Parole
Den era sparito.
Non aveva lasciato traccia di sé, se non un gattino nero che miagolava spaurito sotto al letto del San Mungo. Non c'erano tracce di lotta, ed Harry aveva escluso un rapimento, per Merlino, era un vampiro! Sapeva difendersi da solo.
Dopo giorni passati a cercarlo in ogni posto possibile, ad inviargli lettere che gli erano state capitate di sicuro, avevano tolto ogni speranza; Denholm non sarebbe ritornato, ma forse non ce n'era nemmeno motivo.
Aveva protetto Lily ed era stato la sua ancora fin quando aveva potuto, ma poi? Sarebbe stato solo uno stupido ripiego, il terzo incomodo, un vampiro centenario innamorato di un umana che no, non lo avrebbe mai ricambiato.
Harry lo capiva, in realtà nemmeno aveva pensato di affrontarlo quando aveva sentito rivolgere quelle parole dure a Lily. Lo aveva fatto apposta, lo aveva fatto perché voleva che la ragazza smettesse di aggrapparsi a lui, e decidesse di combattere per l'altro.
Non era una novità che Lils fosse innamorata persa di Scorpius, e non era una novità che quest'ultimo avrebbe lasciato Elizaveta se solo lei glielo avesse chiesto. Certo, avrebbero dovuto cominciare tutto daccapo, fidarsi l'uno dell'altra, e ricucire quel rapporto che li aveva resi forti e uniti ai tempi di Hogwarts.
- Sta male. - disse Ginny, sedendosi al suo fianco e accarezzandogli con dolcezza una spalla. Erano giorni che non dormiva, e Gin cominciava a preoccuparsi; aveva grosse occhiaie, e i capelli ancor più ribelli di quando lo erano normalmente. - Perché non vai a casa a riposare, Harry? - sussurrò poi, guardandolo con dolcezza.
- Nostra figlia sta male e io... - mormorò suo marito, ma lo interruppe subito, senza nemmeno fargli finire la frase. - Harry, con Lily c'è Scorpius. Non possiamo riportare indietro Denholm, ha capito che era meglio sparire se voleva rendere felice Lils. L'hai capito tu, e l'ho capito io, quel vampiro da strapazzo sta solamente cercando di facilitare le cose a Scorps. - disse Ginny, sospirando.
In quel lasso di tempo si era affezionato a Den, incredibile ma vero. Lui aveva protetto sua figlia nel momento del bisogno, e nonostante sapesse di uscirne più male di tutti, era andato avanti, era andato avanti a testa alta, ed era diventato il sostegno di tutti loro.
- Ora vai a casa, ci siamo intesi? - sbuffò alzandosi e afferrandolo per un braccio. Harry la seguì, la baciò delicatamente sulle labbra e poi si materializzò. Ginny fece un grosso sospiro, si guardò un ultima volta attorno, e sperò di non rivedere mai più i corridoi desolati e deserti del San Mungo.
Vivere una vita di sotterfugi non era sempre facile, e questo Den l'aveva imparato nella sua lunga esistenza. Mentire non faceva sentire meglio, fuggire dalla realtà era solamente un altra forma di paura inespressa, e lui era stanco di tutto ciò.
Denholm era stanco di vivere nella menzogna, perché le bugie non rendevano felice lui e nemmeno gli altri. Aveva mentito all'eta di nove anni, quando i suoi genitori erano stati brutalmente uccisi da un gruppo di licantropi, mormorando ai suoi nonni paterni: - sì, sto bene, va tutto bene. - come una nenia infinita che gli recava ancor più dolore.
Aveva mentito all'età di sedici anni, quando sua nonna gli aveva domandato se sapesse dove fosse andato suo nonno, rispondendo no, mentre quest'ultimo pochi minuti prima aveva afferrato un pugnale forgiato da lui stesso e si era rintanato nella stanza dei "giochi", come la chiamava lui.
Aveva mentito a sua moglie, e lei si era uccisa. Aveva mentito a sé stesso, dicendo di amarla ma non riuscendo a morire con la sola e unica procedura per uccidere quelli come lui. Aveva perso tutti con le sue bugie, stava perdendo sé stesso con quelle bugie.
Gli era rimasto solamente lei.
- Denholm. - sussurrò una voce anziana alle sue spalle, simile a velluto, calda, dolce, simile ad una carezza inebriante. Era scappato ancora una volta, ma era ritornato da dove tutto era iniziato: da sua nonna, l'unica sopravvissuta, l'unica donna che forse non l'avrebbe tradito mai.
I vampiri invecchiavano di età ogni cinquanta anni, che per loro equivaleva un anno per i normali esseri umani. Non morivano di vecchiaia, infatti la loro crescita si bloccava all'aspetto di un settantenne. Eppure, nonostante gli anni, sua nonna era sempre la donna più bella che avesse mai visto.
Aveva perso suo marito, suo figlio, aveva visto morire ogni suo parente, e poi era stata abbandonata da lui, ma sembrava sempre forte, come lo era sempre stata. - Nonna. - sussurrò, con il volto basso. Aveva capelli bianchi raccolti in una crocchia severa, che lasciava libera qualche ciocca ribelle, gli occhi ora rossi, che lo fissarono arrabbiati.
Le rughe potevano mitigare quella bellezza, ma non cancellarla. Un lungo vestito ottocentesco le accarezzava il corpo minuto, di un blu colbalto che faceva contrasto con la sua pelle diafana. - Ho saputo quel che hai fatto. - mormorò Geneviè, guardandolo.
- Nonna... - disse Den, cercando di spiegargli la situazione, ma lei lo zittì con una mano, guardandolo dispiaciuta e... rassegnata. In un attimo gli occhi di Den si appesantirono, e capì le intenzioni di sua nonna, finalmente.
- Ho perso tutta la mia famiglia, tesoro, non posso perdere anche te. - sussurrò, accarezzandogli una guancia. Den annaspò, cercando di aggrapparsi a qualcosa che lo sostenesse, per non chiudere gli occhi, per non farsi trascinare dall'oblio.
Sentì qualcosa rompersi, ma era già ovattato quel suono, stava già cadendo. - No, nonna, non... de..devo proteggerla. - balbettò Den, prima di chiudere definitivamente gli occhi e accasciarsi sul pavimento di marmo di quell'immenso salone.
Geneviè sospirò, e baciò la fronte del suo unico nipote. Lei... lei lo avrebbe tenuto con sé d'ora in poi, e l'avrebbe protetto da qualsiasi minaccia. Da qualsiasi minaccia.
- No, sei stato cattivo! - disse Lysander, con le mani sui fianchi e un espressione che non prometteva nulla di buono. Lorcan alzò gli occhi al cielo, e poi, con il naso, accarezzò la guancia del fratello, che ridacchiò. - Prometti che non farai più del male a Lils? - sussurrò il ragazzo, prendendo il suo viso tra le mani e accostando la propria fronte alla sua.
- Non posso, Lys. Loro sono la mia famiglia, e quando mi impartiscono degli ordini devo eseguirli se... beh, se non voglio venire ammazzato come un cane. - borbottò Lorcan, guardandolo dispiaciuto.
- Non è detto che tu debba tornare da loro! Sono io la tua famiglia, Lorc! Sono tuo fratello, sono il tuo gemello! Sì, la mamma ha sbagliato a non parlarmi di te, ma l'ha fatto solo perché non voleva che io soffrissi. I lupi mannari di solito non risparmiano le loro vittime, e lei credeva che tu fossi morto. - disse Lysander, guardandolo con quegli occhi che erano capace di sciogliere i ghiacciai.
- Credi che mi accetteranno? Sono un lupo mannaro, Lys. - mormorò Lorcan, abbassando lo sguardo.
- Sei mio fratello, poco conta quel che sei quando ti trasformi. Ti proteggerò a costo della vita, e chi andrà contro di te... beh, andrà contro di me. - disse Lysander, buttandogli le braccia al collo e stringendoselo al petto.
- Ora torniamo a casa, la mamma ci aspetta.
Sì, poco contava quel che era quando c'era la luna piena, lui era sangue del suo sangue, e lo sarebbe stato sempre.
Angolo Autrice:
sì, so che questo capitolo è schifosamente corto, e chiedo venia, ma venerdì ho fatto un incidente e il mio ginocchio prega per stendersi. Ho scritto quel che dovevo scrivere, e sono successe un bel po di cose, quindi spero che non vi deluda. Ah, prima di lasciarvi volevo mostrarvi quella che io considero la mia Lils. Certo, non è rossa come la immaginavo, ma guardatela bene in viso: lei è lussuria pura, purezza infinita e ispira sesso\amore violento haha: