Vincitore Primo Posto Parimerito Oldfashioned 49,650/50 La verità su Ingeborg Barrow
Grammatica e stile: 9,6/10 (grammatica 4,6/5 stile)
Il livello dei tuoi racconti è sempre altissimo. Hai un lessico ricercato, usi termini tecnici, ti impegni a curare i dettagli. Qui in particolare volevo farti sapere che ho molto apprezzato sia la cura nel descrivere taluni oggetti tipici appartenenti ai carpentieri, sia nella descrizione della casa stregata (un esempio? La palladiana), ma anche l’uso di verbi leggermente desueti, come sogguardare e postare con l’accezione da te usata. Ho gradito tutto moltissimo, perché tale ricercatezza non si lega a uno stile pesante, anzi: il racconto (perché tale è) scorre fluido e gradevole e ha una forma eccellente. I refusi, difatti, sono pochissimi. Ho apprezzato anche il titolo, sebbene questo campo specifico non rientrasse esattamente nei parametri: è rivelatore e si comprende solamente alla fine, anche se un qualche indizio circa la vera natura della signora Ingeborg era intuibile nel dettaglio del canto.
ma se non partiva la prima delle rotelle, ovvero i lavori in muratura, tutte le altre erano destinate a rimanere desolatamente ferme. Si alzò dalla scrivania con un gesto brusco, spingendo indietro la sedia con tale forza che essa sbatté contro lo schedario, producendo il rimbombo cavernoso di un contenitore desolatamente vuoto [desolatamente/desolatamente, ripetizione]
tardo settecento [tardo Settecento]
L’avvocato lo fissò perplesso. “perché lo chiede a me? Sono stati loro a organizzarlo, chi le può dare informazioni meglio di loro?” [Perché ]
Morendo senza eredi, la donna aveva dato disposizioni affinché gli essi fossero liberati e Christineberg diventasse di loro proprietà. [affinché fossero]
Caratterizzazione dei personaggi: 9,9/10
Donovan
L’imprenditore che sopravvive con all you can eat di dubbia origine e che acquista per un vero e proprio colpo di fortuna la tenuta di Christineberg è reso alla perfezione in un mix di furbizia, grettezza e umanità come raramente se ne incontrano. È sprovveduto e accorto allo stesso tempo, in un mix di realismo che ho particolarmente apprezzato. In lui ci sono tutti i tratti dell’imprenditore di successo, compresa una certa miope arroganza che gli fanno sorvolare la questione soprannaturale, ma che tuttavia non gliela fanno escludere: mi spiego meglio. Ha dei ristoranti con le insegne che non significano nulla, ha la moglie e l’amante e quella sicurezza stolida e concreta tipica dell’imprenditore. La prima parte del capitolo è dedicata a lui e alla sua ansia e benché la sua caratterizzazione fosse simile a quella di moltissimi altri analoghi personaggi di film del genere, non poteva che essere così, soprattutto perché il protagonista non è lui, ma il più complesso Austin. Se lui fosse stato il protagonista della storia nella sua interezza, il suo essere così tipicamente un imprenditore forse avrebbe potuto annoiarmi, ma il fatto di renderlo l’elemento scatenante, ma non il protagonista, lo ha rimesso in una dimensione che ho apprezzato molto, ma molto di più.
Abitanti di St. John
In ogni film dell’orrore che si rispetti – o romanzo o racconto, e qui penso inevitabilmente a Lovecraft, gli abitanti erigono una sorta di muro nei confronti dello straniero volto a indagare, sia perché non vogliono dar peso alla superstizione, come è il caso dell’avvocato, sia perché non si è disposti ad accettare una rilettura più critica della storia, come è il caso dell’Associazione storica, che qui deve difendere una certa vulgata, proponendo una visione di Ingeborg Barrow che si rivela essere totalmente speculare rispetto a quello che testimoniano e provano quelle che sono le fonti coeve della signora all’interno della casa. Sebbene tutto ciò sia molto credibile, non viene spiegato – ma solo suggerito dalle parole cariche di astio della direttrice – come mai la figura di Ingeborg sia passata da santa a strega – un aspetto, peraltro, che ho gradito moltissimo, perché offre un approccio critico alle fonti.
Austin
Il nostro risolutore workaholic è un protagonista semplicemente perfetto e non so dirti quanto l’ho amato, con le sue manie di ordine e pulizia, col suo scetticismo e un sangue freddo che crollano solamente di fronte all’evidenza del sovrannaturale. Con lui hai fatto un lavoro davvero mirabile e profondo: non è il solito eroe, ma un personaggio che grazie alle sue manie e alla sua attenzione – a una dedizione al lavoro ben spiegata e persino leggermente eccessiva – supera il limite che separa lo scettico da chi crede in qualcosa. Il mutamento, la “crescita” intellettuale del personaggio non avviene con uno schiocco di dita, ma lungo le pagine e pagine in cui Austin sperimenta e tenta come un novello Bacone col metodo scientifico che, alla fine, gli fa dire sì, i fantasmi esistono.
Ingeborg
Il fantasma della tenuta mi ha ricordato il personaggio del noto film “The Others”, ma in un’accezione decisamente più interessante e non è solo per la scelta dei Caraibi come luogo di elezione per la storia. Che il fantasma sia un personaggio positivo è solo intuibile analizzando l’aspetto del canto e interpretandolo come una non certa, ma possibile, espressione di gioia (esempio, i salmi sono canti). L’altro aspetto che mi aveva fatto interpretare correttamente il personaggio era la lunghissima vita. Era raro, ma non impossibile vivere tanto a lungo in epoca moderna (io stessa mi occupai di un principe che campò nello stesso periodo per ben 73 anni). Per essere una strega maligna che faceva esperimenti se ne è andata piuttosto in avanti con l’età e anche il dettaglio che la tomba non fosse stata violata con scritte e simili è piuttosto indicativo della sua reale natura, così come alcuni dettagli su di lei sparsi che hanno contribuito a renderla coerente con la fine del racconto: se veramente fosse stata così tanto malvagia come una certa contessa ungherese passata alla storia per altre efferatezze e che comunque fece una fine diversa, in caso di rivolta l’avrebbero semplicemente fatta a pezzi e non fatta gentilmente sopravvivere fino a superare la novantina. Lo stesso dicasi per la foto, che subito suscita in Austin un senso di quiete. Lo spirito però ha un duplice atteggiamento. Deve far sapere ai vivi chi è stata e cerca un riscatto alla propria memoria, tanto che quando il meticoloso Austin giunge con lei a un accordo, permette a Donovan di ottenere ciò che desidera.
Utilizzo del pacchetto: 10/10
Il pacchetto è stato utilizzato nella sua interezza e in maniera pressoché egregia. La frase era presente e viene pronunciata dal fantasma, altro elemento del pacchetto, mentre la caverna è il luogo dove sono conservati i documenti relativi all’attività filantropica di Ingeborg. Il prompt legato all’oblio è rispettato in toto: stando alle varie definizioni dei principali dizionari italiani, l’oblio è qualcosa che assorbe la memoria, ma che non è assimilabile all’amnesia. Il concetto non è di così facile intuizione, eppure tu lo hai reso magnificamente all’interno di una storia dove la verità di Ingeborg è stata nascosta ed è finita per perdersi.
Originalità e Trama: 10/10
Apprezzo sempre delle tue trame che siano intelligenti e accorte. Qui hai scelto di proporre una visione differente del classico latifondista europeo che sfrutta la manovalanza, per proporre invece la storia di una donna che sperimentò nella sua tenuta un approccio diverso e più umano nei confronti degli schiavi. C’è da considerare che era possibile per la Barrow nutrire simili pensieri e avere una laurea in medicina - che la volontà di trattare dignitosamente ed equamente gli schiavi fosse comunque appannaggio già di taluni, in quel periodo storico preciso – basti pensare alla Guerra Civile americana che si combatté proprio intorno alla metà del secolo XIX. La tua storia non parla di questo, in verità, ma della memoria dimenticata di una donna che si adoperò per essere giusta. Lo fa in un testo privo di anacronismi, che lancia intelligenti ami cui il lettore accorto deve necessariamente abboccare. Lo sviluppo è chiaro in ogni sua parte e viene rivelato un cliffhanger finale che porta alla risoluzione nel giro di pochissime righe di testo, ma questo non è affatto un difetto, quanto invece un rendersi conto di aver raccontato ciò che andava raccontato. La vera storia di Ingeborg Barrow è stata raccontata.
Gradimento personale: 10/10
L’idea di presentare gli effetti e arrivare solo alla fine alla causa del mistero è degna della narrativa dell’orrore e del giallo, ambiti in cui ti sei mosso benissimo, creando aspettativa e suspence, ma lasciando sempre la possibilità al lettore di intuire qualcosa, anche se occorre arrivare alla fine per scoprire il segreto del fantasma. Azzardato e avvincente è il proporre un revisionismo su una questione che per noi europei è molto lontana, ma altrove, negli USA, è ancora fonte di contrasti e dibattito. Film come 12 anni schiavo e la vicenda personale di Jefferson rendono decisamente più complicato parlare di certe questioni. Qui tu presenti una figura, quella di Ingeborg, che passa come strega, ma che in verità è una santa. Una divisione molto netta che ho adorato perché nulla nella vita è totalmente bianco e nero. Questa tua storia ha soddisfatto il mio desiderio di leggere qualcosa di bello – e lo è veramente – ma mi ha anche lasciato un sacco di domande, dubbi, riflessioni. Mi ha fatto venire in mente certe altre leggende su padroni sadici e crudeli, quelle tristemente vere, ma anche esempi di persone giuste che non hanno pubblicizzato in vita il loro aiuto ai più deboli. Ritengo anche che la scrittura sia una potente arma adatta a scavare nell’animo delle persone e che deve suscitare in loro qualcosa. Ecco, questa storia ha suscitato in me tantissime cose. Complimenti vivissimi. |