Ciao, mia cara!
Torno finalmente qui, e sono felicissima di trovare un nuovo aggiornamento che vede i tuoi (perché, ormai lo sai, te l’ho detto, ma per me Albus e Gellert sono sempre e comunque tuoi, ormai) personaggi insieme in una maniera intensissima e assolutamente struggente.
Sai quanto ami leggere di loro, della loro passione a cui tu dai una forma che è poesia in prosa, dando corpo e rotondità a qualsiasi dettaglio: tutto, ogni gesto, ogni parola, anche il modo in cui la luce cade sui tuoi personaggi è curato e va ad assumere un significato importantissimo, a creare quasi una costellazione di segni e simboli che danno solidità alle tue storie. Perché, davvero, è straordinario come tu, pur scrivendo spesso cose brevissime, sia riuscita a creare un universo coeso e ricchissimo: non è un universo in cui accadono milioni di cose, ma l’ampiezza narrativa delle tue storie sta proprio in questo lavoro di lima e riflessione sui dettagli che va a creare davvero qualcosa di straordinario.
Qui, ad esempio, c’è tutto un ritorno precisissimo, come se ogni cosa in questa storia andasse al suo posto, come se ogni dettaglio servisse un po’ da specchio riflettente per andare ad ampliare infinitamente qualsiasi cosa.
E questa storia è davvero un incendio. È un incendio che divampa fin dal titolo, e si sente in ogni parola, anche quando apparentemente il focus si sposta su qualcos’altro. E non solo a livello metaforico, per il desiderio intensissimo che traspare da ogni gesto di Albus e Gellert, né per il modo bellissimo in cui spesso riprendi questa metafora, ma proprio perché l’intero capitolo sembra intriso del calore e del bagliore intenso del fuoco. È qualcosa che si avverte perfettamente nella narrazione, nell’atmosfera che permea ogni cosa – davvero, persino la luce con cui ammanti il racconto è di fuoco, e il modo in cui riesci a farla filtrare attraverso le parole, ad avvolgere questi corpi intrecciati e i loro capelli e soprattutto gli sguardi è stupendo.
Soprattutto, tutto ciò va a intrecciarsi con tutti gli elementi simbolici che hai disseminato nel corso di tutte le tue storie (e che io ho sempre paura di non aver colto appieno), accostando Albus alla figura di Merlino, accostandolo alla luce e a tutti quei rituali che riguardano l’estate e la vita (lo so che sto semplificando malamente, e probabilmente sto un po’ mutilando tutto il tuo lavoro, ma spero davvero che si capisca quello che intendo).
E, ecco, tutto questo qui emerge in maniera meravigliosa, ma la cosa straordinaria è che tu fai sempre un passo in più. Perché se tutto questo (che già non è poco) è sicuramente presente, c’è anche tanto altro, ed è presente in maniera assolutamente naturale, quasi come se le cose non avrebbero mai potuto essere diverse, per loro. Perché questa folgore incendia tutto, nel loro rapporto, incendia il desiderio, brucia l’anima e fa ardere anche i corpi, e come sempre lo fa in una maniera meravigliosa. La carnalità nelle tue storie si muove davvero sul ritmo della poesia, e osservare la cura e l’attenzione con cui ogni loro gesto assume significato e importanza è splendido.
Ho amato moltissimo il fatto che la storia, poi, si concluda in maniera quasi circolare, andando a riprendere quel ”resta qui” iniziale. Perché, e magari qui sono io che proprio parto per la tangente e deliro, quindi perdonami nel caso stessi fraintendendo, mi piace pensare che non sia passato che un istante da quella prima invocazione alla loro conversazione di anime. Come se la loro comunione di intenti e sentimento sia così intensa e forte, come se non avessero bisogno di nulla: perché per loro in uno sguardo c’è tutto, c’è l’incendio in cui vogliono bruciare, c’è un capirsi e un’intimità che travalica qualsiasi cosa.
Non lo so, magari sono davvero riflessioni un po’ fuori luogo, ma questa storia è stupenda, e insomma, lo sai, che sia su questo sito o su qualsiasi altra piattaforma, leggerti sarà sempre un piacere.
Ti mando un abbraccio grande, ché ormai augurarsi che questa situazione finisca presto e possano arrivare in fretta momenti più sereni sembra quasi una presa in giro, ma insomma, io ti abbraccio. |