Recensioni per
Colpevoli
di _itsfrannie

Questa storia ha ottenuto 16 recensioni.
Positive : 16
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
04/12/22, ore 23:47

Ho letto anche tutti gli altri commenti a questa breve poesia, molto interessante. Mi fa venire in mente un racconto del mio scrittore preferito, proviene da un libro che si chiama "Lo Specchio nello Specchio", è composto da brevi racconti surreali ma ben descritti che per essere compresi vanno vissuti, tale libro si completa con un altro "La prigione della libertà". Gli altri commentatori hanno cercato di dare un significato alla poesia ma per me ha già un significato in sé, noi siamo sempre contornati da un gran numero di possibilità di azione e di pensiero e non ci è sempre data la possibilità di aprire certe "porte" e certe curiosità ci vengono svelate quando meno ce l'aspettiamo.

Recensore Veterano
27/10/22, ore 21:18
Cap. 6:

Ciao Francesca.
Da piccolo giocavo con le pistole giocattolo che andavano caricate con pseudo cartucce di polvere da sparo opportunamente incastrate all'interno del tamburo della stessa.
Ogni volta che mi aspettavo uno sparo spaventoso la pistola si inceppava e sparava a vuoto.
Ma quando meno me lo aspettavo appena sfioravo il grilletto un boato fragoroso mi faceva esplodere il cervello.
Non temere, chi è sensibile come te, non è incredibilmente debole e apparentemente letale.
Semmai il contrario...
La sensibilità un giorno cambierà il mondo...
Continua a scrivere 💪
Bravissima
Roberto

Recensore Master
23/10/22, ore 08:14
Cap. 6:

Finalmente trovo del tempo per dire la mia modesta opinione su quest'ultima, conclusiva poesia.
In realtà non la ritengo particolarmente concludente.
È stata una lettura un po' complicata, anche perché non ci ho trovato nessuno zuccherino che indora la pillola. Intendo dire nessuna ricerca estetica per rendere i tuoi versi più "eleganti", anche se il concetto di eleganza è tremendamente relativo.
Gli accapo nei punti più improbabili danno alla poesia un aspetto lievemente singhiozzante, dietro una facciata fredda e, anzi, aggressiva. L'ultima strofa tende a confermare questa impressione di impotenza: una pistola scarica.
Le anime più fragili sono portate a non accettare di mostrarsi come sono e amano indossare una maschera di aggressività e di conflittualità. Come qui: una vita descritta come una raccolta di processi, di duelli, di conflitti.
Cosa importa, in fondo, chi ha ragione? Perché giudicare?
Dare ragione, a noi stessi, o all'altro, o agli altri: è il mestiere del giudice, di colui che giudica, che cerca i colpevoli.
Non so se la tua sia una deformazione professionale, se tu sia in qualche modo legata al mondo della legge. Io mi tiro indietro, mi trovo su un terreno che non mi è congeniale.
"Il mondo a guardarmi male". Non è anche questa una espressione di fragilità? Cosa ci importa di come ci guarda il mondo? Chi ci dice che ci stia guardando male? A me il confronto col mondo då un'impressione di grande indifferenza, non di ostilità, e cerco più che posso di evitarlo.
Cerco di smorzare i conflitti, mentre qui è innegabile la perentorietà dei toni: "decisivo" il grilletto, incenerita e dispersa l'anima.
La seconda strofa evidenzia una sensazione tormentata di inadeguatezza: "non valgo la pena". Ancora una volta esprime l'ncapacità a dirimere i conflitti che la mente si crea, preda del "tumulto".

La raccolta è completa, ma spero di rileggerti in altre poesie, vibranti sensibilità, curiosità, e voglia di capire.
Un abbraccio.

Recensore Master
11/10/22, ore 10:12

Non avevo ancora visto un "il" a fine verso.
Chissà se i Santi Padri della Poesia non si stiano rigirando nelle loro tombe! Ma noi siamo poeti dilettanti. E poi la poesia, almeno quella, non deve avere limiti.
Dire e non dire è sempre un bel gioco, in fondo, come vedere e non vedere. Purtroppo qui il tema è pesante, e fa male, come le catene (di ferro).
Perché fra parentesi?

Ci provo anche stavolta, tanto so che non ci azzecco :)

Arriva un momento nella vita in cui si capisce - o si decide - che la nostra libertà è troppo limitata. Chi è che decide quella data? Il Destino? O, detto con un afflato di gratitudine, la Provvidenza?
Ci vuole un fisico bestiale per spezzare le catene.
Raccogliere prima i pochi "resti" di sè, "stipati", troppo stretti.
Ci si appiglia a un passato "elettrico", le sole "munizioni" che ci rimangono, prima che queste non si infradicino in un presente decaduto. Bello come fai accoppiare i due aggettivi sdruccioli e parzialmente rimati: "scariche", "elettriche".
Sarà un viaggio doveroso, voglioso, vigoroso. Ma non orgoglioso; della serie: so dove andare, so tutto io. L'importante è liberarsi dalle catene (di ferro)

Un cosa da ricordare per finire: è quello con cui esordisce la poesia, "credo domani inizierò". Non si deve avere mai fretta. Basta la determinazione. E quella c'è già.

Un abbraccio.

Recensore Master
04/10/22, ore 07:24

Ti diverti a scrivere per stuzzicare il lettore a dare interpretazioni… a decrittare i pensieri della tua fervida mente… senza aprire del tutto il tuo cuore.
Ci provo.
La realtà è pavida e sfuggente, non la puoi afferrare.
La verità si allontana, non la puoi raggiungere.
Inutile affannarsi, contare, analizzare, affidarsi a scienze e fedi: troppe le possibilità.
Meglio fermarsi e lasciarsi pervadere.

Correggi "di spaventano".

Recensore Veterano
03/10/22, ore 21:09

Ciao Francesca.
Sembra che stai raccontando un sogno.
Misterioso ed un poco inquietante.
Ci sono dei riferimenti precisi a numeri.
Accade anche a me, specialmente quando non sono perfettamente in salute (per esempio adesso) di fare dei sogni ricorrenti, la cosa inquietante è che mi accorgo anche in sogno del "déjà vu" ma non riesco ad uscire da quella situazione.
Sempre le stesse forme che fanno lo stesso movimento.
Magari invece, scusami in anticipo, ho sparato una cavolata assurda.
Mi hai comunque incuriosito molto e mi è piaciuta.
A presto
Roberto

Recensore Master
03/10/22, ore 18:43

Lo spazio come luogo da esplorare ma anche come stato d’animo.
Il mistero che ci circonda (le 77 piastrelle forse hanno un significato dato dal numero) e che proviamo ad afferrare: non sappiamo a cosa ci potrebbe condurre, ma suscita in noi un richiamo a cui non possiamo rimanere insensibili.
Quante sono le opportunità che potrebbero aprirsi di fronte a noi se solo non ci facessimo spaventare dall’ignoto?
Ed ecco che tu provi a fare tue qualcuna di quelle possibilità, fino a sentirti pienamente pervasa da loro.
Forse ci vuole solo un attimo di tempo per interiorizzarle, fino a quando saranno diventate parte della meta da raggiungere.
Non so se ho ben interpretato il tuo pensiero, cara Francesca, ma le tue parole mi hanno parlato così.
Sempre stupefacente come si possano confrontare a parole le sensazioni e le emozioni provate e che dall’autore passano al lettore.
Complimenti e un caro saluto.

Recensore Veterano
17/06/22, ore 21:22
Cap. 3:

Ciao Francesca credo tu sia a buon punto dal distaccamento dall'"inutile" e ne sono felice.
Bello il doppio volano via finale, che non può essere frainteso.
Complimenti, bella poesia matura.
Un caro saluto
Roberto

Recensore Master
16/06/22, ore 06:56
Cap. 3:

Ce l'ho anch'io il mio archivio di lettere rimaste senza mittente.
Buffo no?, in un'era di fulminei cinguettii e insulse reazioni. Roba d'altri tempi, come un'enciclopedia che non guarda più nessuno.
Eppure le lettere rimangono, specialmente se sono fatte di frasi che vengono direttamente dalla mente e dal cuore, non post inoltrati.
Mittenti importanti, "scontate presenze", svaniti.
È un archivio pesante.
Forse c'è bisogno di una "schiacciata sentenza" per conferirgli quell'elegante leggerezza che ottieni tu nei due versi finali: "epistole al vanto" e - bellissimo - "volano volano via".
Tre "v" danzanti di vita. Forse la vita è solo una danza, oggi con uno, domani con l'altro.
Signorina, mi permette questo ballo?

Recensore Master
15/06/22, ore 16:01
Cap. 3:

Quanto è difficile, talvolta, lasciare andare le persone con le quali abbiamo scambiato pensieri, che si sono impressi nella mente e non se ne vogliono andare. Eppure loro, quei mittenti, che tu definisci svaniti, non hanno valutato che la loro scomparsa avrebbe potuto creare un vuoto.
Allora in nostro soccorso viene la ragione: evidentemente quelle persone non meritavano poi così tanto la nostra stima, se anche noi poi, finalmente, prendiamo atto che occorre riuscire a cancellarle con un semplice “clic” per andare avanti, passare oltre e cercare altri mittenti più consapevoli.
Mia cara Francesca, forse il mio pensiero è andato oltre il binario da te impostato, magari stravolgendolo, ma le tue parole mi hanno ispirato questa riflessione, incidendosi nella mente.
Un saluto e a presto!
Elena

Recensore Master
12/05/22, ore 07:44
Cap. 2:

Ho letto la poesia con godimento, lo stesso godimento estetico con cui si guardano le pennellate di un quadro o la fotografia di un film. Hai messo molto dentro ai tuoi versi, ci hai giocato dentro con la fantasia.
La prima strofa è un continuo ripetere, lento, come un tergiversare prima di venire al dunque. Tieni gli occhi bassi, mare e terra. Hai paura di guardare verso l'alto, al cielo o alle stelle, hai bisogno di stabilità. Ma il meccanismo non va avanti a lungo, si inceppa sull'anima.
E qui cambia il ritmo, parte uno sfogo fatto di rime serrate. Versi sempre più veloci e più lunghi fino al pianto.

Interessante quello scambio di ruoli fra anima e corpo. Il corpo che a me suggerisce imperfezione, degrado, godimenti troppo improvvisi e troppo fugaci, contrapposto all'anima che mi parla di eternità e immensità e felicità. Anche il titolo sembra suggerire lo stravolgimento della preghiera.

L'ultima parola non lascia spazio ad interpretazioni ottimistiche: "pianto". Talmente interiorizzato che viene fuori dalla bocca.
Mi sfugge, malgrado l'intensità dell'acquazzone, un lieve sorriso.
Oggi espiri, domani inspiri.
Siamo bambini sull'altalena, i nostri umori esposti agli alti e bassi della vita.
L'importante è proprio quel "sentire sempre troppo tutto quanto". Fa male e fa bene allo stesso tempo.
Non vogliamo che l'altalena si fermi, no?
Oggi spingo io per farti andare più su, domani spingi tu. Nella poesia.
Un abbraccio.

Nuovo recensore
11/05/22, ore 19:34
Cap. 2:

Questa volta il dito è puntato sull'anima. È un dito particolarmente minaccioso.
Al tempo stesso c'è però il riconoscimento di quest'anima – per quanto «stronza e prepotente» – che a mio avviso non è scontato.
L'anima che non ti risparmia nessuna sensazione e anzi alimenta il tutto, rendendolo insopportabile. Forse gli elementi citati nella prima strofe possono conciliare un animo ipersensibile, l'animo del poeta, con la loro pace e stabilità; quanto al corpo, esso ti sorregge ed è sempre in collegamento e in simbiosi con il tuo io.
L'anima lo sa quando è il momento di cambiare, perché le crisi sono questo, l'impellente bisogno di un cambiamento. Per questo è importante ascoltare il suo grido.

Come sempre una poesia intensa e suggestiva. Complimenti!

Un abbraccio

Nesia

Recensore Veterano
05/05/22, ore 09:17
Cap. 1:

Ciao Francesca.
Le poesie ermetiche sono le mie preferite.
Si prestano anche a differenti interpretazioni, che è una cosa bella a mio parere.
Io credo che tu ti trovi in quella situazione in cui un piccolo contatto con un altra persona (o altre persone) ti rende particolarmente felice, al punto da consentirti di evadere mentalmente da alcune difficoltà che distraggono la tua serenità.
Ma ciò che vede qualcun altro non è ciò di cui stai beneficiando in questo momento ma ciò che non hai ancora perseguito e/o ottenuto fino ad ora, che magari ti consentirebbe di spezzare il ruggine catenaccio.
Invidia.
Invidia di non essere capaci di gioire, come invece tu stai facendo.
I miei complimenti.
A presto
Roberto

Recensore Master
05/05/22, ore 07:03
Cap. 1:

È sempre difficile, quando si butta giù una poesia, scrivere l'inizio e la fine.
Qui te la cavi egregiamente.
Scrivi qualcosa di circolare, una sorta di festone a forma di ghirlanda: bello "una festa l'abbraccio".
È fatta con poco ("poco mi basta") ma di grande effetto.
I primi due versi decidono le due rime: "testa" con "lesta", "abbraccio" con "catenaccio".
Ed ecco che gli occhi della fantasia si spostano dal fresco addobbo alla porta su cui sta appeso con equilibrio precario.
È una porta invecchiata, ormai incapace di girare sui cardini, incancrenita dalla presenza degli "altri".
"Giudizio da un esercito di paraocchi", tre parole, tre concetti: voler classificare a tutti i costi, voler fare opposizione e violenza, non sforzarsi di uscire dall'ottusità.
Non avrei voluto leggere le ultime due parole: "chiusura eterna".
Coraggio! Le porte decrepite si abbattono spesso facilmente con una spallata!
Poesia piaciutissima.
A chiusura, "una festa l'abbraccio" 😊

Recensore Master
04/05/22, ore 22:03
Cap. 1:

Ci ho visto delle note prima felici, come in quel ''in una festa d'abbraccio, poco mi basta'', una sorta di contentezza. Poi quell'esercito di paraocchi, il che emana un immagine davvero interessante e singolare, che ''fissa la porta alla chiusura eterna.'' Forse, io l'ho interpretata così, chiusura eterna nel senso che il pubblico giudicherà sempre quello che facciamo, nonostante tutto.

Ma, nonostante tutto, questa è comunque una grande poesia, da leggere e rileggere;

AP.

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