Secondo Posto a Pari Merito
Bad Moon Rising
Premio “Minerva” per il migliore stile
di Setsy
Grammatica: 4.75/5
La grammatica è perfetta, ti è sfuggita soltanto una concordanza temporale, che ti riporto qui sotto.
Non posso vendicarmi di lui, ma altri pagheranno un prezzo di carne e sangue; bambini come me, che sognavano guardando il cielo illuminato da quell’immensa moneta d’argento → -0.25 (“che sognano”, poiché il futuro semplice della principale implica che non hanno ancora pagato e che quindi ancora sognano.)
Stile: 20/20
Lo posso dire tranquillamente: non ho mai trovato un narratore in prima persona gestito meglio di così. Non so da che parte iniziare per commentare, perché ogni elemento – punteggiatura, lessico, tono – è concatenato all’altro e tutti insieme vengono usati per esaltare la voce del narratore.
Ecco, partiamo dalla “voce”, che tu sai che è una mia fissazione. È vero che di Greyback possiamo soltanto dedurre la proprietà di linguaggio ed espressiva del parlato, nonché intuire il flusso dei suoi pensieri, ma io ho trovato la “voce” da te creata per lui perfetta, costruita ad hoc non soltanto sopra quegli stralci di dialogo presenti sui libri ma soprattutto e con grande maestria sul background che di lui abbiamo a disposizione: la voce, quindi è cattiva, sadica, indifferente, e pure annoiata a tratti quando parlava dei primi tempi in cui la sua condizione era una maledizione; il costrutto delle frasi si adatta all’argomento e soprattutto all’evoluzione di questo “discorso” che Greyback tesse coi lettori e con un personaggio in particolare.
A questo proposito, sei stata bravissima ad adeguare il ritmo narrativo ai diversi paragrafi: frasi più o meno brevi, assenti di subordinate o coordinate, comunque spezzate frequentemente dalla punteggiatura per renderle più lapidali nel primo paragrafo dove viene descritta velocemente l’agonia, senza scendere troppo nei particolari; mentre le frasi si allungano, sfruttano l’asindeto per creare una crescita d’intensità, le descrizioni sensoriali si fanno più minuziose, e il lessico adoperato concorrono a rallentare il ritmo narrativo quando si passa alla descrizione dell’eccitazione e del piacere, soffermandosi sui particolari e così facendo evidenziando la bramosia del sangue ma anche la sua depravazione.
Altra cosa che va esaltata, secondo me, è la capacità di rendere questa prima persona narrante veramente un monologo realistico. Lo fai attraverso rafforzativi (non è stato giusto, no), lo fai adoperando al meglio i puntini di sospensione, lasciando le frasi in sospeso, giocando di sottintesi, di insinuazione. E ancora lo hai fatto qui:
- Un mostro è strisciato fuori dalla notte ― resa di un grigio pallido da una luna cattiva ― straziandomi il petto. → in questo caso, l’uso dei trattini lunghi per inserire questa digressione sulla luna è stato vincente, secondo me, perché sembra quasi che, mentre parla, l’influsso della luna in qualche modo incanti Fenrir, lo distragga quel tanto da descrivere la luna, perché la luna è qualcosa che lui associa a una “sirena” o meno, è questa la sensazione che mi hai dato mettendo quei trattini.
Il lessico è vario, coeso, si avvale di un campo semantico ben preciso che caratterizza l’intero testo. Infatti, ricorrono spesso e volentieri termini (e loro sinonimi) quale agonia, sangue, paura, piacere. È un raggruppamento di termini che insieme concorrono a sviluppare una determinata e complessa sensazione, un sfera sensoriale propria del racconto che avvolge chi sta leggendo. Lo fa in maniera mai densa o pensante, ma scorrevole, solida, sicura. A parer personale, in alcuni punti, avresti potuto abbassare ancora di più il registro medio, considerando che Greyback è stato morso da giovane (presumibilmente prima degli 11 anni, vista la mancanza di istruzione magica), che quasi sicuramente è scappato di casa o è stato abbandonato, e che altrettanto verosimilmente non ha avuto non solo un’educazione magica, ma anche formativa. Ecco, in alcuni punti avrei reso ancora più semplice il lessico, avvalendomi non di termini specifici ma giocando sempre di sensazioni. Per esempio:
- Ogni mese vivevo l’agonia delle ossa che si spezzavano; unghie come rasoi squarciavano le dita e gridavo il mio dolore con la gola della Bestia, impotente → “Squarciare”, a pelle, mi sembra discostarsi un po’ dall’idea di registro medio-basso. Avrei optato per qualcosa tipo “spaccavano la pelle”, mi sembra una forma più rozza.
Così come anche “con un guizzo di fame ferina”: frase cattiva, sì, però io la vedrei meglio in bocca a un personaggio più istruito come Bellatrix, tanto per fare un esempio. Anche “fauci” l’avrei semplificato con “bocca”, sempre per una questione del parlato, mentre “saliva sgocciolante” è un suono che rende perfettamente l’idea di qualcosa di disgustoso da vedere.
L’utilizzo di domande retoriche sembrano istigare il lettore, il personaggio è veramente a tu per tu con qualcuno che lo ascolta. Le ripetizioni rendono perfettamente il parlato, l’ebbrezza dei pensieri che si soffermano su certe sensazioni e piaceri. È un flusso di coscienza autentico, realistico. Sembra di essere veramente nella mente del personaggio. Tocco di classe, poi, è stato il passaggio del narratore in prima persona dal parlare prima a un ascoltatore (e non lettore) generico e poi a un ascoltatore specifico a cui si rivolge direttamente nel finale. Hai spezzato benissimo la scena, il racconto, collegandoti alle parole incriminanti che Lyall ha rivolto a Fenrir per “giustificare” il cambio di persona. Altra cosa che va notata, infine, è il concetto di “agonia” che apre e chiude questa storia. Perché se nel primo paragrafo è il Fenrir bambino che agonizza sotto l’influsso della luna, nel finale ad agonizzare, a essere condannato all’agonia è Remus.
Come già accennato, l’uso della punteggiatura è semplicemente perfetto. Scandisce non solo i periodi ma si fa serva della narrazione, dando un tono preciso al narratore. Un tono sprezzante, maligno, spietato; un tono dissacrante, depravato, il tono di chi gusta davvero la paura e il dolore come se fossero un piatto prelibato; fino, nel finale, a far sentire la rabbia e la vendetta rotolare tra i pensieri di Fenrir, godersi il dolore che sa di aver inflitto, il sadismo costruito con cura, sottile, subdolo, spietato. Si sente proprio il piacere di chi gode nel provocare disperazione e distruzione negli altri.
Entrambi i generi segnalati sono stati affrontati con attenzione e maestria: c’è questa figura, emblema dell’immaginario horror, ma ancora di più c’è la depravazione e l’esaltazione del sangue che rendono horror la storia; e poi c’è il dramma, quello iniziale della maledizione inferta allo stesso Greyback, ma c’è il dramma di Remus infettato a sua volta dal protagonista, l’angoscia dei bambini morti e soprattutto l’angoscia della costernante punizione a cui Greuback ha condannato Lyall.
Ultimo commento, e con tanto di onori a merito, alla tematica delicata di pedofilia, perfettamente nel rating, soprattutto come detto prima perché non diventa mai esplicita, ma giochi con le sensazioni, camuffi il tutto con la depravazione del lupo, mentre in realtà in Fenrir si sono innescati meccanismi più deplorevoli, che esulano dalla maledizione. Davvero complimenti, hai fatto un lavoro encomiabile.
Titolo, Introduzione e impaginazione: 10/10
Il titolo l’ho trovato perfetto e, tenendo conto della sua traduzione e del testo della canzone da cui è tratto, trovo che sia perfetto nella sua forma originale, rende molto meglio. L’ho trovato perfetto per diversi motivi: il primo è perché il verbo “rising” richiama l’evoluzione del personaggio di Greyback nei confronti della licantropia, un attaccamento al suo lato bestiale che sorge lentamente e col tempo, insomma c’è questo graduale accrescimento, lo stesso sorgere dato dal titolo, soprattutto perché legato al lato malvagio, quindi altro sottile riferimento alla “bad moon”; l’altra affinità l’ho colta con la scelta stilistica, con il cambiamento di passo del narratore che nelle battute finali passa a parlare non più con un lettore ipotetico ma direttamente con il personaggio, ecco questo insorgere dal racconto e passare all’attacco, questo abbracciare ed esplodere delle sue intenzioni mi ha richiamato il titolo; e infine, ancora più sottile ma non meno importante, è l’atto finale, ovvero Fenrir che infetta Remus e che fa sorgere questa luna cattiva del corpo del bambino innocente. Per tutti questi motivi, il titolo è davvero scelto con cura. Aggiungo, comunque, che ho trovato ironico la scelta del titolo e quindi della canzone come riferimento per un contesto guerrafondaio, visto il senso della canzone: i due testi – quello della canzone e il tuo – sembrano annunciare l’arrivo di una guerra, di un disastro, di dolore e catastrofe e morte, con l’unica differenza del tono – quello della canzone è un inno contro la guerra, Fenrir invece l’annuncia con violenza, con la voglia di scendere in campo.
L’introduzione ha un tono particolare – porta senza ombra di dubbio la tua impronta, Setsy – ma non posso non dire che racchiude perfettamente l’essenza della storia, giocando con le parole, i sottintesi, chiarendo il contesto, dando una parvenza di umanità al protagonista – e quindi richiamando in maniera ottimale il tema della storia – ma chiarendo subito che è una parvenza labile, perduta da tempo; ne racchiude al contempo l’essenza, senza dimenticare di incuriosire il lettore con quelle ultime note finali. Forse abbastanza intuitive, ma per chi ama il “personaggio adorabile” non può che essere il richiamo più forte.
L’impaginazione è semplice, minimale, ma comunque buona e ordinata, la lettura è visivamente piacevole e facile da affrontare.
Sviluppo del tema, Caratterizzazione dei personaggi e IC: 26.5/30 (di cui 16.5/20 dell’IC e caratterizzazione)
Partiamo dallo sviluppo del tema, in cui hai fatto uno splendido lavoro. Non c’è nessuno aspetto che manca, tra quelli che ho elencato nel bando. Sei riuscita a scrivere la storia dalla prospettiva giusta per racchiuderli tutti.
Comunque, voglio partire dal farti i complimenti per due cose essenzialmente: il taglio originale e il filo conduttore che lega dall’inizio alla fine questa storia. Avevo chiesto di mostrarmi il modo in cui appare agli occhi degli altri, e tu praticamente hai fatto sì che fosse il personaggio stesso a dirmi in che modo appare agli altri, sfruttando la sua arroganza e la sua crudeltà per esaltare la paura e il disgusto anche che incute negli altri, aggiungendo come extra quali sensazioni e reazioni si innescano in lui una volta capito il modo in cui appare loro. Insomma, il personaggio è presente a tutto tondo, e viene caratterizzato nel pieno della sua essenza, mostrandomi non soltanto la sua natura, ma i motivi da cui scaturisce, l’evoluzione, e sfruttando uno degli eventi più significativi che la marchiano.
A tal proposito, ho notato come la vita di Greyback e le varie parti che compongono questa storia si muovono tutte per preparare il terreno all’epilogo: mostri l’inizio, un bambino morso da un lupo mannaro; parli del piacere, parli soprattutto del ruolo che Greyback dà a se stesso, a capo di tutti i lupi mannari per sovvertire le regole del mondo, e soprattutto “chi continuerebbe ad allevare nella propria casa un abominio?” Ed ecco che c’è un altro riferimento alla fine, ti riallacci a ciò per cambiare scena, cambiare ritmo, inserire la sequenza narrativa, quell’evento che ancora una volta porta a Remus. La struttura della trama, in definitiva, è costruita a regola d’arte, il flusso di coscienza è realistico, sciolto, tipico di una mente che ragiona, riflette, racconta, divaga, si distrae.
Detto questo, hai mostrato molto bene la paura primordiale, il modo come essa diventa poi la sua più grande malia, la radice di tutti i suoi desideri; hai mostrato perfettamente la sua ambizione, il motivo per cui si unisce a Voldemort, le sue vere intenzione; per non parlare poi di ciò che gli dà piacere, delle sue sensazioni, dei suoi traguardi (perché Remus, oltre che una vendetta, è un traguardo per lui, un doppio traguardo: ha infettato un bambino e ha dimostrato di essere superiore a un mago, uno che lo disprezza per giunta). Il tutto con una scorrevolezza e un fluire di scene una dentro l’altra davvero ben gestito, che rende la sua storia verosimile, reale, in qualche modo dà solidità all’essenza di Greyback. Questa storia, come già detto, non manca di nulla. Complimenti.
Passiamo all’estratto che, in minima parte, influisce sul voto dell’IC e caratterizzazione. È stato già accennato, e ne sei consapevole, c’è un errore non da poco che, d’intenzione voleva giocare con l’ambiguità, confondendo un po’ le acqua – e se fosse stato valido, sarebbe stato sfruttato davvero bene – ma che per l’appunto nei fatti risulta un dettaglio “sbagliato” non da poco:
- Avrei potuto contare sui miei tre complici? → Nella versione di Wizarding World (che a quanto ne so è l’ex Pottermore) viene detto che i complici lupo mannaro di Greyback sono in realtà due, e non tre. Questo dettaglio, quindi, confonde molti, portando a come unica soluzione a Barty Crouch J.
Considero però la soluzione di Barty, l’unica altra a cui è possibile pensare di primo acchito, tenendo conto di tutti gli elementi, non del tutto calzante. È vero che l’ambientazione è la stessa – entrambi si trovano al ministrero, sotto processo – ma ci sono alcuni dettagli che portano inconfutabilmente a Greyback, o comunque escludono l’altro.
- scuse e parole di spavento e orrore → Al suo processo, Barty Crouch J. non accampa parole di scuse e di orrore, ma si limita a pregare il padre, puntando proprio sul fatto che lui non avrebbe mai fatto una cosa simile. Voleva che il padre non permettesse agli uomini del ministero di mandarlo in prigione, rivolgendo suppliche e non parole di spavento e orrore, e non si rivolge mai all’assemblea. Inoltre Barty Crouch J. era già stato tenuto ad Azkaban prima del processo, mentre nell’estratto si parla di “finire ad Azkaban” e non di ritornarci.
Altro dettaglio non da poco è “tratti della depravazione scritti in faccia”. Crouch viene descritto come un ragazzo dai capelli color paglia che ricadono davanti al viso, la pelle lentigginosa bianco latteo e una postura pietrificata. Nessun tratto della depravazione. Questo indizio, secondo me, era quello principale, che avrebbe dovuto spingere verso figure dall’aspetto più “spietato”. Gli altri due dettagli importanti sono stati “la rabbia che monta” che viene mostrata quasi più forte della paura, e il tono con cui dice “quel piccolo, insignificante mago” che dà due indizi: la persona che parla ha un fisico importante e ha istinti di superiorità che lo portano a disprezzare, a disdegnare i maghi.
Una cosa comunque per cui devo togliere punti resta il fatto che la scena in sé rappresenta un’informazione extra libro, che io avevo sconsigliato proprio per evitare di confondere gli altri partecipanti. In altre parole, Fenrir Greyback sarebbe stato riconoscibile se la scena fosse stata canonica, al di là del dettaglio dei tre complici.
E arriviamo alla caratterizzazione completa.
Il lavoro introspettivo e quello fatto sul background del personaggio è encomiabile, ancora una volta ti devo fare i miei complimenti. Ho trovato questa caratterizzazione indice di sensibilità, perché tu sei riuscita ad andare oltre lo stereotipo del lupo mannaro, ma hai parlato dell’uomo, dei meccanismi che hanno portato al risultato finale. Hai dato peso al trauma del morso – perché inizialmente lo è, e Greyback sicuramente non avrà fatto eccezione – hai fatto capire come la maledizione, e le conseguenze sociali, lo abbia portato a trasformare quell’ingiustizia nel desiderio di condividerla con gli altri, di fare agli altri ciò che è stato fatto a lui. Evidenzi così un carattere rabbioso, pieno di rancore, vendicativo, sempre più spietato, che nel dolore è risorto più cattivo e meschino di quanto sicuramente era all’inizio. Evidenzi una natura guerrafondaia, istigatrice, arrogante, presuntuosa, che vede se stessa a capo di una razza superiore, che prova piacere nel terrorizzare e nel fare del male. Inoltre sfrutti il fatto che sia morso da bambino per pavimentare poi la base di quel piacere pedofilo che insorge in lui. Certo, non possiamo sapere se questo suo tratto deplorevole fosse già intrinseco nel suo modo di essere, fatto sta che la sua natura lo porta a poter sicuramente avere dei vantaggi per soddisfarla.
La caratterizzazione passa anche attraverso dettagli sottili, e quindi mi prendo lo spazio per analizzare anche questi: quando paragona la luna a una moneta d’argento, diventando così metafora anche del suo lato avaro, la “moneta d’argento” rappresenta i sogni, i desideri di un futuro ricco, un futuro che viene strappato al Fenrir bambino ma che si mostra ancora quando quella luna diventa lo strumento per accrescere il suo potere, per creare una nuova razza, e quindi rimane ancora quell’indole avida, bramosa.
- Chi continuerebbe ad allevare nella propria casa un abominio? → Con una singola domanda fai intendere un passato famigliare infelice, probabilmente una volta morso Greyback è stato cacciato, ha dovuto imparare a sopravvivere da solo. Senza istruzione, senza famiglia, senza lavoro, tutto ciò che gli è rimasto era il lupo e la sua fame.
- Ora sono un uomo nuovo. Cannibale, mi chiamano. Il lupo si è fuso con me, siamo una cosa sola; non c’è ritorno, e mi sta bene. La mia faccia incute disgusto e terrore, ma non m’importa, anzi, accresce il mio potere. Sfogo tutta la mia fame. E non solo. C’è un piacere senza nome nel torturare prima di uccidere, ascoltare le suppliche e le grida disperate, e non solo, non solo… → Si evidenzia un Fenrir che sopprime ogni speranza, un uomo che ha rinunciato a trovare il suo posto nella società normale, e che non ha motivi per cui disdegnare il lupo. Un uomo nuovo, più forte, che ha rinunciato alla bellezza, alla cura di sé, ma che si crogiola nel terrore, perché è l’unica arma che la gente gli ha lasciato. Questo passaggio, seppure in maniera nascosta, mi ha trasmesso un senso tristezza che lui uccide con la rabbia e il rancore. Inoltre ne caratterizza splendidamente la psiche, il comportamento, la depravazione, ma anche il gusto, il divertimento della caccia, del giocare con le prede. È il mio passaggio preferito, lo dico tranquillamente.
Hai caratterizzato molto bene il suo senso di superiorità, l’arroganza di credersi un uomo potenziato, privato delle debolezze degli altri, che lui considera insignificanti, deboli come fuscelli, dai sensi praticamente inesistenti. Si fa beffe di loro e subdolamente gioca con la loro ignoranza. Attraverso ciò, però, hai mostrato anche l’altra faccia della medaglia, ovvero l’odio che lui prova verso quegli stessi uomini che lo hanno etichettato come mostro. Ecco che in lui sorge la natura più suscettibile, che si offende, perché quello resta il suo tasto dolente.
Anche qui, però, insorge un dettaglio non da poco che si distacca dall’opera originale.
- Mi sono trasformato quando l’ho deciso → È vero che abbraccia la maledizione, è vero che inizia ad attaccare le persone anche senza l’influsso della luna, ma credo sia scorretta l’idea che riesca a trasformarsi quando dice lui. Quello avviene soltanto con l’influsso della luna piena. Inoltre dalle parole di Remus nel libro si evince che Greyback non ha controllo sulla sua trasformazione e che per assicurarsi di colpire le vittime quando è trasformato si apposta vicino alle loro case, per essere sicuro di colpire; questo perché è l’istinto del lupo mannaro che lo spinge ad attaccare le persone (i lupi mannari non sono pericolosi per le altre razze, solo per gli umani).
In conclusione, ci sono alcune sviste di approfondimento a livello più “tecnico”, ma l’introspezione, l’IC e la caratterizzazione sono stati rispettati davvero in maniera splendida, hai curato con maturità la psiche e le sensazioni di Fenrir, hai sfruttato al meglio il suo punto di vista, anche quando si è parlato del suo ruolo all’interno dei piani del Signore Oscuro, fornendo con arroganza quello che è il suo unico intendo, dando in conclusione giustizia a questo personaggio che è davvero tra i più crudeli e spietati della saga.
Gradimento personale: 4.75/5
Se non si è capito amo questa storia, amo il modo in cui hai saputo calarti nella pelle di Fenrir Greyback, riuscire a farlo praticamente uscire dalla pagina, renderlo reale, vivo, parlante soprattutto. Ho amato l’uso della prima persona, credo davvero che sia la migliore letta finora, e non parlo solo di fanfiction, penso che sia migliore di molti libri scritti in prima persona. E infine devo assolutamente farti i complimenti per l’attenzione che hai saputo dare anche alla parte più umana del personaggio, perché da qualche parte c’è, anche se lui l’ha dimenticata. Ho apprezzato davvero tantissimo che tu abbia dato spazio al Greyback bambino, perché hai saputo dare una base poi al comportamento dell’adulto. Non dico che mi hai reso empatica verso di lui – e sicuramente quello che ha fatto non si perdona – ma ti sei ricordata che nessuno nasce cattivo e che a costruire una persona(ggio) sono le persone e gli eventi che costellano la sua vita; è la vita stessa. Greyback ha trovato il suo personalissimo modo di “convivere” con il lupo, la luna diventa per lui davvero una sirena, sinonimo di lussuria, bellezza, avidità, gola, e ha trasformato il trauma infantile in un sadico piacere. In lui ho percepito la rabbia, il senso di ingiustizia che diventa a sua volta voglia di infliggere ingiustizia, quasi perché se tutto diventa ingiusto, allora l’ingiusto a pari normalità diventa la regola, e quindi giusto (scusami il gioco di parole, spero si sia capito ciò che voglio dire). Ma anche la suscettibilità, lo scivolare sempre più verso l’istinto, e quindi il suo cedere all’offesa. Insomma, è Greyback a tutto tondo, ed è una caratterizzazione che non manca davvero di nulla e che io ho adorato.
Non ho dato il massimo perché – pignoleria vera la mia, cattiveria alle stelle – come credo avrai capito dal piccolo appunto – che poi è rimasto ininfluente nella categoria – alla voce “stile”, io immagino un Greyback più rozzo. E dietro ci sono elucubrazioni noiose personali che avrebbero annoiato anche Sherlock, quindi le salto in questa sede.
Punteggio: 66/70 |