Avevo adocchiato questa storia la volta scorsa, mentre cercavo di cpaire che tipo di autrice fossi; notando che si trattava di una storia a capitoli, sono passata oltre, ripromettendomi di darle un'occhiata la prossima volta.
Iniziamo dal titolo: i tuoi titoli sono di una semplicità disarmante (soggetto e complemento), come quelli di Camilleri; ed è proprio questa la loro forza. Un titolo deve invogliare, ma non essere roboante, deve incuriosire ma non spiattellare tutto subito; deve farti sentire a casa. E i titoli "semplici" sono anche i più eleganti. Ti predispongono alla lettura, come accade per i romanzi di Camilleri.
Il lessico è ricercato, ma non aulicamente astruso. Si sposa alla perfezione con il ritmo e la lontananza - nel tempo e nello spazio - delle vicende di Kira. Ha un andatura che profuma di carta invecchiata, di storia. Sembra di sentire qualcuno che, questa storia, te la sta raccontando, mostrandoti la città di Svea come la vedrebbe un pellegrino o un mercante che si reca al mercato a vendere le proprie mercanzie. Sembra di essere all'interno di una campagna di D&D, oppure in uno dei romanzi di Steven Erikson: la società ci viene descritta attraverso gli occhi del protagonista, Kira, e, attraverso di lui, apprendiamo usi e costumi di un mondo che basa le proprie percezioni sui minerali e sulla pietra stessa.
Me ne sono resa conto nel corso del primo cpaitolo, il campanello è scattato alla descrizione degli occhi della piccola protagonista. Acquamarine, le ha descritte Kira, anzi, no cristalli di acquamarina. L'uso di ricorrere ai colori delle pietre preziose è un classicone della letteratura fantasy, anche se, a dire il vero, quest'uso diviene un abuso in certa letteratura "bassa", pop all'ennesima potenza, dove abbondano occhi d'ossidiana, di diaspro, di vattelappesca, e il povero lettore si deve fermare per andarsi a cercare di che colore sia quella pietra preziosa. Qui, invece, il paragone è perfetto, calzante. Tutto questo mondo di basa sulla pietra, dalla spirale della madre di Kira ai costoni che sorreggono Svea, agli occhi di Demera; paradossalmente, sarebbe stato straniante non trovare qui questo parallelismo.
Ho amato tutti i personaggi, da Kira a demera al padre del ragazzo; avrei voluto conoscere anche la madre del nostro protagonista, ma la sua voce non era necessaria - almeno in questo capitolo -; mi lasci comunque la curiosità di capire che tipo di donna era. Del padre di Kira ho appreso qualcosina. L'ho visto agire, portarsi dietro il figlio al mercato, disarmare i suoi tentativi di piazzare il carretto accanto al banco dei dolci - perché sono troppo cari, e gli sembra una cattiveria far vedere al figlio qualcosa che lui sa non potrà dargli - al fornire proprio un dolce al figlio per mitigare la sua delusione, assieme ad un prezioso consiglio, ad una massima di vita.
È stato un momento molto forte, vero. Paradigmatico, potremmo dire. Mazze e panelli fanno i figli belli, diceva mia nonna. E se quel dolcetto ha mitigato la tristezza, la delusione, il sale in bocca a Kira, il ragazzo, proprio a causa di quel dolce, ricorderà la lezione di vita che suo padre gli ha appena fornito. Credo che, senza voler togliere nulla a Kira e Demera, il padre di Kira sia il personaggio che ti sia riuscito meglio, proprio perché agisce come un vero padre, come se in lui ci fosse un po' del padre di tutti noi.
La trama si dipana in due momenti fondamentali, almeno in questo primo capitolo: il primo, ci introduce a volo d'uccello nel mondo che hai ideato, e sembra quasi di sentire i rumori del mercato, della strada, delle ruote sul sentiero, delle mercanzie che frusciano, rombano, tintinnano, assieme al batticuore di Kira e all'infoscarsi del suo umore. E posso gustare un sapore dolce e salato sulla lingua.
Il secondo momento, come dici tu, sa solo di sale. La descrizione della malanera, dell'epidemia che si sprigiona piano piano, lentamente, mentre Kira e la sua famiglia non s'arrendono, e anzi, s'intestardiscono a trovare aiuto a Svea, salvo per scoprire che è proprio a Svea che tutto è iniziato e che è qui che si annida la paura. Paura che arriva a far commettere un atto orribile ai cittadini di Svea. E qui, nonostante l'orrore, non me la sono sentita di odiare gli abitanti della capitale; la paura è un motore terribile e di difficile governabilità. Ci sta tutta che abbiano reagito così. Quello che non ci sta - o meglio: quello che a me ha fatto girare le scatole - è stato il ocmportamento di demera quando si è resa conto di quello che sarebbe accaduto di lì a poco. "Lascia perdere. Poi smettono e si calmano", come se fosse la normalità - e per lei lo è, purtroppo - senza pensare al fatto che erano i genitori di kira quelli che avrebbero linciato di lì a breve. O forse l'ha fatto per non far assistere il suo amico d'infanzia ad uno spettacolo raccapricciante? Mi hai lasciato col dubbio,
Per ora, staimo assistendo ai prodromi di una storia di vendetta; la vendetta, più che l'amore, è un motore potentissimo che fa presa sui lettori perché ci si immedesima con una facilità incredibile nei problemi e nella rivalsa che i protagonisti delle storie di vendetta suscitano in chi legge. Se già mi è venuto in simpatia Kira, quando l'ho visto caracollare sulla piazza del mercato a causa di uno sgambetto, mi sento più vicina a lui dopo quello che gli è successo; sarebbe impossibile non esserlo, ma, avendoci tu fatto conoscere ed entrare in simpatia Kira, è più forte, molto più forte, la simpatia genuina che le vicende di questo ragazzo suscitano.
Leggerò con piacere il resto dei capitoli, il tuo stile è scorrevole, accattivante e sicuro; insomma, è una piacevole passeggiata in cui immergermi in questi pomeriggi di tardo autunno. |