Come si inizia una recensione che non sai come iniziare? Divagando, immagino, ed è quello che sto facendo io.
È da quando hai pubblicato che voglio lasciarti un parere, ma ogni volta apro il racconto, lo rileggo, lo amo più di quanto non abbia già fatto in precedenza e non riesco a mettere insieme parole per scriverti un commento.
Questo racconto mi svuota, con la sua emotività priva di sconti e i suoi momenti carichi di tensione, dubbi, dolore – sei riuscita a trasportare in queste righe uno dei retroscena più intensi di questa serie, dandogli più spessore e attenzione di quanto non abbia fatto la sceneggiatura.
Thomas è un personaggio con cui ho avuto un rapporto di amore-odio che è poi evoluto in solo amore, perché è complesso: carico di scelte sbagliate e parole al veleno, ma anche di una fragilità che ha dovuto disciplinare e di una speranza in un futuro migliore, più libero, custodita gelosamente. In queste tue pagine ho ritrovato proprio il Thomas che ho imparato a conoscere e ho amato scoprirlo protagonista, seguirlo in questa lenta e dolorosa introspezione.
Il tuo racconto, però, non è solo questo – non è solo Thomas e il suo universo emotivo.
È anche il tenente Courtenay e ciò che rappresenta: i sopravvissuti di una guerra che non possono tornare a ciò che era prima, perché quello non esiste più; il malessere che non ha ferite visibili e che per questo in troppi non vedono – e se lo vedono non lo riconoscono per ciò che è, e se lo riconoscono non lo comprendono, e se anche dicono di comprenderlo lo sottovalutano perché non è del corpo, ma dell'anima, della mente, della sfera che non si vede. Ma Courtenay e il legame che instaura con Thomas e Sybil rappresenta anche l'empatia che nasce spontanea tra le pietre, il desiderio di esserci solo per esserci, senza alcun secondo fine, la prova che qualcuno riesca ad andare oltre le apparenze e intuire a livello emotivo più che razionale l'importanza di avere accanto qualcuno in grado di sperare e spronare a farlo.
Questo tuo racconto è davvero tante cose, tante emozioni, una più vivida dell'altra.
Mi sono lasciata trasportare dalla tua scrittura frase dopo frase, tormento dopo tormento, vivendo assieme a Thomas ogni singolo attimo di questa esperienza che lo ha indubbiamente messo in discussione e cambiato – è azzardato dire che questa sia stata la prima volta in cui si è sentito persona e non servo, cameriere, soldato, errore? Courtenay che non vede e non spera riesce a sentire la persona dietro la maschera, quella maschera costruita negli anni per difendersi da un mondo da cui si è sempre sentito giudicato.
Un aspetto che mi è piaciuto tantissimo, e che ha reso ancora più convincente la caratterizzazione del protagonista, è che non ti sforzi di difendere Thomas: non lo giudichi né lo giustifichi, ma lo racconti, lo racconti esattamente per ciò che è, e lo fai con una delicatezza tale che a fine lettura posso solo dire che hai compreso totalmente questo personaggio – nei suoi pregi, difetti, fragilità, dubbi – e l'hai restituito al lettore affinché lo comprendesse a sua volta.
Ho già avuto l'occasione di leggerti e non posso fare altro che ribadire quanto mi piaccia il tuo stile. Lo trovo narrativo e intimo al contempo, non riesco a spiegarmi meglio purtroppo, ma è uno stile che da un lato riesce a trasportarmi nell'emotività dei tuoi personaggi e dall'altro riesce a mostrarmi in maniera vivida ciò che accade, la trama che si snoda.
Sono sicura che questa storia meriterebbe una recensione migliore di questa, ma nessuna parola mi sembra riuscire a esprimere quanto mi abbiano coinvolta queste pagine.
Con un ritardo imbarazzante, ti ringrazio per aver preso parte alla challenge e di aver condiviso questo meraviglioso racconto, sono tanto felice di aver potuto leggere un'introspezione di tale spessore dedicata a Thomas.
Un abbraccio! |