Ok, torno su questa storia per l'ABC del Giardino.
Allora, ho visto che hai indicato le due long, anche se prediligevi più l'altra. Non mi sembrava il caso di iniziare un'altra tua storia dopo aver letto il primo capitolo di questa, quindi ho preferito continuare nella lettura di questa visto che non l'hai vietata, per poter capire meglio qualcosa di questo tuo mondo.
Sul titolo, ho dato il mio parere la scorsa volta, ricordo di aver notato il riferimento alla divinità greca. Stavolta quindi dico solo due battute sul sottotitolo. Molti non li usano, forse reputandoli troppo infantili o non necessari - non so - ma a me piace quando c'è un sottotitolo che identifica il capitolo, perché non solo è una dimostrazione di cura del testo ma dice molto sull'identità del capitolo. Questo titolo è semplice e diretto, anche perché privo di articoli o preposizioni, quindi ha un impatto forte così come il sottotitolo principale della storia, e mi piace perché è in linea con lo stile generale. Nello specifico, lo trovo semplice ma attinente con il contesto di questo secondo capitolo, proprio perché è il pugnale incriminante il fulcro o comunque il motore della conversazione tra i due principi.
Inizio con la parte più tecnica, ovvero la grammatica. Ho trovato pochissimi refusi, che ti segnalo qui di seguito:
Un pugnale giaceva conficcato nel suo petto -> Qui c'è un problema lessicale. "Giacere" significa "trovarsi con il corpo disteso orizzontalmente", qualcosa che giace a terra, sul pavimento; quindi è nettamente in contrasto con l'essere conficcato nel petto di qualcuno. Basta dire che "un pugnale era conficcato nel suo petto".
aveva un minimo di senso -> un minimo senso. Non serve la proposizione, perché in questo caso "minimo" è aggettivo e "senso" è sostantivo che va accoppiato all'articolo indeterminativo.
come un'onda di mare che si ritirava dopo aver frustato la sabbia della riva -> Qui, invece, si tratta di un consiglio stilistico, perché non lo posso definire un errore grammaticale. Questa proposizione è una similitudine atemporale, ovvero paragoni un qualcosa della storia a un qualcosa di esterno. In questo caso, è più elegante usare il tempo presente e quindi scrivere "che si ritira", il periodo scorre in maniera migliore secondo me. Inoltre è una tecnica che viene usata nei libri in questi casi. Ripeto, non so se è da considerarsi propriamente errore, ma io la limerei nel dubbio.
con il mento, alto, -> c'è una virgola di troppo tra "mento" e "alto".
Stilisticamente, credo di aver detto qualcosina già al primo capitolo. Spero di non ripetermi, perché è passato un po' di tempo>.<
Ricordo di aver avuto qualche perplessità sul tipo di narratore, perplessità che continuano in questo capitolo. Tu mi dici che è onnisciente, se non sbaglio, però si comporta in maniera ambigua, perché per essere "onnisciente" dà un'introspezione troppo interna del personaggio, poco critica e "distaccata" (ovvero ci sono momenti in cui entra nella sua testa piuttosto che darne una spiegazione con sguardo esterno e cognitivo) e questo lo rende più vicino alle parti. Dall'altra parte però per essere con focalizzazione interna è troppo salterino e distante dai personaggi. Credo quindi che ci sia un problema con il narratore - ho questa impressione - che non sono in grado di capire fino in fondo.
Il narratore onnisciente è davvero difficile da gestire, non lo dico per demoralizzarti ma in quanto pensiero obiettivo e generale su di esso. Per come percepisco io questa storia, non lo trovo ben controllato o identificato. E questa incertezza, rende la storia priva di un suo tono, che forse è il problema maggiore. Sì, perché se il narratore con focalizzazione interna deve avere un tono molto partecipe, nelle corde del personaggio focus, quello onnisciente deve avere un suo proprio timbro, da usare sempre e in ogni situazione. E qui quel timbro manca, per via della semplicità e velocità del come vengono presentati i vari elementi.
Per esempio: Nicola e la sua freddezza verso il padre. Un narratore onnisciente avrebbe creato una piccola digressione introducendo il freddo rapporto discostante tra il re e il figlio, e solo dopo avrebbe detto che Erik ne era a conoscenza. Mentre qui introduci questo particolare in due righe e dal punto di vista del protagonista.
Anche la questione della sorella. E' un po' confusa e si va a incrociare in maniera discostante con la questione del pugnale. Viene vista dal punto di vista di Nicola e seguendo il flusso dei suoi pensieri e non come argomento conosciuto dal narratore portato a spiegare il comportamento del principe.
Un altro problema sono i tanti nomi di luoghi. E' un fantasy, ed è giusto che ce ne siano così tanti, ma visto che è un narratore onnisciente dovrebbe aiutare di più il lettore a orientarsi, mentre io non ho ancora capito da che parte di questo mondo mi trovo. E visto che non ho un punto di vista, non posso neanche orientarmi con le conoscenze di un determinato personaggio. Il risultato è che i nomi mi girano intorno senza acquisire un punto fermo.
Nel complesso, trovo che la narrazione non si prenda i giusti tempi, che sia frettolosa e che quindi non vada a ordinare bene le varie parti (descrizione, narrazione e indagine dei personaggi). Seguire il filo di continuità del dialogo tra i due è stato davvero difficile: prima parlano del pugnale, poi di Flora e poi di nuovo del pugnale.
Per la trama direi che stiamo vedendo sullo sfondo l'avvicinarsi di una guerra, dove le parti in causa sono più di quelle che potrebbero all'inizio sembrare. A pugnalare il re è stata davvero Ariel di Dal Mare? Se sì, perché? Di chi è veramente innamorata Flora? E se la morte del re non fosse un fatto politico? Le domande sono ancora tante, ma siamo solo all'inizio ed è giusto che sia così. Una cosa che non ho capito: Flora, in questo momento, si trova nel regno dei suoi genitori o nel castello del suo futuro consorte?
Per quanto riguarda i personaggi, posso solo dire che Nicola è molto freddo eppure non sembra cattivo. Come reazione, la sua, mi è parsa troppo distante e apatica, un minimo accenno doveva averlo, a meno che questi due non si odiassero. Mi ha convinto poco, e non so se è dovuto a un fatto di caratterizzazione o a qualcosa che ancora non sappiamo su di lui.
Erik, invece, mi ha sorpreso: lo avevo identificato nel primo capitolo come un personaggio posato e attento, che misura le sue parole e che osserva ed è intelligente, ma per i miei gusti è stato troppo affrettato a fare un'accusa così formale davanti al principe Nicola.
Insomma, la storia continua a farmi rimanere parecchi dubbi, non so...
Concludo qui.
A presto! |