{ marionnette }
❀ hiraeth ❀
« they
said he
was a liar,
someone
you
cannot trust
but
his
heart burned like fire
ashes
to
ashes, dust to dust
and
his
legacy so sublime
will
burn
till the end of time »
❀» San
Pietroburgo, Russia
13:26
Correre su un fiume
ghiacciato
può sembrare una cosa relativamente facile per molti, ma per Ilarion,
certo non
lo è.
Gli ricorda troppo il
periodo in
cui era campione di pattinaggio, il vento tra i capelli biondi scuro e
la
frizione delle lame che scivolano sul ghiaccio, lisce come l'olio, lo
scroscio
di applausi nel pubblico mentre intonava quella danza di cui conosceva
ogi più
oscuro segreto.
Sono le nostre passioni
che ci
distruggono, e per lui la frase è letteralmente veritiera, visto che è
morto
per il freddo e per l'acqua, anni prima, mentre si allenava sul lago
ghiacciato.
Ha pensato che tornare un
po' in
patria possa fargli bene, ma adesso, a centoventi allora sulla Neva,
non sa
come diavolo gli sia venuta in mente una cazzata del genere.
Percival alza gli occhi
dalla
cartina, il perfetto paparino turista dalla barba incolta e il sorriso
acido.
«Dobbiamo essere vicini»
chiosa
Talini, osservando il paesaggio che le scorre a fianco, il verde dei
pascoli
che cede il posto all'area industriale e sviluppata, cemento grigio che
divora
l'erba, instaurando il suo regime di smog e rumore e sudore umano.
«Abbastanza» Percival
scruta la
larga patina di ghiaccio sotto di loro, occhi scuri cogitabondi
«Secondo
Gavril, il primo posto di blocco è al Volodarskiy Most. Meglio se
torniamo in
carreggiata prima di allora. Il jamming è stato distrutto, perciò credo
riuscirò a sollevare una barriera protettiva quando ingaggiamo. Qual'è
l'ETA,
Talini?»
«Che cos'è, una malattia
sessualmente trasmissibile?»
«Estimated
time of arrival. Prego» replica Ilarion asciutto, mentre
si avvicina all'argine del fiume ghiacciato, ben attento a non sbandare
con le
larghe e pesanti ruote.
«Oh» Talini controlla il
display
del telefono con le ciglia aggrottate «Tre minuti»
La loro macchina taglia di
lato,
salendo sulla riva ghiaiosa del fiume, tagliando per i prati resi
chimicamente
presentabili, facendo lo slalom tra i cartelloni che pubblicizzano
dentifrici
miracolosi e le lampadine del futuro. Il cielo è pennellato di cumuli
grigi e
minacciosi, e sembra che stia per mettersi a piovere, cosa sconveniente
visto
che la jeep non ha il tettuccio; Talini fa esercizi mentali di yoga
mentre si
immettono in una stretta stradina che si unisce poco più avanti alla
Narodnaya,
l'arteria che porta in centro città. Talini quasi si dispiace. Aveva
iniziato
ad abituarsi alle irregolarità del ghiaccio e lì sarebbero stati più
sicuri, ma
non possono essere così incauti. Se i nemici li avessero visti tentare
di
immettersi attraverso il fiume, avrebbero sparato a vista.
«Un minuto» informa
Talini,
mettendosi in piedi sul sedile posteriore, mano appoggiata alla sbarra
sopra di
lei per rimanere in equilibrio, l'altro palmo che stringe la pistola.
Già in lontananza si
riesce ad
intravedere il Volodarskiy Most, il cielo coperto da cavi della
corrente e
l'enorme strada sbarrata da una barricata di veicoli scuri che compone
la
barriera.
Appena gli uomini
stazionati al
posto di blocco notano la sgangherata jeep militare che sobbalza e
ruggisce
nella loro direzione, si fanno avanti con i kalashnikov in mano e le
palette di
cartarifrangente.
«Ehi, voi!» chiama uno,
dal
megafono «Non si può entrare in città. Fate dietrofront immediatamente,
oppure
apriremo il fuoco»
Ilarion solleva il piede
dall'accelerazione per quel poco che fa rilassare un pochino gli uomini
abbigliati in nero, ma un istante dopo lo riabbassa violentemente; la
jeep fa
uno scatto in avanti, un ringhio bestiale proveniente dal motore,
mentre divora
metri e metri di asfalto in pochi secondi, sempre più veloce.
«Alt!» urla uno,
cincischiando
con il fucile che probabilmente non sa neppure come usare. Esplode un
colpo,
infiammando il silenzio, ma a pochi centimetri dal vetro il proiettile
viene
deviato dallo scudo di magia innalzato da Percival.
Talini risponde
all'offesa,
scaricando due caricatori sugli uomini e sulle ruote delle macchine; i
russi si
tuffano di lato con urla spaventate e sconvolte, non appena lo scudo
magico
entra in contatto con i loro veicoli.
La barriera vacilla,
incerta, ma
sembra reggere l'urto, e il metallo della barricata viene piegato,
scintille di
frizione mentre Ilarion sterza violentemente per non sbandare e l'aria
si
riempie di elettricità statica.
Con un ultimo colpo di
reni da
parte della jeep, superano la barricata relativamente indenni, Ilarion
con
l'acceleratore premuto a tavoletta per evitare che le guardie non
abbiano la
bella idea di inseguirli. Ha i capelli scompigliati e il respiro
pesante, ma
sono decisamente vivi e vegeti.
«Bene, bene» esclama
Percival in
tono perfettamente pacato mentre sfrecciano a cento all'ora a Nevskiy
Prospekt
«A Sant'Isacco, presto!»
Ore 13:44
Lene arriva all'Ermitage
con un
po' di ritardo sulla tabella di marcia, ma è piuttosto comprensibile
viste le
condizioni avverse in cui si trova.
Sola, in una città
sconosciuta ed
infestata da nemici che vanno in giro armati di Colt o semiautomatiche,
le è
stato difficile raggiungere il centro dopo la bravata delle bombe. Deve
ammettere che è stata un'idea geniale, quella di posizionare gli
ordigni in
modo da creare scompiglio. Si sarebbe anche divertita se, oh, non
avesse
rischiato la vita per tutto il tempo in cui è stata lì.
Una volta le truppe le
sono
arrivate così vicine che a stento è riuscita a trattenersi dall'urlare,
ma
l'importante è che ora è lì, davanti alla facciata intimidatoria ed
opulente
del museo e non è più sola. Almeno Percival ha avuto la buona grazia di
curare
le sue ferite alla schiena e adesso si sente come nuova.
Pensa che potrebbe
visitare
l'Ermitage, un giorno o l'altro, magari per vedere se c'è qualche
incunabolo di
interesse tra le sue collezioni.
«Lene!» cinguetta Colonia
non
appena la vede arrivare, seduta sul bancone dei biglietti vuoto
all'entrata del
museo.
Marina le fa un cenno di
capo,
tutta intenta ad ammucchiare armi e strumenti utili per la battaglia.
Blake
invece se ne sta in disparte, osservando una cartina con le
sopracciglia
aggrottate e un nervoso battito dei piedi.
«Ragazze, ottimo lavoro!»
esclama
Ottobre, sedendosi a sua volta sul piano per riprendere fiato dopo la
corsa.
«Dovremmo dirlo a te. Sei
stata
fantastica con le bombe» mormora Blake, offrendole un sorriso bonario.
«Grazie, ma è stata tutta
un'idea
di Percival. Notizie di Gala?» domanda, ma sotto sotto arrossisce di
piacere a
quel complimento.
«Niente ancora, ma se
andiamo a
Sant'Isacco, scopriremo di certo qualcosa in più. L'ora X è tra
quindici
minuti, quindi preparatevi per lo spettacolo, ragazze» Andrea dimostra
un'espressione risoluta dietro gli occhiali neri mentre distribuisce le
armi a
tutte le presenti «Si va in scena»
Ore 13:56
Quando il gomito di Beta
entra in
collisione con la sua mascella, Deianira vede le stelle. Rotola a
terra,
facendosi schioccare la mandibola e sputando sangue misto a saliva dal
labbro
spaccato e grondante di rosso, i suoi sennsi non più in grado di
discernere
l’alto dal basso.
«Nira!» esclama Gavril,
sparando
una cascata di colpi contro Beta, che però vengono intercettati e
deviati dalla
sua barriera magica impenetrabile. In realtà è un po’ imbarazzante da
dire, ma
sembra che Beta non stia prendendo veramente sul serio la situazione.
Sia Gavril che Deianira
sono
ridotti piuttosto male: lui con un taglio che sanguina copiosamente
dalla
fronte e una caviglia slogata per un brutto atterraggio, e lei con il
volto
insanguinato e il respiro pesante per la lotta.
Beta, dal canto suo,
sembra che
si stia solo riscaldando, i capelli ancora perfettamente in ordine e il
volto
ancora perfettamente freddo.
«Ti arrendi, Marionetta?»
sibila
lei, afferrando la ragazza per il collo e scagliandola come una bambola
di
pezza contro l'inferriata della balaustra. La testa di Deianira
colpisce il
metallo con un sonoro e poco rassicurante 'crak' e si ribalta
all'indietro
mentre Beta le sferra un calcio sull'orecchio, colpendo la morbida
cartilagine,
un fischio acuto che rimbomba nel suo timpano.
Gavril le balza sulla
schiena,
tentando di colpirla con il calcio della pistola, ma viene scagliato
lontano da
un gesto impaziente di Beta, che lo fa andare a ruzzolare a dieci metri
di
distanza. Il suo corpo entra in contatto con il terreno con un suono
viscido e
molle, niente più di un pupazzo di carne e magia.
Deianira apre gli occhi a
fatica,
mettendo a fuoco l'immagine di una Beta che ride maniacalmente di lei.
Sembra
che qualcuno abbia abbassato l'audio oppure lo abbia dimezzato e
Deianira sente
solo il rumore fragoroso del suo respiro spezzato.
Tenta debolmente di
alzarsi in
piedi, la faccia smunta di Xavier impressa nella mente e nient'altro
che il suo
dolore e la sua frustrazione a mandarla avanti.
La testa le pulsa, il
sangue le
invade il naso e la bocca con il suo sapore metallico e disgustoso, il
mondo
che si riduce ad una serie di immagini sfocate ed indistinte.
Beta le appoggia
pesantemente il
piede contro il petto, impedendole di muoversi e rendendole difficile
inspirare.
«Bene, bene, bene»
sibila la Pura, appoggiando metà del suo peso sullo sterno di
Nira, strappandole un grugnito di dolore «Non fai più tanto la
sfacciata, eh?»
«Va' al diavolo. Se devi
uccidermi, sbrigati e facciamola finita» borbotta lei, la lingua gonfia
e il
dolore che sembra riversarsi nei suoi muscoli, nelle ossa, nelle vene.
Ai lati del suo campo
visivo,
Gavril si sta alzando faticosamente, volto tumefatto dalla caduta e la
parte
destra del viso graffiata è bruciata dalla frizione dell'impatto.
È confuso e dolorante a
causa dei
liquidi ancora in circolazione nel canale semicircolare nel suo
orecchio, e
Deianira sente la sua speranza affondare sempre di più in un lago
ghiacciato.
«Oh, no, no, no! Che
divertimento
ci sarebbe?» mentre parla, Beta comincia a pestare con i tacchi dello
stivale
contro il suo petto, rapidamente, colpi secchi e disinteressati. Nira
stringe i
denti, sentendo le lacrime che le scivolano lungo le guance «Ho
intenzione di
torturarti, sentirti urlare ed implorare, farti soffrire. Altrimenti
che gusto
c'è? E quando avrò finito, tornerò a far visita al tuo caro Xavier,
contenta?
Immaginati la sua faccia nel sentire cosa ti ho fattー»
«Puttana!» ruggisce
Deianira con
un ultimo sprazzo di lucidità rimasta a sentire il nome del suo
ragazzo. La
collera monta dentro di sé, adrenalina che si mescola alle sue cellule.
Afferra
la caviglia di Beta e la torce di lato con violenza, scagliandola
lontano e
facendola ruzzolare sull'asfalto.
Gavril le è subito
addosso,
tempestandola di calci con il piede buono, mentre è ancora a terra;
Beta
ruggisce di dolore, accucciandosi in posizione fetale e dandosi lo
slancio con
le mani per colpire al mento il ragazzo con le suole degli stivali.
Il ragazzo geme,
ribaltando il
capo e tentando di recuperare l’equilibrio.
Gavril vacilla,
barcollando
all'indietro ed è un lampo, la luce che brilla sulla lama mentre la
donna la
estrae dalla manica e gliela affonda della coscia con precisione
chirurgica.
Gavril ulula di dolore, crollando in ginocchio con il volto pallido e
sudato,
una macchia sempre più scura ed appiccicosa che si allarga sui suoi
pantaloni
mentre tenta di comprimere il punto in cui il metallo ha spaccato la
carne come
il burro.
«Tranquillo, non ho preso
l'arteria femorale. Quando ho finito con la tua amica, mi divertirò
anche con
te» gli sibila nell'orecchio e, per buona misura, gli affonda ancora di
più la
lama nella gamba, rigirandola leeentamente,
lacerando muscolo-pelle-ossa-cartilagine
e ridacchiando al muggito di dolore che si leva dal suo petto.
«E ora, il tuo turno» Beta
riporta l'attenzione su Deianira, che si è alzata in piedi, reggendosi
a stento
contro la balaustra, viscida del suo sangue.
Ha un occhio nero e
gonfio, e il
respiro le esce ad ansiti dolorosi. Sente tutta la vergogna e la
frustrazione,
le parole di Gala che fanno il replay nella sua mente.
"Deve essere facile, per
te".
«No, è più dura di quanto
pensassi» sibila a mezza voce mentre tenta di inutilmente di andare
alla carica
con un pugno ben piazzato; Beta è più rapida e furba.
Schiva balzando di lato,
ma una
afferra il braccio della marionetta con una mano smaltata e la porta
bruscamente in basso; l'unica cosa che Deianira sa per certo è che si
ritrova,
un istante dopo, stesa a terra, i suoi piedi che hanno lasciato
l'asfalto e il
suo corpo massacrato e supino, la schiena che è un puzzle di dolore e
bruciore
ed agonia. Beta è a testa in giù sopra di lei ー o forse è lei storta a
prescindere.
«Allora, primo round,
Dolcezza»
le sussurra la Pura, appoggiando con infinito divertimento lo stivale
sul suo
avambraccio «Testiamo il tuo livello di sopportazione del dolore, ti
va?»
E, senza aspettare
risposta,
scarica tutto il suo peso sul suo corpo e Deianira urla, urla, urla a
pieni
polmoni, tanto che quasi non riesce a sentire il suono dell'osso che si
spezza,
della sua speranza che perisce nell'agonia.
Tenta di divincolarsi, di
scappare per sfuggire a quella lenta tortura logorante, il dolore che,
insopportabile, sembra ghermirla con le sue tenaglie.
In qualche strano modo,
riesce a
liberarsi, rotolando di lato e zoppicando, tremando mentre si rimette
in piedi,
il vento gelido che bacia i suoi capelli.
«Me la pagherai!»
ruggisce, la
stanchezza che suppura ogni suo poro mentre raccoglie le ultime energie
e dà
una spallata a Beta in pieno petto, che barcolla all'indietro con una
risata di
compatimento.
Che bisogno c’è di essere
prudente? In fondo ha già vinto.
«Gameover, marionetta. Non
hai
più scampo» le sibila mente stanno l'una davanti all'altra sul ponte,
la
Bol'shaya Neva ghiacciata sotto di loro, tutta la disperazione, la
stanchezza,
il dolore che bagnano il volto di Luglio.
E Beta sente che vuole
berla
tutta e saziarsi di quello sconforto, banchettare di quella rabbia
repressa.
Gli occhi di Deianira si
fermano
su un punto oltre Beta e un lento e vittorioso sorriso si dipana sulle
sue
labbra fessurate dal gelo. Beta batte le palpebre, incurante delle
misteriose visioni
di una donna morente e si appresta a colpirla di nuovo, pugno alzato
per—
«Gameover per te!»
strepita,
tuffandosi di lato, sempre trattenendo il braccio rotto con la mano.
Beta sgrana gli occhi, ma
quando
si gira è ormai troppo tardi per schivare l'enorme jeep a fantasia
militare che
sfreccia a tutta velocità verso di lei.
Un attimo, un
impatto, un grido.
Il corpo di Beta viene
sbalzato
in aria, e ricade a più di dieci metri di distanza, il capo fracassato
e il
sangue che le esce in rivoli dalla bocca, niente più di una macchia
senza nome
sull’asfalto inclemente.
«Oh, Cristo, l'abbiamo
ammazzata?» domanda Talini, facendo capolino dal retro del velivolo con
l'espressione turbata.
«No, è una Pura. Si
riprenderà, purtroppo» Percival smonta rapidamente
dalla macchina, lanciando un'occhiata dubbiosa al parafangoammaccato ed
insanguinato e ad una Deianira ed un Gavril esausti e coperti di lividi
e
ferite, per poi dichiarare a nessuno in particolare «è arrivata la
cavalleria!»
Ore 13:58
La jeep stipata con cinque
persone, due delle quali conciate proprio male, si ferma davanti alla
piazza
alberata con una frenata improvvisa che fa stridere gli pneumatici.
Percival ha tentato di
curare le
ferite di Gavril e Deianira meglio che può, ma sono ancora pesantemente
contusi
e stupiti di tutta quella confusione. Furgoncini neri che corrono da
tutte le
parti, uomini che urlano ordini nei walkie-talkie e le scale della
Cattedrale
sono affollate di guardie abbigliate in nero, che corrono da tutte le
parti,
con i fucili spianati ad eliminare ogni minima minaccia al rituale che
sta per
compiersi.
«Siete in ritardo» obietta
Andrea, spuntando tra i cespugli dove lei, Colonia, Lene e Blake si
sono
appostate per osservare la situazione meglio e prepararsi per l’assalto.
«Ci avete messo un bel
po’, eh?»
rincara Elisabeth, spuntando con Elia dal ramo più basso di un albero
lì
vicino.
Talini ed Ilarion scendono
dalla
macchina, aiutando i ben più scossi Gavril e Deinaira ad acquattarsi
nell’erba
bassa per non essere individuati.
«Ci serve un piano»
temporeggia
Elia, passandosi una mano tra i capelli biondi «Non possiamo sperare di
entrare
lì così. Ci massacreranno prima che arriviamo alle scale»
«Okay, qual è il nostro
scopo
principale?» domanda Andrea, battendo furiosamente sul tablet.
«Far entrare Percival
nella
Cattedrale» sentenzia Ilarion, sedendosi sui talloni con aria
determinata.
«D’accordo» esclama
Andrea,
mostrando la pianta della chiesa con espressione studiatamente neutra
«La
Cattedrale ha una pianta a croce greca, con tre entrate, una per ogni
braccio,
tranne su uno. Percival entrerà da quello a destra e gli altri a
sinistra o in
centro. Siamo in dieci, quindi dividiamoci in tre gruppi. Talini,
Ilarion e
Lene, andate con Percy e fate in modo che arrivi sano e salvo dentro.
Gavril e
Eisabeth, con me in centro. Voialtri quattro a sinistra. Il nostro
scopo è
guadagnare tempo, ma se avete necessità, entrate nella cattedrale.
Tutto
chiaro?»
Andrea osserva a lungo i
suoi
fratelli, volti pallidi ed emaciati e fili intrecciati alla pelle. Sono
stanchi, sudati e demoralizzati, ma non demordono.
Tutti annuiscono, nervosi,
ma
nessuno osa dire una parola.
«Se muoio oggi, date i
miei
computer in beneficienza» dice lei, alzandosi in piedi con la pistola
carica
stretta tra le dita «Pronti? Tre, due, uno… via!»
Ore 14.00
Gamma fa la sua grande
entrata
attraverso la calca di agenti di sicurezza stazionati all'ingresso
della
Cattedrale di Sant'Isacco, due minuti prima dell'inizio del rito.
«Gamma» Alpha non si volta
neppure per constatare che l'uomo sta avanzando rapidamente tra le file
di
panche, trascinando delle cose dietro
di sé con nonchalance «Com'è la situazione fuori?»
«Un vero e proprio
inferno. Bombe
dappertutto e i miei uomini non rispondono alle chiamate» Gamma sale le
scale
con sguardo dritto davanti a sé e lancia con noncuranza i corpi
insanguinati ed
immoti di Gala e Jules ai piedi di un confuso Alpha.
«Le due Marionette» non è
una
domanda, ma un'affermazione. Alpha smuove lievemente il cadavere di
Gala,
facendola rotolare di lato, e scoprendone il viso privo di vita. Non
respira,
semplicemente, e nel suo corpo non c'è segno di battito.
Inconfondibilmente morta,
è
bellissima in quella quiete pregna di attesa, palpebre abbassate che
non
vedranno più il tramonto, non piangeranno più lacrime di gioia. Forse
in vita
non era mai stata convenzionalmente attraente, con quel nasino un po’
elfico, i
capelli improbabili e le occhiaie, ma il suo cadavere immobile ha
assunto una
certa grazia, una certa armonia dei tratti.
«Stavano tentando di
sabotare
l'evocazione e ho dovuto fermarli con le cattive» Gamma si stringe
nelle
spalle, con un mezzo sorriso amaro e privo di ogni remora «È
abbastanza? Ho
ucciso la donna che amo e suo fratello per la causa. Ora ti fidi di me?»
«Sicuramente hai
dimostrato una
lealtà non equiparabile a quella di nessun altro dei miei sottoposti.
Mi fido
di te, Gamma. Costruiamo un nuovo mondo assieme e le vite di queste
Marionette
saranno il nostro sacrificio»
«Come desideri» Gamma si
mette in
ginocchio, gli occhi che scandagliano con ansia il cristallo violaceo e
pulsante
e, in fondo, proprio quella che appare come una figura umana
intrappolata
all'interno.
«Che l'evocazione abbia
inizio»
esclama Alpha con aria solenne, allargando le mani lugubremente, mentre
le
dozzine e dozzine di candele all'incenso piazzate mela sala si
illuminano di un
lucore azzurro ed inquietante. La stanza ora brilla, la luce blu che
sembra
provenire da un altro mondo.
«Lungo i fiumi
di Babilonia,
là
sedevamo e piangevamo
ricordandoci
di Sion.
Ai salici
di quella terra
appendemmo
le nostre cetre,
perché là
ci chiedevano parole di canto
coloro
che ci avevano deportato,
allegre
canzoni, i nostri oppressori:
"Cantateci
canti di Sion!".
Come
cantare i canti del Signore
in terra
straniera?
Se mi
dimentico di te, Gerusalemme,
si
dimentichi di me la mia destra;
mi si
attacchi la lingua al palato
se lascio
cadere il tuo ricordo,
se non
innalzo Gerusalemme
al di
sopra di ogni mia gioia.
Ricordati,
Signore, dei figli di Edom,
che, nel
giorno di Gerusalemme,
dicevano:
"Spogliatela, spogliatela
fino alle
sue fondamenta!".
Figlia di
Babilonia devastatrice,
beato chi
ti renderà quanto ci hai fatto.
Beato chi
afferrerà i tuoi piccoli
e li
sfracellerà contro la pietra»
La voce di Alpha riverbera
tombale attraverso la pietra, sembra scuotere la terra sotto il loro
piedi e
aprire un passaggio verso il mondo infernale, milioni di universi
paralleli che
si stringono e tremano assieme, affascinati ed inorriditi da ciò che
sta per
essere compiuto.
Il Puro solleva il palmo,
su cui
brilla lo scintillante anello di Salomone, il brillante che pulsa di
potere
attraverso il marchio, e sembra che tutte le ombre della stanza vengano
risucchiate verso il punto focale. Il cristallo brucia, emette luce ad
intermittenza, diffondendo il suo bagliore violaceo su tutte le
superfici,
tingendo le colonne di una sfumatura macabra.
«Grande e potente Paimon,
io ti
invoco e ti chiedo di—» non fa in tempo a finire la frase, che una mano
gli
afferra la caviglia con forza, dita che affondano nella sua carne. Per
la
sorpresa, Alpha sgrana gli occhi e perde la concentrazione,
sbilanciandosi
all’indietro.
«Sorpresa!» esclama Jules
socchiudendo gli occhi e trattenendo il Puro per le caviglie con un
sorrisino
soddisfatto.
«Ma che diavolo—» sibila
Alpha, sconvolto
e troppo concentrato sulla misteriosa resurrezione di Jules per
accorgersi dei
movimenti di Gala alle sue spalle.
Senza troppi indugi, la
ragazza
gli strappa l’anello di mano e gli molla un calcio ben assestato nella
zona
dietro alle gambe; Alpha vacilla e barcolla all’indietro, fino ad
appoggiarsi
con le spalle al cristallo, che ha smesso di pulsare a causa
dell’interruzione.
«Gamma!»
sbraita mentre le due Marionette, ammaccate e coperte di
sangue e fango, si alzano in piedi, massaggiandosi le giunture e
sorridendo,
entrambi inconfondibilmente vivi «Cosa significa questo?»
«Un ammutinamento,
certamente. La
distruzione del mondo non è mai stata nei miei piani per la serata»
Gamma alza
le spalle, mettendosi in mezzo tra Dicembre e Novembre «Temo che la tua
evocazione finisca qui, Alpha»
«Da quando va avanti
questo tuo
tradimento?»
«Non restarne deluso, ma
in
realtà non sono mai stato dalla tua parte per tutto questo tempo. Ho
sempre
fatto la spia per Percival per rovinarti la festicciola e distrarti
mentre lo
facevamo entrare in città. E ho spiegato il mio piano a loro due» apre
le
braccia ad indicare le Marionette con un mezzo sorriso sornione «mentre
arrivavamo. Sono sorpreso di quanto siano bravi a recitare»
«Erano morti»
sibila Alpha, facendo un passo avanti in maniera minacciosa.
«Non c’è niente che non si
possa
fare con degli effetti di scena convincenti. Gli ho sparato addosso
pallottole
contenenti vernice rossa e loro hanno finto di morire davanti ai tuoi
uomini,
per dimostrare che ti sono fedele. Sono già morti, quindi riescono a
trattenere
il respiro per molto, molto tempo»
Gamma schiocca la lingua contro il palato con un’espressione lupesca,
incrociando le braccia sul petto.
«Avrei dovuto saperlo che
non
portavi nulla di buono» ruggisce, avanzando verso di loro «Datemi
l’anello. Io
sto solo cercando di fare del bene nel mondo, una catarsi totale—»
«Neanche per sogno» Gala
socchiude gli occhi, con un’espressione dura «Devi pagare per tutto il
dolore
che hai causato»
Con un urlo di
frustrazione, Alpha
si scaglia verso di lei per recuperare l’anello, ma il suo corpo vola
all’indietro non appena si scontra con la barriera di Gamma, che
sbadiglia
annoiato, piazzandosi davanti ai due complici.
«Piantala, Alpha. Percival
è qui
e la città è nello scompiglio più totale. Hai perso» sibila Gamma,
passandosi
una mano tra i capelli «Arrenditi e magari ti risparmieremo»
Ma il nemico torna già
alla
carica. Sfere di luce evanescente si formano tra le sue mani e i tre si
dividono, balzando lateralmente per schivare l’attacco.
«Sono arrivato troppo
vicino per
questo» abbaia Alpha mentre fa un affondo verso ad una Gala
incredibilmente
sorpresa a causa della sua velocità.
«Gala, scappa!» le intima
Gamma,
creando a sua volta un raggio di pura e brillante elettricità magica
che con un
boato viaggia verso Alpha. Il puro devia facilmente l’attacco, e
incomincia a
camminare inesorabilmente verso Novembre.
«Ma—» protesta Gala,
rimettendosi
in piedi a fatica e tuffandosi di lato per evitare un altro colpo
mirato alla
sua testa. Jules la afferra per un braccio e si para davanti a lei,
senza
paura, scrutando Alpha con espressione intrepida e truce.
«Corri! Vuole l’anello»
ripete
Gamma e la ragazza riprende finalmente il controllo dei suoi piedi ed i
suoi
piedi iniziano a divorare marmo scivoloso, muscoli delle gambe che
pompano
furiosamente mentre aggira l’enorme cristallo e cerca di coprire gli
ultimi
metri fino alla porta.
«Non ho intenzione di
lasciarti
scappare» sospira Alpha, laconico, inchiodando Gamma alla parete con i
suoi
poteri e scomparendo improvvisamente e riapparendo davanti alla
ragazza, che va
di conseguenza a sbatterci contro, rotolando a terra con un ‘ouch’.
L’anello le
scivola dalle dita, tintinnando sul pavimento e gli enormi affreschi
sopra la
sua testa sembrano compatirla mentre tenta di alzarsi in piedi,
allungando le
dita verso lo smeraldo brillante.
Senza troppi preamboli, il
piede
di Alpha cala impietoso sulla sua mano e Novembre ulula di dolore
sentendo le
delicate ossa della mano spezzarsi sotto il peso eccessivo.
L’agonia le brucia le
dita, le
ricorda quando ancora era viva, chiusa in quella che sarebbe stata la
sua bara,
graffiando disperatamente il legno per uscirne perché presa dal panico.
Sepolta viva.
«Non così infetta,
Marionetta»
sibila Alpha, premendo bene la suola contro la carne della ragazza
«Lasciare il
party prima della fine non è educato»
Gala inveisce contro di
lui
mentre Jules, arrivato alla carica, gli sferra un pugno che l’uomo
blocca
agilmente, torcendogli il braccio all’indietro con maestria; il ragazzo
si
dimena, ringhia, geme, ma nulla può più salvarlo.
Con la mano libera, Alpha
afferra
l’anello con espressione trionfante; stringendo il prezioso manufatto
tra le
dita, si volta verso Gamma, sorridendo.
«Ho vinto» afferma tra i
denti, scagliando
Jules contro la parete. I suoi occhi mostrano un’urgenza febbrile,
mentre si
volta verso il cristallo, mani congiunte in un atteggiamento di
preghiera
corrotta e blasfema.
«Non ancora» tuona una
voce,
dietro di loro, e Percival fa la sua entrata di scena dalle enormi
porte di
destra, volto smunto e spigoloso, ma colmo di tenacia.
«Percy!» esclamano in coro
Jules
e Gala, a metà tra il meravigliato e il disperato nel vedere il loro
‘padre’
miracolosamente indenne. Gamma si alza faticosamente in piedi,
racimolando un
po’ di forza per un sorriso.
«Giusto in tempo per
vedere il
mio trionfo» replica Alpha, monocorde e serio come al solito, mentre
alza
l’anello sopra la testa e la pietra comincia a brillare «Paimon, io ti
invoco!»
E il cristallo esplode in
un
milione di frammenti di energia magica.
Ore 14:06
San Pietroburgo è oscurata
da una
cappa di tenebre sconfinate e gli abitanti entrano nel panico,
l’angoscia che
avvolge e attanaglia i loro cuori. E, così, comincia l’Apocalisse.
Ore 14:07
Il demone è lì, enorme
nella sua
potenza, un accumulo perverso di ombre, artigli, dolore, una massa
informe e
membranosa, assetata di anime e di sangue.
Non ha più nulla che
ricordi la
sua ospite, la ragazzina dolce e gentile che è stata Camelia; il suo
corpo è
stato divorato dall’oscurità da molto tempo, ormai.
Paimon ruggisce, milioni
di
decibel che si infrangono contro le pareti mentre quel lamento, che
sembra
provenire direttamente dall’oltretomba, divora la luce del giorno.
Gala e Jules si premono le
mani
sulle orecchie, i timpani che sembrano voler esplodere a tutta quella
potenza.
Percival alza gli occhi all’enorme creatura demoniaca, uno sguardo di
pura
melanconia e colpevolezza intriso nei suoi occhi scuri.
«Alpha—» comincia, molto
lentamente.
«Ho vinto» Alpha inizia a
ridere,
incredulo del proprio trionfo. L’anello gli scivola a terra, ma non ci
fa caso
mentre sorpassa tutti i presenti, i suoi passi che riecheggiano sul
marmo, i
suoi occhi che non vedono altro che la purificazione della Terra. Si
sente il messia,
l’eletto, colui che porterà finalmente pace e giustizia ad un mondo
empio e
devastato dalle azioni sconsiderate dei mortali.
«Alpha, basta così»
ringhia
Percival, tentando di fermarlo, ma l’uomo continua a camminare
imperterrito
mentre se lo scrolla di dosso «Quello è un demone pericoloso! Non
riuscirai a
controllarlo. Ti divorerà»
«Andrà tutto bene» replica
lui,
sempre più vicino alla massa informe e priva di contorni, quell’essere
che
sembra attirare a sé tutta l’angoscia e il dolore del mondo intero
«Costruiremo
un mondo nuovo, io e te, Paimon! Avanti, distruggi i miei nemici»
Un altro ruggito
assordante si
leva dalla gola del demone e, questa volta, tutte le finestre della
chiesa e
delle case ad un chilometro di distanza, vanno in frantumi. La massa
gigantesca
sembra espandersi, pura oscurità che divora tempo e spazio, fuori
controllo.
«Alpha!» lo avverte Gamma,
ma il
suono della sua voce si perde nel rumore del risucchio, della realtà
che sembra
crollare su se stessa con grida di agonia.
«Ormai è fuori controllo!»
Percival afferra Gamma per il colletto, portandolo indietro, ma per
Alpha ormai
non c’è nulla da fare. Ha superato il confine della follia da tempo,
ormai e il
suo corpo cammina sempre più verso la luce nero-violacea e che pulsa e
si gonfia.
«Distruggi i miei nemici!»
ordina
di nuovo, ma il demone non sembra volerlo ascoltare e, come un buco
nero, una
faglia nel tessuto dell’universo, si espande sempre di più,
avvolgendolo nel
suo turbinio caotico.
Le sue urla sono soffocate
mentre
l’oscurità lo ingloba dentro di sé, scintille e boati che si diffondono
nella
terra. Il vento comincia a tirare sempre più forte, un risucchio
potentissimo
che frusta i capelli lunghi di Gala, i loro vestiti, tentando di
attirarli a sé
con la forza di gravità. Gala strilla, un’inquietudine e un terrore
sempre più
prorompente che le invade il petto, come se qualcosa stesse tentando di
divorare le sue emozioni dall’interno.
È un sentimento misto al
terrore,
un’angoscia così viscerale e primordiale che non possono fare a meno di
tremare.
Gamma afferra sia lei che
Jules,
stringendoli accanto a sé perché non volino via con la bocca premuta in
una
linea sottile.
«Umani,
unitevi a me, è il vostro turno» la voce di Paimon risuona
nelle loro menti, un gelo dell’anima, una voce che esprime tutto ciò
che la
perdizione e il dolore sono.
«Percival, se continua
così si
espanderà e divorerà l’intero piano della realtà. E magari qualche
universo
parallelo» Gamma si appiattisce contro la parete più lontana,
recuperando
appena in tempo l’anello di Salomone, prima che voli assieme ai vetri,
alle
candele, in quel vortice di oscurità e sofferenza «Tu l’hai bloccato
una volta.
Possiamo farlo di nuovo?»
«No, non possiamo
congelarlo
ancora» spiega lui, rapidamente, facendo un passo avanti «Ha già
danneggiato
irrimediabilmente il tessuto di questo universo. Se lo congelassimo e
basta, la
realtà collasserebbe comunque per gli scompensi energetici. Come un
vestito
come un buco, capito? Si sfilaccerebbe ugualmente e finirebbe per
crollare su
se stesso»
«E allora, cosa suggerisci
di
fare?» urla Jules sopra l’ululare furioso del vento, la voce che
risuona aliena
nella sua gola. Gamma scivola un po’ in avanti, ma riesce a mantenere
la
posizione, stringendo i denti.
«Dobbiamo richiuderlo e
rispedirlo da dove è venuto» dice lui con un’occhiata pregna di
significato e
coraggio.
«Ma tua figlia—»
incomincia Gala,
tremando incontrollabilmente tra le braccia dell’albino.
«È quello che deve essere
fatto»
sorride lui biecamente, scuotendo il capo «Per richiuderlo dobbiamo
creare un
cerchio protettivo dal quale non possa uscire e recitare un salmo. Con
l’anello
di Salomone avremo il potere necessario»
«Cosa?» strepita Gamma «È
una
follia, Percival! Nessun cerchio di sale può trattenere quella cosa.
Verrà
risucchiato prima che tu riesca a fare qualcosa…»
Percival lo guarda a
lungo,
scintille di elettricità viola e oscurità che si riflettono nei suoi
occhi. E
Gala pensa di poter vedere tutto il peso del rimorso, della stanchezza,
del
cordoglio di quegli anni vani, spesi in ricerche.
«E chi mai» afferma lui,
voce
grondante di sicurezza «ha parlato di un cerchio di sale?»
Ore 14:11
Le restanti Marionette
sono
ancora isolate fuori dalla Cattedrale, insanguinate e sedute in un
deserto di
sangue e desolazione. Gli ultimi spari riecheggiano nella piazza,
mentre
combattono la loro ultima battaglia, stanchezza e speranza che si
amalgamano e
perdono i loro confini.
Andrea e Lene sono sedute
di
guardia sui gradini quando sentono il messaggio nella loro mente, così
come
tutti i loro fratelli, impegnati nella battaglia.
«Venite a me» risuona
nelle loro
anime, si affaccia sui loro pensieri, e non possono fare altro che
ricongiungersi al loro Padre.
Ore 14:13
«Ci siamo tutti?» domanda
Percival, l’anello di Salomone infilato al dito mentre tutte le
Marionette
finalmente sfilano all’interno della Cattedrale a pianta centrale,
sguardi
angosciati e intimoriti di fronte alla massa oscura che, come un tumore
nel
seno del mondo, ora si ingrandisce, divorando la cupola e l’aria
intorno ad
essa.
Tutti e dodici sono
stretti ed
impauriti, protetti dalla barriera eretta da Gamma, che però non durerà
molto a
lungo.
«Dobbiamo agire ora, prima
che
sia troppo tardi» Percival li guarda negli occhi, uno per uno,
scorgendo paura
ed indecisione nei loro sguardi «L’unico modo per arginarlo è creare un
cerchio
solido. Credete di riuscire a farlo?»
«Lo faremo» esclama
Ilarion senza
consultare gli altri, volto bianco e teso, mascella contratta.
«Ottimo. Non c’è provare,
ma solo
riuscire o fallire, è chiaro?» spiega lui, stringendosi nel lungo
cappotto,
mentre la forza del risucchio si fa sempre più potente «Io starò
all’interno
con l’anello, ma voi dovrete recitare il salmo assieme a me.»
«Ma è troppo pericoloso!»
strepita Talini, allargando le braccia «Ci risucchierà. Tu sei un Puro,
ma noi…»
«Per quanto sia strano,
sono
d’accordo con lei» aggiunge Andrea, mordendosi l’interno della guancia
«Non
sono un’esperta di magia, ma è chiaro che il rischio è incommensurabile»
«Però, se tu sei sicuro…»
incomincia Gavril, voce soffocata dalle nocche della sua mano.
«Diglielo, Percival» li
interrompe Gamma, con le mani sui fianchi. «Glielo devi»
«Dire cosa?»
Gala sgrana gli occhi, spostando gli occhi su Percival con
sguardo inquisitorio.
«Se sto all’interno del
cerchio,
verrò molto probabilmente risucchiato anche io» esala lui infine,
mentre
tredici paia di iridi volano ansiose su di lui.
«Non puoi fare una cosa
del
genere!»
«Percival…»
«Deve esserci un altro modo»
Le voci delle Marionette
sono
intrise di panico e di stupore, volti ancora giovani e speranzosi in
un’alternativa inesistente. Percival alza la mano per silenziarli, con
aria
solenne.
«Sono conscio di quello
che può
comportare, ma è l’unico modo. Dobbiamo tentare» scuote il capo e i
ragazzi si
scambiano sguardi spauriti e consapevoli. Ora o mai più.
«Percival…» Gamma lo
guarda con
espressione compassionevole e lacrime silenziose cominciano a scendere
sulle
guance di Gala. Lene si preme la mano sulla bocca, per soffocare i
singhiozzi,
ed Elia abbraccia con gentilezza Blake, che sta tremando dal terrore.
Gavril
abbassa la testa verso il pavimento e Talini si morde il labbro,
ruotando il
capo perché nessuno possa notare che gli occhi le stanno diventando
pericolosamente lucidi.
«Sei sicuro?» domanda
Ilarion, in
tono lapidario.
«Ho fatto cose sbagliate
in
questi secoli. Ho commesso errori, vi ho coinvolti nella mia battaglia.
È
giusto che io affronti le conseguenze» Percival abbraccia una Gala
ormai scossa
dai singhiozzi, e tutti gli altri gli si stringono attorno, braccia che
lo
cercano, lacrime che scorrono sui volti contratti dal dolore.
«Non c’è nessun altro
modo?»
pigola Jules, mordendosi il labbro mentre lancia sguardi preoccupati
alla massa
di oscurità dinnanzi a loro.
«Temo di no» Percival
sorride
tristemente, allungando la mano inanellata davanti a sé «Non ho paura
di
morire. Non dovete preoccuparvi per me. Siete cresciuti attraverso le
prove,
siete forti. Potete continuare da soli, sempre a testa alta perché voi
valete.
Non importa chi siate stati nelle vostre vite passate, perché voi siete
speciali, uomini e donne rinati dalla morte. Andate avanti, combattete.
Non
dovete temere, perché io vi starò sempre accanto»
«Percival…»
«Ci deve essere un altro
modo»
«Possiamo sempre—»
«Ragazzi» Ilarion li
interrompe
bruscamente, scuotendo il capo «Ha preswo la sua decisione e noi
dobbiamo
rispettarla»
Segue un silenzio
commosso, pieno
dei singhiozzi di Lene e Gala, di addii silenziosi e di parole non
dette,
finché Ilarion non si fa avanti, occhi grigi e colmi di coraggio.
Non è possibile cambiare
idea,
ora.
«Andiamo. È la nostra
ultima
possibilità»
E, detto questo, offre la
mano ad
Elisabeth, che la stringe ad occhi bassi, prendendo poi quella di
un’apatica
Andrea che, nonostante il suo aspetto pacifico, sta ribollendo dentro
di sé.
E si mettono tutti in
fila, un
lungo serpentone umano di dodici ragazzi morti: Ilarion, Elisabeth,
Andrea,
Elia, Colonia, Talini, Deaianira, Blake, Gavril, Lene, Gala ed infine
Jules,
che chiude la fila.
Si prendono tutti per mano
e sono
pronti ad affrontare tutte le avversità assieme.
«Coraggio» mormora
Ilarion, e
Gala e Lene si stringono la mano senza parlare, sguardi brillanti e
provati,
mentre finalmente la catena si spinge oltre i confini della barriera,
seguendo
la figura di Percival che avanza in linea retta nonostante il vento,
Gamma
rimane indietro, atterrito e ammirato per lo spettacolo a cui sta per
assistere. Una preghiera congelata sulle sue labbra.
Camminare è difficile in
mezzo a
quel risucchio che li attira a sé, una forza prepotente ed oscura che
li
persuade ad andare avanti. Coprono rapidamente i pochi metri,
insanguinati e
sporchi, i fili che brillano e scintillano di magia per lo sforzo di
tenere i
piedi ancorati a terra. Qualcuno vacilla, ma la catena non si spezza.
Percival si para davanti
all’enorme mulinello di tenebre, capotto che sbatacchia attorno alle
sue gambe
per effetto della corrente.
«Chiudete il cerchio»
ordina e
Jules e Ilarion, lacrime aspirate dall’empietà del vuoto, si separano
l’uno
dall’altro, allargando il cerchio contro le pareti, ognuno dei dodici
che
attinge alla propria forza per non rompere la figura.
Le dita dei due ragazzi si
sfiorano per un istante, e ci vogliono altri due tentativi perché
possano
finalmente afferrarsi e completare la barriera.
Gamma abbassa lo sguardo
dalla
sua postazione sicura, pugni stretti lungo i fianchi.
«Bene così!» li incoraggia
Percival, alzando gli occhi verso il turbinio dinnanzi a lui «Non
cedete!»
Le Marionette piantano i
piedi
contro il pavimento, cercando di non lasciarsi trasportare dalla forza
centrifuga, allargando il cerchio in una forma più regolare possibile.
Muti
sguardi di disperazione e concentrazione, speranza e risoluzione.
«Camelia, aspettami»
sussurra
lui, aprendo le braccia con un sospiro profondo.
Il mulinello sembra
pulsare e
scintillare di luce oscura, mentre la voce profonda come l’universo e
più
antica del tempo, sembra sussurrare di rimando.
«Pa… pà…» Percival abbassa
lo
sguardo, mordendosi il labbro. Ora o mai
più.
Inizia ad intonare una
cantilena
oscura, ogni molecola del suo corpo che canta con lui. Le Marionette si
stringono più forte tra loro, aloni di luce che cominciano ad emanare
dalla
loro pelle, secondo il colore dei fili: grigio, viola, blu, giallo,
magenta,
dorato, rosso, arancione, rosa, turchese, glicine e verde.
La luce si fonde, creando
un
enorme cerchio di luce bianca, una colonna che supera la cupola e si
erige fino
a toccare il cielo.
E le loro voci tuonano in
unisono, si accavallano, crescono di intensità in un’ondata di potere
ed elettricità.
Il sapore di sangue e
magia si
mescola sulle loro lingue, mentre parlano:
«Dio, per il
tuo nome salvami,
per la
tua potenza rendimi giustizia.
Dio,
ascolta la mia preghiera,
porgi
l’orecchio alle parole della mia bocca,
poiché
stranieri contro di me sono insorti
e
prepotenti insidiano la mia vita;
non
pongono Dio davanti ai loro occhi.
Ecco, Dio
è il mio aiuto,
il
Signore sostiene la mia vita.
Ricada il
male sui miei nemici,
nella tua
fedeltà annientali.
Ti
offrirò un sacrificio spontaneo,
loderò il
tuo nome, Signore, perché è buono;
da ogni
angoscia egli mi ha liberato
e il mio
occhio ha guardato dall’alto i miei nemici.»
Pronunciano all’unisono
assieme e
le labbra di Percival si curvano in un sorriso finale, lacrime che
volano nel
vuoto, mentre l’energia dell’universo torna al suo equilibrio iniziale
e la
luce delle Marionette balugina nell’infinito, la tensione che
riecheggia in se
stessa, si moltiplica, mentre il mondo svanisce.
Un'ondata di magia si
leva,
milioni di fili di elettricità statica si intersecano nel creare una
tela
enorme, che si gonfia, si espande, canta nelle ossa dei pietroburghesi,
riverbera dall'uno all'altro, vibrando nei loro cuori, consumando e
nutrendosi
dell'energia.
Si ferma, pulsa, implode
nell'universo.
Milioni di echi risuonano
l'uno
nell'altro e, per un unico istante, San Pietroburgo cessa di essere San
Pietroburgo, e la Terra trema dalla potenza dell'ondata.
La luce oblitera il mondo,
divora
l’orrore, il cemento, la vita, ammanta quel mondo sporco ed immondo.
Per un solo, infimo,
istante, la
città si staglia al centro di un caos perfetto, toccando la linea a
metà tra
l'esistenza e l'inesistenza, che è Dio, Yahweh, Allah, Ahura Mazdā o
come vuoi
chiamarlo; alfa ed omega di tutti gli enti, punto fisso in passato,
presente e
futuro.
Ed è la magia che
frammenta il mondo
in schegge e lo ricompone secondo uno schema di perfezione,
l'allineamento dei
pianeti, l'opera d'arte che è l'arché,
mutevole ed immutabile, divino e mortale.
E, per un momento,
l'intera San
Pietroburgo sfiora lo spazio nella sua essenza più mistica.
Ma è solo per un attimo.
E poi ー le luci si spengono, i ricordi vengono lavati via, la marea magica si ritira in se stessa e San Pietroburgo ritorna ad essere città una città qualunque, gelida, terrena.
Fuori,
comincia a nevicare.
chion
whispered:
ho
postato? Ho postato, accidenti!
Secondo
la mia tabella di marcia avrei dovuto farlo tipo venerdì, ma mi sono
ricordata
di avere un impegno per tutta la giornata con la scuola, quindi ho
voluto farvi
un regalo ed anticipare(?).
Detto
questo, ho ricominciato la scuola, ieri ed è sempre più un inferno *che
gioia*
Scusate
se per questi giorni sono stata un po’ assente da internet, ma vorrei
un po’
staccare çç
Comunque
sia, questo è l’ultimo capitolo, yay!! Vi prego, non prendetemi a
padellate per
aver ucciso Percy, ma non credo dei lieto fine totali e un po’ di angst
ci
vuole sempre (hahaha). Quindi.
PLOT TWIST.
Gala e Jules non sono morti, haha (ci avevate creduto seriamente? Sono
una
brava trollatrice, allora. Trollomine Kirei è il mio maestro) e Gamma è
sempre
stato dalla parte dei buoni, perciò ora potete smetterla di odiarlo
*abbraccia
Gamma*
I salmi che ho utilizzato sono *sbircia sulla mano* il 53 e il 136, yay! Detto questo, la storia è praticamente giunta alla conclusione con l’ultima scena (piaciuta?) e arriviamo all’epilogo il 28. Oddio, questa storia sta terminando asdfghjkl. Adesso suppongo potrò bere anche io mio vino in maniera fAiga come una completa kween e farmi gli applausi da sola *si versa il vino*
Come ho
detto, ora meglio che vada che ho qualcosa da scrivere in cantiere.
Sperando
che a qualcuno ancora interessi di questa storia.
ange
/toh,
guarda, un Gilgamesh selvatico/