Carissima!
Ma io non ci credo… decido finalmente di farti visita e trovo una storia da fine del mondo, costruita in maniera ineccepibile, con un crescendo che incatena i lettore e non lo lascia più andare… davvero originale questa storia: spesso se si pensa a un horror vengono in mente i classici fantasmi, morti viventi, assassini psicopatici e via dicendo. Qui invece abbiamo una storia che, come sfondo, ben potrebbe avere il nostro EFP, e questa prossimità così quotidiana rende il tutto ancora più agghiacciante. Abbiamo azioni di disturbo e persecuzioni avviate tramite i social, questa terribile arma a doppio taglio. Sappiamo dalla cronaca quanto possano essere terrificanti, quali effetti possano avere sull’equilibrio di un individuo queste angherie telematiche, quanta ansia possano scatenare perché l’interlocutore resta invisibile, inafferrabile, potrebbe essere chiunque… e si finisce col terrore di aprire Facebook, la propria cartella di posta, una chat qualsiasi che fino al giorno prima era luogo di ritrovo e di scambi pacifici.
La tua storia affronta molti temi attualissimi: c’è la solitudine vissuta all’interno della propria famiglia, dove ove componente fa storia a sé e si limita a condividere soltanto il tetto: la madre di Sofia è la prima a cercare una via di fuga alla solitudine tramite i social, il padre vive isolato nel suo lavoro, la sorella si barrica dietro agli impegni universitari. Nessuno condivide con gli altri membri qualcosa di più che non sia la superficialità della routine quotidiana (“com’è andata a scuola”, classica domanda che ci si scrolla di dosso con l’altrettanto classica risposta: “bene”). I componenti della famiglia di Sofia sono, per rifarsi a una famosa citazione contenuta nel testo, precisamente tre isole separate da un mare d’indifferenza, di noia, di incapacità di trovare un terreno comune con l’altro. Di fatto, non si incontrano mai, vivono sotto lo stesso tetto come emeriti sconosciuti. Questa situazione è peraltro condivisa dalle amiche virtuali della protagonista, che dietro ai nomi fantasiosi nascondono la stessa solitudine.
Io ho frequentato il liceo ormai molti anni fa: i telefonini non esistevano ancora, non esisteva Internet, gli intervalli erano tutto un capannello di chiacchiere e di voci. Mi domando come siano adesso i corridoi del mio liceo: probabilmente silenziosi in maniera inquietante, con tutti gli studenti a testa in giù chini sui loro telefoni cellulari… spero di sbagliarmi, ma chissà.
Un altro punto vincente della storia: da dove nasca l’azione di disturbo, quali siano (e se vi siano effettivamente) le traversie subite dalle ragazze non è dato saperlo: i loro nickname descrivono figure virtuali, per definizione sfuggenti, che possono sparire o cambiare volto da un momento all’altro. Non si sa con precisione da dove venga l’attacco, fino all’ultimo si è tentati di pensare ragionevolmente allo scherzo, di fatto le ragazze scompaiono ingoiate dal web, ovvero tornano da dove erano venute. Potrebbero anche non essere mai esistite: non hanno un volto e di loro Sofia non conosce nulla, solo quando ormai è troppo tardi riesce ad afferrare un nome, ma un nome è in fondo anch’esso una convenzione, il nome indica qualcosa ma se quel qualcosa non si fa carne ed ossa, di fatto è come se non esistesse.
Altro motivo d’inquietudine e altro spaccato molto realistico sulla vita dei nostri giorni: queste ragazze sono sole, non hanno nessuno che le possa aiutare né, ancor prima, ascoltare. Genitori, polizia, scuola: sono tutti dei semplici nomi, pure e semplici astrazioni. Alla protagonista non resta che vagare per una città che in fondo neppure conosce, pur essendoci probabilmente vissuta da prima. Espulsa dalla vita virtuale, incapace di trovare un proprio spazio in quella reale perché anche il reale appare come una costruzione di cartapesta, senza significati e incapace di offrire appoggio e sentimenti. Non sappiamo chi la segue, chi l’ha seguita fino ad ora, abbiamo solo davanti agli occhi un copione inesorabile che prima o poi colpirà anche lei: il tutto inizia con una recensione negativa e finisce per perdersi in un orizzonte colmo d’incertezze, dove la protagonista, ormai incapace di reagire, si ritrova a vagare come su un pianeta sconosciuto. Di fatto rifiutata da tutti, inseguita da una misteriosa entità inafferrabile che può essere uno, possono essere molti: questo sì che è l’orrore puro, questo crescendo di ansia, angoscia, smarrimenti e infine rassegnazione.
Una storia magistrale, che segue la ricetta classica e sempre valida dell’horror nel mostrare i segnali anomali e disturbanti ad uno ad uno, in un crescendo sempre più claustrofobico e destabilizzante. Bravissima, davvero complimenti, una storia da manuale che offre non solo molti spunti di riflessione, ma fa anche paura nel senso più preciso del termine perché nulla esclude che qualcosa del genere possa capitare, prima o poi, a chi è disposyo a correre i rischi del deep web o a chi semplicemente naviga per conto suo in santa pace. O meglio, crede di navigare in santa pace. Ottimo lavoro che entra a pieno titolo tra i miei preferiti. Complimenti e alla prossima. |