Recensioni per
Thinking out loud
di Shoshin

Questa storia ha ottenuto 146 recensioni.
Positive : 145
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Nuovo recensore
17/05/21, ore 23:19
Cap. 10:

Care Deb e Gabry,
Rieccomi dopo veramente tantissimo tempo a fare nuovamente capolino in una delle vostre storie. Devo essere sincera: quelle precedenti a questa long, inclusi vari inframezzi, non le ho più lette. Però, quando ho visto che avevate pubblicato una long, ho fatto un cambio di rotta. Tuttavia vi anticipo che il mio commento non sarà positivo, e per vari motivi che mi piacerebbe spiegarvi per bene in una delle mie recensioni chilometriche e dettagliate. Recensisco poco, è vero. Ma quando lo faccio, cerco di farlo come Cristo comanda.
Dunque, ho apprezzato il fatto che stiate scrivendo di un personaggio mai trattato (Sari quindi) e che in un certo qual modo abbiate voluto aprirci una finestra su quello che può essere successo ai personaggi di Kodocha nel post Deep Clear. Leggere di un continuo (anche se ipotetico) mi fa sempre piacere.
Purtroppo questa è l’unica cosa che ho apprezzato della vostra long. Secondo me ci sono molte cose che non tornano affatto. Ma andiamo per punti:

1. Le fondamenta della storia
L’attenzione di Sari viene attirata fin da subito da Kintaro e dal suo essere simile ad Akito: cuffie nelle orecchie, capelli biondi, taciturno ecc. Che sia questo un palese riferimento (?) alla storia originale e ai personaggi originali, incluso il rapporto tra Sana e Akito?
Sia chiaro: mi va anche bene il voler “omaggiare” il manga così (d’altronde siamo sul fandom di Kodocha), però dietro Sana e Akito c’è un mondo ben costruito. Dietro il suo volere entrare nella vita di Akito c’è un motivo ben costruito; e il fatto che Sari si avvicini a Kintaro non è un problema di per sé. Sono le intenzioni (le vostre, non dei personaggi) a non essermi piaciute, perché la cosa non è casuale e nemmeno causale, se non per far sentire ai lettori il profumo della storia originale. Non c’è un costruito dietro il loro avvicinamento: lo fanno perché la storia deve andare così. Io non sono sicura che una bambina di 10 anni si faccia queste turbe interiori solo perché un compagno di classe non le parla e non parla con nessuno. Mi sa di molto forzato onestamente, fatto apposta ecco… o comunque non motivato (intimamente) in questa sede.
La curiosità di Sari sull’isolamento di Kintaro pare essere invece un atteggiamento copiato dal personaggio di Sana e da come è con Akito, perché quello di Sari non ha delle vere fondamenta. Lo trovo un inutile scimmiottamento della storia originale che non aveva proprio motivo di esistere. Non è il cosa che non va, è il come.
Da lettrice, francamente, non mi accontento della semplice spiegazione: lei voleva sapere tutto, lei era curiosa. Tutto questo è inutilmente costruito per far sentire il profumo di kodocha.
Io mi chiedo allora, e vi chiedo a questo punto: ma voi lo sapete perché lei si è avvicinata a questo bambino? Qual è il motivo profondo che la spinge ad essere così ostinata verso questa situazione? Ve lo siete chiesto? Io questa domanda ve la faccio perché Kintaro sembra avere un ruolo importante nella crescita personale di Sari, anzi fondamentale: addirittura l’ha cambiata, rendendola fredda o non spontanea (???). Il percorso che fa non si vede, non si percepisce, lo dite voi narratrici perché vi serve per la trama. Ma questo cambiamento e questa profondità di sentimenti dove sta? Quando si è costruito? Sbuca dal nulla, come un deus ex machina.
Perché Sari è così ossessionata dal voler far parlare Kintaro con la gente e non lo è da un videogioco, una bambola, che ne so qualsiasi altra cosa possa raggiungere la definizione di ossessione nella mente di una bambina di 10 anni in così poco tempo? Voi lo sapete? Io a 10 anni ero ossessionata dal Re Leone e da Leonardo Di Caprio…
Vi cito testualmente: sente di avere uno scopo, una missione. Ragazze, è una bambina di dieci anni con la consapevolezza di voler far socializzare un bambino solitario dal nulla, senza uno straccio di motivazione emotiva. Ma vi pare plausibile? Se sì, mostratelo!

2. I personaggi
In generale trovo che questo personaggio Sari sia monocolore, che non le abbiate dato nessun tipo di caratteristica umana e che sia solo uno strumento per far andare le cose nella direzione che volete voi. Avete fatto un mélange caratteriale di Sana e Akito, con il risultato unico di fornire dei riconoscimenti, dei check point per i fan. Ma, di base, Sari non ha spessore e non trasmette empatia.
Leggendo un libro di scrittura, ho trovato questo passo interessante che ricordo così: scrivere non significa esporre una sequenza di mosse che si susseguono in maniera predeterminata per ottenere un effetto, non è un freddo algoritmo, ma un campo di possibilità, tensioni e persino contraddizioni. Ecco, in questa storia non c’è tensione (emotiva interiore; tra i personaggi; in generale è abbastanza fredda), non ci sono possibilità date ai personaggi di esprimere la loro tridimensionalità perché tutti si muovono per creare uno specifico effetto che voi volete (e che è, purtroppo, abbastanza prevedibile. Non solo in termini di trama, ma di sensazioni che vengono descritte) e, soprattutto, non c’è nemmeno un briciolo di contraddizione. Tutti sono giusti e prescritti al limite delle istruzioni di un mobile ikea, nessuno attraversa un conflitto con se stesso o con qualcun altro.
Prendi Sana e Akito, per esempio: sono due figure che si muovono sullo sfondo di questa storia, senza un minimo di spessore nell’arco narrativo dell’infanzia e adolescenza della figlia. Non entrano mai in conflitto tra loro o con Sari, non discutono di niente, sono monocolore pure loro. Mi ricordano un po’ il reverendo Camden di settimo cielo con famiglia. Sta ragazzina gli avrà pur dato qualche problema? Sti due saranno pur stati in disaccordo? Invece appaiono come dei cartonati su uno sfondo incolore, e nemmeno gli ormoni di Sari li salva.
Per non parlare di questo lato di Akito-padre-geloso, così inutilmente marcato da trasformarlo in un cliché. Può mai essere verosimile che un padre normale stringa i pugni e si innervosisca se sua figlia di 10 anni parla con un suo compagno di classe nel cortile della scuola elementare? E poi questa cosa, messa così solo per dare la parvenza di spessore caratteriale non fa altro che rafforzare invece la sua natura di cliché. Pure Sana, che lo prende in giro ricordandogli il suo comportamento all’età di Kintaro sa tanto di cliché di sottofondo. Questi genitori sono due figure perfette, con tempismi perfetti che compaiono in modo perfetto nell’esatto momento in cui Sari ha bisogno dell’uno o dell’altro. Ma chi li ha avuti genitori che entrano nella mente dei figli e li comprendono meglio di loro? E come se avessero un chip neurale che li collega alla mente di Sari, e appena lei ha un problema (anche se in realtà sta ragazza non ha un minimo di turbamento vero, che la fa vacillare… beata lei), accorrono singolarmente, a seconda che il problema sia più compatibile con Sana o Akito. Non hanno una profondità umana, sta famiglia mi sembra una pubblicità progresso degli anni 50.
Tornando a Sari, che è il personaggio principale. Questa ragazza sembra avere molto chiaro quello che le passa per la testa fin dai primi capitoli, incluse le sue consapevolezze verso Kintaro. Es: la sua reazione quando sente il primo campanello bussare il giorno della festa a casa sua. Lei (voi) sembra essere così brava a decifrare i suoi sentimenti, a definirli, tanto da essere consapevole non solo del carattere di Kintaro (non si aspettava che arrivasse per primo. Ma perché scus? Che ne sa lei di come è fatto lui. Non ci ha mai parlato… magari è uno fissato e puntuale. O i suoi lo sono… pure Kintaro, mono-spessore e scontato), ma anche dei suoi stessi sentimenti (sa di essere delusa perché lui non è arrivato. Va bene la curiosità, ma dove l’avete rappresentato tutto sto sentimento di questa bambina verso Kintaro? Ma quando l’ha provato lei?).
Non si pone domande, e meno male che era curiosa. Io mi ricordo che quando provavo i primi interessi per i ragazzini (bambini oddio) – e con interesse intendo anche solo il volerci parlare ecco -  mi tormentavo, non riconoscevo quello che provavo e in più lo temevo, perché mi sentivo bambina e provavo una cosa che associavo ai grandi (interesse per gli uomini ahahha), e non volevo crescere perché mi spaventava la velocità con cui i miei sentimenti e le emozioni cambiavano. Ed avevo l’età di Sari, me lo ricordo ancora perfettamente quello che sentivo. Non dico che tutti abbiano provato quello che ho provato io, ma un minimo di incertezza, un minimo di tensione… di questi conflitti, di questa confusione bisogna tener conto quando si descrivono i sentimenti dei personaggi, di esseri umani, perché sennò non sono né più né meno del libretto di istruzioni di un mobile ikea: metti insieme i pezzi in maniera asettica per arrivare al risultato, perché tanto il percorso giusto quello è, sennò il mobile non si monta. Tutti consapevoli, tutti privi di conflitti, tutti perfetti che si muovono solo per la trama.
Sari è un personaggio che segue un percorso, che cammina lungo dei binari per arrivare alla fine di quella strada. Tutto quello che incontra non la scalfisce (o meglio, voi dite che lo fa raccontandolo per iscritto, ma il personaggio al contrario non dice nulla, non fa nulla, non lo rappresenta questo percorso che sta facendo), perché alla fine l’unica cosa che conta è arrivare al momento in cui Kintaro torna a Tokyo.
Quando ho letto il titolo della vostra storia, “Pensare ad alta voce”, mi ero fatta mille pippe sull’ipotetica complessità di questa storia. Sapete, pensare ad alta voce ti rimanda al rumore che fanno i pensieri nella propria testa, alla confusione delle emozioni, all’apprendimento della vita e di come si sta al mondo consapevoli di chi si è, dopo aver affrontato un percorso che alla fine in realtà forse nemmeno finisce. Mi ero immaginata questo.
Ma poi leggendola, mi sono resa conto che Sari non pensa, mai. O meglio, voi due scrivete che lo fa come conseguenza concreta di quello che succede al suo personaggio, ma i suoi pensieri finiscono nel nulla perché non la forgiano, non formano il suo personaggio. Servono solo a voi per giustificare le sue azioni per arrivare al fine ultimo. E questo si riflette nella mancanza di spessore, di umanità. Definisce e chiarisce in quattro battute sta relazione monotona con il fidanzato, arriva a conclusioni a cui la gente adulta arriva dopo tempo di lavoro su se stessa, figuriamoci alla sua età in cui dovrebbe essere tutto nuovo e confuso, privo di confini che invece super Sari riesce a marcare. Fa discorsi che manco io mo a 30 anni, capisce la differenza tra il piacere per una persona, amarla, o il farsi piacere un rapporto. Sari non commette errori, si ferma in tempo, definisce confini in tre secondi come manco uno psicologo. Sguazza in questa morale stantia che non appartiene a nessun adolescente, perché prima di capire che hai sbagliato, li devi fare gli errori. Ma lei no, she is perfect and she knows it. Ha preso il meglio di mamma e papà, pare fatta geneticamente in laboratorio. E questo, a lungo andare (ma anche a breve) annoia parecchio.
I due capitoli dedicati alla sua adolescenza sono un marasma di cliché ingiustificati. Sari è un personaggio da manga shoujo di serie B, senza spessore e dimensione o, più comunemente, una Mary Sue.
E non mi dite che siamo solo all’inizio della vita di Sari, perché sta ragazza in 10 capitoli (che non so pochi), ha sviluppato ossessioni, ha costruito un rapporto profondo con Kintaro, ha capito di stare con un ragazzo ma di non amarlo, è stata messa davanti all’evidenza di pensare ancora al suo compagno delle elementari e ritrova il suo antico modo di essere solo quando lui torna. Insomma, voi avete scritto tanto sulla sua vita ma questa ragazza come le ha affrontate queste cose? Com’è diventata veramente? Come ha fatto a raggiungere ciò che è ora? Che personaggio è? Bo… è una signora nessuno che muovete in una trama fatta apposta.

3. La trama
Non è il massimo dell’originalità, ma questo come avete detto anche voi nelle vostre recensioni a me non è per forza un problema. Alla fine volete raccontare la vita normale di una persona normale, e ci sta ed è ancor più bello.
Ciò che io penso è che non vi sia riuscito benissimo, perché è come se voi foste ossessionate (in senso buono eh, per carità) dal raggiungimento del fine ultimo e ci mettete in mezzo pezzi di vita, slices of life che sono poco intriganti e non catturano l’attenzione di chi legge. Il fatto di sapere chiaramente come andrà a finire non sarebbe nemmeno un grosso problema, se voi aveste costruito il tutto “ingannandoci” un po’. Pure con qualche dettaglio, anche con un evento buttato apparentemente a caso, che ne so. Qualsiasi cosa mi faccia venire un minimo di dubbio (e tanta curiosità) nell’aspettare di vedere e leggere cosa accadrà nei prossimi capitoli. Un po’ di suspance ecco.
Di questa storia si può leggere tranquillamente il primo e l’ultimo capitolo e non ti perdi niente. E questo vale soprattutto per i problemi legati agli sviluppi dei personaggi di cui vi ho detto sopra e con cui, purtroppo, non si riesce ad empatizzare.

Mi dispiace lasciarvi questo commento, ma ci pensavo veramente troppo perché io (come mi sa già vi dissi) scrivo per passione certo, ma anche per confronto e non mi piacerebbe se qualcuno avesse qualcosa da dirmi (che potrebbe anche migliorarmi) e non lo facesse. Soprattutto in un posto pubblico come EFP, che è fatto apposta.
Credo che tutti noi abbiamo bisogno di confronto per migliorarci, anche solo per riflettere su ciò che facciamo. Io stessa ho sempre cercato di riflettere molto su quello che scrivo, soprattutto dopo una critica, perché se me la canto e me la suono da sola non ha proprio senso postarla qui, in “mondo visione”.
Io mi chiedo se questa iper-produttività degli ultimi mesi non sia stata più un danno che altro.
Mi spiego: avete scritto veramente tantissimo, e di questo vi confesso che sono molto invidiosa perché io non riesco a farmi uscire delle idee in maniera così costante. Però, e qui vi chiedo: queste che avete pubblicato sono veramente frutto di idee?? O situazioni descritte (in una buona forma per carità), ma prive di un reale contenuto? Orfane di una vera “ispirazione”?
Quando io scrivo articoli (quelli che mi pubblicano sul serio, nella vita reale) vige la regola: publish or perish. Ma, nonostante il numero conti molto, la qualità ha lo stesso peso in questa bilancia. E se io pubblicassi una sfilza di articoli tutti uguali e privi di reale contenuto, non avrei proprio credito perché quello è il mio biglietto da visita.
Questo per dirvi che, secondo me, a volte bisogna fermarsi e riflettere su ciò che si fa, perché si rischia poi di andare in confusione e produrre cose di bassa qualità.
Non avete idea di quanta roba io abbia scritto e cancellato in questi mesi, mai postato, mandato a qualcuno per farlo leggere e mi sono sentita dire che non dava emozioni e che non ci stavo proprio dentro. Era la verità, e dopo una lunga riflessione ho capito che non ero pronta perché non avevo avuto né l’idea buona né l’attenzione giusta per svilupparla bene, perché troppo presa dal voler pubblicare qualcosa e condividere. Ma, alla fine, che senso ha farlo, se poi il contenuto è fatto apposta solo per quello?
Spero che prendiate queste mie (tantissime) parole come uno spunto di riflessione, e anche confronto se volete, e non solo come una critica. Fondamentalmente, siamo sulla stessa barca e non c’è cosa più bella di comunicare. Nel bene e nel male.
Alla prossima,
Alex