Recensioni per
Reietti (E morir m'è dolce)
di Nirvana_04

Questa storia ha ottenuto 47 recensioni.
Positive : 47
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
09/10/21, ore 13:35

Ciao Nirvana,
chi non muore si rivede, mio caro Fred! (è uscita malissimo, vero?)
Lo ammetto: mi pento di non essere arrivata a recensire prima questo capitolo e mi pento del modo barbare con cui sto recuperando la raccolta. Salto di qua e di là senza un ordine preciso: ai tuoi occhi sembrerò un mostro, ma ti giuro che questa mia follia è del tutto intenzionale. Come, spero ecco, anche il dolore che ho nelle ossa dopo la lettura di questo capitolo sia.
Mi manca l'aria e non posso parlare, ma anche se ce l'avessi non saprei parlare. L'ho amato, te lo giuro: ho amato questo mostro che viene fuori prepotente nelle parole di Remus, nella crudezza di certi termini, nella paura di fare male, nel rimorso di non essere morto al porto di James e nel ricordo per Sirius che, come lui, è destinato a non avere amore. Due creature che camminano in parallelo e la felicità non l'incontrano mai. Perché fa troppo male sentire di essere diversi, sbagliati, mostri. E allora anche l'amore che arriva un giorno fa paura: Tonks lo terrorizza, perché lo ama per come è, perché non ha abbastanza paura e allora, lui si prende sulle spalle le paure di entrambi. È povero, è vecchio, è un mostro: le farà del male e lei è troppo bella e viva per essere ferita senza motivo.
Tonks invece rimane, segue le orme di sua madre a cammina su una strada che molto prima hanno formato i suoi genitori. E poi si chiede, con l'impronta di Remus sulla pelle e il pensiero di un piccolo Teddy che sta per nascere (l'idea che poi lo vedrà nascere e non lo vedrà crescere mi devasta) e il pensiero di essere sbagliata e di aver fatto piangere i genitori, se Andromeda e Teddy si siano mai pentiti di averla avuta come figlia: lei, che è tanto buffa. Lei, che proprio perché buffa, avrebbe dovuto scacciare le lacrime di altre ferite, cancellare il sapore dell'odio dei Black. Eppure finisce per arrecare altro dolore: se ne va di casa e accetta che la sua vita sia fatta anche di rischi e di ferite che si trasformano in cicatrici.

"L’ho imparato da te, dopotutto, da te e da papà. È dal vostro coraggio e dal vostro amore che ho imparato a non arrendermi, a dispetto di tutto e tutti. Lui mi ha detto che non va bene per me, ma che ne sa lui dei miei mostri? Beh, lui può anche rinnegare quello che siamo; io lo custodirò"

Lo so che ho citato un sacco di parole del testo, ma l'ho fatto perché ti voglio dire: mi hanno colpita, preso dentro, ucciso il cuore. Me l'avete insegnato voi, mamma e papà e io adesso custodirò il mio amore per lui, per voi, per Teddy nel mio cuore, anche se è chiusa in una stanza dove non sente più nessun passo. Niente, sono pietrificata dalla bellezza e so che questa recensione non potrà restituire nemmeno un quarto di quello che mi hai fatto provare o di quello che, in realtà, la storia è. Sei stata bravissima, come sempre
Sia ❤

Recensore Veterano
04/01/21, ore 17:12

Ciao! Ho promesso che avrei provato a trovare le parole. Ed eccomi qua.
Non so se saranno adatte a descrivere il miscuglio intenso e denso in cui mi ha immersa questa storia. Un po’ corrosivo, come ti avevo accennato, perché ha scavato, ha scavato tanto. Mi sono ritrovata a pensare a questi due dolori tanto diversi ma così circolari: uno insegue e alimenta l’altro. E tutto all’insegna della cosa più “giusta”.
Remus trova la sua giustizia nel fatto di salvare Tonks dal mostro che lui è. E’ talmente tanto accecato da questa “missione” da privarla pure della possibilità di scegliere. Lui sceglie per entrambi; il suo dolore, il suo senso di colpa, scelgono per entrambi. Quale giustizia, però, può esserci in un’esistenza devastata quando l’uomo era solo un bambino? Lui non ha potuto scegliere e adesso si trova intrappolato in un corpo che non vuole, in un’esistenza aliena. E si incolpa, per gli errori di un altro. E si sente di dover fare ammenda, non concedendosi di cedere a quell’amore così pulito che, in contrasto con quell’ “ombra di sporco sotto le unghie”, lo fa sentire sbagliato, lo fa sentire, appunto, ingiusto. Con sé stesso, con lei, con la vita al quale quel morso lo ha destinato. Giustizia è scegliere di non meritare quell’amore, di fuggirne, di risparmiare una vita dall’esistenza che a lui non è stata risparmiata.
Tonks, del resto, vuole scegliere. Vuole che sia riconosciuta, irrimediabilmente, l’ingiustizia di quella privazione che lui le sta facendo, mascherata da preoccupazione e protezione. Sono certa che non gli creda. Non creda fino in fondo che lui voglia proteggerla da quell’esistenza infausta e, forse, non gli crede perché non ha idea di cosa significhi il dolore, l’emarginazione, il delirio che una trasformazione comporta, che un’esistenza da lupo mannaro comporta. E quindi s’insinua la presunzione di sapere, l’incoscienza. Crede di avere tutto il coraggio necessario, quello sufficiente ad entrambi. E, se mi fermo a pensarci, capisco il pensiero di Remus: come puoi dire di accettare quello a cui potrei condannarti, se – nei fatti – non hai nemmeno idea di cosa sia? Ma lei ha un esempio scintillante di fronte agli occhi di chi, per amore, ha perso tanto ma ha guadagnato tutto. E non riesce ad arrendersi che quel tutto possa esserle sottratto per paura, di qualsiasi paura si tratti.
Siamo sempre stati “illusi” che amor vincit omnia ma nulla, a mio avviso, è meno vero. Quanto posto possono occupare un dolore cieco e un rimorso accecante dentro al petto di una persona? Quanto spazio rimane per il resto? Quanta luce ci vuole per illuminare il buio più profondo e spaventoso? Penso che queste siano le domande a cui entrambi, lontani nelle intenzioni ma vicini in questo rincorrere i loro ricordi, hanno trovato risposta. E se Lupin sente che quel dolore lo sta riempiendo, Tonks si sente in grado di sgomitare, di appiattirlo, di illuminare. Sbadata, goffa? Sì. Illusa, sognatrice? Forse. Arresa? Mai.
Per questo si ritrovano a parlare entrambi con qualcun altro ma, in fondo, con loro stessi. Con quella che ritengono la loro parte migliore, la loro parte più giusta, a cui provano ad appellarsi cercandola riflessa in quelle persone in cui tanto spesso avranno riflesso gli occhi, i pensieri, le paure. E se da loro avranno trovato conforto, adesso da loro ne cercano.
Non so nemmeno se questo mio discorso volesse avere una fine precisa. Ma questo è quello che questa storia mi ha fatto affiorare, quella parte che sono riuscita a tramutare in qualcosa di senso compiuto (o, almeno, in qualcosa che intendeva avvicinarcisi).
Le tue righe mi hanno davvero scavata, lo ribadisco.
Grazie per questo regalo incidentale. Ti mando un abbraccio.

Recensore Master
11/12/20, ore 21:37

Ciao!
Finalmente, finalmente riesco a passare da questo capitolo, che ho continuato a leggere e rileggere, dopo che lo hai pubblicato, aspettando il momento in cui sarei riuscita a mettere insieme qualche parola.
E, davvero, mi sento sempre un po’ a disagio, qui, perché mi sembra di ripetere sempre le stesse cose senza mai riuscire a cogliere davvero il punto, però si tratta della verità: questa raccolta ha una profondità, una maturità e una bellezza immense, e io ho sempre l’impressione di non essere all’altezza della recensione che meriteresti. Perché queste storie sono molto più di un racconto, e meriterebbero un approfondimento e un grado di analisi che io proprio non sono capace di fare.
E così mi limito a leggere, e ad apprezzare tanto, e a cercare di restituirti almeno una parte molto superficiale di quello che la tua lettura mi ha dato.
Non so cosa avessi in mente, quando hai cominciato a scrivere, e non so in che misura questa storia non raggiunga le aspettative che tu avevi, ma io posso dirti di averla amata moltissimo. Hai scelto di raccontare due dei miei personaggi preferiti, e quella che è senza dubbio la mia coppia preferita, e li hai rappresentati in un momento della loro vita in cui sono spezzati, in cui stanno davvero precipitando: sono vuoti, in un certo senso, ma sono anche figli di un moto costante, che pian piano li spinge in una sola, inevitabile direzione. Ed è particolarmente significativo che tu abbia scelto di rimarcare soprattutto la distanza che c’è tra loro, perché in fondo la loro storia si gioca tutta su questo spazio che loro, nonostante tutto, non riescono a mantenere. Remus ci prova, ci prova sempre, ci prova anche quando ormai la distanza era già stata annullata, ma alla fine si trova comunque a soccombere. Ecco, questo senso di ineluttabile, questa sensazione che spesso ha quasi il sapore della sconfitta, permea tutta la tua storia, e lo fa con una densità che è davvero quasi palpabile. Ho amato moltissimo tutti i parallelismi che hai saputo costruire tra i due, pur essendo, il loro, un dialogo “muto”: non solo perché muto è il dialogo con la seconda persona (Sirius, che per forza di cose non può rispondere, e Andromeda, che qui è quasi un contraltare “mentale”), ma anche perché tra Remus e Tonks non c’è alcun dialogo, nessun punto in comune, nonostante si trovino a vivere lo stesso dolore.
Remus mi ha spezzato. Remus che deve lottare ogni giorno con la maledizione che ha dentro, e con il senso di colpa, e il proposito di non rendersi più colpevole di quanto non sia, trascinando altri innocenti sulla sua strada. E vederlo rivolgersi a Sirius, Sirius che non gli può più rispondere perché è andato oltre, fa un male da impazzire.
Quella che mi ha colpito di più, però, è la tua Tonks: lei che è sempre così chiassosa e colorata, io faccio fatica a immaginarla disperata. Nei libri lo è, e la Rowling lo mostra molto chiaramente, ma tutto questo io non sono mai riuscita a coglierlo appieno. Tu, invece, lo mostri con una limpidezza disarmante: il suo monologo ha un ritmo che ho amato immensamente, un ritmo che, nonostante lo scorrere senza filtri delle sue riflessioni, ha una musicalità particolarissima.
Mi ha molto colpita, poi, il suo rapportarsi alla storia dei suoi genitori, al loro amore tormentato e a tutto il dolore che, nonostante tutto, si è trascinato dietro: è un aspetto su cui non avevo mai riflettuto, ma che tu hai saputo illuminare in maniera interessantissima.
Insomma, mi sembra di avere solamente grattato la superficie di tutto quello che dovrei dirti, di quello che la storia meriterebbe, ma spero davvero di averti restituito almeno in parte la meraviglia che mi hai fatto provare.
Ti faccio davvero i miei complimenti!
A presto!