Ciao, benvenuta!
Ho letto la storia, o meglio, ci ho provato.
In tutta onestà ho fatto fatica ad andare oltre la sesta riga, forse per mia incapacità, ma ad un certo punto ho perso il sentiero, il filo conduttore, e mi sono ritrovata in un groviglio di frasi che si susseguivano senza riportare il senso di ciò che forse avrei dovuto vedere e che tu avresti voluto comunicare.
Non entro dunque nel merito della trama, non lo faccio mai perché ogni trama è frutto della sensibilità dell’autore e, a meno di uno stravolgimento assoluto dell’indole dei nostri personaggi - e purtroppo sul fandom ormai imperversa ogni sorta di “perversione alle 50 sfumature” - è la mia indole ad impormi di astenermi dal recensire.
Sulla questione della grammatica però mi sento di intervenire e siccome mi sono permessa di leggere le risposte date dagli altri recensori ed anche le tue, provo a fare un esempio piccolo piccolo sulla “necessità di rispettare le regole ortografiche e di sintassi”.
Se dovessi preparare una torta, metteresti gli ingredienti alla rinfusa in una teglia, infilandola direttamente nel forno? Oppure sarebbe meglio seguire la ricetta?
Se hai preso la patente – dunque non sei più a scuola guida – sei forse libera di passare con il rosso, andare contromano in autostrada, parcheggiare nel parcheggio disabili ed infine, dulcis in fundo, investire i pedoni?
Io credo di no.
Ecco, le regole della grammatica sono come le regole del codice della strada o quelle per fare una torta: sono necessarie per il bene di tutti, perché tutti – chi più chi meno – abbia la possibilità di leggere la tua storia ed apprezzarne la trama e gli spunti interpretativi che nascono dalla tua fantasia.
Se scrivi da cellulare c’è un modo molto semplice ed assolutamente economico per evitare di cadere negli errori ed è quello di usare carta e penna (le vecchie carta e penna) e divertirti a buttar giù il racconto e poi rileggerlo e correggerlo.
Costa fatica è vero, molta più fatica che scrivere direttamente sul supporto, ma in questo modo si può recuperare “visivamente” la sintassi dello scritto ed intervenire dove non fila o dove può esserci un errore di consecutio (anch’io ne faccio di frequente perché cambiando la consequenzialità di un dialogo o di una scena, inevitabilmente anche i tempi verbali vanno aggiustati).
Sarebbe stato utile usare la punteggiatura perché francamente, per quanto si legga con gli occhi e non a voce alta, ho provato un senso quasi asmatico a tentare di arrivare in fondo al pensiero.
Non so altri autori, ma io ne ho fatti molti di errori e quando mi sono stati indicati – in un caso del passato anche in maniera piuttosto rude – ho provveduto a ringraziare e a correggere.
Diffida di recensori che – come il gatto e la volpe – lodano uno scritto dicendo che va bene, quando altri segnalano errori grammaticali.
Credo sia una fortuna avere qualcuno che ci segnala un errore piuttosto che altri che fanno finta di non vederli ed illudono della bontà dello scritto.
So poi che Epf ha una serie di “beta” (se sei nuova del sito ti spiego che i beta sono persone che aiutano gli scrittori a “correggere il tiro” dei racconti, magari aggiustando la sintassi o emendando ad errori di grammatica) a cui potresti chiedere appunto un aiuto per sistemare la sintassi.
L’invito dunque è a non mollare ma a prestare attenzione: la scrittura è un mezzo eccellente per “sprigionare” le energie, scavare nell’indole dei personaggi, elaborare nuovi “tasselli” da aggiungere ai proverbiali “vuoti” che Madame Ikeda e gli sceneggiatori dell’anime hanno sapientemente lasciato sospesi e che tanto fanno sospirare noi fanatici di Oscar e André.
Resta – ma questo è rimesso all’interpretazione di ciascun autore – che non tutte le storie possono piacere, ma ancor prima che se una storia non si riesce a comprendere per come è scritta, diventa difficile comprendere “che cosa dice”!
In bocca al lupo e buona fortuna! |