Ciao!
Ho letto questa storia ieri, ma di recensirla alle undici di sera non se n'è proprio discusso. Avrei detto le cose sotto e sopra, senza che si riuscisse a capire niente e metà di quello che avrei voluto dire lo avrei perso per strada. La settimana è iniziata a tutta birra!
Mo' che ho finalmente un po' di tempo per me, ne approfitto.
Allora, stavolta procedo in maniera un po' differente, partendo dalla "STORIA".
Innanzitutto il titolo, perché è quello che mi ha portato a scegliere questa. Mi piace moltissimo: ha quel tono effimero dato dalla parola "sfuggente" e possiede quella nota cupa, piena di angst data da "ombra". Ma è quel possessivo che gli dona un carattere deciso, quasi violento. Credo che, al di là del significato, racchiuda perfettamente sia la natura di Sigyn che quella di Loki. Sigyn che è così eterea e inafferrabile, che quasi nessuno può avere se non o con il denaro (i suoi clienti) o con il cuore (Loki); e poi, in quelle parole c'è tutta la perfidia e la "sadicità" di Loki, quel suo modo di volere e amare così totale e venefico, possessivo e ambiguo, tra la delicatezza e la distruzione, la violenza e la supplica. Me lo immagino pronunciare queste parole con tono melodioso e malinconico, come chi accarezza qualcuno sapendo che le sta facendo del male. C'è possessione ma anche un senso di venerazione. Ok, ce la smetto perché sto sembrando idiota, ma spero si sia capito quanto mi sia piaciuto, al di là dei miei scleri.
Dico solo che mi è piaciuto che il titolo racchiuda sì le loro personalità, ma sia parte integrante della storia, con Loki che pronuncia queste parole anche all'interno del testo. Inoltre, mi è parso di capire che quel poema non fosse solo un racconto ma anche la malia con cui ha stregato il suo ventre. Mi chiedo se questo poema esista veramente tra le leggende nordiche o se è stato un qualcosa di tua invenzione. A me ha richiamato alla memoria una storia che io amo alla follia (gli ultimi incantesimi) dove un incanto aveva un effetto simile sulle donne. In quell'opera, si sentiva l'associazione tra quella razza con quella della società medio-orientale, con le pratiche come l'infibulazione. E se penso a questo e all'effetto che questo incanto ha su Sigyn, sento tutto il dolore per questo inganno e sopruso, una possessione totale di un dio che non vuole dividere ma che allo stesso tempo non ha il coraggio di prendere; e allora macchina nell'ombra, consapevole di quell'errore, di quel modo quasi malato di amare, ma lo fa, perché è nella sua natura, e si crogiola in quella malia, quasi a provare piacere e rassicurazione nel saperla sua.
La storia mi è piaciuta, molto. Non conoscendo bene il contesto, avendo un'idea molto generale grazie al primo film di Thor e mancando qui descrizioni dell'ambiente, questa storia mi è risultata molto come una specie di AU, per quanto riguarda l'ambientazione. Questo mi ha permesso di collocarla in luoghi immaginari a mio piacimento, sempre con le dinamiche che tu ovviamente narravi. E questa presenza di luoghi più malfamati nella città, quartieri pieni di bordelli e poi uomini che acquistano e padroneggiano belle donne nelle loro dimore come oggetti preziosi di cui vantarsi, assegnando loro interi appartamenti lussuosi, uomini che fanno regali e pagano la compagnia delle donne; e, più nel concreto, Sigyn che dona il guadagno datogli da Loki proprio a lui per permettergli la fuga mi ha portato un po' nelle terre d'oriente.
Ok, può sembrare stupido, ma questa sensazione è stata accentuata dalla punteggiatura di questa storia, il modo in cui hai deciso di utilizzare il passaggio tra il trapassato prossimo e il passato remoto soprattutto nella prima parte mi ha ricordato quello usato nel libro "Le mille e una notte". Atmosfere lontane, sotto tappeti di stelle, donne bellissime che incantato e tolgono il senno e uomini pieni di disavventure. Potere, banchetti, lotte, intrighi, dolori e soprusi; antiche ballate e incantesimi antichi e perduti che riecheggiano da lontano in questi scritti. Forse questo è dovuto anche al fatto che ultimamente sto proprio leggendo questo libro, però la tua storia mi ha saputo dare quell'incanto un po' esotico ma con tanta, ma molta più sostanza e soprattutto coinvolgimento. E questo mi ha ripagato nella tediosa lettura in cui ho deciso di impelagarmi con le mie stesse mani (quel libro dovrà finire prima o poi).
A piacermi è il modo sapiente in cui utilizzi il presente, cosa che eleva ulteriormente questo scritto rispetto a quello con cui l'ho paragonato poco su. Dona alla storia un tono inappuntabile, secco, che pesa come una sentenza. Rende quelle frasi verità assolute, sempre valide e conferisce alla storia una sorta di atmosfera ricca di pathos, di incanto, di leggenda. Il narratore diventa potente, una presenza attiva che incide le parole nella pietra, crea immagini suggestive con cui tessere la trama.
Il personaggio di Sigyn mi ha sorpreso moltissimo e mi ha incantato. Hai mantenuto quell'eterea bellezza, quel mesto portamento, quella seduzione piena di amore e devozione; e quella fedeltà nello spirito che ho scoperto durante la lettura di "In direzione ostinata e contraria". Mi è piaciuta, a tal proposito, la frase "gli era stata fedele nel cuore e nell’anima, concedendo a lui, solo a lui l’amore." perché si sente tutta la bruttura del suo mestiere, e il suo unico modo per incarnare fedeltà è nello spirito. Questo passaggio, come l'intera storia, è pieno di sottintesi molto delicati, forti, che tu racchiudi in una storia piena di sensazioni e sentimenti, dove a troneggiare sono le caratterizzazioni così complesse e sfaccettate dei due personaggi, pieni di sfumature che racchiudono a trecentosessanta gradi l'ambiguità dell'animo umano. Ci sono luci ed ombre e dinamiche che rendono unici i loro modi di essere, così che alla fine è impossibile scindere la parte buona da quella marcia: nello spirito sono umani, provano ed esprimono emozioni e bisogno a loro modo. C'è molto realismo in questo.
Il lavoro che fa in questa os, poi, rende ancora più estremo e totalizzante il suo incarnare la dea della fedeletà, e lo fa in un modo più umano e allo stesso tempo profondo, quasi inverosimile.
Nel finale, dove lei diventa consapevole di quello che è diventato il ragazzo dal sorriso scaltro e la mente vivace, di cosa significhi amare il dio degli inganni, un uomo che prende ciò che vuole, che è fatto di ombre e furbizie, beh, ho sentito sia tutto il peso leggendario che incarna questa coppia nella tradizione nordica ma soprattutto ho sentito tutto il peso e la forza dell'amore che lega Sigyn a Loki. Un amore pieno di difetti, pieno di squilibri, ma è un amore profondo, avvinghiato al loro essere, da cui non si possono sottrarre. Che, da parte di lei, può essere anche fragilità, incapacità a lasciare un uomo che ti sovrasta e ti usa e che non può fare a meno di te a tal punto da non ascoltare ciò che vuoi anche tu. Ma credo che non sia questo il caso loro: perché credo che Loki sappia che ciò che impedisce a Sigyn di dirgli di sì è un ostacolo puramente sociale, la paura della gente, dell'etichetta, di come va il mondo. Ma Loki non si piega alle leggi del mondo, persino lui è un aberrazione della legge. Ecco che quindi c'è un altro forte richiamo a tematiche molto delicate, difficili da trattare, ma che assumono connotati ambigui nelle mani di questi due personaggi.
Hai trattato ogni tematiche con coerenza di trama e dei personaggi, puntando più volte sul fatto che siano errori e macchinazioni cattive ma non per questo hai deviato dall'epilogo che ti eri prefissata, donando alla storia questo tono di luci ed ombre che si insinua persino in questi argomenti di riflessione.
Loki è il personaggio scaltro, quello che nella sua solitudine e nei dolori che la vita ha inciso sulla sua pelle ha costruito un carattere subdolo, ingannatore, vessatore. Lui non può fare a meno di non fidarsi degli altri, di trattare con disprezzo piuttosto che mostrare la sua fragilità e il suo amore nei loro confronti. E' un rapporto di odio-amore quello con il fratello, che si basa però su un livello più paritario, dove c'è Thor dall'altra parte che tiene testa. Mentre questo odio-amore con Sigyn è più malsano, viscerale, perché Loki ferisce chi ama e non si sa difendere con forza, e nel farlo ferisce anche se stesso. E' il tutto diventa un vincolo di co-dipendenza, soprusi, situazioni dove l'incomprensione è voluta e cercata e il perdono e l'amore vengono costantemente sfidati, messi alla prova, sono il prezzo da pagare per stare con lui. Loki incarna in questo caso l'uomo con un passato turbolento, forte, dal passo marziale (il suono dei suoi stivali sul pavimento gli hanno conferito un'aria austera, greve, che mi è piaciuta) in cui l'amore per il prossimo si contamina dei fantasmi di soprusi passati e odio verso qualunque cosa minacci i suoi sentimenti (il modo in cui l'apostrofa per dolore nel saperla tra le braccia del comandante per liberarlo e il suo pentirsi proprio mentre urla quelle parole è l'emblema di ciò che sto cercando di dire). Però non si può fare a meno di amare, e la cosa mi spaventa non poco. Soprattutto perché tu mostri anche il Loki giovane, quello in cui a pesare era l'approvazione di un padre distratto che non lo guardava, il desiderio di non disonorarlo, quando l'amore era puro ma era stato allontanato per poter aspirare a qualcosa di più alto, all'amore del padre. E tutto questo poi si ripercuote nel Loki adulto, con l'effetto tutto su quella scena finale. Apprezzo molto che tu inserisca queste sottotrame, perché permettono sempre di dare tridimensionalità a contesto e interazioni. Complimenti.
Dopo tutto sto malloppo, passo velocemente (spero) alla parte più tecnica. Non ho riscontrato errori, solo questa svista:
fu allora, rimpiangendo una scelta antica fatta per paura di un giudizio comunque negativo che, quasi senza volerlo – oppure desiderandolo con disperazione, si crogiolò nell’illusione di averla con sé per sempre e lo fece sciorinando rune antiche, dimenticate, che nessuno ricordava o sapeva più pronunciare. - servirebbe il trattino per chiudere la parentetica, al posto della virgola, prima di "si crogiolò".
Ci sono due difetti secondo me: il primo è che a volte non separi i dialoghi dei personaggi, tanto che battute di due personaggi differenti si trovano nello stesso paragrafo, senza andare a capo. Sopratutto quando si tratta di scene principali, e non riassunti di eventi passati, io lo eviterei, perché lo trovo poco elegante sia visivamente che strutturalmente, confonde sul momento.
L'altro problema è il passaggio tra il trapassato prossimo e il passato remoto. C'è sempre quel problema che ti dicevo la prima volta, secondo me. Nella prima parte, il passaggio è stato ben reso, anche se aggiusterei una cosetta:
L’altro dormiva placido al piano di sopra: Sigyn e Loki invece, passarono la notte raccontandosi i giorni che avevano passato lontani stretti l’uno all’altra, nascosti nel buio di un sottoscala. -> Questo segna il passaggio tra il trapassato prossimo e il passato remoto della prima parte della storia.
I due punti servono per chiarire, dimostrare la conseguenza logica di un fatto. Quindi, è come se dovessi dire "siccome l'altro dormiva di sopra, ovviamente loro passarono la notte a raccontarsi". Ergo, io toglierei "invece", lasciando la frase e l'uso dei due punti invariato.
Nella seconda parte, iniziano i miei dubbi.
Allora, facendo un passo indietro: la scena madre è Loki/re arriva a far visita a Sigyn. La battuta "Le scoprì la spalla scucendo il vestito – il giorno dopo gliene avrebbe fatti recapitare non uno, ma cento, mille, promise mentalmente affondando il naso nell’incavo profumato del collo sottile, nella scollatura che lei offriva mormorando appena il suo nome. Sigyn. Sigyn. Invocazione disperata che gli era rantolata dalla gola quand’era stato piegato, sconfitto, imprigionato, umiliato, vilipeso." -> segna il passaggio nei ricordi, giusto? E qui parte il "passato della scena principale", dopo c'è il passaggio dei tempi verbali che è annunciato da quella frase di mezzo data dai due punti e che ho riportato sopra, e fin qui seguo.
Nella seconda parte, invece:
[
“Cosa ti turba, amore mio?” Sigyn, avvolta in un lenzuolo di seta, si puntellò su un gomito, gli carezzò il torace scoperto. L’Ase, con voce distratta, cominciò a raccontarle gli oneri di quel trono difficile da reggere, la mente già fuggita al Palazzo di Asgard dove lei non voleva nemmeno entrare. Potrei obbligarti e sposarti oggi stesso, le aveva detto mille volte, ma la donna aveva risposto con un bacio lieve e un sorriso mesto che sarebbe stata infelice per sempre, alla Corte degli Asi. E così fece anche quella sera.
Loki si era voltato verso di lei. “Non lo siamo ugualmente, ora?” aveva domandato risentito e offeso, ma Sigyn aveva scosso la bella testa bionda. “Smetteremmo di amarci, se fossimo insieme nel tuo palazzo.” Riflessione cinica, forse, ma vera e pungente – il fiero sovrano accanto a lei si accigliò, ma non disse nulla.]
Il "cosa ti turba" è sempre un ricordo o si torna al "presente", alla scena principale? Io pensavo che fosse di nuovo la scena principale, ma il continuo cambio di tempo verbale mi ha fatto ricredere. La battuta di Loki è resa con il trapassato prossimo e quindi dovrebbe essere un ricordo, che poi diventa di nuovo un "dentro la scena" con il passaggio, stavolta brusco, al passato remoto.
Però poi c'è il ricordo della prima volta, che mi fa ripensare che la scena prima invece era legata alla principale, al presente narrativo. Quindi, forse, dovresti cambiare quei verbi nella battuta di Loki, mantenendo l'uso del passato remoto per ogni scena legata al presenta narrativo.
Il continuo cambio verbale mi confonde, tanto che la terza parte non capisco se è un ricordo o è di nuovo nel presente. Avrebbe senso che fosse nel presente, perché la prima scena non è ancora a palazzo, giusto?
Sicuramente sta ricordando, ma "“Sposami, Sigyn. Hai mio figlio in grembo.” avviene in sequenza con la prima scena della os? Forse, se così fosse, sarebbe meglio distanziarla e mandare il ricordo a capo.
Insomma, dovrei analizzare passo per passo ogni passaggio ma credo di aver reso la questione. I tempi verbali! >.<
Ho apprezzato tanto la caratterizzazione e le varie scene in sé, ma la confusione nel seguire il filo temporale mi ha reso ostile la lettura.
A presto! |