A me dispiace, perché per la seconda volta ti tocca una mia recensione post esame, e meriteresti molto di più di quello che potrò offrirti, ma non posso andare a dormire senza lasciarti due parole su questa piccola meraviglia. E, ecco, io ero davvero con gli occhi lucidi a fissarmi il telefono, con la coinquilina che non so se ormai si sia rassegnata a darmi per matta o cosa, e adesso sto singhiozzando tra una frase e l’altra come una bambina (o come se non mi fossi già scavata gli occhi a sufficienza su questo, dolorosissimo, ultimo capitolo di Matthias, piangendo ogni volta come se fosse la prima).
Insomma, se non si era capito sto girando in tondo a questa recensione mentre capisco da che parte prenderla senza piangere più del dovuto.
Il rapporto tra Nina e Matthias, forse l’ho già detto, è quello che meno mi sarei sognata di apprezzare: molto banalmente, non mi interessa leggere della dinamica nemici/amanti, se poi ci mettiamo di mezzo opposti schieramenti, uno che dà la caccia all’altro, il mio interesse è ridotto a meno di zero. Eppure. Eppure questi due quanto funzionano, ti fanno a pezzi dalle risate per gli approcci per nulla ortodossi di Nina, per Matthias tutto rigido sulle sue che si imbarazza per nulla, poi dalla dolcezza, perché più dolce di questo gigante vichingo e le sue dichiarazioni non so cosa ci sia (okay, va bene, forse Wylan-Pasticcino, ma insomma, non è questo il punto), poi dal dolore. E no, io non mi son ancora ripresa per niente da quel finale. Non so se la cosa che funzioni meglio in questa dinamica sia l’assoluta schiettezza di Nina quando si parla di sentimenti, il suo essere perfettamente a suo agio con se stessa prima e riuscire ad approcciarsi a lui in modo tanto disarmante e diretto, o il mondo in cui riescono entrambi ad andare oltre differenze, diffidenze, anni di indottrinamento (chi più chi meno, alla fine risentono entrambi delle ideologie delle loro genti, e i Ravkiani non sono necessariamente sempre nel giusto – insomma, citandoli: “Siamo tutti il mostro di qualcuno”) e imparano l’accettazione del diverso, la comprensione dell’altro. E, non so, è vero che Matthias aveva compiuto il suo arco di crescita, se proprio qualcuno doveva lasciarci era lui, ma… quanto fa male, anche a distanza di tempo! Io non lo so se ci riprenderemo mai (sto saltando indegnamente da un concetto all’altro, perdona i terribili voli pindarici).
Ma insomma, dicevamo, la storia.
Ho amato infinitamente la scelta di aprire la flash con il giuramento di Fjerda in cui Matthias promette a Nina di proteggerla fino alla morte, per poi chiuderla con lui che si lascia andare perché sa che ora lei è al sicuro. E lo so che è canon che lui lo pensi, in quel capitolo finale, ma non importa perché trovarlo qua, vedertelo fare in questa storia mi ha comunque aperto il cuore a metà: perché lui per lei si è messo totalmente in discussione (per lei e per se stesso, direi, perché quella che attraversa è anche, e soprattutto, una crescita personale, che vuole poi passare al resto della sua gente – e, davvero, questa cosa che i personaggi della Bardugo crescano anche grazie all’amore, alla coppia, ma non solo per o in funzione di essa è una cosa che è stato bellissimo, finalmente, poter leggere), ha sovvertito i suoi valori, come rivolgerle il giuramento per Fjerda testimonia, e quasi come il soldato che è stato, può morire sapendo di aver adempiuto quel giuramento, di aver fatto il suo dovere: lei ora è al sicuro, non avrà freddo, e lui può lasciarsi andare e tronare da Djel, e può andarci in modo dolce, senza pesi, se non sapere di farle male (oddio, non è che sia poco, perché lo so che loro avrebbero voluto, e si sarebbero meritati, anni e anni di gioia uno accanto all’altro, ma spero si sia capito ciò che intendevo: insomma, in quel capitolo, con lui che sa che lei è al sicuro e con i lupi che sente che lo chiamano, io ho sempre visto in qualche modo una morte serena, nonostante il doversi separare dalle persone che si amano e dalla vita). E ho amato anche che tu abbia “ripreso” la frase che lui rivolge al suo lupo, quando deve conquistarsene la fiducia, e si lascia mordere senza muoversi, e l’abbia “capovolta” quando pensa che Nina starà bene, anche se ora lui le fa del male. Non so, è stato come rivedere doppiamente il senso della frase: perché se quando la rivolge al lupo la intende fisicamente, in realtà ci sta sotto di più, l’affiatamento e il legame che creeranno, come diventeranno indispensabili l’uno per l’altro. E poi Nina e Tress sono praticamente legate in qualche modo nei libri, nella testa di Matthias: è a Nina che parla di Tress, e sono i lupi e Nina che sogna negli incubi agitati e poi in quell’ultimo sogno che rappresenta la morte. Quindi, insomma, ho amato e trovato perfettissima questa ripresa.
Poi, la struttura. Mi è piaciuta da impazzire l’idea di strutturare questo viaggio nella vita di Matthias tramite cosa rappresenti per lui casa. Non solo perché sei riuscita a delineare la sua storia e la sua crescita tramite questo espediente, non solo perché riprendere proprio la parola casa, l’ultima che pronuncia prima di morire, e costruirci sopra una storia fa di un male che non riesco a dirti (cioè, a momenti questi sei mi stanno a cuore come se li conoscessi, mannaggia: prima o poi si guarisce da questa dipendenza/ossessione per SoC?), ma perché è anche il filtro migliore attraverso cui guardare al suo rapporto con Nina e capirne l’intensità, la profondità, perché alla fine casa è lei, sono le sue braccia che lo cullano l’ultima volta, sono la sua risata e il suo sorriso.
Bellissima l’immagine degli anni di addestramento come druskelle che gli scavano dentro una caverna di ghiaccio, una caverna che però Nina gli insegna a riempire, a colmare di amore, provando a insegnargli a divertirsi, a lasciarsi andare, a tornare quel bambino che giocava sulla neve.
E raccontare poi cosa sia casa tramite dettagli, immagini e gesti semplici – un sorriso, una sorellina appena nata, un abito, un falò acceso nelle sere di festa (e amo come hai detto molto di più con quel cenno al fuoco) – sa ancora più di casa.
Fjerda sei tu, che sai essere patria e casa, che sai essere il mio destino e tutto ciò che è capace di sradicarlo. Io a questa parte mi sono commossa più del dovuto, temo, perché Nina non solo è casa e patria, è proprio Fjerda, perché lui in Fjerda non ha comunque mai smesso di credere, di amarla, le sue ultime parole sono per questa terra che può essere ancora salvata e che chiede a lei di salvare. E poi c’è quello sradicare, che ha senso di per sé, nella frase, ma ne ha molto di più se detto da Matthias, da qualcuno che crede in un Dio che è nello spirito di un albero dalle immense radici, che chiede di essere seppellito perché il suo corpo possa mettere radici e riunirsi a Djel, e per il quale le radici sono tanto importanti (e io lo so che mi sto spiegando talmente confusamente che mi vorresti togliere la tastiera dalle mani, ma insomma, io conto che da qualche parte tu riesca a trovare un senso alle mie parole).
Grazie, davvero davvero grazie per questa meraviglia, se non si era capito qui sopra, mi è piaciuta tantissimo XD. Li hai resi perfetti, hai scritto uno spaccato di Matthias da far venire i brividi (sarà stata tutta quella neve? Mah.), mi hai commossa e lasciata con un peso dolce sul cuore. Davvero, questi personaggi di per se muovono tanto, e tu li esalti benissimo. Per cui, davvero, grazie per averla scritta (e per la precisione nell’averla postata, avevo bisogno di qualcosa di bello con cui concludere la giornata per togliermi dalla testa lo studio).
Un abbraccio forte, e non volermi troppo male domani mattina quando ti sveglierai e troverai i miei sbrodolamenti.
Maqry 💙 |