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Autore: Dira_    23/05/2010    13 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Grazie per le splendide recensioni.
@Pheeny: Grazie mille!
@MadWorld: sì, mi sono divertita a scriverla anche io! Grazie!
@Nicky_Iron: Ahaha, beh qui spero di averti fatta divertire un po’ di più. Questi capitoli purtroppo sono un po’ noiosetti perché devo tirare le fila dei 40 capitoli prima. ;) Grazie per i complimenti comunque e per continuare a seguirmi!
@Altovoltaggio: Ehi, bentornata! ;D Rose e Sy sono stati un po’ eclissati dalle vicissitudini dei fratelli Potter, ma prometto che nella seconda parte avranno più spazio, adolescenzialmente parlando. Gli alchimisti (o meglio la Thule) pensano che per ‘sconfiggere’ e ‘impossessarsi della bacchetta’ si debba ucciderne il posessore. Un errore che del resto ha fatto anche Voldemort, facendo fuori sia Silente (per mano di Piton) sia Piton stesso e ancor prima Grindenwald. Un errore tipico da megalomani. Pochi infatti sanno che basta ‘disarmare’ l’avversario, anche non con quella bacchetta.
@Aga: Ahaha, grazie per i complimenti, e sì, la nuova famiglia Dursley piace anche a me. ^^
@Simomart: Grazie, grazie, grazie! Le tue recensioni sono sempre dettagliate, belle e puntuali. Mi fa piacere anche che piano piano anche i lettori imparino ad amare i personaggi come li amo io. In realtà, siete un po’ i loro padroni onorari, perché vivono anche grazie a voi^^ Dudley è un personaggio che ha cominciato ad interessarmi quando la Row gli ha fatto avere un cambiamento di rotta. Adoro quando un personaggio evolve e matura, lo trovo da parte di un’autrice un tocco in più alla sua storia. E sì, penso che crescendo Big D abbia capito che essere amati non è così scontato, se non si tratta dei tuoi genitori. Il rapporto di Tom e Dudley aspettavo un bel po’ a farlo, e mi fa piacere che sia stato apprezzato. Del resto il vero padre di Tom è Dudley, non Harry. Purtroppo per Rosie e Sy, non ho tempo… ma avranno più spazio nella seconda parte ^^
@Trixina: Ho recapitato i tuoi complimenti alle fan-artist! E sì, l’avete notato tutti, Harry ha spesso frainteso Thomas, vedendolo come un suo clone per molti versi, quando in realtà Tom è diverso da lui, sia per esperienze che per altro. Anche se in effetti i punti di contatto ci sono. ^^ Grazie mille per la recensione! E Lily avrà il ruolo di ‘quasi’ protagonista nella prossima parte. Vedrai!
 
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Capitolo XLIV




 
 
 
 
Let’s grow old together/ And die at the same time.
(To lose my life, White Lies)



10 Novembre 2022
Hogsmeade, Tre Manici di scopa.
Mattina.
 
Harry varcò la soglia dei Tre Manici di scopa senza neanche controllare di essersi asciugato le scarpe dal fango che infestava la strada principale – nonché l’unica - di Hogsmeade.
“Harry!” Lo accolse Hannah Paciock, con un sorriso che gli riscaldò le ossa infreddolite. “Che tempaccio, eh? Si preannuncia un inverno tremendo, neve sicura per Natale. Forza, forza… dammi il tuo mantello, lo metto nel guardaroba!”
“Grazie Hannah.” Le sorrise, guardandosi attorno. Aveva un appuntamento con Zacharias Smith e a giudicare dal locale privo della sua presenza, l’uomo era in ritardo.

“Cosa ti porto?”
“Whiskey incendiario. Niente ghiaccio.” Recitò distratto. “Scusami …”
Aveva avvistato Smith. Se ne stava ad uno dei due bovindi della locanda, sorseggiando quello che sembrava proprio whiskey incendiario Ogden stravecchio.

Beh, almeno abbiamo un punto comune.
Si avvicinò, sedendosi davanti a lui.
“Potter.” Recitò l’uomo, alzando a malapena lo sguardo dalla propria Gazzetta. “Sai che riescono a citarti anche quando l’indagine non è tua?”
“Prova a dirmi qualcosa di nuovo, Smith.” Replicò irritato. “Non ho opposto resistenza, mi sembra, al passaggio di mano.”
“Come avresti potuto? Il Ministero si sarebbe trovato in una posizione sfavorevole, a doverti sbattere in cella per ostacolo ad un’indagine.”
Ostacolo?” Serrò le labbra. Si impose di calmarsi. “Se hai risposto, significa che sei disposto a parlare civilmente, suppongo.” Cambiò discorso.
Smith alzò gli occhi dal giornale, finalmente. Lo squadrò diffidente. “Diciamo di sì.” Bevve un sorso dal proprio bicchiere, schioccando la lingua. Harry notò che aveva la pelle tirata, grosse occhiaie attorno agli occhi e la barba non perfettamente rasata.

Incantesimo di rasatura riuscito male…  
A quanto pare aveva ragione Herm. Questa gatta da pelare è troppo grassa per lui.
“Diciamo che mi dici ciò che sai.” Aggiunse.
“È tutto nel rapporto che l’agente Weasley ti ha fatto recapitare…”
Stronzate.” Sputò Smith. Si schiarì la voce quando vide che Hannah, si era avvicinata con l’ordinazione. “C’è scritto il minimo indispensabile, non prendermi per il culo.”
“Il resto del lavoro l’abbiamo svolto come privati cittadini, Zacharias.” Obbiettò pacatamente, e con una certa soddisfazione. “Posso essere arrestato per aver fatto visita ad un amico in India?”

“In India?” Serrò le labbra. “Certo, i Naga… Ancora con quella teoria secondo cui l’aggressione di Duil è collegata al rapimento del ragazzo?”
“Non una teoria. È la realtà dei fatti.” Replicò, facendo un lieve sorriso ad Hannah, prendendo il bicchiere. Quando la vide allontanarsi continuò. “Ho incontrato il capotrib … ho incontrato uno dei guerrieri della delegazione. Ci ho parlato.”
“Perché, parlano?” Sbuffò sospettoso.

“Nella loro lingua sì. Ho avuto… un traduttore.”
Una cicatrice traduttrice.

“E cos’hanno detto?”
“Che sono stati venduti da Duil ad un altro mago, che li ha messi sotto la maledizione imperio, facendogli compiere quello che sai.”
“Facile a dirsi. Ti ricordo che quei… cosi… erano piuttosto resistenti agli incantesimi.”
“Ti ricordo che qui stiamo parlando di una maledizione senza perdono, non di uno stupeficium, Zacharias.” Obbiettò, bevendo un sorso del proprio drink per evitare di aggiungere ‘immenso cretino incompetente’. Ma almeno lo stava ascoltando.

Più di quanto mi aspettassi… Se è arrivato a considerare le mie deliranti teorie vuol dire che è decisamente disperato. 
Smith fece un cenno distratto con la mano. “Questo può anche essere vero, ma dimmi, pensi che avrebbero detto la verità a te?”
“Penso che in ogni caso non avrebbero avuto molto da perdere. Ero un mago inglese in suolo straniero, e secondo la loro mentalità nel loro territorio. Potevano sbattermi fuori, e non l’hanno fatto. Mi hanno detto la verità.”

“Quindi questo mago li ha messi sotto imperio… perché?”
“Per creare un diversivo. Farci credere che agissero sotto gli ordini di Duil, che voleva vendicarsi di Hogwarts, quando in realtà li aveva usati per trovare degli oggetti. Percepiscono il campo magico degli oggetti.”
“Che oggetto?”
“La Pietra della Risurrezione, uno dei Doni della Morte.”
L’uomo ebbe il buonsenso di deglutire. Vide il pomo di Adamo fare su e giù in quella gola detestabile e capì di avere finalmente la sua attenzione.

La storia dei Doni della Morte era trapelata dopo la sconfitta di Voldemort e delle sue armate. Più che trapelata, era irrotta nei principali quotidiani nazionali, e aveva tenuto campo a lungo.
Fortunatamente era riuscito a frenare le interviste, e tutt’ora nessuno era a conoscenza di quali fossero esattamente i Doni e dove si trovassero.
“È questo quello a cui puntava? E cosa c’entra il ragazzo?”
Harry inspirò. “Questo non lo so… Thomas è stato adottato, ma della sua famiglia non si sa nulla. È stato rapito da bambino da un mangiamorte, Artemius Coleridge.”
“Voldemort…” Era il collegamento conseguente, ma Harry si sentì comunque a disagio.

“Sì, ci ho pensato anche io all’epoca. Ma Thomas non può avere nulla a che fare con lui. Cronologicamente è impossibile, è nato quasi dieci anni dopo.”
“Un Dono… quanti sono?”
“Tre.”
“E quanti ne ha in suo possesso?”
Harry si passò una mano sulla guancia, trattenendo appena il respiro.
Ci siamo fatti ingannare come cretini… Pensavo che nessuno fosse a conoscenza del fatto che uno dei mantelli invernali di Jamie era Il Mantello, e invece…

“Due su tre.”
Smith serrò la presa attorno al bicchiere. Ebbe la presenza di spirito di inghiottire un’imprecazione. Salvo poi lasciarla uscire comunque. “Merda.”
“L’ultimo Dono è al sicuro.” Lo precedette Harry. “In ogni caso, anche se tentassero di riunirli, non funzionerebbero a dovere. L’unico modo per possederli è sconfiggere il precedente possessore.”
“Cioè Harry Potter.” Ironizzò l’uomo. “In ogni caso, si torna sempre a te.”
Harry fece una smorfia. “Per quanto i miei detrattori pensino il contrario, non mi piace essere al centro dell’attenzione di squilibrati assetati di potere.”

Smith tese le labbra in un sorriso sgradevole: non gli credeva, e non si piacevano. Ma dovevano collaborare. Si guardarono negli occhi, forse per la prima volta in quella manciata di lunghi minuti.
A Harry ricordò il genere di sguardo che vedeva in quei film babbani, con i cowboys e le pistole, che tanto piacevano al defunto Vernon Dursley.
“Per quanto mi costi ammetterlo… Le indagini non stanno procedendo.” Ammise dopo un breve silenzio l’ex tassorosso. “Ma ho un’altra domanda. Se questo John Doe vuole i Doni… perché rapire quel ragazzo? Non avrebbe avuto più senso rapire uno dei tuoi figli?”
“Thomas è come un figlio per me, ma non è questo il punto.” Replicò, sentendo un brivido freddo scendergli lungo la nuca. Solo la certezza che Ted e Neville stavano vegliando sulla sicurezza dei suoi ragazzi gli dava la possibilità di non andarli a prendere  e nasconderli in un luogo sicuro. “Il punto è che in qualche modo credo sia implicato in questa faccenda.”
“Certo, è venuto a patti con quell’uomo.”
“L’ha ingannato.” Calcò la parola, finendo in un sorso il whisky. Gli bruciava nelle vene, effetto magico, ma non spiacevole: gli permetteva di mantenere la lucidità e la calma. “Tom ha solo sedici anni, Zacharias. Non è ancora abbastanza maturo per non essere influenzabile.”
“Avresti detto lo stesso di te, alla sua età?”
“La situazione era diversa. I ruoli nella nostra guerra erano definiti. Non avevamo scelta. Quell’uomo l’ha illuso, gli ha promesso di dargli delle risposte sul suo passato, sulla sua famiglia. Promesse che per Tom avevano un peso inestimabile… e tendenzialmente, non si è dimostrato chi era se non alla fine, uccidendo la professoressa Prynn.”

Zacharias non replicò, muovendo il ghiaccio, ormai quasi sciolto, all’interno del proprio bicchiere. “A questo proposito…” Ebbe una lieve esitazione, poi storse la bocca e continuò. “Ho fatto ricerche su quella donna. Per capire chi fosse e quanto fosse implicata in questa storia.”
E?” Non aveva pensato alla Prynn. Harry se ne rese conto in quel momento: erano tanti i fronti aperti, su cui esaurire energie, sonno e pensieri. E non aveva pensato a trovare risposte sulla professoressa di Trasfigurazione. Vitious tempo prima, quando c’era stato il problema dei Naga, gli aveva assicurato che le sue referenze fossero ineccepibili.

Non aveva approfondito.
“Ho fatto un buco nell’acqua. Quella donna sembra non essere mai esistita. Le referenze che ha dato al preside erano false.”
“Ma Vitious…”
“Il preside ha chiesto all’Accademia, ma io ho fatto un controllo incrociato. Ho un amico che manda suo figlio a Salem. Non c’è mai stata un’insegnante di trasfigurazione all’Accademia Magica di Salem di nome Ainsel Prynn.”
“Come?”
“Quello che ho detto.” Si passò una mano trai capelli radi, serrando la presa sul bicchiere. “Inoltre ho trovato solo porte chiuse quando ho chiesto al Ministero Americano. Non ho avuto un solo gufo di risposta.”

“Non ha senso… era solo un insegnante.”
“Solo…”
“Non era un insegnante?” Spiò Harry.

Smith si strinse nelle spalle, nervosamente. “Un insegnante è una civile. Informazioni ce ne sono. Ce ne dovrebbero essere, e dovrebbero essere fruibili. E se non ce ne sono…”
“Il Governo non vuole fornirle.” Concluse per lui Harry, sentendo un dolore sordo dietro la nuca. Era sfinito, frustrato. “Che diavolo significa?”
“Che ci siamo infilati in qualcosa di estremamente grosso e internazionale, auror.” Ribatté il Tiratore, schioccando la lingua. “Quella donna è morta e si è portata i suoi segreti nella tomba. Ma di certo, non era ad Hogwarts per insegnare… Dursley è stato visto spesso in sua compagnia. Si diceva che avessero persino un affaire…”
Harry lo guardò incredulo. “Con Tom?”
“Inizialmente ho pensato che fosse un delitto passionale.” Sbuffò, notando la sua faccia esterrefatta. “Non guardarmi come un idiota, stavo solo seguendo delle piste, e c’era ben poco su cui lavorare, se non il rapporto pieno di falle del tuo braccio-destro. Ma poi… c’erano troppi punti oscuri, troppe lacune. È come se qualcuno stesse tirando le fila e non dal nostro lato.”
“Hai interrogato…”
“Ho interrogato il corpo insegnante. Desolante, sembra che lì dentro nessuno sappia un accidenti di quello che gli succede sotto il naso. I tempi di Silente sono finiti da un pezzo…” Ironizzò. In uno strano modo, Harry sentì che poteva dargli ragione. “Poi ho interrogato gli amici del ragazzo… i tuoi figli. Davvero niente male… si erano preparati una versione piuttosto avvincente e convincente di quello che era successo secondo loro.”
“Non ne sono a conoscenza Smith.”
L’uomo lo squadrò diffidente poi scrollò le spalle. “Sostanzialmente, hanno detto le stesse cose che hai detto tu. Che Dursley era stato ingannato, che quell’uomo si era mosso all’interno di Hogwarts occultando i suoi reali intenti fino all’ultimo. Che aveva orchestrato l’attacco dei Naga e l’aggressione a Lupin. Tutto si riduce, alla fine, a due sole domande. Chi è John Doe, e per chi lavora.”
“Forse gli stessi della professoressa Prynn.” Suggerì. Era come un maledetto gioco di scatole cinesi. Ognuno aveva un informazione, ma non c’era possibilità di metterle assieme per avere un quadro completo. Era una strategia sottile, e c’era un solo master-plan ad orchestrare il tutto, solo una persona che sapeva tutto e aveva messo le persone le une contro le altre.

John Doe. Chi sei?
“In ogni caso, la priorità al momento è ritrovare il ragazzo.” Lo riscosse Smith. “Anche se sembra svanito nel nulla… e poi c’è la questione della bacchetta.”
“La bacchetta di Tom, certo. Non la ha con sé, è stata ritrovata vicino al corpo della…” Non finì la frase, perché realizzò l’implicazione. Serrò le labbra. “Non crederete…”
“La bacchetta di Dursley ha lanciato la maledizione, Potter.” Sbottò l’uomo. “Su questo non c’è dubbio. Ora, pensavo che fosse stato il ragazzo, ma ci sono dubbi anche su questo…”
“Tom non userebbe mai quella maledizione. Ne conosce le implicazioni, le conosce bene.” Eruppe con forza, sentendosi la cicatrice formicolare lievemente, quasi ricordasse come era nata. “È solo un ragazzo… Può essere stato disarmato. Può essere un ennesima diversione di John Doe.”
“Può essere, come può non essere.” Replicò Smith, senza lasciarsi intimidire. “Potter, sto solo facendo il mio lavoro. Devo prendere in considerazione tutte le opzioni.”
Harry si tolse gli occhiali, in un gesto nervoso, salvo rimetterseli. “E qual è quella che ritieni più plausibile?”
“Mio malgrado…” Prese tempo, cosa che Harry giudicò piuttosto odiosa. “Mio malgrado neppure io penso che sia stato lui. È un incantesimo potente, difficile da eseguire. Basta una lieve esitazione e non sprizzi che una manciata di scintille verdi. Ho provato a capire se il  ragazzo avesse quel genere di determinazione… e ammetto di aver giocato sporco con tuo figlio minore.”
“Albus?” Si dominò a stento. L’istinto di protezione a volte era una brutta bestia. “Perché l’hai messo sotto pressione? Cosa speravi di ottenere?”
Smith storse la bocca, irritato. “Per chi mi hai preso? Puoi non piacermi, e sinceramente penso che tu sia un arrogante pezzo di idiota.”
Reciproco – Pensò Harry.
“… ma voglio chiudere questo caso quanto te. Non provo piacere a torchiare minorenni spaventati…” Tese le labbra in un sorrisetto divertito. “Comunque sarai felice di sapere che ha tenuto fede al vostro cognome. Mi ha urlato addosso piuttosto arrogantemente…”
“Al?” Ripeté confuso. Conosceva il suo ragazzo, e sapeva quanto fosse raro che alzasse la voce, e per giunta davanti all’autorità costituita. Un exploit se lo sarebbe aspettato da James, non da lui.

Smith si passò una mano dietro il collo. “Ho dislocato cinque pattuglie tra Hogsmeade, i cancelli di Hogwarts e la scuola. Ho battuto palmo a palmo la Foresta, per quanto ci è stato possibile prima di incappare nei centauri… Dursley non è ad Hogwarts.”
“Ne sei certo?” Smith serrò le labbra, ma Harry lo precedette. “Zacharias, non sto mettendo in dubbio i tuoi metodi di indagine, ma questo è più di un semplice caso di rapimento. Ormai te ne sarai reso conto.”
“Ma rimane un rapimento, e seguirà l’iter.” Replicò. “Il rapitore ti contatterà. Del resto, se cerca i Doni… è di te che avrà bisogno.”

Harry tirò un lungo sospiro.
I Doni della Morte…

Non ci pensava da quasi vent’anni. Per quanto lo riguardavano erano qualcosa a cui Voldemort aveva aspirato, senza mai capirne la vera natura. Non erano oggetti fatti per accrescere il potere di un mago. Non erano neppure così potenti, sebbene fossero indubbiamente straordinari.
Erano un monito.
Un monito a non temere la morte, ma accettarla come inevitabile e parte di te stesso.
Solo chi non la teme, può esserne il vero padrone.

E Thomas, in tutto quello, che ruolo ricopriva?
Chi sei davvero, Tom?
Hannah si avvicinò ai due, titubante, quasi temendo di disturbare il loro silenzio.
“Zacharias… è arrivato un Gufo dal Ministero.” Gli tese la lettera, umida di pioggia.
L’uomo la prese, facendole un cenno distratto, e aprì la ceralacca, grattandone via la superficie con l’unghia.
Harry si sporse leggermente per guardare. “Viene dal Dipartimento?”
Riconosceva lo stemma che campeggiava a lato del foglio.
Smith serrò le labbra in una linea sottile. “Viene dall’ufficio del Direttore.”
Harry corrugò le sopracciglia: il Direttore, nel gergo ufficioso del Dipartimento di Applicazione della Legge Magica era il Direttore del Dipartimento intero.  

Non ebbe bisogno di chiedere, fu Smith stesso a continuare. “… Sono convocato. Anzi, siamo convocati.” Schioccò le labbra, senza nascondere l’insoddisfazione. “Pare che sappiano che sei qui con me, Potter.”
Harry non rispose. “E cosa vogliono?”
Smith si alzò, richiamando con un cenno Hannah. “Non ne ho idea. Ma vogliono che andiamo adesso.”

 
 
****
 
Hogwarts, Sotterranei. Aula di Pozioni.
Mattina inoltrata.

 
Albus era stufo.
Questo per eufemizzare. Non era mai stato tipo da riversare la propria frustrazione sull’altrui persona. Anzi, tendenzialmente cercava in ogni modo di tenersi le cose per sé, e al massimo esporle pacatamente in privata sede.

Certo aveva trascorso sedici anni di vita lisci, piatti, senza la minima asperità. Il figlio di mezzo di Harry Potter il Salvatore, quello meno appariscente, anzi, quello meno notato perché finito in una casa che l’aveva inglobato a sé per non dargli troppo spazio.
A Serpeverde l’ambizione e l’arrivismo si concentravano in una sorta di egoismo auto-generante, per cui nessuno ti idolatrava, sempre che tu non ti fossi auto-eletto Signore Del Globo Terraqueo, schiacciando possibili rivali.
E non era il suo caso.
Ciò però l’aveva inevitabilmente portato a non sopportare le occhiate piene di compassione della sua famiglia, né tantomeno a tollerare le occhiate curiose di chi non sapeva, ma gli sarebbe piaciuto, non è che per caso…
“Al, come stai?” Gli ripeté per forse la milionesima volta Rose, quando la lezione di Pozioni fu finalmente conclusa.
Voleva bene alla cugina, nutriva per lei un affetto incondizionato e totale.

Ma in quei quattro giorni aveva avuto più volte la tentazione di morderla con il sarcasmo che sentiva raschiargli il fondo della gola.
‘Come vuoi che stia Rose? Adoro essere compatito’ – Avrebbe voluto dirle, e per un attimo immaginò la soddisfazione di vederla finalmente chiudere la bocca.
Poi naturalmente si sentì malissimo. Ma neanche poi molto.
“Sto bene.” Ripeté, come un disco rotto di Celestina Wackbeck. Infilò il proprio manuale di Pozioni dentro la tracolla, stringendo le cinghie fino a quasi farle gemere. Non che Rose se ne accorse. Era troppo occupata a preoccuparsi.
Lanciò uno sguardo a Michel, un muto sguardo, che fu immediatamente ricambiato.
Apprezzava la compagnia di ben poche persone adesso. Mike era una di quelle: non gli aveva fatto domande, non gli aveva sciorinato un ‘però te l’avevo detto che era schizzato’… Niente.
Semplicemente lo tirava via e lo allietava con silenzi studiosi o al massimo con qualche pettegolezzo.
Michel si spostò accanto a lui. “Andiamo Al, ci aspetta il nostro gruppo di studio.” Disse anodino, con un lieve sorrisetto di superiorità a decorargli le labbra.
Rose assottigliò le proprie in una linea indignata. “Stavo parlando con mio cugino, Zabini. Se non l’avessi notato…”

“Certo che l’ho notato, Weasley. E la cosa non mi disturba, non dartene cruccio.” Replicò passandogli un braccio attorno alle spalle. “Andiamo Al. Loki ci sta aspettando…”
Al si lasciò portare via, ignorando anche la presa non desiderata sulla sua spalla. Se Michel si stava approfittando della situazione, non gli importava.

In fondo, egoisticamente, non gli importava fintantoché si dimostrava amichevole e gli teneva lontane le domande altrui.
Anche se…
Da una parte non si stava piacendo affatto. Perdeva il controllo con l’autorità costituita come un matto, scappava da Rose e ignorava la sua famiglia. Non aveva neanche risposto al Gufo di sua madre.
L’unica che sembrava solidale, o se non altro capiva era Lily. Lo aveva solo abbracciato, dopo che aveva avuto quell’orribile interrogatorio, sussurrandogli ‘noi siamo i buoni’.
Sì, ma non mi sto comportando da buono, Lils…
O semplicemente, non sto avendo una reazione grifondoro al rapimento del ragazzo che amo.

Sottili differenze…
Michel gli diede un colpetto sulla nuca, sciogliendolo dalla presa. “Tua cugina finirà per rapirti, cheri. Crede che ti stia allontanando dal vostro clan di peldicarota.”
“Stai parlando della mia famiglia…” Mormorò, con un lieve sospiro. “Rosie è solo preoccupata per me. E lo apprezzo, veramente. Se non mi guardasse come se dovessi scoppiare a piangere da un momento all’altro.”
“Ma non ha tutti i torti. Hai un faccino così…”
“Mike! Ho sedici anni, per Nimue. E sono un ragazzo.”
“Un ragazzo delizioso.”
Al, suo malgrado, fece un mezzo sorriso. “Potrei prenderla come una molestia sessuale, lo sai?”
“Beh, era intesa in effetti.” Lo stuzzicò arruffandogli i capelli.

Al se li riaggiustò con una risatina, mentre svoltavano l’ennesimo corridoio di pietra umida dei sotterranei. Non avevano certo bisogno di affidarsi alla clemenza della memoria, loro.  
Michel si fermò davanti al muro che nascondeva l’ingresso del loro dormitorio. “Veni, vidi et vici.” Recitò prima di lanciargli un’occhiata. “Come stanno andando le indagini?”
Al serrò appena le labbra. “Non ne ho idea. Sai, c’è il fatto che sono un mago minorenne e semplicemente uno di famiglia. Credo che mio padre ne sappia più di me, ma non risponde ai miei Gufi. C’è da dire che ne riceve così tanti al giorno che non sempre nota le mie lettere…”

“Perché non hai detto a Smith che Tom era il tuo ragazzo?”
“Per rafforzargli la convinzione che siamo una sorta di setta incestuosa, dedita a coprirci l’un l’altro? No grazie.” Scrollò le spalle. Poi vide qualcosa che attirò la sua attenzione, poco prima che il muro si aprisse lasciando intravedere la Sala Comune.
Era uno Tiratore. Sembrava sinceramente spaesato e si aggirava per il corridoio con una scatola in mano.
Al dimenticò il suo proposito di chiudersi nella nuova stanza che gli era stata assegnata – visto che la loro vecchia stanza aveva i sigilli dell’indagine in corso – e lo avvicinò.

“Salve. Posso esserti utile?” Chiese, pieno di gentilezza.
Il Tiratore lo guardò confuso, prima di rispondere al sorriso. “Ehm… Sì. Mi chiedevo… Dove si trova l’ufficio del Direttore?”
“Il professor Lumacorno?”
“Sì, esatto. Devo consegnargli gli effetti personali di Thomas Dursley, ma…” Esitò, in imbarazzo.

“Non preoccuparti, questo posto è un autentico labirinto per chi non ci passa nove mesi l’anno…” Scherzò fingendo empatia, mentre lo sguardo automaticamente andò alla scatola.
Lì dentro c’erano le cose di Tom. E se il primo Lumacorno era stato un gentiluomo serpeverde, unicamente attaccato al cibo, il nipote, attuale Direttore di Serpeverde, aveva una curiosa propensione alla cleptomania.
“Quindi, dove si trova?” Chiese l’agente, lanciando un’occhiata curiosa alla loro Sala Comune alle loro spalle. Michel si frappose con naturalezza, sbarrandogli la vista.
“Puoi darla a noi.” Disse Al, scrollando le spalle. “Gliela recapiterò io.”
Il ragazzo lanciò uno sguardo alla sua spilla.
“Prefetto Potter.” Lo rassicurò, indicandola. “Sta’ tranquillo. Ti accompagnerei all’ufficio, ma ci devo andare dopo e sono già in ritardo per il mio gruppo di studio.”
Sei un tassorosso. Dimmi che sei un fiducioso tassorosso, avanti.
Aveva l’aria di un tassorosso, ma evidentemente aveva anche delle direttive ben precise da seguire. “No, credo sia meglio se mi indicata la strada.”  

“Oh, certo. Lo vedi quel corridoio?” Indicò alle sue spalle. Il tassorosso –oh, se lo era – si voltò. E Al ebbe tutto il tempo di prendere la bacchetta.
Confundus.” Recitò mentre il poveretto ondeggiò spaventosamente, come colto da un capogiro improvviso. Gli prese la scatola tra le mani rilassate e la rimpicciolì per poi farsela sparire nelle tasche del mantello. 

Il giovane si riprese velocemente, scuotendo la testa. “Cosa…?” Si guardò le mani. “La scatola…”
“L’hai già consegnata.” Sorrise, sentendosi l’adrenalina scorrere a mille. “Non ti ricordi? Ci hai chiesto informazioni su come raggiungere l’ufficio del Direttore.”
Il Tassorosso batté le palpebre un paio di volte. “Oh. Quindi l’ho consegnata?”
“Beh, se non ce l’hai in mano…” Suggerì, sentendosi i palmi delle mani spiacevolmente sudati.

Andiamo. Sei un tassorosso. Fidati. Lasciami in pace.
Quello sospirò. “Ah… beh. Allora… grazie.” Borbottò confuso, prima di voltar loro le spalle ed andarsene.
Quando ebbe svoltato il corridoio Al si sentì molto simile all’essere invincibile. Adesso capiva come si sentiva James ogni qual volta faceva qualcosa di potenzialmente capitale per la sua carriera scolastica. Entrò nella Sala Comune, con dietro l’amico, che era rimasto silenzioso per tutta la durata dell’operazione.
“Spero che ne sia valsa la pena almeno…” Osservò neutro.
“Sono le cose di Tom.” Replicò. Ed era tutto lì in fondo. Si tolse di tasca la scatola, riportandola alla forma originaria. “Le devo tenere io.”
La appoggiò su uno dei tavolini di mogano nero disseminati per la stanza, aprendola con un colpo di bacchetta. Non si era sbagliato: c’erano un paio di libri personali, l’agenda babbana dove appuntava le sue scalette di studio e il suo orologio digitale, regalo di suo padre per i suoi dieci anni. Con un mezzo sorriso notò come ci fosse anche la sua sciarpa verde-grigia. Non la usava mai.
Tirò fuori anche il suo preziosissimo, quanto inutile in quei terreni, lettore mp3.
“E se c’è qualche indizio?” Spiò Michel guardando indecifrabile gli oggetti. Al era certo che di alcuni non ne capisse neanche la funzione.
“Le hanno già esaminate. Se c’era qualcosa, non è di sicuro qui.”
L’altro fece una smorfia. “Lo sai che quando si tratta di Dursley perdi il senno?”
Al sentì un nodo spiacevole allo stomaco: era vero, aveva fatto qualcosa di immensamente stupido, e se il Tiratore si fosse accorto di essere stato confuso, avrebbe passato dei guai. Enormi.

Ma sono le cose di Tom.
“Non sono impazzito.” Ribatté, infilandosi il lettore in tasca. “Non capisco perché debba tenerle Lumacorno. A Tom darebbe fastidio. E metti che prendeva qualcosa? Tom…”
“Tom potrebbe non tornare.”
La frase fu come uno scoppio di incantesimo nella sala deserta.
Michel non aspettò la sua risposta, continuò. “Potrebbe essere anche fuori dalla Scozia, o dal Regno Unito per quanto ne sai. Al…” Lo afferrò per le spalle. “So che ci tieni a lui, mi è dolorosamente chiaro… Dici che fa parte del tuo passato… ma non credi che in realtà sia un elemento estraneo? Non avrebbe dovuto essere tuo cugino e non avrebbe dovuto crescere con te. Tuo padre l’ha salvato, ma non sapeva neppure chi era, o da dove venisse.”

Al sentì un sapore acido in fondo alla gola. Era il suo sarcasmo che urlava per uscire, ne era certo, anche se non c’era niente su cui ironizzare. “Stai dicendo… che anche secondo te Tom era d’accordo con il suo rapitore?”
Michel si morse un labbro, intuendo forse di aver esagerato. Rientrò subito in carreggiata, sorridendo appena. “Non fraintendermi. Sto solo dicendo che forse il suo rapitore non ha cattive intenzioni. Se avesse voluto ucciderlo avrebbe potuto farlo con i Naga, come mi hai detto tu…”
“Ha ucciso una persona e la gatta del custode, Mike!”
“Sto solo dicendo che chi l’ha rapito… potrebbe essere stato incaricato dalla sua vera famiglia. Pensaci. Molte famiglie magiche non vanno troppo per il sottile quando si tratta di riavere indietro i propri figli. Tom è un mago molto dotato, forse proviene addirittura da una famiglia purosangue…”
“Non mi interessano le tue teorie sul razzismo magico, Mike.” Sbottò. “Tom è un Dursley. Tom è parte della mia famiglia. E non mi importa chi lo vuole. Io so cosa vuole lui. E lui vuole noi, questa vita. Vuole me.”

Michel non rispose a questo. Lasciò la presa sulle sue spalle, guardandolo attentamente. Al registrò che non l’aveva mai visto così serio.
“Spero davvero che tutta questa fiducia sia ben riposta, Albus.”
Al inspirò. “Lo è.” Fece un passo indietro. La Sala Comune gli sembrava improvvisamente troppo stretta. Dai finestroni che si aprivano sulla vista bluastra del Lago Nero vide passare una sirena. In quel momento si sentì più vicino a quella creatura marina, che al suo amico.
Abbiamo qualche problemino di incomprensione…
Perché nessuno, nessuno, capisce che posso fidarmi di Tom? Che so che non sarebbe mai andato via di sua spontanea volontà?
È così difficile?
“Dove vai?” Gli chiese.
Al fece spallucce. “A farmi un giro.” Prese un respiro e non gli importò di lasciarlo uscire stavolta, il suo sarcasmo. “E per la precisione, sei tu l’elemento estraneo. Un modo elegante per dire di farti gli affari tuoi, vero?”
 
****
 
 
Londra, Ministero della Magia.
Dipartimento di Applicazione della Legge Magica, Secondo piano.

Ufficio del Direttore.
 
 
Harry fu fatto entrare nell’ufficio del Direttore del Dipartimento da una giovane ed efficiente segretaria che rispondeva – forse – al nome di Ella.
Zacharias lo seguiva a pochi passi di distanza: sembrava che la convocazione l’avesse intimidito, e per tutto il tragitto fino a lì non aveva aperto bocca.

Non che Harry se ne fosse lamentato: non gli dispiaceva poter rimanere solo con i propri pensieri. 
“Direttrice, ci sono l’agente Potter e l’agente Smith.”
“Falli entrare.”
La direttrice… Harry la conosceva bene. Quasi vent’anni prima gli era letteralmente piombata in casa con l’Ordine, per prelevarlo una volta compiuti i fatidici diciassette anni.

Hestia Jones ora era una donna sulla sessantina, dall’aria severa, stemperata però dalle guance perennemente rosee e gli occhi brillanti.
Prima che la carica fosse assegnata a lei, Harry aveva avuto parecchi problemi a relazionarsi con l’allora direttore, un ex-auror dal temperamento collerico. Quando si era insediata, l’aveva mandato a chiamare e aveva settato i suoi parametri. Harry ci si era sempre trovato piuttosto bene, almeno fino a quel momento.
 
“Lei è così abituato ad avere il mondo sulle sue spalle, Harry, che non mi stupisco che voglia risolvere tutti i guai dell’umanità. Ma qui ci aspettiamo solo due cose da lei. Che non si faccia uccidere e che  risolva i casi.”
“E i richiami disciplinari? Il mio temperamento sovversivo?”
“Impari ad essere discreto.”

 
Un suo collega di origini babbani una volta gli aveva detto, scherzando, che la Direttrice sembrava la fotocopia magica di M, il famoso capo di James Bond.
Gli era capitato di vedere i film. Lui ne era certo.
“Harry, Agente Smith.” Sorrise loro brevemente. “Prego, accomodatevi.”
Harry notò che davanti alla scrivania era seduto un altro mago. Sulla quarantina, con ordinati capelli ricci e un fisico sportivo. Non gli ricordava nessuno e non riconosceva la foggia del mantello: era blu scuro, bordato di rosso e bianco. Lo guardò meglio, quando si voltò e si alzò in piedi per salutarli.
“Vi presento Ethan Scott, agente del Dipartimento di Giustizia Magica americano.”
L’uomo si produsse in un sorriso affabile, che lo qualificò immediatamente come proveniente da quella terra. Gli tese la mano. “Abbiamo sentito parlare parecchio di Harry Potter. È un onore poterlo incontrare di persona. È anche nei nostri libri di storia, lo sa?”
Harry gli strinse la mano, lanciando un’occhiata confusa al proprio direttore. “Ehm… Ne sono lusingato.”
“Dovrebbe! In America non ci occupiamo granché degli affari del Vecchio Continente.” Rispose, beccandosi un’occhiataccia da Smith, che Harry in fondo si sentì di sposare appieno.

Chi diavolo è questo tizio?   
La Direttrice si schiarì leggermente la voce. “L’agente Scott è qui per il caso di rapimento del giovane Dursley. Ha informazioni che potrebbero essere d’aiuto nell’indagine.”
Smith a quel punto si sentì legittimato a farsi avanti. “Riguardo ad Ainsel Prynn?” Chiese spiccio.
Harry rimase in silenzio: era la stessa domanda che avrebbe voluto fargli lui.  

“Selina Hardcastle. Era questo il suo vero nome.” Replico l’americano senza scomporsi. “Era una nostra agente, lavorava sotto-copertura.”
“E come mai non ne siamo stati informati?” Intervenne Harry, ignorando l’occhiata di fuoco che gli scoccò Smith. “Per quanto ne sapevamo noi, era un insegnante di trasfigurazione.”

Se era una dei buoni… Perché ha spinto Tom nelle braccia di John Doe?
“Era un operazione sotto-copertura, Mister Potter.” Spiegò pacato, ignaro delle sue riflessioni. “C’erano dei protocolli da seguire, primo trai quali la segretezza assoluta. Era troppo rischioso informare il corpo insegnante. In ogni caso erano agenti qualificati, in grado di integrarsi nel tessuto scolastico senza…”
Erano? Quanti dei vostri agenti sono ad Hogwarts?” Lanciò uno sguardo alla Direttrice, che rimase imperscrutabile. Ma dalla piega appena accennata della bocca capì che neanche la donna era a conoscenza della situazione.

E che la cosa non le piaceva per nulla.
Sento odore di incidente diplomatico in arrivo…
“Erano.” Lo corresse Scott. “Immanuel Ziel e Ainsel Prynn. Ziel… era Primus Zimmermann, uno dei nostri migliori agenti della Sezione Terrorismo Internazionale. Quando è morto abbiamo dovuto rimpiazzarlo. E qui entra in scena l’agente Hardcastle nella quale, mi duole ammetterlo, riponevamo la massima fiducia. Mal riposta, evidentemente… Considerando che si è venduta a quel gran bastardo…” Fece un sorrisetto di scuse all’imprecazione. “… del camaleonte.”
Harry fece una breve capriola mentale per ricollegare nome a nome.

“Intende John Doe?”
L’americano fece un breve cenno affermativo. “È uno dei tanti pseudonomi dietro cui si nasconde, sì. Noi l’abbiamo chiamato Camaleonte perchè, beh… Diciamo che è estremamente bravo a far perdere le tracce. È un metamorfomago.”  

“Perché non avete condiviso prima queste informazioni con noi?” Sbottò Smith. “Ho passato quattro giorni a brancolare nel buio con i miei uomini!”
“Non è una situazione facile.” Ribattè gravemente l’uomo. “Io stesso ho trovato delle resistenze da parte del mio governo per venire qui, a parlare con voi. Come ho già detto, era un’operazione sottocopertura.”
“Che tipo di operazione?” Spiò Harry. Sentiva una grande confusione in testa. Era come se improvvisamente si fosse rotta letteralmente una diga di informazioni.

E noi siamo sotto…
“L’agente Zimmelmann come l’agente Hardcastle erano incaricati della sorveglianza di Thomas Dursley.”
“Perché sorveglianza? È solo un ragazzo…” Harry era incredulo. I nodi stavano venendo al pettine, ma non avrebbe mai pensato che sarebbero stati  grossi.
L’agente Scott fece un lieve cenno. Avvicinò con la mano un fascicolo che aveva appoggiato sulla scrivania della Direttrice. Lo aprì, girandolo verso di loro.

Harry si avvicinò. La foto magica che campeggiava nella prima pagina lo fece ispirare bruscamente.
L’uomo ritratto avrebbe potuto essere tranquillamente Tom con trent’anni in più sul viso. Le labbra, la forma degli occhi… erano le stesse. Solo il colore dei capelli differiva.
L’uomo guardava dritto nell’obbiettivo, con uno sguardo terribilmente penetrante.

Non c’è dubbio… quest’uomo è un suo parente.
“… È suo padre?” Chiese atono.
L’agente Scott lo guardò sorpreso. “Ottimo spirito di osservazione.” Picchiettò l’indice sulla foto. “Alberich Von Hohenheim, nato in Germania, attualmente a capo della Thule. I suoi adepti sono ricercati per aver ucciso e praticato magia nera sia in Germania che negli Stati uniti, subito dopo la seconda guerra mondiale babbana. Stiamo parlando di sacrifici umani e amenità simili…”
Smith fece una smorfia disgustata. “Non ne abbiamo mai sentito parlare…”
L’americano scrollò le spalle. “Non ne dubito. Qui in Inghilterra nei suoi anni di maggiore attività era oscurata da una minaccia ben più grande…”
“Voldemort.” Rispose in automatico Harry.
“Esattamente.” Confermò. “Diciassette anni fa la Thule ha apparentemente cessato ogni attività e Hohenheim è scomparso nel nulla. Ma sapevamo che era solo uno specchietto per le allodole. Sapevamo che suo figlio era in Inghilterra, che era un mago, un purosangue. Abbiamo mandato un nostro agente ad Hogwarts, per cercarlo e raccogliere informazioni su di lui. Sapevamo che prima o poi Hoheneim l’avrebbe cercato…  e infatti sei mesi fa John Doe è riapparso. È uno degli uomini a servizio di Hohenheim, il più fidato, il più pericoloso. Crediamo sia stato lui a rapire il giovane Thomas.”

“Sapete già dei Naga…” Iniziò Harry, ma fu immediatamente fermato. Sembrava che l’agente Scott avesse fretta di spiegare tutto.
“Sappiamo tutto. L’agente Prynn prima di… cambiare squadra, diciamo pure così, ci forniva rapporti settimanali.”

Harry si passò una mano trai capelli, stordito. Dovette pulirsi gli occhiali un paio di volte, prima di riuscire a formulare una domanda che gli sembrava sufficientemente sensata. “Quest’uomo… rivuole quindi Thomas ed ha incaricato Doe di recuperarlo?”
“Non si tratta solo di nostalgia paterna, purtroppo.” Replicò Scott. “Ora… non avremo mai messo il ragazzo sotto sorveglianza, alle vostre spalle, se non fosse che la Thule ha un solo scopo fondativo. Ottenere l’immortalità dell’essere umano.”
“… e cosa c’entra Thomas con questo?”
“Beh, il ragazzo è nato morto. E adesso è vivo.” Scott fece una pausa sgradevole. “È la chiave.”

 
 
****
 
 
Hogwarts, Dintorni del Lago Nero.
Ora di pranzo.

 
Era buffo.
Thomas aveva passato sei anni a cercare un angolo dove far funzionare il suo lettore mp3, scandagliando il parco pezzo per pezzo, tentando di trovare un punto dove l’aura magica del Castello si smorzasse.
E ironia, funzionava solo nel suo punto preferito, che di solito Tom evitava perché troppo ventoso.
Al giocherellò con il cursore. Liste e liste di gruppi che gli erano perlopiù sconosciuti gli scorrevano davanti agli occhi. Il vento gli schiaffeggiava il viso, facendogli lacrimare gli occhi.

E andava benissimo così.
Premette un tasto a caso. Non aveva mai capito bene come funzionava quell’affare, lui era un tipo da Radio, non da collezione di pezzi prestabiliti. Gli piacevano le sorprese.

Si sentì piuttosto soddisfatto quando riuscì a trovare il menù di riproduzione casuale.
Quando sentì le prime note della canzone scelta, sentì una mano stritolargli le viscere. Serrò appena le labbra.

 
He said to lose my life or lose my love,
That’s the nightmare I’ve been running from.
So let me hold you in my arms a while,
I was always careless as a child.

 
Quella canzone non era una sorpresa poi così gradita.
Se la ricordava. Un anno prima Tom l’aveva costretto ad ascoltarla per tappargli la bocca, dopo che per un intero pomeriggio gli aveva parlato dell’ultimo campionato di Quidditch.

Gli aveva concesso l’auricolare sinistro, intimandogli di chiudere la bocca almeno per quei pochi minuti.


“Perché cavolo ascolti sempre canzoni che parlano di roba deprimente, accidenti a te! Questa parla di due tizi che si piantano.”
Un sospiro. Un colpetto sulla testa. “Sei superficiale. Parla della difficoltà di essere amati e di amare, Albus. La difficoltà di riuscire a stare assieme nonostante tutto. E ascolto questa roba perché
le cose tristi, solitamente, tendono anche ad essere profonde.”


 
Si strofinò la guancia, per evitare che il vento freddo gli bruciasse la faccia con le proprie lacrime.
Poi la vide. Di nuovo, come apparsa dal nulla, dalle nuvole bituminose gonfie di pioggia.
La fenice, Fanny.
Compiva dei larghi giri attorno al Lago Nero.
Si alzò in piedi di scatto. “Fanny!” La chiamò. 
Spense il lettore, infilandoselo in tasca. La fenice, quasi lo avesse sentito, planò dolcemente nella sua direzione, prima di fare un altro giro e infilarsi direttamente dentro la Foresta.
Poi, la sentì cantare.

Era un canto dolcissimo, lieve e per un attimo si chiese se non fosse tutto uno scherzo della sua immaginazione. Non passò molto tempo a chiederselo. La seguì, come l’altra volta.
Quando superò la prima fila di alberi girò a largo di Odino, il cane di Hagrid che gli abbaiò contro festoso, forse cercando coccole. Lo ignorò, tirando dritto.
La Fenice era appollaiata su un ramo e cantava. Non se l’era immaginato.
Ansimò leggermente, riempiendosi le orecchie di quella strana sensazione di pace, e sentì qualcosa di caldo inondargli il petto, facendolo sentire meglio, scacciando il freddo che gli gelava continuamente le ossa.

Improvvisamente la paura, l’angoscia, si erano di nuovo dissolte come neve al sole.
Sorrise appena. “Com’è che appari quando sto quasi per crollare?” Sussurrò appena. Gli occhi della fenice, ossidiana pura, sembravano fissarlo e capirlo.
“Vorrei trovare Tom… sai? Più di ogni altra cosa. Non mi importa di quello che dice la gente, io so che lui non ci avrebbe mai abbandonato… Vorrei trovarlo, e riportarlo a casa.” Le confessò.
Come se mi potesse capire poi, che idiota…
La fenice a quel punto spiccò di nuovo il volo.
“Ehi!”
Ma non fece molta strada. Si posò su un altro ramo, un centinaio di metri più in là. E riprese a cantare.
Al rimase indeciso sul da farsi. Il sole in quel periodo dell’anno tramontava presto. Mancava poche ore prima che la luce del sole venisse meno.

Ma hai la bacchetta… e lei ti sta aspettando.
Era vero. La fenice sembrava aspettare lui. Fece una prova e la raggiunse. Appena arrivato ci mise poco prima di spiccare di nuovo il volo.
Vuole che la segua…
Normalmente non si sarebbe fidato delle creature del bosco. A parte i centauri sapevano essere piuttosto infide. Ma quella era una fenice. Anzi, era Fanny, la leggendaria fenice di Silente.
“Tu…” Aspirò una boccata d’aria, gelida e piena di speranza. “… Tu sai dov’è Tom?”
Le Fenici, secondo un Bestiario che aveva consultato in biblioteca, erano animali molto intelligenti.
Forse ha visto qualcosa… forse ha visto dove Doe l’ha portato…
Sapeva che sarebbe dovuto tornare al Castello e allertare i Tiratori. Che una bacchetta non faceva di lui un mago potenzialmente abile a tirare fuori Tom da quella situazione.

Ma se quando torno se n’è andata?  
Ma la domanda era un’altra.
Ho scelta?
La Fenice spiccò di nuovo il volo, e Al smise di pensare. E la seguì.
 
 
****
 
 
Sentì un freddo improvviso. Gelido, come uno schiaffo bagnato.
Qualcuno gli aveva gettato dell’acqua addosso.
Tom si svegliò, tossendo e inghiottendo ampie boccate di aria gelida. Si sentiva debole, affamato e il freddo gli era penetrato nelle ossa fino a rendergliele vetro gelato.
Gli occhi gli bruciavano, persino alla luce debole di un fuoco appena riacceso.
“Ben svegliato Thomas. Lasciatelo dire, amico… non hai una bella cera.”
Doe era da qualche parte nella penombra. Lo sentì avvicinarsi, e istintivamente sentì la magia ribollirgli nelle vene.

Almeno quella, era l’unica cosa che non lo aveva ancora abbandonato.
Doe fece una risatina. “Notevole… avresti ancora la forza di schiantarmi. Certo, se avessi una bacchetta e se non avessi fatto in modo che qua dentro non si possano fare incantesimi più innocui di un lumos.”
“Come… hai…” Le parole gli raschiavano il fondo della gola, dolorosamente. Doe si chinò e gli appoggiò del vetro gelido contro la guancia. Un bicchiere. Spostò il viso e bevve avidamente. Era acqua tiepida, leggermente zuccherata.

Non poté farne a meno, stavolta.
“Bravo bambino. Meglio adesso, vero?” Gli chiese, posando il bicchiere vicino a lui. Era accovacciato a pochi passi di distanza. “La sete è la prima cosa che ti frega, quando sei prigioniero… Poi arriva la fame, e se il posto non è granché confortevole, e tu magari eri già bagnato fradicio…” Schioccò la lingua. “Credo tu abbia la febbre alta, Thomas. Ma non preoccuparti. Questo non frustra le tue capacità magiche.”  
Non rispose nulla. Anche se avesse avuto qualcosa da dire, non credeva sarebbe riuscito a mettere tre parole di senso compiuto in fila. Il suo cervello continuava a lavorare incessantemente, ma si era accorto da un po’ di tempo (mesi, anni?) che non c’era più un filo logico nei suoi pensieri. Solo un urlo continuo.
Fatelo finire.
“L’essere umano quando è costretto in situazioni estreme… oh, si comporta in modo singolare. Annulla tutti i desideri, le speranze, i codici morali… per un solo, semplice bisogno. Sopravvivere.” Doe continuava a parlare, ma lo sentiva, lo capiva solo a tratti. “Credimi, non mi diverto a tenerti legato così, in questo posto buio e freddo. Se avessi fatto il bravo e ti fossi arreso subito all’inevitabile, invece di mettere su quel teatrino… beh, non saremo arrivati a questo punto.” Fece un sospiro. “Ci siamo, Thomas. È ora… sono riuscito a decifrare il diario di quel ridicolo ometto… Ci prenderemo la bacchetta, dopo che tu avrei ucciso Harry Potter.”
“Io non…” Tentò. Un conato di vomito lo assalì violentemente. Un brivido gelido lo scosse.

Che diavolo ci aveva messo nell’acqua?
“Non ho messo nulla nell’acqua…” Sembrò quasi leggergli nel pensiero. “Stai male, Tom, è tutto qui. Sei a ridosso dell’ipotermia, hai la febbre alta e il tuo fisico è indebolito dalla mancanza di nutrimento. Un terreno fertile per l’imperio.” Si sentì scivolare qualcosa contro il collo. Sembrava una collana.

Poi capì.
Era la pietra.
“Non vogliamo lasciare niente di intentato, vero?” Sussurrò Doe. “Lo so che non ti piace tenerla addosso, ma sono sicuro che ad una parte di te è mancata…”
Voldemort… era un horcrux stregato da Voldemort…

Tom capì che quelli sarebbero stati i suoi ultimi attimi da innocente. Che avrebbe ucciso Harry, o Harry sarebbe stato costretto ad ucciderlo. Che in quelle condizioni non sarebbe neppure riuscito a contrastarlo. Che non avrebbe più rivisto la sua famiglia, i suoi amici… e Al.
“Che fai Thomas, piangi?” Sogghignò.  
Serrò le labbra e lo guardò negli occhi. Se doveva morire o uccidere, gli ultimi attimi da uomo libero non li avrebbe passati ad avere paura. Era ridicolo. 

La cosa davvero ironica è che non hanno capito che Harry è un eroe. Non esiterà con me, se può salvare tutti…
 
Imperio.”
 
****
 
 
Note:
Secondo i miei –sic! – calcoli ancora due capitoli. ;)
Non mi odiate. Andrà tutto bene.

… Anche se penso di avere la capacità persuasiva di un pilota di un boeing in fiamme.
1. Qui la canzone.
 
Altre fan-art, perché sono una ragazza fortunata e ADORO queste ragazze.
La prima è di Elezar81 impagabile come al solito. La adoro.
Questa GUARDATELA e
la conseguente reazione sono di Iksia bravissima disegnatrice indonesiana, su cui riverso tutto il mio pessimo inglese. È così carina da interessarsi a quel che ho da dire sulla Next Generation. Ed ha capito Tom e Al senza leggere una riga! *_*
  
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