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Autore: CottonBatu    22/10/2006    21 recensioni
Diciassette anni dopo la fine di SUO (Solo Un'occhiatina)...Tra momenti imbarazzanti, problemi più o meno gravi e situazioni particolari, la vita va avanti, normale. Solo con un pizzico di magia in più. Buona Lettura! ^^
Genere: Romantico, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Learning To Breathe

Learning To Breathe

- SUO Second Ground –

 

 

 

4.

 

 

 

 

 

 

I still remember the world
From the eyes of a child
Slowly those feelings
Were clouded by what I know now
Where has my heart gone
An uneven trade for the real world
I want to go back to
Believing in everything and knowing nothing at all

 

                                         Evanescence – Field of Innocence

 

 

La notte fa paura tra le mura silenziose di Hogwarts.

La scuola addormentata sembra quasi uno spettacolo inquietante alla luce delle candele che formano ombre sconosciute e oscure dietro ogni angolo.

 

Un ticchettio.

Veloce e irregolare, intenso e ansioso.

Un rumore di passi veloci e nervosi, che spezzava l’opprimente silenzio che aleggiava nei corridoi, a quell’ora di notte.

 

Movimenti scattosi e allarmati dominavano il corpo minuto e tremante di Jolie, che correva instancabile verso un luogo preciso.

I capelli corti e spettinati di un biondo intenso ballavano frenetici lungo il collo sottile ad ogni suo passo, la vestaglia indossata di fretta scendeva lungo le sue spalle minute, scosse di tanto in tanto da qualche piccolo  tremito.

 

Sorpassò velocemente l’apertura che l’avrebbe portata in Sala comune e salì freneticamente gli scalini di marmo che conducevano ai dormitori, mentre una mano andava incontrollata a poggiarsi sul suo petto.

Arrivò davanti a una porticina di legno scuro e senza preoccuparsi dell’orario, la aprì senza riguardo, lanciandosi verso il secondo letto a sinistra.

Il buio le impediva qualsiasi visuale, ma sapeva benissimo chi occupasse quel baldacchino e conosceva perfettamente la sua reazione quando l’avrebbe sentita parlare.

 

Jolie esitò per un lungo momento.

Ora, da più vicino, riusciva a scorgere le figura dormiente di Ellie, che riposava tranquilla e inconsapevole del mondo cattivo che dilaniava gli uomini fuori da quella porticina di mogano.

Sospirò.

Non poteva non dirglielo.

 

Alzò lentamente un braccio e lo poggiò, cauta, sulla spalla di lei, che si mosse appena sotto il suo tocco leggero. 

Quando finalmente, aprì gli occhi, Jolie si spostò leggermente per farsi vedere in volto da Ellie.

Un velo di preoccupazione si formò sul suo viso quando notò una lacrima sfuggire lungo una guancia.

 

Ellie fece per parlare, ma Jolie la prese per mano, facendola alzare e la portò fuori dal dormitorio, sforzandosi di non fissarla negli occhi.

Lei seguiva, confusa e in silenzio.

 

 

“È successa una cosa” esordì Jolie, continuando a camminare verso il buco del ritratto, la voce solitamente squillante, ora ridotta ad un rauco sussurro.

Ellie provò a guardarla in viso.

 

Jo, che succede? Che ti prende?” provò lei allarmata.

Le si dovette parare davanti per bloccare il suo cammino.

 

“Guardami” imperò lei con voce ferma e composta.

Il sonno che era stato padrone di lei fino a qualche minuto prima, era ormai completamente scomparso, lasciando posto ad una gradevolissima sensazione di perdita.

Jolie alzò lentamente lo sguardo affranto e guardò Ellie con occhi gonfi e lucidissimi di pianto. Aprì la bocca per parlare, ma le uscì solo un suono strozzato, che la fece singhiozzare anche più forte. Si mise un mano sulla bocca, tentando di calmare il respiro affannato dai singulti, mentre Ellie attendeva, paziente.

 

ElAndy…” lei spalancò gli occhi, la sensazione di malessere ogni momento più intensa.

 

“Che gli è successo?! Jo rispondi! Sta bene?”

 

Il primo singhiozzo sfuggì rumoroso quando l’altra non le rispose.

 

Jo, dov’è?! Smettila di piagnucolare e rispondimi!” ringhiò lei, facendola trasalire.

Mai l’aveva vista in quello stato.

Sul viso un’espressione terrorizzata, che celava la rabbia quasi inquietante negli occhi lucidi di lei.

Si scambiarono uno sguardo che di amichevole non aveva nulla.

 

Seguimi” mormorò Jolie fredda, abbassando lo sguardo e facendole cenno di seguirla, stringendosi nella sua vestaglia.

 

Sospirò tra sé.

La odiava quando credeva di essere l’unica a tenere a lui.

La odiava profondamente.

 

 

 

 

*

 

 

                             

La notte in casa Weasley era sempre stata piuttosto tranquilla.

Nonostante, infatti, Hermione avesse un sonno alquanto leggero, Ron – e conseguentemente lo stuolo di piccoli Weasley – diventava l’incarnazione della possibile unione tra un ghiro e un bradipo in letargo.

 

Tuttavia, quella notte, qualcuno si aggirava senza pace per i corridoi bui della casina dalla vivace porticina blu elettrico.

 

David Weasley era sempre stato un tipo piuttosto temerario dall’alto dei suoi sette anni.

Si aggirava furtivo per la casa non preoccupandosi di Grattastichi che rimaneva acquattato dietro ogni angolo pronto a tendere un’imboscata a Ron in caso fosse uscito dalla stanza, né del buio e del silenzio che aleggiavano nella casa addormentata.

Trotterellava tranquillo, audace e nell’ombra, in cerca di qualche libro da leggere per combattere l’insonnia che resisteva nonostante i quattro libricini illustrati già attentamente sfogliati nella sua cameretta.

 

Arrivato in sala da pranzo, era pronto per la ricerca dell’ultimo libretto che nonna Molly gli aveva regalato, quando la sua attenzione venne catturata dalla luce accesa della cucina.

 

“Mamma, perché stai ancora mangiando?”  mormorò il bimbo facendo capolino dal corridoio, abbracciando Potty, l’orsacchiotto regalatogli da zio Harry, alto quasi quanto lui.

Hermione per poco non si strozzò con il gelato alla papaia con cui si stava ingozzando da lì a dieci minuti.

 

Perché ho fame, tesoro” disse una volta sicura di non sputacchiare gelato, cercando di assumere un’aria quanto mai autoritaria.

 

Perché?” 

Ora David aveva decisamente trovato un modo per ingannare il tempo.

Hermione si girò verso di lui, distogliendo per un attimo la sua attenzione dalla coppa di gelato ormai smezzata che aveva davanti.

 

Perché non ho mangiato abbastanza a cena”

 

Perché?”

 

Perché prima non avevo fame!”

 

“Perché?”  Hermione grugnì.

 

“Tu perché sei ancora in piedi?! È notte fonda!” David alzò le spalle, avanzando nel pigiama troppo largo per lui.

 

“Non ho sonno…neanche Potty…tu perché?” Hermione gli scoccò un’occhiataccia.

 

“Non ho sonno neanche io”

 

Perché?”

 

Perché sono affamata”

 

Perché?”

 

“Smettila di chiedere perché!”

 

Perché?”

 

Perché sei fastidioso!” David spalancò gli occhioni celesti stringendosi Potty al petto.

 

“Perché?...” mormorò il bimbo in un soffio appena udibile, gli occhi lucidi e la vocina tremolante.

Hermione emise un gemito dispiaciuto.

 

“Oh tesoro, scusami!” squittì lei, alzandosi, mentre il labbro inferiore di lui tremava pericolosamente.

 

“No, non piangere! No, amore, no!” David emise un piccolo singhiozzo, gli occhi lucidissimi.

 

P-perché?”

 

Perché fai dispiacere mamma così!”

 

“Ma io non ti voglio far dispiacere!” la vocina di lui, sembrava ancora più sussurrata e tremolante di quanto già non fosse, alle orecchie di Hermione. Lei si alzò di scatto abbandonando il gelato alla papaia a se stesso.

Prese il bimbo e Potty in braccio e li abbracciò talmente forte, che David emise un piccolo suono disarticolato, colto di sorpresa da quel gesto.

 

“Lo so, amore, lo so! Tu sei un bravo bambino…”

 

“Anche tu sei una brava mamma!” mormorò lui, poggiando la testa sulla spalla di lei.

Un risolino provenne dalla porta della cucina.

Di fronte a Hermione e David, Ron Weasley, favoloso nel suo pigiama con i boccini disegnati sopra.

 

“Ancora in piedi?” chiese con sguardo divertito, ostentando una voce autoritaria.

Hermione fece un sorriso nervoso e si mise davanti al tavolo, nel tentativo di coprire la coppa di gelato mezza vuota e appena aperta.

 

“Già! Davie doveva andare in bagno, mi ha chiesto di accompagnarlo, sai…” David le scoccò un’occhiataccia.

 

“Capisco…e mentre Davie e Potty facevano pipì hai pensato di mangiare una quantità inumana di gelato alla papaia, perché…?” Hermione lo fulminò.

 

“Io la so fare la pipì da solo!” s’intromise David, facendo ridere Ron.

 

“Non stavo mangiando il gelato, Ron! Che ti viene in mente!”  il bambino scosse la testa, esasperato, scambiandosi un’occhiata intensa con Potty.

 

E la vaschetta si è aperta da sola?”

 

“Sì!” rispose stupidamente lei, senza rifletterci.

 

“…Cioè no…ma non l’ho aperta per mangiarla, giuro!” Ron guardò prima la vaschetta mezza vuota, poi Hermione, poi David con cui si scambiò uno sguardo.

 

E per far cosa?” Hermione boccheggiò, mentre David scendeva e salutava con la manina trascinandosi Potty.

 

“Vai a dormire tesoro?” chiese lei concitata, deviando al meglio il discorso. Il bimbo annuì svogliato.

 

“Mi avete fatto venire sonno…”

Ron e Hermione attesero di sentire il rumore della porticina del bambino chiudersi, prima di fare qualsiasi movimento.

Poi lui sospirò.

 

Mione…perché mangi schifezze a quest’ora di notte?”  Hermione sbuffò accasciandosi sulla sedia e giocando con il cucchiaino sporco.

 

“Non trattarmi come una bimba, odio quando lo fai!” Ron si avvicinò a lei, chinandosi per guardarla negli occhi.

 

“Io mi preoccupo per te!...” esitò un attimo. “…Credi…credi ancora di aspettare un bambino?”

 

“Io non credo di aspettare un bambino, Ron, so di essere incinta!” scattò lei facendo cadere il cucchiaio per terra per il trasporto.

 

Ok…”

 

“Non dire ok solo per zittirmi!”  sbottò lei inviperita.

 

“Non posso fare altro se tu mi dici di essere sicuro di aspettare un figlio solo perché sei più affamata!” Hermione mise il broncio.

Ron espirò rumorosamente e l’aiutò ad alzarsi circondandole le spalle con un braccio e poggiandole la guancia sulla testa.

 

“Mi prometti che domani andrai da un medimago e farai qualche analisi?” sussurrò lui, camminando con lei verso la stanza da letto.

Lei si rannicchiò contro il suo petto, annuendo lentamente con la testa.

 

“Brava la mia Hermione” sorrise Ron, mentre lei gli passava le braccia intorno alla vita, sospirando assonnata.

 

“Ti amo Weasley

 

“Io di più Granger!” Hermione sorrise soddisfatta della risposta.

 

“Secondo te Ellie starà bene a Hogwarts?” mormorò lei poco dopo, mettendosi a letto insieme a lui. Ron si strinse nelle spalle.

 

“Credo di sì…perchè?” lei si accoccolò contro di lui.

 

“Non so…ho una strana sensazione…”

 

“Nah! Sarà tutto il gelato alla papaia che ti sei mangiata che ti è rimasto sullo stomaco!”

 

“Già…è probabile…”

 

“Non preoccuparti!...Starà una favola!”  

 

 

 

*

 

 

 

Ellie spalancò le porte dell’infermeria a notte fonda, senza alcun apparente interesse per l’assordante rumore provocato.

I passi veloci e nervosi scandivano un ritmo angoscioso nella semioscurità della stanza.

 

Da dietro un paravento, Madama Chips uscì attirata dai rumori, gli abiti sporchi di sangue e l’aria affaticata.

Ellie si bloccò all’improvviso, con Jolie poco dietro, vedendo la donna. L’aria sfatta e spossata, il volto contrito in una smorfia di tristezza non facevano altro che accentuare la lugubre atmosfera che aleggiava silenziosa e onnipresente nella grande sala.

 

“Siete arrivate” la voce solitamente squillante e imperiosa, ora ridotta ad un sussurro stanco e affannato.

Jolie fece un piccolo cenno con la testa, facendo capolino alle spalle dell’altra.

Ellie sembrò riscuotersi in quel momento, e fece un piccolo passo avanti, il viso bagnato di lacrime, gli occhi spenti e tristi.

 

“Lui…c-come…” provò lei, cercando di non badare all’improvvisa mancanza di ossigeno nei polmoni.

 

“Non bene, Weasley…non bene” Ellie dovette reggersi ad un letto per non cadere. Guardò la donna, portarsi una mano sulla fronte imperlata di sudore, chiudere gli occhi stancamente.

 

“Ha riportato brutte escoriazioni e un trauma cranico piuttosto grave. Per quanto io stia facendo il possibile temo che dovrà stare parecchio a letto prima di riprendersi definitivamente…lo hanno conciato veramente male” scomparve un attimo dentro il suo studio, per poi ricomparire con un paio di fialette contenenti un liquido giallino.

 

“Il colpevole non è stato ancora scovato?” chiese Ellie, seguendo con la testa Madama Chips oltre il paravento.

Uno spettacolo orribile le si presentò agli occhi.

Andrew, privo di coscienza, giaceva inerme nel piccolo lettino dell’infermeria, irriconoscibile. Sul viso, un’espressione placida e serena che si contrapponeva ai profondi tagli sul viso e sul collo. Parte della faccia era gonfia e livida, aveva uno zigomo spaccato, e la testa fasciata, dalle cui bende traspariva una macchia scura di sangue. 

Lo stomaco era stato fasciato con enorme cura, su entrambi i bicipiti si notavano senza sforzo due grosse ecchimosi.

 

Ellie si mise le mani sulla bocca, gli occhi spalancati dall’orrore.

Madama Chips la guardò un attimo, pensando bene alle parole da usare nella risposta. Trasfigurò una siringa, iniettando il contenuto dei flaconcini nel braccio di Andrew che si contrasse inconsciamente.

 

I colpevoli non sono stati visti da nessuno” disse infine la donna, facendo evanescere le boccette vuote.

 

“Il Signor Lupin è stato ritrovato durante la ronda da uno dei prefetti Tassorosso in uno dei corridoi meno frequentati dagli studenti. Ha visto solamente il ragazzo in una pozza di sangue e si è precipitato qui”

 

“Mi stava medicando un polso perché sono caduta dal letto, e quando ho visto che era Andy mi sono precipitata a chiamarti” completò Jolie, con voce tremula, con gli occhi fissi sull’immobile figura di lui.

Un moto di rabbia colpì Ellie guardando nuovamente il viso tumefatto di Andrew.

 

Ma chi ha fatto questo non può rimanere impunito!” ringhiò lei, avvicinandosi al letto.

 

“Certo che no!” convenne Madama Chips, quasi indignata per aver messo in dubbio una cosa tanto ovvia.

 

“Ho già mandato a chiamare la Preside, e ti assicuro che arriveremo in fondo a questa storia! I colpevoli di tutto questo saranno cacciati fuori di qui nel giro di una quarto d’ora dal risveglio di Lupin” mugugnò lei, controllando per l’ennesima volta le fasciature.

 

Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Jolie si mosse nervosamente sui piedi.

 

“Vado ad avvertire Remus e Tonks…” sussurrò lei, distogliendo finalmente lo sguardo da Andrew.

 

“Sarebbe inutile…” mormorò Ellie, accasciandosi su una sediolina vicino al letto di Andrew, la sua mano stretta in quella di lui.

 

Perché?”

 

“Sono in missione per conto dell’Ordine…sarebbe inutile spedire un gufo in una casa vuota”

 

“Manderò un gufo alla Tana allora” propose lei, girando sui tacchi e dirigendosi verso la porta senza aspettare il consenso dell’altra.

Ellie annuì vaga con la testa quando Jolie era già fuori dall’infermeria.

 

Madama Chips rivolse uno sguardo apprensivo a lei, notando il modo quasi ossessivo con cui continuava a fissare il volto di lui, come per imprimersi in mente il ricordo immortale di quel momento.

 

“Stai bene cara?” chiese lei premurosa, poggiandogli una mano sulla spalle.

Una lacrima sfuggì dagli occhi di lei, lo sguardo fisso su Andrew.

 

“No” 

 

 

 

*

 

 

 

Jolie arrivò in guferia quasi all’alba.

Entrò cauta nella stanza, un brivido di freddo dovuto alla temperatura rigida la obbligò a stringersi ancora di più nella sua piccola vestaglia, troppo leggera per combattere il gelo non solo fisico che la stava avvolgendo.

Sospirò pesantemente e prese dalla taschina un pezzetto di pergamena e una piuma che si era fermata a prendere prima di andare lì.

Scrisse un breve messaggio con grafia tremula e ripiegò il biglietto, mentre l’ennesima lacrima scivolava lungo il viso stanco. Prese uno dei gufi più efficienti, e lo fece partire, seguendo fino a che fu possibile il puntino nero che si allontanava a forte velocità verso l’orizzonte.

 

Un soffio troppo forte di vento la fece riscuotere violentemente.

Il freddo ora le scivolava addosso, scossa solamente dalla consapevolezza di quanto fosse diabolica la crudeltà umana.

 

Solo se ci sei dentro, te ne accorgi davvero.

Suo padre lo aveva sempre ripetuto a lei e alle sue sorelle.

Anni di sofferenze e sacrifici lo avevano portato a parlare in maniera dura e pragmatica delle esperienze sue e degli altri membri dell’Ordine, raccontando in maniera realistica e particolareggiata quello che veramente voleva dire essere in guerra.

Diceva sempre che fortunatamente non avrebbero mai potuto capire cosa voleva dire pregare tutti gli Dei conosciuti per far salvare una persona cara dalla morte. Sentire il gelo impossessarsi del cuore, lo stomaco contorcersi violento all’apprendere notizie.

 

Ora lei lo aveva capito.

 

Un rumore veloce di passi la fece trasalire.

Si asciugò veloce le lacrime e si strinse ancora di più la vestaglia addosso.

 

Jo?” una voce calda e familiare, le diede finalmente una parvenza di calore.

Si girò.

Di fronte a lei, Will, già nella sua divisa, la guardava allarmato.

 

Che succede?” incalzò lui, avvicinandosi.

Lei non rispose e tirò sul con il naso, guardandosi e scarpe.

Will le si parò davanti, le mise le mani sulle spalle e cercò di incrociare i suoi occhi.

 

Jo? Parla…che è successo? Mio Dio sei gelata…vieni via dalla finestra…” si tolse veloce il maglione e l’aiuto a metterlo, preoccupato.

Jolie finalmente lo guardò, facendo un piccolo sorriso che non arrivava agli occhi.

Lui la portò fuori dalla guferia, strofinandole energicamente le braccia per riscaldarla.

 

Will…” disse infine lei. Lui le accarezzò i capelli, continuando a guardarla, in attesa. “…A-Andy…”

Il sangue si gelò nelle vene di lui.

 

Che gli è successo? Sta bene?” Jolie scosse lentamente la testa, ricominciando a piangere.

Will la abbracciò e lei si strinse, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.

 

L-loro lo hanno picchiato…” squittì lei, tra un singhiozzo e l’altro, Will la strinse ancora più forte.

 

“Chi è stato, Jo? Chi lo ha picchiato?” chise lui, tra i denti, mentre un moto di rabbia vendicativa gli nasceva nel petto.

Jolie si staccò leggermente da lui, asciugandosi una guancia.

 

“Non lo sappiamo…Solo Andy lo potrà dire quando si sveglia…”

Will sospirò, grave. Le posò le labbra sulla testa, continuando a stringerla, per combattere il gelo che il suo corpo emetteva.

 

Sei gelata, Jo…dovresti tornare in dormitorio e dormire un po’…” mormorò lui, muovendo la mano sulla sua schiena per riscaldarla. Jolie scosse la testa.

 

“Non riuscirei a dormire, con tutto quello che è successo…”

 

“Beh, però potresti evitare di prenderti una polmonite se te ne ritorni in sala comune al calduccio, no?” disse lui, sorridendo, cercando di tirarla su.

Lei fece un debole sorriso, sincero.

 

Ok…ma sappi che lo faccio solo perché me lo ha ordinato un prefetto”

Lui sorrise, sollevato, cominciando a camminare.

 

“Andiamo su, ti accompagno” lei sorrise, accoccolandosi contro di lui, facendolo irrigidire senza apparente motivo.

 

“Grazie Will” lui arrossì ancora e passò incerto una mano sulla spalla di lei.

Sorrise.

                                                                          

“Di nulla, Jo

 

 

 

*

 

 

 

Quella mattina a Hogwarts si respirava aria di novità.

La notizia di quello che era accaduto a Andrew si era diffusa a macchia d’olio tra gli studenti e in Sala Grande non si parlava d’altro.

Tutti gli studenti ora stavano avanzando assurde ipotesi su cosa potesse essere successo, travisando particolari e trasformando un pestaggio in un attentato dei Mangiamorte fuggiti da Azkaban e decisi a vendicarsi su Hogwarts.

Ciò nonostante, alla tavolata Serpeverde, alcuni ragazzi del sesto e settimo anno, evitavano accuratamente di esprimersi in proposito, scambiandosi sguardi furtivi, più che allarmati quando Morgan arrivò con la notizia che i responsabili avrebbero pagato con l’espulsione assicurata.

 

Rex Malfoy era stranamente assente quel giorno.

Venus studiò per un attimo la tavolata delle Serpi, notando che il posto tra Morgan e il battitore brufoloso e massiccio era vuoto.

Si alzò e si diresse fuori dalla sala, diretta ai sotterranei con un peso sullo stomaco che, decise, non era dovuto alle tre brioche alla crema che aveva appena mangiato col cappuccino.

 

Arrivata all’imbocco delle segrete vide la figura possente del fratello dirigersi sicura verso l’ingresso della sala comune.

 

Rex…” chiamò lei da lontano, tentando di correre sui suoi tacchi troppo vertiginosi.

Lui non sembrava dar segno di aver sentito la voce di sua sorella continuando a camminare imperterrito.

 

Rex fermati!” urlò lei, cercando di non badare all’eco provocato.

Lui si girò verso di lei, per poi riprendere un attimo dopo a camminare come se nulla fosse.

 

“Ma tu guarda…”  mugugnò lei, guardando male la figura sempre più lontana di Rex.

Si guardò un attimo le scarpe, poi si chinò e se le tolse.

Sorrise soddisfatta, dieci centimetri più bassa del solito, cominciando a correre con le sue scarpe firmate in mano.

 

Rex, fermati un secondo…” lo pregò lei parandoglisi davanti. Rex alzò gli occhi al cielo, un’espressione scocciata sul viso indurito.

 

“Che vuoi?” chiese lui freddo, fissandola negli occhi con il suo sguardo di ghiaccio che tanto l’aveva spaventata da bambina.

Venus vacillò sotto il suo sguardo ostile.

Si rimise le scarpe, cercando di prendere tempo, mentre la consapevolezza che l’idea di venirgli a parlare, non era poi così geniale come aveva creduto all’inizio, le appesantiva sempre di più lo stomaco.

 

Rex…io…ho sentito di Lupin” sussurrò lei con voce appena udibile.

Non aveva il coraggio di alzare la testa, per paura di qualsiasi reazione di lui.

 

“Non capisco di cosa tu stia parlando” rispose Rex, in maniera distaccata e inaspettatamente controllata. Venus si azzardò ad alzare gli occhi, le mani tormentavano angosciate il maglione.

 

“È stato picchiato…” aggiunse ancora lei, troppa paura per formulare un’accusa più precisa.

 

“Non riesco ancora a capire il motivo per cui il fatto che quello stupido Senzaforma abbia avuto quel che gli spettava, debba scalfirmi in qualche modo”

 

Rex, è su un letto di ospedale! Ha rischiato grosso per tutta la notte, come puoi parlare così?!” la voce improvvisamente alta e impudente di lei, risuonò violenta lungo il corridoio dei sotterranei.

Lui le scoccò un’occhiata colma di disprezzo.

 

“Non ti è mai importata la mia opinione sui sanguesporco, perché ora ci tieni tanto eh?!Venus esitò un attimo.

 

“La gente parla, Rex…e io sono tua sorella! I colpevoli rischiano veramente grosso stavolta…”

 

Cosa stai insinuando? Che ho picchiato io Lupin?” la voce tremò di rabbia, le iridi chiare cominciarono a scurirsi.

 

“Non è forse così?” soffiò lei; un moto di ribellione si impossessò di lei, imprudente.

 

“Non ho il dovere di raccontarti della mia vita…Io non ti dico nulla quando decidi di farti un ragazzo dopo l’altro come la peggiore delle donnacce, e tu non hai il diritto di stare qui a fare la sorellina fedele! Lasciami in pace” fece per sorpassarla, ma lei gli si parò di nuovo davanti, gli occhi lucidissimi facevano trasparire il suo reale stato d’animo.

 

“Non trattarmi così! Io lo faccio per te! Io…io ti voglio bene” singhiozzò lei, poggiandogli le mani sul petto.

Rex rimase impassibile.

 

“Nessuno te lo ha chiesto!”  abbaiò lui, strattonandola da un lato per passare.

Venus non sembrava intenzionata a demordere.

 

“Lo sai qual è la cosa che ti brucia più di tutto eh?! È che tu non sai amare. Non sei capace di provare un sentimento così forte, non sei capace di aprire gli occhi e capire che la gente intorno a te, ci prova a venirti incontro…la verità è che tu invidi i Mezzosangue, perché non gliene frega niente a loro del sangue, perché sono troppo impegnati a vivere. Questo ti fa schifo vero? Invidiare i Mezzosangue ti fa odiare te stesso e gli altri” un sonoro schiaffo le arrivò in pieno viso, con violenza inaudita.

Venus barcollò, appoggiandosi al muro per non cadere.

Tenendosi la guancia offesa con una mano, alzò lo sguardo, sgomenta.

Di fronte a lei, Rex la guardava, con un misto di disgusto e sdegno sul viso.

 

“Non azzardarti a parlarmi mai più in questo modo sono stato chiaro?!” ringhiò lui, trattenendosi a stento dal schiaffeggiarla di nuovo.

 

Rex…ma…”

 

“STA ZITTA!” urlò lui, mentre il suo viso prendeva caratteri inumani, contorto in una smorfia di rabbia. Lei smise persino di respirare per un lungo momento.

 

“Non voglio più che mi parli, non voglio che mini la mia reputazione con la tua nomea di puttana, non voglio che tu faccia finta che siamo una famiglia felice!” ringhiò lui, non preoccupandosi di tutto il veleno che stava sputando gratuitamente sulla sorella, che rimaneva immobile, attonita ad ascoltare le parole di lui.

Lei annuì appena, quando Rex smise di parlare.

 

Da questo momento dimenticati di avere un fratello, così non dovrai più preoccuparti se io decido di rendere giustizia” sibilò tagliente, andandosene come se nulla fosse.

Venus rimase immobile per un attimo, cercando di metabolizzare tutto l’odio e il disprezzo che aveva ricevuto tutto in una volta, senza una buona ragione.

Pian piano scivolò lungo il muro, finché non raggiunse il pavimento, e si rannicchiò come faceva da bambina, cercando di ripararsi dall’ingiustizia del mondo. Rimase in quella posizione per diverso tempo, singhiozzando rumorosamente, ignorando completamente gli sguardi curiosi degli studenti che uscivano dalla sala comune.

 

“Ehi, stai bene?”  una voce dolce e rassicurante arrivò ai timpani di lei, estasiati da quella voce.

Venus alzò le testa; di fronte a lei, Chris Bennet, la guardava impensierito. Lei si asciugò istantaneamente le guance, tentando inutilmente  di fare un sorriso abbagliante.

 

“No…” confessò lei, tirando su con il naso, imbarazzata.

Lui sorrise e le porse una mano per aiutarla.

 

“Vieni, su...” lei la prese, dopo un momento di incertezza, ringraziandolo con lo sguardo.

Chris si scurì un attimo, concentrando la sua attenzione sulla guancia innaturalmente arrossata di lei.

Poggiò una mano sul suo viso, e lei si ritrasse come scottata, cercando di mascherare inutilmente una smorfia di dolore.

Lui fece per dire qualcosa, ma sembrò ripensarci all’ultimo momento.

 

“Credo sia meglio metterci un po’ di ghiaccio lì sopra…” disse lui, additando alla guancia.

Venus annuì imbarazzata.

 

“Sai…sono così sbadata! Cado sempre e…”

 

“Ehi” la interruppe lui “Non c’è bisogno che tu mi dia spiegazioni” lei sorrise riconoscente e lo seguì di fronte all’ingresso della sala comune.

Lo sentì borbottare la parola d’ordine ed entrò sicuro nella stanza. Quando si accorse di non essere seguito, si girò verso l’entrata.

 

“Puoi entrare…non ti mangio mica” mormorò lui divertito notando che Venus era rimasta sulla porta titubante.

Lei se ne uscì con una risatina nervosa alle sue parole, improvvisamente conscia di stare da sola con il ragazzo che era costantemente presente nei suoi sogni da diverso tempo a questa parte.

Fece qualche passo avanti, incerta, nell’imponente sala comune Serpeverde.

 

Guardandosi intorno si rese conto di quanto fosse diversa dalla sala Tassorosso.

Molto più elegante, ma fredda nella propria austera maestosità, con mobili dallo stile fiero e curati con la massima minuziosità e attenzione.

 

“Non dovrei essere qui…” disse lei, sorridendo. Tutto sembrava, tranne che fosse dispiaciuta di questo fatto.

Chris si avvicinò, una divertita convinzione si faceva lentamente strada in lui.

Le accarezzò leggermente una ciocca di liscissimi capelli dorati, prima di risalire su per la guancia offesa poco prima dal fratello.

 

“No, non dovresti…” sorrise lui, guardandola per un attimo per poi allontanarsi, tranquillo.

Venus sospirò frustrata.

 

“…però neanche Rex dovrebbe picchiarti”

 

Rex non mi picchia” lui rise.

 

Ok…ed eri per terra lacrimante, perché ti eri persa un orecchino?” entrambi sorrisero.

Venus evitò saggiamente di riferire che una volta la stessa scena si era ripetuta realmente per colpa di un orecchino. 

 

“Come va la guancia?” chiese poco dopo facendo un piccolo cenno, armeggiando con un paio di libri poggiati su un tavolino, accanto ad una lampada dall’aria grottesca.

Lei alzò le spalle, guardandosi ancora un po’ intorno. Nessuna traccia di lacrime era rimasta sul suo viso di porcellana.

 

“È stata meglio…” mormorò lei, facendolo sorridere.

 

“Immagino”

Venus sospirò, quando si rese conto di essere ricaduta di nuovo in quel silenzio imbarazzante quanto mai scomodo.

Doveva fare qualcosa.

E doveva farla ora. 

 

“…Sei stato gentile a farmi venire qui…” il tono di voce di lei cambiò all’improvviso; dal solito squillante era passata ad uno più basso e sensuale.

Per mesi lo aveva provato allo specchio.

Tutto era per questo momento. Tutte le parole pronunciate al vento nascosta nel bagno, tutti i vestiti particolarmente attillati, tutti i cibi esageratamente insipidi. Tutto sarebbe valso quel giorno.

Ora era il momento prefetto per dimostrare tutte le doti che sua madre Vanda le aveva cercato di inculcare per anni e anni prima dell’arrivo a Hogwarts.

Per il fratello era una puttana? Bene, lo sarebbe stata. Gli avrebbe fatto capire, cosa voleva dire sul serio.

 

Chris sembrò piacevolmente sorpreso da quell’improvviso cambiamento d’umore.

Venus non poté giurarci, ma le sembrò di vedere uno strano luccichio carico di depravazione nei suoi occhi nocciola. Sorrise, soddisfatta, avanzando di qualche passo.

 

“È un piacere godere della tua compagnia, Venus…”

 

“Certo che sarà un piacere…” ridacchiò lei, ormai arrivatagli di fronte, disegnando cerchi immaginari sul petto.

Chris sorrise compiaciuto.

 

Che ragazzina licenziosa sei diventata…l’ultima volta che siamo stati da soli giocavi ancora con le bambole”

 

“Sono cresciuta, Chris…non ti piacciono i cambiamenti che il tempo ha attuato su di me?” mormorò facendo una piccola giravolta su se stessa, facendosi ammirare in tutta la sua proporzionata bellezza.

Lo sguardo di lui viaggiò impudente sul suo corpo, l’immancabile sorrisino disegnato sulle sue labbra maschili.

 

Ven…sono un uomo…” mani possenti si posarono sui fianchi di lei, il respiro mozzato in gola dall’emozione.

 

“Lo prendo per un sì?”  sorrise lei, mordendosi il labbro inferiore, maliziosa.

Chris le accarezzò lentamente il collo, risalendo lento, ma costante lungo la mascella femminile di lei, fino ad arrivare alle labbra piene e rosse. 

Fissò attento la sua bocca, leggermente aperta e in febbrile attesa, e facendo passare languido la mano dietro la nuca, si avvicinò ancora, massaggiandole il collo in maniera calma e accurata.

 

“Potresti prenderlo per un sì…” convenne, mordendosi un labbro divertito.

Venus seguì ogni singolo movimento, sempre più vogliosamente abbandonata contro di lui.

 

Le baciò languido la mandibola, ben attento ai sospiri sempre più incontrollati di lei, che cacciò indietro la testa, per agevolarlo maggiormente.

Baciò il mento, poi la guancia maliziosamente vicino alla bocca.

 

Le donne gli piacevano, era innegabile.

Farle impazzire era il suo passatempo preferito.

 

Giocò per un lunghissimo attimo con le labbra di lei, lambendo con attenzione ogni millimetro. Quando Venus gemette frustrata, lui sospirò vittorioso e divertito.

 

“Ti prego, smettila…” mormorò lei, la voce affannata, gli occhi lucidi di desiderio.

Le rivolse un piccolo sorriso, poi la baciò, irruente.

Venus lo strinse forte, approfondendo il bacio all’istante, trascinandolo verso il divano.

Chris rise dentro di sé.

 

Le donne…farle impazzire è così dannatamente facile…

 

 

 

*

 

 

 

 

The winter here’s cold, and bitter
It’s chilled us to the bone
We haven’t seen the sun for weeks
To long too far from
home
I f
eel just like I’m sinking
And I claw for solid ground
I’m pulled down by the undertow
I never thought I could feel so low

 

                                               Sarah McLachlan – Full of grace

 

 

Madama Chips rivolse per l’ennesima volta uno sguardo apprensivo a Ellie, che era rimasta praticamente immobile da quasi sette ore.

Lo continuava a fissare, immobile, studiando ogni più impercettibile movimento, nonostante questo fosse semplicemente il flebile respiro che gli faceva alzare e abbassare il petto ad intervalli regolari.

 

Una mano sulla spalla la fece trasalire.

Alzò gli occhi ed incontrò lo sguardo materno di Madama Chips.

 

“Cara, vai a riposare un po’…non si sveglierà prima di diverse ore…” Ellie scosse energicamente la testa.

 

“Voglio esserci quando si sveglierà...” la donna sospirò, rassegnata.

 

Ma sei stata sveglia tutta la notte…ora è quasi ora di pranzo, ufficialmente non avrei neanche potuto permetterti di rimanere durante lo svolgimento delle lezioni…”

 

“Madama Chips, la prego…voglio che Andy sappia che sono stata qui”

 

“Sono certa che lui già lo sappia Miss Weasley…e sono anche sicura che non sarebbe felice vederla in questo stato per causa sua…”

 

“Non è per causa sua.” scattò subito lei “…è a causa di quelli che lo hanno ridotto così” Madama Chips sospirò, rassegnata, tornando nel suo studio.

 

Ellie attese di sentire il rumore della porta che si chiudeva prima di alzarsi e sedersi sul letto, stringendogli la mano ancora più forte.

Sospirò accarezzandogli i capelli con la mano libera, intristendosi nel vederli del loro colore originale, per la prima volta dopo diversi anni.

 

Quando le sue dita accarezzarono timide una tempia, il viso di Andrew si mosse impercettibilmente.

Ellie scattò allarmata ritirando la mano.

 

Andy? Andy mi senti?” tentò lei, mentre anche le palpebre cominciavano a muoversi, ancora chiuse.

Ellie si mise le mani alla bocca, incapace di trattenere la sua gioia.

 

Andy, avanti! Andy svegliati!” lo incitò lei, quasi urlando, stringendogli ancora di più la mano quando sentì una lievissima pressione ricambiare la sua presa.

Una lacrima di felicità, scese veloce, mentre continuava a richiamarlo.

 

Madama Chips, allarmata da quelle urla, uscì dal suo studio, guardando basita il corpo di lui, cominciare a muoversi dopo ore di inquietante immobilità.

Corse veloce verso il letto, mentre Ellie continuava a chiamarlo e controllò i valori di Andrew.

Un sorriso sincero si aprì sul suo viso quando lui riaprì finalmente gli occhi.

 

Andy!” squittì Ellie, facendo un saltino sul letto, mentre l’infermiera verificava velocemente le sue condizioni, non riuscendo a impedirsi di sorridere.

 

El…” mugugnò rauco lui, subito interrotto da un violento colpo di tosse che lo fece contrarre dal dolore.

 

“Vado immediatamente ad avvertire la McGranitt!” disse Madama Chipsuna volta che ebbe appurato che Andrew non rischiava di riperdere conoscenza.

 

Quando l’infermiera uscì trotterellando dallo stanzone, Ellie gli saltò al collo, gioiosa.

Un gemito di dolore la fece staccare repentinamente.

 

“Oddio scusami…” Andrew sorrise, pigro e cercò inutilmente di mettersi dritto.

Ellie lo respinse giù.

 

“Che vuoi fare, sei pazzo?! Tu ora stai buono, buono qui!” Andrew le rivolse un’occhiataccia.

 

“Non trattarmi come un poppante!” gracchiò lui, con voce bassa e affaticata.

Lei lo guardò male.

 

“Ti sei appena svegliato dopo quasi sedici ore di incoscienza, non puoi pretendere di andare a fare jogging ora!”

 

“Non ne ho l’intenzione…” mugugnò lui, cercando di cambiare posizione.

Ellie sorrise, intenerita.

 

“Mi hai fatto preoccupare Lupin…non farlo mai più…” mormorò lei, continuando a giocare con le dita di lui.

Lui sorrise.

 

“Non è ho la minima intenzione!” disse lui, cercando di sdrammatizzare.

Ellie, sorrise leggermente.

 

Quando Jo mi ha detto quello che era successo…Andy…chi…chi ti ha fatto questo?” chiese in tono appena udibile.

Andrew sospirò non badando al dolore intenso che quest’azione gli provocava.

 

“Io…non posso dirtelo” gli occhi di lei si dilatarono in maniera paurosa.

 

Cosa vuoi dire che non puoi dirmelo?! Sei impazzito forse!?” lui la guardò supplicante.

 

El, per favore…”

 

“Per favore nulla! Ti hanno quasi ucciso e pretendi che questi bastardi rimangano impuniti!?

 

“Non è così semplice…”

 

“Sì che lo è! Tu dici dei nomi e in tempo reale vengono cacciati a calci da scuola, come è giusto che sia!” Andrew distolse il suo sguardo da lei.

Non poteva dirglielo.

La conosceva da troppo tempo e sapeva che la prima cosa che avrebbe fatto era vendicarsi.

E lui non le avrebbe mai permesso di andare a gettarsi tra le grinfie di Malfoy.

 

“Senti…io non ricordo” lei emise uno sbuffò, per camuffare una risata nervosa.

 

“Io so che tu ricordi chi ti ha fatto questo…e non intendo cedere finché tu non me lo avrai detto!”

 

El sono stanco, lasciami riposare ora”

 

“È stato Malfoy vero?” il respiro di lui si mozzò in gola.

 

Cosa?”

 

“È stato lui, vero? È ovvio…”

 

“Non è stato lui” mentì Andrew.

Ellie lo guardò sconcertata.

 

“Come puoi ostinarti a difendere il tuo carnefice?!

 

Per proteggere te…

Pensò lui, cercando una scusa da propinarle.

 

“Ti ho già detto che non ricordo chi è stato”

 

“Allora come fai a dire che non è stato Malfoy?”

Andrew si maledì per la sua distrazione.

Rimase in silenzio, mentre Ellie non gli staccava gli occhi di dosso, guardandolo attentamente in cerca di qualche movimento che potesse farle capire.

Il suo silenzio fu molto più eloquente di quanto entrambi credessero.

 

“Mi hai dato la tua risposta Andy” disse alzandosi.

Lui la guardò allarmato.

 

“Dove vai ora?! Non crederai che io ti lasci andare a cercarlo vero?”

 

Perché credi che io stia andando a cercarlo?”

 

Perché ti conosco” lei rimase in silenzio.

Non contraddisse la sua tesi, né disse qualcosa di vagamente convincente per non farlo preoccupare.

Si limitò a guardarlo, avviandosi veloce, verso l’uscita.

 

El, fermati!” la pregò lui, cercando di alzarsi, inutilmente.

 

Andy stai tranquillo ok? Torno presto”

 

Eleanor no!” lei si bloccò.

Nessuno la chiamava con il suo nome intero da almeno cinque anni.

 

“Vado a cambiarmi Andy ok? Non posso stare in pigiama per sempre” disse lei, cercando di essere il più possibile convincente, dandogli ancora le spalle.

 

Dimmi che non andrai da lui. Promettilo” lei si girò, sorridendo.

 

“Prometto” Andrew sembrò vagamente risollevato, accasciandosi sul letto.

Sorrise in risposta, nonostante il volto gli facesse male.

 

“Torno presto” assicurò lei, salutandolo.

Lui, annuì, seguendola con la sguardo finché non scomparve dietro il grande portone.

Ellie chiuse gli occhi, le membra stanche ma colme di rabbia atavica.

 

Perdonami Andy

 

 

 

*

 

 

I'm the snow on your lips
The freezing taste, the silvery sip
I'm the breath on your hair
The endless nightmare, devil's lair

Only so many times
I can say I long for you
The lily among the thorns
The prey among the wolves

 

                                     NightwishFeel for you

 

 

Passi veloci e irosi, rimbombavano nel corridoio.

Dita arrabbiate, stringevano febbrili la bacchetta, un gesto convulso, malato nella sua capacità di lenire il dolore dell’animo.

 

Occhi chiari, ora oscurati da uno dei sentimenti peggiori di cui l’uomo possa essere schiavo.

Vendetta.

Desiderio di morte, di urla e sofferenza, desiderio di far uscire per un lungo attimo il peggio di noi.

Sentire l’odore del male impossessarsi dell’anima conducendoci in un gioco scellerato e ripugnante.

 

Gli occhi di lei lampeggiarono riconoscendo la figura imponente di lui. 

Rideva, sereno e quasi immemore delle proprie meschinità perversamente eccitanti. 

La mano tornò padrona di se stessa alla tasca della bacchetta.

Lei ispirò profondamente l’aria pungente provenire dal portone poco lontano.

È qui. E aspetta.

La vendetta è paziente.

 

Rex incrociò il suo sguardo glaciale con quello di lei. Sorrise, leccandosi le labbra.

La aspettava. Dio se l’aspettava.

 

Fece cenno agli altri di andare, la scopa affidata a Chris Bennet, che ora guardava con un particolare sorrisino storto Ellie che si avvicinava come una furia.

 

Buona fortuna amico…lo zuccherino ora caccia gli artigli…” Rex rispose con uno sguardo.

 

“Non aspetto altro” mormorò ghignando avviandosi fuori da portone, le mani in tasca e l’espressione tranquilla sul volto.

 

Fottuto bastardo” abbaiò lei appena se lo ritrovò davanti, puntandogli la bacchetta alla gola con violenza.

Rex rimase per un secondo spiazzato dall’azione di lei.

La guardò fisso negli occhi. Odio e disprezzo oscuravano quegli occhi cristallini, facendoli diventare quasi neri.

 

Cosa vuoi fare, eh? Vuoi uccidermi per caso?” la stuzzicò lui, ripresosi dal momento di sorpresa, mentre il solito ghigno si disegnava sulle sue labbra sottili.

Ellie fece un piccolo passo verso di lui, diminuendo maggiormente la distanza.

 

“Non darmi idee, Malfoy…giuro che dopo quello che hai fatto a Andy, non ci penserei due volte” una risata argentina spezzò l’atmosfera tetra del corridoio.

Il petto di lei si alzava e riabbassava ritmicamente, la fredda brezza serale penetrava nelle viscere, dilaniandole.

 

Andy…povero Andy, già…si è già svegliato? Oh, ti giuro, sono rimasto veramente deluso quando ha perso i sensi…mi stavo appena scaldando!” rise lui, sotto lo sguardo di fuoco di Ellie.

Strinse i denti.

Non avrebbe ceduto.

Tutti quello che lui voleva era farle perdere la ragione.

Non gliel’avrebbe mai data vinta.

 

“Non raccogli Mezzosangue? Voi Grifoni siete una delusione continua! Anche Andy, come lo chiami tu…pensavo di divertirmi di più con lui…”

 

“Smettila” ringhiò lei, mentre gli occhi diventavano inconsciamente lucidi. Rex ghignò.

Stava crollando.

Doveva solo continuare su questa strada.

 

Dovessi sentire come urlava…una femminuccia! Invocava pietà, Mezzosangue…la mia pietà! Ah, è stato meraviglioso!” lui fece un passo avanti, approfittando della momentanea incertezza di lei, alle sue parole.

Con uno scatto prese la bacchetta di Ellie, strappandogliela di mano e gettandola in un qualche punto dietro di lui, all’interno delle mura del castello.

 

Ellie trasalì.

 

“Non più tanto insolente senza bacchetta in mano, vero?” disse Rex avanzando verso di lei, avvicinandosi più del consentito.

Ellie mantenne un’espressione fredda, stoica nella propria ostentata sicurezza. Gli occhi lucidi, però nascondevano l’odio atavico, mischiato alla crescente paura che si stava impossessando di lei.

 

Malfoy rise.

Con uno scatto, imprigionò i polsi di lei nella morsa ferrea delle sue dita, facendola trasalire.

 

“Brutta mossa, Mezzosangue, quella di venirmi a cercare per vendicarti…un gesto stupido, oltre che visto e rivisto mille volte. Non ti insegnano nulla le esperienze altrui? La vendetta è ciò per cui il male vive, respira e si rafforza. È la parte più oscura di ognuno di noi, e farla uscire senza saperla controllare è quanto di più stupido che l’essere umano possa fare” lei rimase in silenzio.

Persino un respiro le pareva troppo rumoroso, in quel momento.

I polsi le facevano male, stretti nella morsa violenta di lui, che non accennava ad allentare la pressione che le sue mani stavano esercitando.

 

“Lasciami ora” provò lei, cercando di liberarsi. Il ghigno di lui si allargò.

 

“Già stanca della mia compagnia? Oh, ma io ho ancora tanto tempo da dedicarti”

 

“Mi fai solo schifo, non meriti nulla da me” il sorriso storto di Rex si spense, la stretta s’andava rafforzando ogni secondo di più.

Ellie dovette sforzarsi per non urlare.

Chiuse per un attimo gli occhi, accecata dal dolore quando sentì un polso scricchiolare. Un soffio caldo lungo il collo, la fece rabbrividire, le sue viscere si contorcevano violente.

 

“Vuoi che ti sveli un segreto?” sussurrò lui, contro il suo orecchio. Le braccia di lei bloccate dietro la schiena dalle sue mani.

Ellie non osò fare il minimo movimento.

Sentì Rex sorridere, benché non potesse vedere nulla con gli occhi ancora ostinatamente chiusi.

 

“Il motivo per cui il tuo piccolo amico cambiacolore si trova in un letto d’ospedale…sei solo e unicamente tu” il respiro le si bloccò in gola.

Spalancò gli occhi, rendendosi conto che i loro corpi erano più vicini di quanto in realtà non credesse.

 

“…vedi…tutto il sangue versato…è per colpa tua che ho quasi ucciso Andy…Non ti pare un gesto egoistico pensare di non avere colpa quando anche solo con la tua stupida presenza in questo mondo rovini le giornate a persone che hanno il diritto di essere chiamate con questo nome?”

 

“E suppongo che una di queste persone saresti tu…” ringhiò lei con odio, ignorando la domanda,  gli occhi le pungevano pericolosamente.

 

“Certo” sorrise lui. “Tu sei feccia…io il futuro”

Ellie alzò lo sguardo su di lui.

 

Dev’essere terribile allora, pensare che persino la feccia disprezzi un futuro tanto orribile”

 

“Ti seccherebbe tanto avere un futuro come me?”

 

“Preferirei morire” mormorò lei, gli occhi incatenati a quelli di lui.

Vide la mascella di lui serrarsi violentemente, la pelle del viso tendersi a quelle parole.

Lei lo vide avvicinarsi ancora, il respiro caldo sul viso.

 

Ti odio” sibilò lui, un attimo prima che le sue labbra cercassero vogliosamente quelle di lei.

Un bacio famelico, pieno d’odio e di rabbia.

Violento e non voluto, necessario quanto amaro nella propria mielata tortura.

Rancore, tradimento, depravazione in un contatto carnale che rappresenta la sconfitta della ragione sulla peccaminosa lascivia.

Una danza violenta, un litigio e una lotta di cui nessuno voleva essere il perdente.

Un turbinio di sentimenti contrastanti, nuovi e devastanti li colpì feroce e crudele, senza che potessero avere controllo.

Abbandonati alla scelleratezza di un peccato, senza possibilità di redenzione.

 

Una lacrima percorse veloce la guancia di lei.

Morse furiosa il labbro di Rex, sentendo in bocca il sapore rugginoso del sangue.

Lui si staccò repentinamente, lasciandole i polsi e spingendola lontano da lui come si fosse scottato.

Ellie lo guardava, le mani sulla bocca, incapace di fare nulla.

 

“Mi fai schifo” disse lei poco dopo, con la voce rauca e impastata dal pianto.

Abbassò lo sguardo e lo superò, andando a raccogliere la bacchetta.

Rex la guardò finché non scomparve oltre un angolo, lasciandolo solo nel freddo di una sera di Novembre.

Si passò le mani tra i capelli, non preoccupandosi del labbro che sanguinava.

Sarebbe diventato pazzo.

 

E lei lo avrebbe ucciso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ta-daaaaaaaaaaa! Colpo si scena!!! (più o meno T.T) O.O!!!!!!

Capitolone one one questo amori miei! Lungo come una Quaresima anche più degli altri, ma spero (çç) coinvolgente! ^^

Ringrazio tantissimissimo Topomouse, light lily, daniel14, Elly, Tabita, redRon, Silvia91, Evan88, SiJay, Moonlight Rage, MaryPotter92, Vichan, Hermionina, Hiromi, Ginny_Potter, Merylin, pinkstone, Giuggy, valeria18, emmaerupert, Saty, la Nonny Giuly Weasley, sery black, la Gem daisy05, Chloe88, mem, Padfoot e Zia funkia!

Siete fantasticissimi, vi amo tantissimo! ** nel prossimo cap – scuola permettendo ØØ  - metterò anche le fotine! ^_____________________________________^

Mi raccomando lasciate un commentino!

Siete meravigliosi!

Baciotti potti!!!!!!!!!! ^0^!!!

   
 
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