Recensioni per
Puntuale alle sette
di Kutzie
Voglio essere sincera, non mi ha per niente stupita il finale. Vuoi sapere perché? Ma perché ho barato ovvio! Ahahah! Da brava fan degli happy ending do quasi sempre un'occhiatina alla conclusione prima di iniziare a leggere una storia, diciamo che di solito inizio solo se ho la certezza di una gioia finale. Non ho nulla contro l'angst duro fino alla fine, solo che non fa per me e di solito lo evito. E meno male che hai scelto di terminare così, altrimenti mi sarei persa questa perla. Ma passiamo nel dettaglio alla tua storia, ammetto che quest'ultimo capitolo mi ha commossa, avevo capito già da un po' le intenzioni del dottore, ma leggerlo mi ha fatto molto effetto. Tutta la storia è davvero particolare, per tutta la lettura (tra l'altro l'ho letta tutta d'un fiato sebbene il piano iniziale fosse quello di leggere un capitolo al giorno, ma vabbè, una volta iniziato non sono riuscita più a fermarmi) ho avuto sentimenti contrastanti: da un lato c'era la dolcezza dei ricordi, la tenerezza della loro storia d'amore, la serenità che tutto questo mi trasmetteva. Sono state delle parti davvero belle da leggere. D'altra parte però ci troviamo di fronte a una situazione tragica, John parla di fronte alla tomba di Sherlock, c'è tutto il dolore di John, i suoi rimpianti, uniti a quelli del detective. Queste parti sono state ugualmente belle da leggere, è davvero interessante come sei riuscita a rendere questi sentimenti contrastanti contemporaneamente. Da una parte volevo godermi i ricordi narrati, dall'altra volevo giungere all'agnognato/temuto momento in cui John sarebbe arrivato a quel gesto (sempre però con la rassicurazione del finale). Non so se sono riuscita a trasmetterti ciò che volevo, in particolare volevo farti capire che ho davvero apprezzato la storia, in tutte le sue parti. La descrizione del loro amore poi, è stato qualcosa di magnifico, quanto li ho amati nei loro ricordi! Hai descritto veramente bene i personaggi, sono entrambi veramente ben caratterizzati. Sherlock con le sue stravaganze e il suo caratteraccio, che però si sforza enormemente e tutto questo solo per il suo dottore. E John, immensamente innamorato del suo consulente investigativo, psicologicamente a pezzi, senza più niente di bello nella sua vita, senza nulla che lo spinga ad andare avanti. Quando rifiuta l'invito a cena da parte della segretaria, quando parla con la psicologa, ma senza un reale interesse, ecco in questi e altri punti sei riuscita a rendere chiaramente la situazione psicologica del personaggio. Sono riuscita perfettamente ad immedesimarmi con lui, a comprendere ciò che pensava. Guarda potrei scrivere ancora tanto su tutte le cose che mi hanno colpito e ho apprezzato di questa storia ma mi fermo qui. Spero di essere riuscita a trasmetterti il mio entusiasmo per ciò che tu hai scritto. Devo farti solo un piccolo, piccolissimo, microscopico appunto, ho trovato degli errori di battitura o distrazione nei vari capitoli, niente di grave, però è un peccato, la storia è così bella, è scritta anche molto bene, e questi stonano un po'. Spero tu non la prenderai come una critica, mi dispiacerebbe. Se poi vuoi quando la rileggerò posso indicarteli (perché sì, sicuramente la rileggerò più volte). Concludo facendoti nuovamente i miei complimenti, spero di leggere ancora tuoi scritti, chissà magari proprio un proseguimento di questa storia. A me piacerebbe molto. A presto! |
La decisione di John di farla finita è lucidissima e, nella sua situazione, la trovo comprensibile: in sette capitoli ci hai mostrato i ricordi di una vita insieme fatta di attrazione, risate, anche di incompresioni, ma soprattutto di tantissimo amore. E quando John pensa di aver perso qualcosa di così unico e speciale, altre strade non ne vede. |
E in questo capitolo emerge molto chiaramente quanto John sia provato dalla perdita di Sherlock e che danni ha fatto il vederlo morire: è talmente abituato a vederlo in ogni dove che non riesce quasi più a distinguere la realtà dalla fantasia. Davvero, alla luce di questo, il suo tentativo di suicidio dello scorso capitolo appare ancora più credibile. |
Leggere che John ha tentato il suicidio un po' me lo aspettavo: anche se negli scorsi capitoli ce lo hai mostrato intento ad andare avanti con la sua vita e il suo lavoro, però rifiuta di voltare pagina, di aprirsi alla possibilità di una nuova storia e si capisce che dentro di sé è un uomo vuoto e spento, in più ha sempre quel tarlo che lo accompagna e di cui avevi già fatto cenno nel secondo capitolo, ossia che Sherlock non lo amasse abbastanza (altrimenti non si sarebbe suicidato davanti a lui). |
Sono contenta che alla fine del capitolo John abbia capito il perché di quelle parole di Sherlock, che a una lettura superficiale potrebbero sembrare davvero crudeli. John in un certo senso è la cosa peggiore che potesse capitargli, perché ha scardinato completamente un modo di vivere e di pensare che Sherlock aveva costruito attorno a se stesso fin da quando era bambino, e i cambiamenti fanno paura, perché non si sa a cosa si va incontro, e soprattutto, dopo aver conosciuto l'amore di John, Sherlock sa che non può più tornare indietro e essere quello di prima. |
La gelosia reciproca è uno dei miei trope preferiti quando si tratta di John e Sherlock. Mi piacciono entrambi in veste di gelosi (ovviamente se finiscono per fare pace, poi). Qui hai delineato molto bene Sherlock, perché si capisce che, a parte John, non è abituato alle relazioni a lungo termine, ne ignora le basi, non ci pensa a quello che potrebbe dar fastidio al partner, almeno finché non è troppo tardi, ma il fatto che sia stato male così tanto, dimostra che la sua non è una cattiveria volontaria. Ha solo bisogno di un po' di rodaggio. |
Mi piace come, anche se è John il narratore e vediamo prima di tutto i suoi sentimenti, in ogni capitolo c'è spazio anche per Sherlock, e la sua amarezza per una decisione che non avrebbe oluto prendere e che sa che avrà delle conseguenze, il rimpianto è evidente nei suoi piccoli gesti e nel fatto che ha conservato le loro conversazioni sul cellulare, penso che tu abbia colto bene questo lato di Sherlock, che non è plateale nei suoi gesti, ma si esprime attraverso piccole cose. |
Mi piace molto questo modo di costruire la storia, dividendola tra presente (doloroso) e passato (pieno di felicità), perché questo riesce a far spiccare meglio entrambe le componenti: il presente di John è tanto più tragico quanto più belli sono i ricordi del passato legati a Sherlock. |
Ho sempre voluto leggere una scena ispirata all'episodio del Cluedo e l'ho trovata davvero molto bella, perché hai saputo unire l'umorismo di Sherlock che non accetta le regole del gioco, alla sottile tensione tra i due che aumenta sempre più, fino a sfociare in un bacio davvero bellissimo. |
Ciao, dunque... Sì, sapevo che non poteva finire in quel modo e avevo annusato una situazione come questa. D'altra parte, l'atteggiamento di John nei capitoli passati era davvero troppo strano per poter passare inosservato. A cominciare dai giorni di ferie chiesti al lavoro, che mi hanno insospettita, ma così come anche questa idea di rivangare vecchi ricordi di quando era tutto bellissimo e stupendo, e Sherlock era vivo, un giorno dopo l'altro. Insomma, qualcosa di simile era nell'aria. Inoltre trovo davvero molto "da John" una cosa del genere. L'aspettare il 30 di gennaio, e il farsi forza da mesi per andare avanti e soltanto per poter morire proprio quel giorno... John è un sentimentale, io l'ho sempre pensato e per quanto terribile sia una prospettiva del genere, credo che nella sua testa avesse un significato ben specifico, l'aspettare quel giorno. Come se per lui la vita fosse iniziata il giorno in cui ha conosciuto Sherlock e di conseguenza, perché non farla finire proprio il 30 gennaio, come un cerchio che si chiude? Non mi azzarderei a definire questa cosa "romantica" perché forse è fuori luogo, ma trovo il concetto che c'è dietro (l'inizio e la fine della vita) un qualcosa che nella mente di una persona che sta per compiere un gesto come questo, potrebbe venir definita anche in questo modo. |
Sarò sincera: avevo preparato una recensione che iniziava con la constatazione dell’amarezza abissale rimasta dopo lo sparo, anche se permaneva in me il dubbio sul perché Sh non fosse intervenuto in tempo. E poi ti snocciolavo una serie di lamentazioni sulla tragedia come, per esempio, sui cambiamenti che la vita di Sh avrebbe avuto, con il dolore devastante del suicidio di John davanti ai suoi occhi. Notevole la precisione con cui hai rappresentato la meticolosa preparazione dell'anniversario che organizza Watson sotto una luce livida ed agghiacciante di un dramma senza soluzione. Efficace anche quel mantenere le voci di Greg, Mycroft, Molly e della signora Hudson come un coro lontano, sullo sfondo della scena. |
Ciao, ho aspettato la fine per scriverti perché avevi detto che la storia sarebbe stata breve, certamente non a causa di mancanza d'interesse. |
Sappi che mi hai fatto prendere un infarto quando ho letto "Lo sparo rieccheggiò nell’aria inondando la quiete del cimitero. Ora era davvero finita.". Mi stavo per mettere a piangere...poi scorrendo in basso, sono svenuta e rinvenuta in un lampo...batticuore a mille e poi da lì e stata tutta in discesa. L'ultima parte è stata dolcissima è terribile allo stesso tempo: insomma dopo che si sono ritrovati non poteva ammazzarsi sul serio John...cioè si poteva ma non l'avrebbe fatto sul serio. |
“…si alzò svogliatamente dal letto…”: il malessere di John diventa sempre più invasivo rispetto alle sue giornate che, già dal mattino, gli diventano pesanti da affrontare, con l’àncora della disperazione per la mancanza di Sh che, ormai, si è trasformata in qualcosa d’incurabile se non con soluzioni estreme. Perfino la pelle di una paziente che potrebbe “distrarlo” con le sue doti fisiche, fulmineamente, gli ricorda quella pallida e perlacea del suo compagno: descrivi così, in modo puntuale e senza scampo alcuno, il progressivo allontanamento del medico da quella che è la vita reale. Ma, quello che trovo l’argomento fondamentale del capitolo, è la tua interessante trovata narrativa della paradossale cecità di John di fronte alle numerose visioni che ha del consulting scomparso. “…Non posso, perchè tu sei morto…”: un dato per lui positivo sarebbe infatti la raggiunta consapevolezza che quello che vede dappertutto non è altro che frutto delle sue tristi allucinazioni che gli fanno ravvisare, anche in degli estranei, le fattezze tanto amate di Sh. Questo, per lui nuovo, aspetto psicologico, potrebbe aiutarlo a superare il lutto ed a metabolizzarlo come fatto reale ma ormai irreparabile, ma rischia di diventare un problema per Holmes, che corre il rischio, durante una sua, che reputo probabilissima, ricomparsa per farsi accettare di nuovo nella vita al 221b, di non essere riconosciuto come figura viva e materiale ma solo come allucinazione… Efficace quello sparire di Watson nella nebbia leggera, quasi a sottolineare il suo trovarsi, impotente, in un mondo illusorio e pericolosamente distante dalla realtà. Bel capitolo. |
Ciao! ;) |