Recensioni per
Quelle camere d'albergo
di Melisanna

Questa storia ha ottenuto 22 recensioni.
Positive : 22
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
03/01/23, ore 21:17

Ed ecco Kojiro che cresce. Un capitolo di risalita, faticoso come un allenamento fatto con masochismo,, che alla fine ti lesiona i legamenti.
Un capitolo di cose estranee, di disconoscimenti, di fratture, un capitolo per metabolizzare che certi passi sono in avanti e non è ammesso ritorno. 
Lo realizza alla fine, ma tutto il capitolo tende, inesorabilmente, verso questa verità, creando un'infinità di cesure e di stacchi. Imparando ad accettare il dolore come parte della vita cosa che Jun, ma Kojiro lo sa, ha sempre saputo fare. 
Ed è Jun che mette il punto alla fine, pur estraneo alla spirale di Kojiro, pur arrivando solo alla fine, è lui che chiude il cerchio, che alla sua perfezione non rinuncia, che capisce che rovinarsi entrambi non avrebbe senso. Forse farà ridere ma Kojiro mi ha fatto pensare ad Anna Karenina, capace di gettarsi a capofitto nella tragedia perché incapace di vedere in prospettiva la sua vita, di proiettare nel futuro le conseguenze dei propri sentimenti. Per fortuna Jun non è uno sprovveduto come Vronsky e arriva per dare a Kojiro la misura di tutte le verità.
Poteva finire così, nel buio, sapendo che dopo un po' gli occhi si abituano.
Ma c'è l'immagine finale di Tadashi, che è sempre lì, e aspetta. E' sempre lì e quello che dà non pretende che torni indietro. E' lì senza egoismo, con dedizione e con una solidità di cui nessuno gli ha mai dato credito, ma in quell'immagine finale, e nella sua luce, è evidente.
Noi restiamo a chiederci se quello che ci è stato raccontato fosse amore oppure no.
E io rispondo di sì. Da ambo le parti. Violento, nocivo e impossibile.
Grazie, è una storia bellissima. Vera e bellissima.

Recensore Master
01/09/22, ore 22:37

Rieccomi. Ho amato, amato tantissimo tutti e tre i capitoli di questa storia. Intensi ma bilanciati, capaci di svelare tanto senza mostrare tutto. Parli di una relazione clandestina, che ha dei lati cupi e torbidi, ma ne esce delicata e dignitosa, non scade mai. Il dolore di Kojiro qui si sente, tanto. Esasperato dal senso di alienazione dopo l'impatto con un paese straniero, in una squadra di prima categoria, dove ti analizzano e ti scartano, per il momento. Dove capisci che forse hai fatto tutto sbagliato. E dove ti senti solo che più solo non si può, lontano dai pochi amici e tanti fratelli (qui il mio cuore ha proprio fatto un battito più forte), e sembra impossibile stringere legami di qualsivoglia tipo con persone così diverse. Tadashi una sorta di angelo caduto dal cielo, una roccia che sostiene Kojiro quando sta per crollare, che riesce a tenerlo in piedi e a dargli quello di cui ha bisogno. Che sembra accettare di prendere solo il poco che può ricevere. Che sa cosa fare sempre nell'interesse di Kojiro, con tutto. Un po' madre e un po' amante. E che viene messo da parte quella notte, quell'unica notte, in cui Misugi torna nella stessa camera di Kojiro con gli occhi scuri e febbrili. E io li vedo, li vedo benissimo, uno di fronte all'altro, lui in boxer e a torso nudo che accenna ad arretrare e fa una fatica tremenda perché per lui è una cosa innaturale ma vuole permettere a Jun di entrare, ancora. E lo struggimento, e il dolore di quell'addio l'ho sentito tutto addosso.
E ho provato sollievo leggendo le ultime righe, in cui Tadashi c'è, è sempre lì, e riprende Kojiro per mano e lo riporta nella realtà, e lui sorride senza sentirsi un ladro.
Grazie.
Sei stata una meravigliosa scoperta.
(Recensione modificata il 08/09/2022 - 07:06 pm)

Recensore Master
24/12/18, ore 11:59

Ho trovato questa chicca e non sono più riuscita a smettere di leggere. Magnifico il modo in cui descrivi Kojiro, credo che tu lo renda alla perfezione in ogni sua sfumatura e tormento. La nostalgia di casa, l’amore sofferto per Jun, la sensazione di estraneità in Italia, e quel senso di smarrimento per aver fatto tutto nel modo sbagliato.
Io ora ti chiedo una cosa, un regalo di Natale: scriveresti un seguito su Kojiro e Takeshi? Li amo alla follia, il personaggio di Takeshi è palpabile da quanto è ben strutturato e vorrei tanto un happy ending per loro due. Un sequel, questo mi piacerebbe. Che ne pensi? Grazie mille a prescindere 😊

Recensore Master
12/04/18, ore 12:27

Ed eccoci arrivati alla fine di questa piccola, quanto incisiva incursione nella vita di queste due persone. La palla torna a Kojiro – inutile dirlo, è lui il vero perno della questione – e, con lui, tocchiamo con mano quanto l’essere umano persegua una certa strada salvi ritrovarsi a dover fare dietro-front per evitare guai ancora peggiori di quelli che si è sinora arrecato.
Il problema (se non il Problema, quello con la dignità della maiuscola, per intenderci) è che quando finiamo quaggiù non abbiamo un libretto delle istruzioni, niente che ci dica, anche a grandi linee, quello che occorre fare. Così si va per tentativi e se una cosa porta a casa un risultato buono, si persegue per quella strada, come un martello che batte sulla testa di un povero chiodo. Ora, i chiodi son fatti d’acciaio e non si rompono spesso, ma spaccano i supporti di legno a cui li inchiodi, o si piegano contro quelle pareti troppo resistenti. E l’unica cosa che puoi fare, da bravo martello, è quello di non essere troppo duro, col tuo povero chiodo, e raddrizzare la rotta appena possibile. Quando un medico dal nome impronunciabile ti dice che ti sei massacrato le gambe a furia di tirare calci come un mulo, ad esempio. O quando capisci che il calcio non è solo picchiare un povero pallone e spedirlo dentro la rete avversaria, ma anche tattica, strategia, lavoro di cervello. O quando realizzi che nelle squadre in cui hai sinora giocato ti prendevi sulle spalle la responsabilità dell’intero gruppo, e che, invece, negli squadroni ultra blasonati esistono comparti ben definiti, ognuno col proprio ruolo. Insomma, se si ha l’intelligenza di fermarsi, prima dell’inevitabile, ci si salva. Ed è stata questa, la scelta di Jun, solo che Kojiro ci ha messo un po’ per capirlo.
Ognuno ha i suoi tempi, e se Jun ha capito subito (più o meno) che la loro relazione fosse arrivata al capolinea, Kojiro, no. Kojiro è andato avanti a battere come un martello che s’è perso il suo chiodo e ha dovuto inventarsi nuove cose da fare, anche solo prendere un treno puntuale nel suo ritardo (eh…) o mettersi a studiare daccapo gli schemi, la tattica e le strategie. O trovare un altro chiodo che scacciasse il precedente, o meglio: che ne prendesse il posto lasciato vacante, e non c’è niente di peggio di qualcosa che d’improvviso si svuota e non si ricolma. È come andarcene in giro con un buco nella pancia, nella gamba, nella testa. Ti senti mancante. Sei mancante. Un po’ come quando da bambino ti cadeva un dente e la lingua andava ad infilarsi in quello spazio improvvisamente vuoto.
E ti senti un ladro, sì, perché non è quello, il corpo che vorresti davvero stringere, perché se lo stringi, quel corpo così caritatevole da lasciarsi accarezzare, è perché ti manca un altro corpo. Perché è quel corpo, che cerchi nelle pieghe altrui. E lo sai. E la generosa, paziente compagnia di un altro corpo è solo un palliativo, per te, ma lo scrupolo di star approfittando dei sentimenti altrui viene eccome. Però continui. Però ti abitui. Però, alla fine, capisci che quello di prima era una aprentesi destinata a finire, per mille ragione, era una storia ad orologeria, che funzionava secondo dati parametri e dati prerequisiti; ma aveva una data di scadenza che ci siamo ostinati ad ignorare, perché non ci faceva comodo. Se tutti noi sapessimo come, dove e quando un rapporto finirà (e i pianti, le litigate, le urla e le gastriti che questo ci procurerà) non credo ci innamoreremmo tanto facilmente. Anzi.
Però, grazie al cielo, la Vita è una gran signora e preferisce lasciarci nel dubbio. Beatissimo dubbio, santo subito.
Questa storia in tre atti m’è piaciuta molto. Parla di qualcosa di quotidiano - la fine di una storia d’amore, un lutto, la sua elaborazione ed il suo superamento, qualcosa che si può ritrovare in qualsiasi canzone del repertorio italiano (anche se molti cantautori indugiano nel rigirarsi il coltello nella piaga, va detto) - ma è il modo in cui lo fa, in cui parla a chi la legge, a fare la differenza. Tocchi diversi aspetti di vita reale, vissuta: l’ossatura di questa storia funziona perché parla al vissuto di tutti noi, sia in presa diretta, sia per interposta persona, ché tutte noi abbiamo passato intere serate a fare da spalla all’amica che aveva rotto coll’ennesimo fidanzato sbagliato, con un barattolo extra large di gelato alla vaniglia e una scorta di fazzoletti degna di Rossella O’Hara.
Gli amori finiscono, muoiono e noi possiamo solo risorgere da quelle ceneri, diversi, ché quando un amore muore si porta appresso un pezzetto di noi; ma è come se, in questa crisi, noi si abbia perso qualcosa che non andava più bene (il dente da latte di cui sopra) perché siamo noi ad essere cambiati, perché è la Vita che ce lo impone (e sì, sarà anche una gran signora, ma sa essere una bastarda mica male, quando ci si mette).
Ho apprezzato davvero tanto la mancanza di una riconciliazione tra Kojiro e Jun, non perché Mr Heart of Glass mi stia antipatico, tutt’altro: tu me lo hai reso interessante, e di ciò ti ringrazio; mi è piaciuta l’assenza dell’happy ending da romanzetto rosa perché questa è una storia di crescita, e se Kojiro fosse ritornato con Jun (anche ammesso che Jun fosse ammattito strada facendo e avesse mollato Yayoi e figlioletta fuori scena – e non te l’avrei perdonato, un simile fuori scena, perché ci avresti privato di un bel momento d’introspezione –), non avremmo avuto alcun avanzamento, solo un ripiegare sulle posizioni iniziali. Che può andar bene, capiamoci: ma la storia non alludeva a questo, e non vi alludeva sin dalle prime battute. Era chiaro e palese che i due non si sarebbero riconciliati come amanti, e sei rimasta fedele al racconto. I personaggi sono cresciuti, sono diventati persone diverse, hanno fatto scelte diverse, si sono detti addio. E sono andati avanti, come succede nella vita reale.
E, lo confesso, mi sono sentita vicina a Kojiro vedendolo leggere il Genji Monogatari sul treno, ché era la stessa cosa che facevo io, da matricola, quando la mattina raggiungevo l’università ad orari indecenti (essendo un tipo crepuscolare, penso che dovrebbe essere vietato alzarsi prima delle otto del mattino. Minimo) ed il treno si perdeva per binari tutti suoi, arrivando alla stazione con un ritardo cronico di almeno un’ora. Almeno.
In conclusione, questa storia è stata una bella scoperta. Spero di leggere altro, di tuo, su Kojiro, ché lo hai reso fedele al personaggio, scevro di isterie, ringhi e quant’altro: hai mantenuto la sua natura nervosa, da tigre in gabbia, alle volte, senza scadere nel cliché. E non è cosa da tutti.
Alla prossima!

Recensore Veterano
05/04/18, ore 21:55

E finalmente arrivo anch'io a scrivere la recensione dell'ultimo capitolo di questa magnifica storia. Un capitolo per nulla scontato, che mi è piaciuto davvero tantissimo. Il tuo stile è eccelso: riesci a utilizzare le ripetizioni per amalgamare i pensieri e per dare un'incredibile musicabilità al narrato. Davvero bravissima: dire elegante è dire poco.
Ma veniamo alla storia. Questo Kojiro mi ha fatto tenerezza, nel suo "aver sbagliato tutto". Parli dei suoi muscoli, ossa e articolazioni, ma quelle stesse strutture fisiche sono la sua anima: rotta, raffazzonata, che ha accettato il dolore perché necessario, perché comunque presente in ogni momento della sua vita, perché gli ha lasciato dei segni che a loro volta generano dolore. Questa sofferenza pare il bozzolo che la crisalide deve ora spezzare: non più un toro, ma un bruco che deve aprire le ali e diventare farfalla. E il percorso straziante della sua guarigione è magnifico: è sempre lui - non può cambiare troppo, in fondo! - che cammina per Torino con il cappuccio tirato sugli occhi, ma ora ha tempo e il tempo lo schiaccia. Deve imparare i suoi tempi: quelli dell'allenamento e quelli del recupero, quelli dell'attesa e quelli della riflessione. Fino a che muscoli, ossa e articolazioni si riprendono e i conti aperti rimangono solo quelli dell'anima. Che iniziano a lenirsi con Tadashi, i libri e i viaggi e un ritorno a casa di due settimane per stare con chi gli ha sempre voluto bene. Tadashi è magnifico nel suo offrirsi, nel suo amore senza condizionamenti, nella sua devozione. Fin troppo perfetto, forse perché sa che quel rapporto è ancora professionale, anche il sesso lo è, sennò Kojiro non si sarebbe sentito un ladro. Poi arriva l'addio con Jun, il momento di verità di quella storia: i limiti di Jun, del suo coraggio - che è vero che ne ha sempre avuto tanto e non si è mai arreso, ma non può lasciare Yayoi e la sua famiglia perfetta, forse meno libero dei suoi cani perché anche lui pare al guinzaglio ora. Perché ammette a Kojiro che gli è mancato. E le lacrime di Kojiro... quel "ti ho amato" (scusa, cito a memoria)... bellissimo! Credo che sia in quel momento che la farfalla si libra in volo per la prima volta: il bozzolo di dolore si è rotto e non è più necessario. E con Tadashi, forse, non sarà più solo sesso. Magnifica storia e bravissima tu!

Recensore Master
22/03/18, ore 02:36

Kojiro.
Ah. Kojiro.
Mamma la mazzata che gli hai mollato in questo capitolo, e il dolore profondo, la pena, che io ho provato per lui durante l'ultima betalettura. Per lui è stato come prendere un tir in piena faccia, scoprire che tutto quello che ha sempre fatto, cui Kira lo ha sottoposto, cui si è sottoposto di sua spontanea volontà... gli ha quasi distrutto la carriera. Fisicamente, lo ha inguaiato, nonostante sia stato proprio quello a farlo arrivare dove è ora, alla Juventus. E questa sua ricerca del dolore, questa sua convinzione che senza la sofferenza lui non si meriti niente è terribile e sottile, proprio come il rapporto che Kojiro ha con Jun. Durante tutta la storia non ho fatto che trovarlo struggente, questo rapporto. Autolesionista, masochista, sadico. Assolutamente affascinante e vero in tutto ciò che ha avuto da offrire.
Ora, invece, Kojiro si trova in questo paese straniero e troppo rumoroso e pieno di contatti indesiderati, che in Giappone non sono contemplati, a sentirsi dire di avere i piedi di un vecchio, a sentirsi dire che non può giocare ma deve riabilitarsi, a sentirsi dire che tutto quello che ha fatto non è servito a niente. Distruttivo, da esser messo con la faccia sotto un tacco a spillo e ripetutamente calpestato.
E poi, in tutto questo disastro della sua vita, c'è qualcuno che riesce a tenerlo in riga, a mettere ordine di continuo, in maniera discreta. Qualcuno che gli tiene in ordine e salda insieme la vita stessa. Tadashi. Ma che gioiello è? Te l'ho detto anche in una recensione precedente: è un personaggio che è comparso a poco a poco, diventando una presenza fondamentale per Kojiro e per il lettore stesso, perché ci ha permesso di sapere che Kojiro non era solo e perduto, ma aveva sempre lui accanto.
Lui che sa tutto quello di cui Kojiro ha bisogno, lui che gli dice di andare a trovarsi qualcuna, lui che Kojiro lo guarda quando Kojiro non se ne accorge - o lui pensa che non se ne accorga -, lui che, alla fine, se è proprio di un uomo ciò di cui Kojiro ha bisogno è lì lo stesso, apposta per lui. E io credo di aver sperato che finisse in questo modo, la storia, già da meno di metà capitolo in poi. <3 Perché era chiaro che Jun, per quanto possano aver avuto dei sentimenti, essersi amati l'un l'altro, essersi sentiti liberi di essere loro stessi, non erano destinati a finire insieme. Non potevano. Jun non voleva, ha la sua famiglia cui pensare e non l'avrebbe tradita. E non mi sento di dargli torto. Alla fine, tra i due, forse chi non si riesce davvero a liberare sé stesso è proprio Jun. Mentre il Toro, Kojiro, lui la sua strada per la libertà la trova, finalmente.
Si rimette in forma, anche se non in formissima ma ok, va bene lo stesso. Ha Tadashi al suo fianco, quello che sa sempre ciò di cui ha bisogno e che, sul treno, quando gli fa quel discorso giuro che mi ci sono sciolta da morire e avevo l'espressione della felicità, perché sì.
Mi è piaciuto un sacco il modo in cui Kojiro parli di sé come un ladro nei confronti di Tadashi. Nel suo prendere in maniera esclusiva, senza dare nulla. E invece non si rende conto che ha iniziato a dare nel momento stesso in cui si sente in colpa e si dà del ladro.
Tensionissima, invece, quando Jun e Tadashi discutono in maniera molto formale e Kojiro li osserva da lontano. Forse posso dire di non approvare la scelta che Kojiro fa di stare con Jun, ma credo che a quel punto fosse necessaria. L'addio. Se lo dovevano, un addio come si deve, in cui ognuno poggia la propria maschera da qualche parte; Jun non va via di fretta, Kojiro non lo guarda.
Hanno avuto, fino in fondo, una grande storia. Se la sono meritata, l'hanno vissuta ed è finita. Ognuno ha la propria vita da vivere con la persona giusta al proprio fianco.
Chi facendo il padre, e chi non sentendosi ladro.
E' stata una bellissima fanfiction, ed è stato per me un vero onore e piacere poterla betare (e mi scuso ancora un sacco per il tempo impiegatoci T_T). *___* grazie per averci raccontato questo seguito di "Aka Toro", ma spero che non vorrai sparire dal fandom per altri anniiiii \O/ Nuooooh T_T <3
Strabravissima <3 <3 <3

Recensore Master
21/03/18, ore 09:09

In generale, non amo quando un personaggio viene completamente stravolto, come Jun in questa storia, ma non sono riuscita a smettere di leggere, quindi tanto di cappello.

Recensore Master
20/03/18, ore 16:14

Ed eccoci alla fine, mi spiace devo dire, mi piacevano il tuo Kojiro e il tuo Jun.
Vediamo come vive (male) Hyuga in Italia. Vediamo come affronta tutto, come si barcamena tra gli allenamenti, troppo pochi, le visite con il fisioterapista e il medico. Ci fai sentire tutta la sua solitudine, la sua rabbia, la sua frustrazione. Fino a quella sera, la sera che si 'sfoga' con Tadashi. Il manager attento che non si sorprende, che non lo respinge, un po' perché gli piace, e un po' perché sa cosa lo può calmare e decide di aiutarlo... ancora...
Ma ecco il ritiro e tutto quello che comporta, il rivedere Jun, l'apprendere che non è cambiato il modo di guardarlo, ma capire che è strano vedere lui e il manager parlare, il passato e il presente. L'amore/sesso e il sesso/con qualcosa di non definito ancora.
Ma alla fine è proprio Misugi ad andare da lui.
A presentarsi con gli occhi che descrivi come febbrili e mi sembra proprio di vederli, mentre li punta su di lui quasi con la paura di venir respinto ma così non è. E nonostante io sapessi che Kojiro non l'avrebbe respinto, mi sono ritrovata a pensare che forse un po' sarebbe stato bene a Jun un bel due di picche, ma poi Kojiro non avrebbe sopportato il dubbio 'se l'avessi fatto? e se avessi lasciato che entrasse?'
In bilico fino all'ultimo, fino a quel mezzo passo indietro che li riporta alle camere d'albergo, ma ora con rabbia e frustrazione non più solo sesso/amore.
Finalmente Jun parla, si confida e dall'altro lato abbiamo Hyuga che capisce che è davvero finita... non più Jun, mai più. Questo vale più di mille parole. Più dell'addio.
Grazie per questa storia breve ma intensa.
Grazie del sorriso finale di Kojiro che torna in Italia per iniziare finalmente a vivere a pieno la nuova avventura con accanto il manager intelligente e attento che lo aiuta in tutti i sensi.
Un bacio.
Guiky80