaceo su tutte le superfici, tingendo le colonne di una sfumatura macabra.

«Grande e potente Paimon, io ti invoco e ti chiedo di—» non fa in tempo a finire la frase, che una mano gli afferra la caviglia con forza, dita che affondano nella sua carne. Per la sorpresa, Alpha sgrana gli occhi e perde la concentrazione, sbilanciandosi all’indietro.

«Sorpresa!» esclama Jules socchiudendo gli occhi e trattenendo il Puro per le caviglie con un sorrisino soddisfatto.

«Ma che diavolo—» sibila Alpha, sconvolto e troppo concentrato sulla misteriosa resurrezione di Jules per accorgersi dei movimenti di Gala alle sue spalle.

Senza troppi indugi, la ragazza gli strappa l’anello di mano e gli molla un calcio ben assestato nella zona dietro alle gambe; Alpha vacilla e barcolla all’indietro, fino ad appoggiarsi con le spalle al cristallo, che ha smesso di pulsare a causa dell’interruzione.

«Gamma!» sbraita mentre le due Marionette, ammaccate e coperte di sangue e fango, si alzano in piedi, massaggiandosi le giunture e sorridendo, entrambi inconfondibilmente vivi «Cosa significa questo?»

«Un ammutinamento, certamente. La distruzione del mondo non è mai stata nei miei piani per la serata» Gamma alza le spalle, mettendosi in mezzo tra Dicembre e Novembre «Temo che la tua evocazione finisca qui, Alpha»

«Da quando va avanti questo tuo tradimento?»

«Non restarne deluso, ma in realtà non sono mai stato dalla tua parte per tutto questo tempo. Ho sempre fatto la spia per Percival per rovinarti la festicciola e distrarti mentre lo facevamo entrare in città. E ho spiegato il mio piano a loro due» apre le braccia ad indicare le Marionette con un mezzo sorriso sornione «mentre arrivavamo. Sono sorpreso di quanto siano bravi a recitare»

«Erano morti» sibila Alpha, facendo un passo avanti in maniera minacciosa.

«Non c’è niente che non si possa fare con degli effetti di scena convincenti. Gli ho sparato addosso pallottole contenenti vernice rossa e loro hanno finto di morire davanti ai tuoi uomini, per dimostrare che ti sono fedele. Sono già morti, quindi riescono a trattenere il respiro per molto, molto tempo» Gamma schiocca la lingua contro il palato con un’espressione lupesca, incrociando le braccia sul petto.

«Avrei dovuto saperlo che non portavi nulla di buono» ruggisce, avanzando verso di loro «Datemi l’anello. Io sto solo cercando di fare del bene nel mondo, una catarsi totale—»

«Neanche per sogno» Gala socchiude gli occhi, con un’espressione dura «Devi pagare per tutto il dolore che hai causato»

Con un urlo di frustrazione, Alpha si scaglia verso di lei per recuperare l’anello, ma il suo corpo vola all’indietro non appena si scontra con la barriera di Gamma, che sbadiglia annoiato, piazzandosi davanti ai due complici.

«Piantala, Alpha. Percival è qui e la città è nello scompiglio più totale. Hai perso» sibila Gamma, passandosi una mano tra i capelli «Arrenditi e magari ti risparmieremo»

Ma il nemico torna già alla carica. Sfere di luce evanescente si formano tra le sue mani e i tre si dividono, balzando lateralmente per schivare l’attacco.

«Sono arrivato troppo vicino per questo» abbaia Alpha mentre fa un affondo verso ad una Gala incredibilmente sorpresa a causa della sua velocità.

«Gala, scappa!» le intima Gamma, creando a sua volta un raggio di pura e brillante elettricità magica che con un boato viaggia verso Alpha. Il puro devia facilmente l’attacco, e incomincia a camminare inesorabilmente verso Novembre.

«Ma—» protesta Gala, rimettendosi in piedi a fatica e tuffandosi di lato per evitare un altro colpo mirato alla sua testa. Jules la afferra per un braccio e si para davanti a lei, senza paura, scrutando Alpha con espressione intrepida e truce.

«Corri! Vuole l’anello» ripete Gamma e la ragazza riprende finalmente il controllo dei suoi piedi ed i suoi piedi iniziano a divorare marmo scivoloso, muscoli delle gambe che pompano furiosamente mentre aggira l’enorme cristallo e cerca di coprire gli ultimi metri fino alla porta.

«Non ho intenzione di lasciarti scappare» sospira Alpha, laconico, inchiodando Gamma alla parete con i suoi poteri e scomparendo improvvisamente e riapparendo davanti alla ragazza, che va di conseguenza a sbatterci contro, rotolando a terra con un ‘ouch’. L’anello le scivola dalle dita, tintinnando sul pavimento e gli enormi affreschi sopra la sua testa sembrano compatirla mentre tenta di alzarsi in piedi, allungando le dita verso lo smeraldo brillante.

Senza troppi preamboli, il piede di Alpha cala impietoso sulla sua mano e Novembre ulula di dolore sentendo le delicate ossa della mano spezzarsi sotto il peso eccessivo.

L’agonia le brucia le dita, le ricorda quando ancora era viva, chiusa in quella che sarebbe stata la sua bara, graffiando disperatamente il legno per uscirne perché presa dal panico. Sepolta viva.

«Non così infetta, Marionetta» sibila Alpha, premendo bene la suola contro la carne della ragazza «Lasciare il party prima della fine non è educato»

Gala inveisce contro di lui mentre Jules, arrivato alla carica, gli sferra un pugno che l’uomo blocca agilmente, torcendogli il braccio all’indietro con maestria; il ragazzo si dimena, ringhia, geme, ma nulla può più salvarlo.

Con la mano libera, Alpha afferra l’anello con espressione trionfante; stringendo il prezioso manufatto tra le dita, si volta verso Gamma, sorridendo.

«Ho vinto» afferma tra i denti, scagliando Jules contro la parete. I suoi occhi mostrano un’urgenza febbrile, mentre si volta verso il cristallo, mani congiunte in un atteggiamento di preghiera corrotta e blasfema.

«Non ancora» tuona una voce, dietro di loro, e Percival fa la sua entrata di scena dalle enormi porte di destra, volto smunto e spigoloso, ma colmo di tenacia.

«Percy!» esclamano in coro Jules e Gala, a metà tra il meravigliato e il disperato nel vedere il loro ‘padre’ miracolosamente indenne. Gamma si alza faticosamente in piedi, racimolando un po’ di forza per un sorriso.

«Giusto in tempo per vedere il mio trionfo» replica Alpha, monocorde e serio come al solito, mentre alza l’anello sopra la testa e la pietra comincia a brillare «Paimon, io ti invoco!»

E il cristallo esplode in un milione di frammenti di energia magica.

 

Ore 14:06

San Pietroburgo è oscurata da una cappa di tenebre sconfinate e gli abitanti entrano nel panico, l’angoscia che avvolge e attanaglia i loro cuori. E, così, comincia l’Apocalisse.

 

Ore 14:07

Il demone è lì, enorme nella sua potenza, un accumulo perverso di ombre, artigli, dolore, una massa informe e membranosa, assetata di anime e di sangue.

Non ha più nulla che ricordi la sua ospite, la ragazzina dolce e gentile che è stata Camelia; il suo corpo è stato divorato dall’oscurità da molto tempo, ormai.

Paimon ruggisce, milioni di decibel che si infrangono contro le pareti mentre quel lamento, che sembra provenire direttamente dall’oltretomba, divora la luce del giorno.

Gala e Jules si premono le mani sulle orecchie, i timpani che sembrano voler esplodere a tutta quella potenza. Percival alza gli occhi all’enorme creatura demoniaca, uno sguardo di pura melanconia e colpevolezza intriso nei suoi occhi scuri.

«Alpha—» comincia, molto lentamente.

«Ho vinto» Alpha inizia a ridere, incredulo del proprio trionfo. L’anello gli scivola a terra, ma non ci fa caso mentre sorpassa tutti i presenti, i suoi passi che riecheggiano sul marmo, i suoi occhi che non vedono altro che la purificazione della Terra. Si sente il messia, l’eletto, colui che porterà finalmente pace e giustizia ad un mondo empio e devastato dalle azioni sconsiderate dei mortali.

«Alpha, basta così» ringhia Percival, tentando di fermarlo, ma l’uomo continua a camminare imperterrito mentre se lo scrolla di dosso «Quello è un demone pericoloso! Non riuscirai a controllarlo. Ti divorerà»

«Andrà tutto bene» replica lui, sempre più vicino alla massa informe e priva di contorni, quell’essere che sembra attirare a sé tutta l’angoscia e il dolore del mondo intero «Costruiremo un mondo nuovo, io e te, Paimon! Avanti, distruggi i miei nemici»

Un altro ruggito assordante si leva dalla gola del demone e, questa volta, tutte le finestre della chiesa e delle case ad un chilometro di distanza, vanno in frantumi. La massa gigantesca sembra espandersi, pura oscurità che divora tempo e spazio, fuori controllo.

«Alpha!» lo avverte Gamma, ma il suono della sua voce si perde nel rumore del risucchio, della realtà che sembra crollare su se stessa con grida di agonia.

«Ormai è fuori controllo!» Percival afferra Gamma per il colletto, portandolo indietro, ma per Alpha ormai non c’è nulla da fare. Ha superato il confine della follia da tempo, ormai e il suo corpo cammina sempre più verso la luce nero-violacea e che pulsa e si gonfia.

«Distruggi i miei nemici!» ordina di nuovo, ma il demone non sembra volerlo ascoltare e, come un buco nero, una faglia nel tessuto dell’universo, si espande sempre di più, avvolgendolo nel suo turbinio caotico.

Le sue urla sono soffocate mentre l’oscurità lo ingloba dentro di sé, scintille e boati che si diffondono nella terra. Il vento comincia a tirare sempre più forte, un risucchio potentissimo che frusta i capelli lunghi di Gala, i loro vestiti, tentando di attirarli a sé con la forza di gravità. Gala strilla, un’inquietudine e un terrore sempre più prorompente che le invade il petto, come se qualcosa stesse tentando di divorare le sue emozioni dall’interno.

È un sentimento misto al terrore, un’angoscia così viscerale e primordiale che non possono fare a meno di tremare.

Gamma afferra sia lei che Jules, stringendoli accanto a sé perché non volino via con la bocca premuta in una linea sottile.

«Umani, unitevi a me, è il vostro turno» la voce di Paimon risuona nelle loro menti, un gelo dell’anima, una voce che esprime tutto ciò che la perdizione e il dolore sono.

«Percival, se continua così si espanderà e divorerà l’intero piano della realtà. E magari qualche universo parallelo» Gamma si appiattisce contro la parete più lontana, recuperando appena in tempo l’anello di Salomone, prima che voli assieme ai vetri, alle candele, in quel vortice di oscurità e sofferenza «Tu l’hai bloccato una volta. Possiamo farlo di nuovo?»

«No, non possiamo congelarlo ancora» spiega lui, rapidamente, facendo un passo avanti «Ha già danneggiato irrimediabilmente il tessuto di questo universo. Se lo congelassimo e basta, la realtà collasserebbe comunque per gli scompensi energetici. Come un vestito come un buco, capito? Si sfilaccerebbe ugualmente e finirebbe per crollare su se stesso»

«E allora, cosa suggerisci di fare?» urla Jules sopra l’ululare furioso del vento, la voce che risuona aliena nella sua gola. Gamma scivola un po’ in avanti, ma riesce a mantenere la posizione, stringendo i denti.

«Dobbiamo richiuderlo e rispedirlo da dove è venuto» dice lui con un’occhiata pregna di significato e coraggio.

«Ma tua figlia—» incomincia Gala, tremando incontrollabilmente tra le braccia dell’albino.

«È quello che deve essere fatto» sorride lui biecamente, scuotendo il capo «Per richiuderlo dobbiamo creare un cerchio protettivo dal quale non possa uscire e recitare un salmo. Con l’anello di Salomone avremo il potere necessario»

«Cosa?» strepita Gamma «È una follia, Percival! Nessun cerchio di sale può trattenere quella cosa. Verrà risucchiato prima che tu riesca a fare qualcosa…»

Percival lo guarda a lungo, scintille di elettricità viola e oscurità che si riflettono nei suoi occhi. E Gala pensa di poter vedere tutto il peso del rimorso, della stanchezza, del cordoglio di quegli anni vani, spesi in ricerche.

«E chi mai» afferma lui, voce grondante di sicurezza «ha parlato di un cerchio di sale?»

 

Ore 14:11

Le restanti Marionette sono ancora isolate fuori dalla Cattedrale, insanguinate e sedute in un deserto di sangue e desolazione. Gli ultimi spari riecheggiano nella piazza, mentre combattono la loro ultima battaglia, stanchezza e speranza che si amalgamano e perdono i loro confini.

Andrea e Lene sono sedute di guardia sui gradini quando sentono il messaggio nella loro mente, così come tutti i loro fratelli, impegnati nella battaglia.

«Venite a me» risuona nelle loro anime, si affaccia sui loro pensieri, e non possono fare altro che ricongiungersi al loro Padre.

 

Ore 14:13

«Ci siamo tutti?» domanda Percival, l’anello di Salomone infilato al dito mentre tutte le Marionette finalmente sfilano all’interno della Cattedrale a pianta centrale, sguardi angosciati e intimoriti di fronte alla massa oscura che, come un tumore nel seno del mondo, ora si ingrandisce, divorando la cupola e l’aria intorno ad essa.

Tutti e dodici sono stretti ed impauriti, protetti dalla barriera eretta da Gamma, che però non durerà molto a lungo.

«Dobbiamo agire ora, prima che sia troppo tardi» Percival li guarda negli occhi, uno per uno, scorgendo paura ed indecisione nei loro sguardi «L’unico modo per arginarlo è creare un cerchio solido. Credete di riuscire a farlo?»

«Lo faremo» esclama Ilarion senza consultare gli altri, volto bianco e teso, mascella contratta.

«Ottimo. Non c’è provare, ma solo riuscire o fallire, è chiaro?» spiega lui, stringendosi nel lungo cappotto, mentre la forza del risucchio si fa sempre più potente «Io starò all’interno con l’anello, ma voi dovrete recitare il salmo assieme a me.»

«Ma è troppo pericoloso!» strepita Talini, allargando le braccia «Ci risucchierà. Tu sei un Puro, ma noi…»

«Per quanto sia strano, sono d’accordo con lei» aggiunge Andrea, mordendosi l’interno della guancia «Non sono un’esperta di magia, ma è chiaro che il rischio è incommensurabile»

«Però, se tu sei sicuro…» incomincia Gavril, voce soffocata dalle nocche della sua mano.

«Diglielo, Percival» li interrompe Gamma, con le mani sui fianchi. «Glielo devi»

«Dire cosa?» Gala sgrana gli occhi, spostando gli occhi su Percival con sguardo inquisitorio.

«Se sto all’interno del cerchio, verrò molto probabilmente risucchiato anche io» esala lui infine, mentre tredici paia di iridi volano ansiose su di lui.

«Non puoi fare una cosa del genere!»

«Percival…»

«Deve esserci un altro modo»

Le voci delle Marionette sono intrise di panico e di stupore, volti ancora giovani e speranzosi in un’alternativa inesistente. Percival alza la mano per silenziarli, con aria solenne.

«Sono conscio di quello che può comportare, ma è l’unico modo. Dobbiamo tentare» scuote il capo e i ragazzi si scambiano sguardi spauriti e consapevoli. Ora o mai più.

«Percival…» Gamma lo guarda con espressione compassionevole e lacrime silenziose cominciano a scendere sulle guance di Gala. Lene si preme la mano sulla bocca, per soffocare i singhiozzi, ed Elia abbraccia con gentilezza Blake, che sta tremando dal terrore. Gavril abbassa la testa verso il pavimento e Talini si morde il labbro, ruotando il capo perché nessuno possa notare che gli occhi le stanno diventando pericolosamente lucidi.

«Sei sicuro?» domanda Ilarion, in tono lapidario.

«Ho fatto cose sbagliate in questi secoli. Ho commesso errori, vi ho coinvolti nella mia battaglia. È giusto che io affronti le conseguenze» Percival abbraccia una Gala ormai scossa dai singhiozzi, e tutti gli altri gli si stringono attorno, braccia che lo cercano, lacrime che scorrono sui volti contratti dal dolore.

«Non c’è nessun altro modo?» pigola Jules, mordendosi il labbro mentre lancia sguardi preoccupati alla massa di oscurità dinnanzi a loro.

«Temo di no» Percival sorride tristemente, allungando la mano inanellata davanti a sé «Non ho paura di morire. Non dovete preoccuparvi per me. Siete cresciuti attraverso le prove, siete forti. Potete continuare da soli, sempre a testa alta perché voi valete. Non importa chi siate stati nelle vostre vite passate, perché voi siete speciali, uomini e donne rinati dalla morte. Andate avanti, combattete. Non dovete temere, perché io vi starò sempre accanto»

«Percival…»

«Ci deve essere un altro modo»

«Possiamo sempre—»

«Ragazzi» Ilarion li interrompe bruscamente, scuotendo il capo «Ha preswo la sua decisione e noi dobbiamo rispettarla»

Segue un silenzio commosso, pieno dei singhiozzi di Lene e Gala, di addii silenziosi e di parole non dette, finché Ilarion non si fa avanti, occhi grigi e colmi di coraggio.

Non è possibile cambiare idea, ora.

«Andiamo. È la nostra ultima possibilità»

E, detto questo, offre la mano ad Elisabeth, che la stringe ad occhi bassi, prendendo poi quella di un’apatica Andrea che, nonostante il suo aspetto pacifico, sta ribollendo dentro di sé.

E si mettono tutti in fila, un lungo serpentone umano di dodici ragazzi morti: Ilarion, Elisabeth, Andrea, Elia, Colonia, Talini, Deaianira, Blake, Gavril, Lene, Gala ed infine Jules, che chiude la fila.

Si prendono tutti per mano e sono pronti ad affrontare tutte le avversità assieme.

«Coraggio» mormora Ilarion, e Gala e Lene si stringono la mano senza parlare, sguardi brillanti e provati, mentre finalmente la catena si spinge oltre i confini della barriera, seguendo la figura di Percival che avanza in linea retta nonostante il vento, Gamma rimane indietro, atterrito e ammirato per lo spettacolo a cui sta per assistere. Una preghiera congelata sulle sue labbra.

Camminare è difficile in mezzo a quel risucchio che li attira a sé, una forza prepotente ed oscura che li persuade ad andare avanti. Coprono rapidamente i pochi metri, insanguinati e sporchi, i fili che brillano e scintillano di magia per lo sforzo di tenere i piedi ancorati a terra. Qualcuno vacilla, ma la catena non si spezza.

Percival si para davanti all’enorme mulinello di tenebre, capotto che sbatacchia attorno alle sue gambe per effetto della corrente.

«Chiudete il cerchio» ordina e Jules e Ilarion, lacrime aspirate dall’empietà del vuoto, si separano l’uno dall’altro, allargando il cerchio contro le pareti, ognuno dei dodici che attinge alla propria forza per non rompere la figura.

Le dita dei due ragazzi si sfiorano per un istante, e ci vogliono altri due tentativi perché possano finalmente afferrarsi e completare la barriera.

Gamma abbassa lo sguardo dalla sua postazione sicura, pugni stretti lungo i fianchi.

«Bene così!» li incoraggia Percival, alzando gli occhi verso il turbinio dinnanzi a lui «Non cedete!»

Le Marionette piantano i piedi contro il pavimento, cercando di non lasciarsi trasportare dalla forza centrifuga, allargando il cerchio in una forma più regolare possibile. Muti sguardi di disperazione e concentrazione, speranza e risoluzione.

«Camelia, aspettami» sussurra lui, aprendo le braccia con un sospiro profondo.

Il mulinello sembra pulsare e scintillare di luce oscura, mentre la voce profonda come l’universo e più antica del tempo, sembra sussurrare di rimando.

«Pa… pà…» Percival abbassa lo sguardo, mordendosi il labbro. Ora o mai più.

Inizia ad intonare una cantilena oscura, ogni molecola del suo corpo che canta con lui. Le Marionette si stringono più forte tra loro, aloni di luce che cominciano ad emanare dalla loro pelle, secondo il colore dei fili: grigio, viola, blu, giallo, magenta, dorato, rosso, arancione, rosa, turchese, glicine e verde.

La luce si fonde, creando un enorme cerchio di luce bianca, una colonna che supera la cupola e si erige fino a toccare il cielo.

E le loro voci tuonano in unisono, si accavallano, crescono di intensità in un’ondata di potere ed elettricità.

Il sapore di sangue e magia si mescola sulle loro lingue, mentre parlano:

«Dio, per il tuo nome salvami,

per la tua potenza rendimi giustizia.

Dio, ascolta la mia preghiera,

porgi l’orecchio alle parole della mia bocca,

poiché stranieri contro di me sono insorti

e prepotenti insidiano la mia vita;

non pongono Dio davanti ai loro occhi.

Ecco, Dio è il mio aiuto,

il Signore sostiene la mia vita.

Ricada il male sui miei nemici,

nella tua fedeltà annientali.

Ti offrirò un sacrificio spontaneo,

loderò il tuo nome, Signore, perché è buono;

da ogni angoscia egli mi ha liberato

e il mio occhio ha guardato dall’alto i miei nemici

Pronunciano all’unisono assieme e le labbra di Percival si curvano in un sorriso finale, lacrime che volano nel vuoto, mentre l’energia dell’universo torna al suo equilibrio iniziale e la luce delle Marionette balugina nell’infinito, la tensione che riecheggia in se stessa, si moltiplica, mentre il mondo svanisce.

Un'ondata di magia si leva, milioni di fili di elettricità statica si intersecano nel creare una tela enorme, che si gonfia, si espande, canta nelle ossa dei pietroburghesi, riverbera dall'uno all'altro, vibrando nei loro cuori, consumando e nutrendosi dell'energia.

Si ferma, pulsa, implode nell'universo.

Milioni di echi risuonano l'uno nell'altro e, per un unico istante, San Pietroburgo cessa di essere San Pietroburgo, e la Terra trema dalla potenza dell'ondata.

La luce oblitera il mondo, divora l’orrore, il cemento, la vita, ammanta quel mondo sporco ed immondo.

Per un solo, infimo, istante, la città si staglia al centro di un caos perfetto, toccando la linea a metà tra l'esistenza e l'inesistenza, che è Dio, Yahweh, Allah, Ahura Mazdā o come vuoi chiamarlo; alfa ed omega di tutti gli enti, punto fisso in passato, presente e futuro.

Ed è la magia che frammenta il mondo in schegge e lo ricompone secondo uno schema di perfezione, l'allineamento dei pianeti, l'opera d'arte che è l'arché, mutevole ed immutabile, divino e mortale.

E, per un momento, l'intera San Pietroburgo sfiora lo spazio nella sua essenza più mistica.

Ma è solo per un attimo.

E poi le luci si spengono, i ricordi vengono lavati via, la marea magica si ritira in se stessa e San Pietroburgo ritorna ad essere città una città qualunque, gelida, terrena.



Fuori, comincia a nevicare.

 

chion whispered:

ho postato? Ho postato, accidenti!

Secondo la mia tabella di marcia avrei dovuto farlo tipo venerdì, ma mi sono ricordata di avere un impegno per tutta la giornata con la scuola, quindi ho voluto farvi un regalo ed anticipare(?).

Detto questo, ho ricominciato la scuola, ieri ed è sempre più un inferno *che gioia*

Scusate se per questi giorni sono stata un po’ assente da internet, ma vorrei un po’ staccare çç

Comunque sia, questo è l’ultimo capitolo, yay!! Vi prego, non prendetemi a padellate per aver ucciso Percy, ma non credo dei lieto fine totali e un po’ di angst ci vuole sempre (hahaha). Quindi.

PLOT TWIST. Gala e Jules non sono morti, haha (ci avevate creduto seriamente? Sono una brava trollatrice, allora. Trollomine Kirei è il mio maestro) e Gamma è sempre stato dalla parte dei buoni, perciò ora potete smetterla di odiarlo *abbraccia Gamma*

I salmi che ho utilizzato sono *sbircia sulla mano* il 53 e il 136, yay! Detto questo, la storia è praticamente giunta alla conclusione con l’ultima scena (piaciuta?) e arriviamo all’epilogo il 28. Oddio, questa storia sta terminando asdfghjkl. Adesso suppongo potrò bere anche io mio vino in maniera fAiga come una completa kween e farmi gli applausi da sola *si versa il vino*


Come ho detto, ora meglio che vada che ho qualcosa da scrivere in cantiere.

Sperando che a qualcuno ancora interessi di questa storia.

ange

/toh, guarda, un Gilgamesh selvatico/

  
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