Credo di non sbagliare affermando che questa storia è pensata per svolgersi in un universo distopico con personaggi spinti all'estremo. Ognuno di loro presenta le caratteristiche critiche del personaggio originario, ingigantite e portate alle estreme conseguenze.
André sembra fermato al momento dello strappo. Ha sempre lo stesso sguardo concupiscente ed è fotografato nei suoi picchi di ubriachezza.
Oscar è presa in uno dei suoi momenti di peggiore sbandamento, con l'aggravante che, qui, ha perso tutto.
Anch'io ho sempre pensato che Oscar e André fossero una coppia destinata alla morte e non alla sopravvivenza. Per farcela, alcune loro caratteristiche dovevano essere smussate, eliminate, aggiustate ed è quello che ho fatto nella mia storia.
Se fossero sopravvissuti, fatalmente, si sarebbero arenati in una serie di secche. Oscar male avrebbe retto la perdita dell'autorità e della libertà. Un conto è avere un intero palazzo a propria disposizione e un altro è vivere in una colombaia, attorniata da vicini rumorosi, sporchi e maleducati. Un conto è avere una caserma ai propri ordini e un altro è doverli prendere lavorando per sopravvivere. Un conto è essere la migliore amica della Regina e un altro è essere una comune mortale, messa a posto, nel corso delle proprie intemperanze, da persone abituate sin dalla culla a litigarsi l'esistenza o scansata per la propria tetraggine. Un conto è essere la figlia prediletta di un padre accecato dall'orgoglio e dalle sue fisime e un altro è essere la moglie di un uomo che, giorno dopo giorno, passa dalla fase del fidanzamento a quella del matrimonio. André, invece, come avrebbe retto il passaggio dal sogno alla realtà? Quando non ci fosse più stata una speranza cui correre dietro, ma una realtà concreta da vivere con tutti i limiti e le brutture della vita vera, un presente e non un futuro, come avrebbe reagito? Come avrebbe gestito una moglie autoritaria e più o meno insoddisfatta? Per stare bene, avrebbero dovuto avere un esoscheletro che li sorreggesse e dei cuscinetti pronti ad assorbire gli urti ed è quello che io ho fatto ne "La leonessa di Francia", dove, per non dover cambiare i personaggi, è mutata tutta la realtà che li circondava.
Non credo, però, che i personaggi originali sarebbero arrivati al punto di detestarsi, di farsi del male, di recriminare, di accusarsi, di ridursi a ubriaconi di prima mattina e a relitti umani. Avrebbero taciuto e si sarebbero spenti poco a poco, nel grigiore di una realtà lontana anni luce dai fasti del passato e dalla perfezione dei sogni.
In questa storia, invece, i personaggi sono, non soltanto insoddisfatti, ma esasperati e deformati nei loro tratti più aberranti.
André, sostanzialmente, abusa di Oscar e la tiene segregata.
Oscar risponde con la violenza psicologica.
Alain è fermo nell'atto di giocare a carte e sembra proprio un carceriere che passa il suo tempo così.
Non ho ben capito se è Oscar che sta uscendo di testa e diventando paranoica, in modo tale da scambiare le premure degli altri per tentativi di tenerla reclusa o se, effettivamente, André, con la complicità di Bernard e di Alain, ha colto la palla al balzo per ridurre Oscar alla sua mercé, ben sapendo che, diversamente, prima o poi, lei lo avrebbe lasciato. In questa seconda ricostruzione, però, non si incastra Rosalie. Dovrebbe fare anche lei parte del complotto? Non credo, perché Rosalie era devota a Oscar prima che a ogni altro.
Oppure sono tutti morti e sospesi in un limbo oppure condannati, all'inferno, a rivivere, in eterno, i loro momenti peggiori elevati all'ennesima potenza: lo strappo, con la bramosia frustrata di lui e il rifiuto sprezzante di lei; l'ubriachezza ottenebrante di André; le crisi di identità di Oscar che, qui, si manifestano nell'attaccamento maniacale alla divisa e nella "paradisificazione" della vita precedente, passata a Palazzo Jarjayes; la strafottenza, la violenza e l'ostilità di Alain.
Universo distopico o storia di fantasmi condannati o autocondannanti? |