Ci sono parti della Dp Saga che penso non riuscirò mai a recensire completamente, scrivendo tutto quello che vorrei dire senza sembrare una pazza incoerente, perchè anche solo leggerle mi sfinisce emotivamente, in un modo buono e cattivo al tempo stesso (come solo le migliori storie sanno fare), anche dopo anni e infinite riletture.
Tre parti, a dire il vero (ed è assolutamente soggettivo il fatto che le più difficile per me da recensire siano queste qui, non è una classifica di tipo assoluto): il litigio Al-Lily su Soren (o meglio su ciò che Soren rappresenta per entrambi) a Dumstrang; la maggior parte delle scene in cui è presente Dudley, e in particolare la scena di confronto tra Dudley e Harry nel capitolo precedente, e il momento in cui Dudley parla del suo primogenito quando crede di averlo perso (e questa credo che sia la cosa più soggettiva di tutte, perchè credo che il mio rapporto con mio padre, che tra l'altro un ex-bulletto come Big D e che esattamente come Big D ha "messo la testa a posto" grazie alla sua futura moglie, e il modo in cui io e mio padre abbiamo passato tutta la mia adolescenza sospesi tra insofferenza, incomprensioni e difficoltà a comunicare pur volendoci bene, ognuno sicuro/a dell'affetto che provava per l'altra/o eppure incapaci di dimostrarcelo a vicenda, siano tutte cose che influiscano un sacco sul modo in cui, da lettrice, recepisco il rapporto tra Tom e suo padre Dudley. Come un pugno emotivo in piano petto che fa male e guarisce al tempo stesso, tipo).
E il terzo scoglio emotivo che mi causa un "blocco del recensore" (ahaha) sono proprio questi ultimi-ma-non-ultimissimi capitoli di Doppelgaenger, quelli tra il rapimento di Thomas e quello di Albus.
Ma mentre nei primi due casi si tratta di scene o argomenti su cui avrei troppo da dire e non credo di riuscire a farlo in modo coerente o anche solo sensato (il che si traduce anni e anni di appunti incoerenti e considerazioni a volte contrastanti sui personaggi accumulati nelle note del telefono, riflessioni iniziate e mai concluse nella cartella "recensioni efp da finire"- e questo è un merito tuo e delle tua storie, perchè se non fossero così ben scritte e ricche di sfumature non sarebbe possibile per esse generare così tanti spunti e sentimenti contrastanti), questi ultimi capitoli fatico a recensirli perchè mi sembra che sia già stato detto TUTTO nel testo stesso e che ogni aggiunta o tentativo di scavare ulteriormente porterebbe a... "sporcare" la brillantezza dolorosa con cui hai caratterizzato gli stati d'animo dei personaggi in questo periodo per loro così doloroso e particolare.
Il dolore dell'abbandono, la frustrazione dovuta all'incertezza, l'atmosfera sospesa e irreale che segue una perdita, sono descritti in modo così così vivo e potente, e al tempo stesso delicato e privo di morbosità, che mi sembra quasi di minimizzare la tua scrittura sviscerandola.
Un dettaglio che rende incredibile il modo in cui descrivi queste emozioni successive a una perdita, presunta o reale, provvisoria o definitiva che sia, è che non le nobiliti eccessivamente, o le esageri; ma le racconti per come sono davvero, con tutte le loro storture e i loro aspetti più quotidiani, meno piacevoli o pittoreschi.
A volte, o meglio quasi sempre, il lutto o il dolore non sono belli da vedere nemmeno dall'esterno, non sono poetici o eleganti in modo cupo e tenebroso, ma sono confusi, sporchi di stanchezza e di rabbia residua, amari e stridenti come gesso sulla lavagna.
Come le parole sarcastiche che raschiano la gola di Al e prudono per uscire di fronte alle continue, benintenzionate ma fastidiose preoccupazioni di Rose, e lui le trattiene perchè sa che ferire i familiari e gli amici che stanno cercando di assicurarsi che stia bene non è giusto e sarebbe anche controproducente. Però non può far a meno di provare la tentazione di lasciarle uscire fuori, quelle parole rabbiose, e di immaginarsi la soddisfazione che proverebbe nel dire quelle parole. Perchè il dolore non sempre ti rende puro e nobile. A volte ti rende irritabile, irritato, furioso col mondo e col destino e improvvisamente incapace di curarti delle emozioni altrui perché stai già avendo troppe difficoltà a gestire e contenere le tue, di emozioni. Poi certo, da adulti si impara a gestire le proprie emozioni senza ferire quelle altrui, o almeno si dovrebbe imparare a farlo, ma a sedici anni non è sempre così facile fare ciò in situazioni normali (parlo per esperienza personale, ripensando alla me di sei o sette anni fa, purtroppo), figuriamoci dopo una perdita così grave, improvvisa e inspiegabile. Al sta reagendo magnificamente per la situazione in cui è, almeno dall'esterno. Un altro sedicenne al suo posto sarebbe già scoppiato, come dice Scorpius nel capitolo precedente (?) a questo.
Ma Al non è sua sorella, non è nemmeno suo fratello o suo padre alla sua età, lui non attira l'attenzione su di se' quando sta male, non butta fuori il dolore attraverso la rabbia in modo spettacolare, o almeno cerca di non farlo.
Al cerca di tenere il dolore DENTRO, almeno davanti alle persone che (secondo lui) non sono coinvolte nel suo dolore o responsabili di esso. È forse parte del suo essere discreto e del suo essere segretamente sempre conscio del fatto di essere un figlio d'arte che, anche se solitamente protetto dai riflettori, è comunque consapevole della curiosità morbosa che i suoi drammi famigliari potrebbero attirare da parte di chi, come pensa Al all'inizio del suo paragrafo, "non sa, ma vorrebbe". (Vedi anche a proposito di questo:
<"Perché non hai detto a Smith che Tom era il tuo ragazzo?”
“Per rafforzargli la convinzione che siamo una sorta di setta incestuosa, dedita a coprirci l’un l’altro? No grazie.”>
Emerge la protezione quasi estrema che Al ha della propria vita privata, e su come Al teme che essa possa riflettersi su tutta la sua famiglia.
A questo punto della storia, Al non si nasconde tanto DALLA sua famiglia ma PER la sua famiglia. Tutti credono che sia il meno conscio del suo essere figlio di un eroe super famoso perchè non se ne vanta/lamenta tanto quanto fanno rispettivamente James e Lily, ma in realtà lo è e si vede proprio in questo suo essere cortese con tutti ma di facciata, ma riservato sul suo privato al limite della ritrosia, anche con persone che conosce e apprezza da anni, ma che non fanno parte del suo giro familiare.
E questa ritrosia di Albus si estende non solo alla vita privata ma anche al dolore.)
Una delle caratteristiche importanti e più complicate del carattere di Al che emerge nei periodi difficili è proprio che, nonostante le apparenze, non condivide il suo dolore o la sua rabbia con altri (tranne che forse con Tom).
Non è che si tenga tutto dentro come fa Tom, o come potrebbe fare Soren, ma in seguito a un forte dolore di tipo emotivo non elabora, si limita a cercare di chiudere il dolore in un cassetto dentro di se' e far finta (male) che non esista, o che sia tutto nel passato. Come ho scritto in un'altra recensione, è il re delle rimozioni mentali inconscie.
Cerca di reprimere le emozioni troppo dolorose anche a se stesso, provando a non pensarci, fino a che esse non lo divora dall'interno, spingendolo a star male fisicamente (vedi attacco di panico subito dopo il rapimento di Tom), a esplodere verbalmente o fisicamente (vedi: Dumstrang, l'incontro con Thomas dopo gli otto mesi di sparizione o la sua reazione alla rivelazione di cosa Tom ha nascosto per mesi in questa storia) o a trovare nuovi, malsani meccanismi di coping (inizio Ab Umbra Lumen e Opera Al Nero, in modo diverso).
Mi piace come nelle tue storie venga evidenziato spesso il fatto che il dolore non è una scusa accettabile per trattare male gli altri, soprattutto coloro che ci vogliono bene e cercano solo di starci vicini...ma a volte è un motivo per cui ciò accade, anche e soprattutto involontariamente.
Ad Al dispiace anche solo *pensare* di poter rispondere male alla cugina, perchè le vuole bene e sa che si sta solo preoccupando per lui.
Si sente in colpa all'idea di non star reagendo al dolore nel modo GIUSTO, di non riuscire ad essere "buono" mentre sta soffrendo, di non "avere una reazione Grifondoro di fronte al rapimento del ragazzo che ama". Oh, Al.
Al non vuole davvero alienare Rose, ma in questo momento non riesce neanche ad avere una conversazione con lei o a sopportare la sua compagnia.
Al che odia essere compatito (anche dalla famiglia, persino da Rose) è un altro dettaglio che rivela una sua caratteristica che diventa sempre più importante e prominente col tempo: tutti lo trattano come il ragazzino fragile e dolce e bisognoso di protezione, ma lui ODIA essere considerato così.
Col tempo, crescendo, imparerà sempre di più a usare questa percezione d'inoffensività innocente che gli altri hanno di lui a suo vantaggio, ma per il momento gli dà incredibilmente fastidio essere trattato come "una ragazzina piagnucolosa" (cit. sua, non mia), forse per via di tutte le prese in giro che si è dovuto subire dal fratello e dai cugini più grandi sul fatto di non essere abbastanza virile, sbruffone e "mascolino" per i loro standard.
Infatti quando Michel lo prende in giro bonariamente sul fatto che ha "un faccino così triste", Al subito ribatte dicendo che ha sedici anni ed è un ragazzo, non ha un *faccino*. Però sembra intuire che i lazzi e le prese in giro di Zabini sono benevole, e nascondono perfino un fondo (non tanto nascosto, in realtà) di lusinga piuttosto che di derisione, e infatti borbotta un po' ma poi li accetta senza arrabbiarsi.
Anche il fatto che Al, per non affogare nella sua stessa tristezza e paura, si appoggi Michel pur sapendo che Mike si stia probabilmente "approfittando della situazione", per dirla con le parole di Al, è un tratto del carattere di Albus che ritornerà importante in futuro, anche e soprattutto nel rapporto Al-Mike, sia all'inizio di Aul che nella prima parte di Oan.
Al sa che Mike pensa probabilmente il peggio di Thomas ma ciò non lo disturba eccessivamente fino a quando Michel non dice ciò che pensa ad alta voce, turbando l'illusione di distrazione, svago, tranquillità che è poi quello che Al cerca dalla compagnia di Michel, soprattutto in momenti come questo.
Però, aldilà di tutto, è realistico che Al preferisca stare con Michel perchè il ragazzo, a differenza di Rose, non sa nulla della vicenda di Tom, o se sa qualcosa non parla e non chiede conferme ad Al su quel che forse sa per sentito dire o per intuizione, non gli fa domande su cos'è successo e non lo costringe, a differenza di Rose, a interrogarsi su come stia emotivamente. Le uniche domande che gli fa sono di tipo pratico, tipo "come stanno andando le indagini", domande non rivolte al passato o all'interiorità, domande a cui Al può rispondere senza problemi e che anzi lo fanno sentire quasi in controllo della situazione. Insomma, Michel si comporta con Al come se nulla o quasi fosse successo. Perchè a volte è quello di cui si ha bisogno in questi casi, anche se non è forse la cosa GIUSTA da fare sul lungo periodo.
Rose invece, chiedendo continuamente ad Al come stia, sottointende senza nominarlo ad alta voce il rapimento di Thomas ogni volta che apre bocca, e questo per Al è troppo da sopportare.
La scena col Tiratore Scelto evidenzia sia il lato Serpeverde di Al (il modo in cui usa l'inganno e poi il sorriso gentile per fargli fare quello che vuole) sia quello Potter (quel brivido di adrenalina che prova nel disobbedire alle regole e non venir beccato o punito, quel breve e vertiginoso senso di spericolata onnipotenza che gli fa chiedere a sé stesso "è così che James si sente ogni volta che fa qualche cazzata potenzialmente letale per la sua carriera scolastica e il suo futuro?").
Indicativa l'insistenza con cui Al ripete che quelle sono LE COSE DI TOM, e QUINDI le deve tenere lui: è sottointeso Tom ODIA che si tocchino le sue cose (penso fosse quello che stava per dire Al prima che Michel lo interrompesse, e penso che Michel lo sapesse, e per questo lo interrompe, perché è la goccia che fa traboccare il vaso, visti i suoi trascorsi con la possessivita di un certo Dursley- e il ricordo di essi rompe il suo atteggiamento di amico supportivo e paziente) così come Al da per scontato di essere, ovviamente, l'eccezione che non rientra tra tutti coloro (leggasi: resto del mondo) che non possono toccare le cose di Tom.
Al conosce la possessività morbosa di Tom e la capisce e se ne fa persino portavoce perché, pur non essendo Albus possessivo quanto Tom di natura (nessuno lo è, credo) , lo diventa quando si tratta di Tom e di tutto ciò che riguarda Thomas Dursley- Al è possessivo nel suo autoproclamarai colui che ha il privilegio di toccare e l'onere di custodire "cose di Tom" quasi quanto Thomas stesso è geloso delle sue "cose" (tra cui include Al, e col tempo includerà oltre ad Al una svariata altra manciata di persone che teoricamente non sarebbero cose), in un modo ansioso, protettivo e al tempo stesso quasi orgoglioso.
Quello che dice Michel, o meglio che Michel sottointende parlando con Al, assume tutta un altro, più profondo e triste significato, alla luce di ciò che sappiamo su Michel e sul suo passato (e su suo padre) da Opera Al Nero.
"Sto solo dicendo che chi l’ha rapito… potrebbe essere stato incaricato dalla sua vera famiglia. Pensaci. Molte famiglie magiche non vanno troppo per il sottile quando si tratta di riavere indietro i propri figli. Tom è un mago molto dotato, forse proviene addirittura da una famiglia purosangue…”
Michel non sta solo dimostrando i suoi (probabilmente inconsci) pregiudizi contro i Babbani, implicando che dei genitori maghi per quanto sociopatici siano meglio di una normale famiglia Babbana, e la sua sfiducia verso Tom è altrettanto vago desiderio (anch'esso probabilmente inconscio) che non torni più per via della situazione con Al- a questo proposito, è interessante come Michel non si senta suo agio nemmeno con se stesso desiderando che Tom faccia una brutta fine (come Al dirà in seguito, Tom e Michel SONO STATI AMICI, comunque sia finita tra loro), quindi razionalizza il suo desiderio che Tom non torni mai più dicendo a se stesso e ad Al che FORSE chi l'ha rapito non aveva davvero cattive intenzioni, non nei confronti di Tom almeno, e che FORSE Dursley non vuole davvero tornare, non davvero, e non è in pericolo immediato come tutti credono che sia, quindi non c'è nulla di male a sperare un po' che non torni mai più tra loro.
Molto infantile come ragionamento, ma anche molto umano, paraculo, passami il termine, e Serpeverde.
Tuttavia la cosa più interessante di ciò che dice Michel è che quando giustifica i misteriosi genitori biologici di Tom, dicendo che in fondo è un loro diritto "riprendersi" il figlio non importa cosa lui voglia, sta anche (di nuovo, forse inconsapevolmente) difendendo il suo, di padre stronzo, che dopo essersi disinteressato di lui per anni in quanto figlio illegittimo avuto con una Babbana, e poi l'ha ripreso con se' quando ha scoperto fosse un mago.
Per Michel tutta la situazione con il padre biologico pazzo di Tom che vuole *riprenderselo* non è così assurda perché lui l'ha vissuta in prima persona, anche se in modo meno estremo, e con un padre che non era psicopatico, ma solo freddo come il ghiaccio e stronzo.
Non avevo mai pensato a questa coincidenza ma: Tom è il Purosangue creduto un Nato Babbano (e fiero di esserlo) e Michel è un Mezzosangue creduto il Piccolo e Perfetto Purosangue modello.
Le loro situazioni, sia pure diverse per modalità e gravità, sono esattamente speculari.
Al ovviamente non lo sa, e anche se non lo sapesse non gli importerebbe, non adesso. Non abbastanza per non rispondere male a Mike dopo che Michel ha insinuato che Tom è un "elemento estraneo" nella vita e nella famiglia di Albus. È esattamente quello che Mike NON doveva dire ed è ovviamente quello che fa traboccare il sarcasmo aggressivo che Al stava cercando di contenere dalla conversazione con Rose.
Bellissima la canzone e perfetta per Al e Tom. Bella anche la scena tra Al e la fenice, ovviamente.
Dettaglio importante per il futuro conflitto tra Al e Lily: Al non PIANIFICA di scappare per andare a salvare Thomas, lo fa perchè crede che se torna indietro ad avvertire qualcuno la Fenice volerà via e sarà di nuovi tutto perduto, e, cosa più importante, è dal rapimento di Tom che nessuno sta dando informazioni ad Al su come e SE stanno andando avanti le indagini.
Non so se si nota da questa e dalle ultime recensioni che ho lasciato qui e là sparse tra le storie della Dp Saga, ma sono attualmente in un mood da "psicoanalizziamo e svisceriamo in lungo e in largo l'Albus Severus di Dira". È un altro personaggio con cui negli anni ho avuto un rapporto strano, perché da un lato mi riesce facile entrare in empatia con lui, e pensarla come lui in molte cose dandogli ragioni nella maggior parte dei conflitti che ha con altri personaggi nel corso della storia, dall'altro lato non sono mai sicura di averlo capito completamente, come se ci fosse sempre uno strato di lui che mi sfugge o un suo meccanismo mentale che sto interpretando nel modo sbagliato. Perciò, queste recensioni mi stanno aiutando, credo, a far chiarezza su quel che ho capito e quel che invece non ho capito del tuo personaggio. Ho dunque provvisoriamente dato le dimissioni dal mio ruolo (autoproclamato, ma ormai quasi decennale) di strizzacervelli di Thomas e dal mio (più breve) impiego come consulente di coppia non richiesto per Lily e Soren. Lily probabilmente sarà contenta, Ren magari pure, Tom non lo so- si è liberato di me che lo tratto come il mio oggetto di studio da sviscerare su un tavolo da laboratorio ma mi sono fissata sul suo ragazzo, quindi non so se ci abbia perso o guadagnato.
Battute a parte, durante questa ultima rilettura mi sono accorta non solo di quanto Al cambi e cresca nel corso di tutte le storie (quello sì sapeva, è forse il personaggio che si evolve e matura di più nel corso della Saga) ma anche di quanto, nonostante i cambiamenti a cui il personaggio andrà incontro, molti lati della personalità di Albus adulto, sia negativi sia positivi, siano già presenti nella sua versione imberbe e adolescente, seppur in modo sottile e non subito evidente, così come molti tratti caratteriali del ragazzino insicuro e timido che Al è in Doppelgaenger non si limitano a scomparire da un giorno all'altro, ma vengono temprati e rafforzati gradualmente dalle difficoltà, in modo realistico, oppure rimangono sotto la superficie dell'Albus ventenne e apparente iper-sicuro di se' e delle sue capacità- tratti visibili solo a chi lo conosce bene da anni, sa la sua storia e quello che ha attraversato e sa guardare oltre le apparenze.
Quindi, chapeau a te per il modo in cui l'hai costruito e sviluppato: sei partita da quello che poteva essere un clichè da ficcina vera e proprio e hai creato un personaggio dalla psicologia complessa, sfaccettata, coerente con sé stesso e in continua evoluzione al tempo stesso. In una sola parola, reale. Umano. Vero.
E ora che abbiamo parlato di Potter figlio, e di come crescerà e cambierà rimanendo la stessa persona nel corso della Saga, parliamo di Potter padre e di come è allo stesso tempo lo stesso Harry della Rowling e un personaggio nuovo, adulto e (quasi) maturo, tuo.
Nel capitolo precedente, in una delle scene più commoventi di questa intera Saga (almeno per me) abbiamo visto Dudley e Harry parlare tra loro per cercare di capire cosa sia successo a Thomas, in un filo sottile tra il desiderio e la volontà di collaborare sul serio per il bene di Tom e il peso di anni di risentimento inespresso tra loro- risentimento nato negli anni d'infanzia in cui vivevano sotto lo stesso tetto ma Dudley cresceva viziato dai genitori ed Harry veniva chiuso nel sottoscala, e accumulatosi poi ancora da adulti negli anni in cui entrambi, separatamente e a turno ma sempre collaborando, si sono occupati di Thomas, e il bambino ha sempre preferito e idealizzato il padrino piuttosto che il padre, nonostante Dudley fosse l'uomo che l'aveva adottato, che gli aveva dato il suo cognome e che durante la sua infanzia stava con lui quando era malato o nella banalità del quotidiano, mentre Harry, agli occhi di Dudley, per Tom, era colui che arrivava e lo portava in vacanza qualche settimana l'anno o a fare un giro in moto. (Un giorno SCRIVERÒ una recensione al capitolo prima di questo è parlerò anche di questa dinamica, promesso).
E ora sono Zacharias ed Harry a collaborare nonostante non vogliano farlo, sempre per Thomas- non più come due diverse e opposte figure paterne, come nel dialogo tra Harry e Dudley, ma come due diversi e opposti (nel metodo di lavorare) agenti di polizia. Entrambi vogliono risolvere questo caso, per motivi diversi, ma entrambi si rendono conto che non possono farlo da soli.
Quel guardarsi per la prima volta negli occhi e capire entrambi "non si sopportavano, ma dovevano collaborare" dimostra che i personaggi dei libri di Harry Potter in fondo sono sempre gli stessi, e a volte sono imperfetti e immaturi com'è umano che siano, ma sono adulti e si comportano da tali- o almeno, sanno farlo in situazioni in cui è necessario farlo, laddove i loro se' adolescenti si sarebbero presi a pugni o a incantesimi senza pensarci due volte.
È questo sottile equilibrio tra IC e maturazione dei personaggi della vecchia guardia che rende i pezzi sulla tua versione adulta dei ragazzini della Rowling tanto belli e piacevoli da leggere, e parte integrale e integrante di questa Saga.
Dudley e Zacharias sono entrambi due personaggi "macchiette" e senza molto spessore nel mondo della Rowling, messi lì solo per dar fastidio ad Harry. Tu invece li hai usati e approfonditi in modo esemplare, mantenendo le loro caratteristiche principale che li rendono IC e dando loro allo stesso tempo nuove sfumature.
La conversazione tra Zacharias ed Harry è perfetta perchè Smith è in egual misura giustificato nel suo scetticismo e ottuso, razionale nella sua diffidenza verso le incongruenze della storia di Tom e insopportabile nel modo in cui esprime le sue perplessità e continua a far domande pur rifiutando di credere alle risposte che Harry gli dà. Esattamente com'era nei libri di Harry Potter al tempo del ritorno di Voldemort.
Non aveva tutti i torti, ad essere scettico sul ritorno di un Mago Oscuro che tutti credevano morto; e non ha tutti i torti ora, a pensare che c'è qualcosa di poco chiaro nelle vicende di Thomas, sia per quanto riguarda le sue azioni sia per quanto riguarda il modo in cui è implicato con i segreti e il passato di Harry Potter. Ma da lettori, è anche facile empatizzare con Harry, perchè con il suo attenersi a tutti i costi all'iter buricratico e allo scetticismo Smith STA facendo la cosa "giusta" da funzionario pubblico, ma sta anche perdendo tempo e, soprattutto, annaspando tra false piste.
Mi è piaciuto il dettaglio sul fatto che Smith è colui che nota che la Prynn non esista, e che questa sia la motivazione che lo spinga a chiedere l'aiuto e la collaborazione di Harry. Non sarebbe stato credibile se da un momento all'altro avesse deciso di fidarsi di Harry e del suo "complottismo" senza motivo. Inoltre, il fatto che Harry non abbia fatto gli adeguati controlli sulla Prynn durante le sue "indagini parallele" lo rende più se stesso, quell'Harry Potter intuitivo che tuttavia a volte prende cantonate pazzesche su cose ovvie, e meno "poliziotto perfetto". Smith ha perso tempo seguendo false piste, ma anche il grande e famoso (e paranoico) Harry ne ha tralasciata una dai risvolti piuttosto importanti. Punto a Smith, per la scoperta e l'umiltà di condividerla col collega-rivale.
C'è un passaggio però che mi ha innervosito, ed è quando Zacharias implica che Harry sta usando un doppio standard per giudicare le azioni del suo figlioccio da quello che ha usato a diciassette anni per giudicare se stesso e gli altri ragazzi coinvolti nella guerra.
Ora, a parte che giudicare, da adulti, gli adolescenti in brutte situazioni in modo meno severo e netto di quando si giudicavano gli altri adolescenti durante l'adolescenza è una cosa positiva che dovrebbe essere lodata come segno di maturazione...Harry ha testimoniato a favore di Draco che aveva fatto anche peggio di Thomas alla sua età, e che aveva tormentato specificamente Harry e bullizzato i suoi amici PER ANNI.
Se fossi stata Harry, probabilmente avrei risposto a Zacharias qualcosa come "tu sei libero e incensurato nonostante ti abbia visto calpestare primini per scappare dalla battaglia che io e i miei amici abbiamo vinto, quindi sì, direi che ventiquattro anni fa ho offerto a te e a diciassettenni idioti par tuo la stessa clemenza che sto offrendo ora al mio figlioccio."
Oh, sul serio, tra Zacharias e Draco, tutti quelli che sono vivi e liberi grazie al fatto che Harry è un eroe che PERDONA, lo trattano come se fosse il più inclemente e manicheo dei reduci di guerra, alla Malocchio "a morte ogni Mangiamorte anche i minorenni" Moody.
Detto ciò, bella anche la risposta di Harry sul fatto che ai loro tempi ci fossero degli schiarimenti chiari all'interno dei quali era necessario, anche se non giusto, che i ragazzi scegliessero. Non era giusto che degli adolescenti si schierassero in una guerra, ma semplicemente non c'erano alternative (a parte morire e venire catturati) e almeno ognuno dei ragazzi al momento di schierarsi a combattere per un lato SAPEVA per cosa stava andando a combattere, anche se magari non poteva capire tutte le conseguenze che ciò avrebbe comportato, vista la giovane età. (Vedi Draco Malfoy). Mentre i figli e figliocci e nipoti di Harry sono cresciuti in tempo di pace e se Tom è stato avvicinato e convinto a collaborare con un Mago Oscuro non ci sono prove sul fatto che il ragazzo sapesse davvero che John Doe fosse tale, e/o che avesse rivelato al ragazzo le sue vere intenzioni o motivazioni. (Cioè, noi lettori è lettrici sappiamo che Tom essendo intelligente aveva subito capito un po' troppo per essere definito innocente e inconsapevole del pasticcio in cui stava entrando, ma oggettivamente non ci sono prove che indicano che sapesse qualcosa- e in effetti sapeva solo il margine, ovvero il modo in John Doe incastrò Duil e che portò lui i Naga, e anche tutte queste cose le ha sempre sapute dopo avvenute, non prima. Quindi è stato complice per omissione, non per partecipazione, in un certo senso. *Hermione Granger mode off*.)
Bella anche la domanda "Chi sei davvero, Tom?" che torna a presentarsi nella mente di Harry come un dubbio da sempre avuto e a lungo rimosso, ma che ora non si può più ignorare.
C'è un'aria di attesa in questo capitolo, nonostante sia il terzultimo capitolo, o forse proprio PERCHÈ è il terzultimo capitolo- il capitolo precedente al primo, epico Gran Finale dei tre Gran Finali della Saga. Il dialogo di Harry con Smith, l'insofferenza di Al chiuso ad Hogwarts, la prima parte del dialogo tra Harry, Smith, Ethan Scott e la direttrice (geniale l'idea di lasciare la seconda parte del dialogo, quella con LA rivelazione- almeno per Harry, che noi sappiamo già- e le reazioni alle varie rivelazioni nel prossimo, più carico di eventi e di adrenalina: accentua l'atmosfera di attesa nervosa da "a un passo del disastro" di questo capitolo) e infine il passaggio su Tom che, tra le febbri del delirio, si rende conto del PERCHÈ è stato influenzato per così tanto tempo dal Medaglione (cioè dalla Pietra). Si rende conto che quelli sono i suoi attimi che passerà da innocente o da vivo, e prima piange, perchè dopotutto nonostante tutti i suoi difetti e i suoi sbagli è solo un ragazzino di sedici anni che non ha mai affrontato né voluto affrontare nulla di simile, e poi si asciuga le lacrime e guarda il suo carceriere negli occhi con sfida, perchè nonostante tutto è nato e morirà orgoglioso.
"La cosa davvero ironica è che non hanno capito che Harry è un eroe. Non esiterà con me, se può salvare tutti…"
La cosa davvero ironica, e triste, è che Tom non ha capito, dopo tutti questi anni, che Harry è prima di tutto un padre- anche e forse soprattutto di figli non suoi; perchè in fondo dentro di se' è ancora quel ragazzino orfano che viene deluso, abbandonato o sacrificato da ogni figura paterna che incontra nel suo cammino.
Se Tom ha avuto un'infanzia e una prima adolescenza tutto sommato serene e normali, è proprio perchè Harry non ha mai voluto "sacrificarlo per salvare tutti" o allevarlo come carne da macello come Silente fece con lui.
Però non biasimo del tutto Tom per credere che, in determinate circostanze, se messo di fronte alla possibilità di salvare il mondo il padrino prenderebbe verso Thomas la stessa scelta che Silente prese per lui più di venticinque anni prima. Dopotutto, tutti noi riproponiamo i modelli con cui siamo cresciuti, e Harry è stato cresciuto con il modello di un uomo abituato a sacrificare e che l'ha a sua volta spinto a sacrificarsi, "per il Bene Superiore". E anche se noi sappiamo che Harry non vuole essere un secondo Silente per i suoi ragazzi, non ha neanche fatto nulla per mostrare loro che rigetta completamente il modello di Silente: ha messo il suo nome a uno dei suoi figli, tra l'altro quello coetaneo di Tom, ha consegnato Tom alla stessa famiglia a cui Silente aveva consegnato lui e l'ha ripreso con se' a undici anni svelandogli la storia del suo passato a spizzichi e bocconi come- di nuovo- Silente fece con lui. Insomma, Thomas ha tutti i motivi, razionalmente, per credere che il padrino *potrebbe* sacrificarlo, ma noi sappiamo che *Harry* non la pensa così. Forse.
L'insistenza sul tema "Harry è un eroe/gli eroi non perdonano" mette in luce un dettaglio interessante, ovvero che Tom pensa che gli eroi, per essere tali, devono essere spietati. Questo, olte ad essere un'ulteriore prova, nel caso ce ne fossero bisogno, che Tom è 100% serpeverde (un Grifondoro penserebbe che gli eroi sono prima di tutto "fighi" e poi, per definizione, buoni, non spietati e terribili proprio in quanto eroi), illustra anche un aspetto del rapporto di Tom con il suo padrino che secondo me può essere generalizzato e assimilato a una dinamica che spesso accade
Nella recensione su Rose e Ron di tre anni fa (oddio, è già passato così tanto tempo?) ho parlato del fatto che, quando un figlio o una figlia mettono un genitore su un piedistallo, prima o poi arriverà una caduta che porterà dolore e delusione.
Ma cosa succede quando questa figura invece non cade, o perchè non può cadere, o perchè non gliene lasciamo la possibilità, o semplicemente perchè l'errore del conflitto non è suo? Succede che l'adulto in questione acquista la statura di una divinità temibile e giudicante, che guarda l'adolescente incespicare negli inevitabili errori della sua età grondando delusione, sdegno o furia.
Harry non è stato per Tom un genitore ma è stato comunque una figura di riferimento:
è stato colui che l'ha salvato, prima dal fuoco e da un Mangiamorte e poi dall'essere messo in orfanotrofio, e ha scelto la famiglia a cui affidarlo, e poi siccome questa famiglia era Babbana di erano cugini di Harry è stato il primo mago adulto che Thomas abbia mai conosciuto, che gli abbia dato conferma che persone come lui esistevano e non erano innaturali- è colui che gli ha rivelato del suo passato ed è l'unica persona a parte se stesso che Tom conosca ad essersi ritrovato in una situazione mortale da neonato che gli ha lasciato uno strano segno particolare sul corpo, e vari poteri tra cui una forza magica più forte del normale, la capacità di parlare coi serpenti e il ricordarsi cose ed eventi accaduti a pochi anni o mesi dalla nascita.
Per tutti questi motivi, è stato L'adulto Sul Piedistallo dell'infanzia di Tom; lo conferma Dudley quando dice che a Tom, in quanto primogenito, spettava di diritto la sua vecchia camera, quella più grande, ma che lui a cinque anni ha chiesto di essere trasferito nella ex camera del padrino, che sarà anche stata più piccola ma era stata di Zio Harry; lo confermano i ricordi di Harry su Tom bambino, lo confermano gli accenni di Ginny e altri personaggi.
Durante il corso di Doppelgaenger il rapporto tra loro si è incrinato, ma si è incrinato per colpa di Thomas, non di Harry, o almeno è così che Thomas ha percepito ciò che è accaduto (nel dialogo tra Tom e Al che inizia le rivelazioni tra loro, Albus chiede a Tom cosa Harry abbia sbagliato e Thomas risponde che in realtà è stato lui a sbagliare, e ha sbagliato tutto).
Da qui, la paura, anzi no, la convinzione, di Thomas che lo stesso padrino che lo portava sulla moto quando era piccolo potrebbe assolutamente sacrificarlo per salvare tutti gli altri. Soprattutto alla luce delle recenti scoperte su Tom.
Perchè durante l'adolescenza, i sentimenti di idealizzazione e ammirazione che un bambino può provare verso le figure di riferimento possono diventare odio, rabbia, o disfiducia. Anche e SOPRATTUTTO se l'adulto non cade o non viene fatto cadere dal suo piedistallo- rimanendo così in una posizione di superiorità, magari anche non voluta, dalla quale l'adolescente si sente giudicato e considerato manchevole. (Recensione modificata il 24/08/2023 - 08:34 pm) (Recensione modificata il 27/08/2023 - 12:55 am) |