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Autore: Beatrix Bonnie    27/03/2012    3 recensioni
E se Silente avesse sbagliato i suoi conti? Se Harry, quel giorno a King's Cross, invece di tornare e combattere, avesse deciso di prendere il treno che lo avrebbe portato avanti?
Con un Voldemort al vertice del suo potere, il mondo magico nel caos e il Ministero della Magia definitivamente nelle mani dei Mangiamorte, uno sparuto gruppo di ribelli si oppone ancora all'autorità centrale: sono i membri dell'Ordine della Capra, i sopravvissuti della Grande Battaglia di Hogwarts.
Ma per sconfiggere Voldemort ci vuole ben altro: ci vogliono madri pronte a tutto per salvare i propri figli, una ragazza capace di mettere da parte il proprio egoismo per scendere in campo contro il dittatore e, soprattutto, la forza dell'innocenza di un bambino Veggente.
Storia prima classificata al "What if contest".
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Neville Paciock, Nuovo personaggio | Coppie: Dean/Luna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La saga del bambino Veggente'
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La battaglia di Malfoy Manor

Malfoy Manor,
quella sera



Quella notte, una pesante coltre di nubi aveva invaso il cielo, oscurando completamente le stelle e la luna. L'aria era fredda e pungente, minacciosa, ma forse era solo una sensazione di Narcissa. Le pareva che l'atmosfera a Malfoy Manor fosse più cupa del solito, come se l'intero castello sospettasse di lei. Le sembrava che perfino gli austeri occupanti dei ritratti puntassero lo sguardo su di lei con aria diffidente.
«Narcissa!» esclamò qualcuno, afferrandole il braccio.
La donna trasalì, ma si rilassò non appena riconobbe il marito Lucius.
«Che cosa stai facendo in giro a quest'ora?» le sibilò all'orecchio, guardandosi intorno come se temesse di venir scoperto a compiere chissà quale delitto.
Narcissa assunse un'aria offesa e bellicosa insieme, come solo una Black sapeva fare. «Mi stai dicendo che non mi è concesso andare in giro per casa mia?» sussurrò in risposta, con un tono duro.
«Non con quell'aria sospetta» le replicò il marito, gli occhi sfuggenti che controllavano in giro. «Lo sai che questa gente non aspetta altro che una buona occasione per screditarci».
Narcissa si liberò con uno strattone dalla presa di Lucius e lo fissò con i suoi glaciali occhi grigi. «Non gliene darò l'opportunità» rispose secca, prima di allontanarsi a grandi passi.
L'incontro con Lucius le diede maggiore forza: quella situazione non poteva essere sopportata oltre, o sarebbe stato seriamente pericoloso per tutti loro. Se suo marito non aveva la forza per reagire, l'avrebbe avuta lei per entrambi e avrebbe salvato la sua famiglia.
Narcissa diede un'ultima occhiata alla pendola che stava in ingresso: mancavano cinque minuti a mezzanotte ed era arrivata l'ora di andare ad aprire i cancelli. Era arrivata l'ora di tradire.
Attraversò il parco avvolta in un pesante mantello, non solo per proteggersi dal freddo, ma anche per evitare di attirare troppo l'attenzione su di sé. Raggiunse il cancello e si guardò intorno, in attesa. Poi apparvero: delle figure sfuocate emersero dal buio sul vialetto ghiaioso. Narcissa notò che le tremava la mano quando la allungò verso il cancello per aprirlo, ma cercò di nasconderlo. Prese un profondo respiro e poi lo aprì.
I Membri dell'Ordine della Capra, insieme ad Astoria Greengrass, scivolarono dentro, silenziosi come ombre. Uno di loro stringeva al petto un vecchio cappello logoro, che aveva molto l'aria di essere la Passaporta di emergenza preparata per una fuga rapida. In teoria, avrebbero dovuto agire di soppiatto, sena farsi scoprire, ma la prudenza non era mai troppa.
Avevano affidato la Passaporta a David e gli avevano intimato di proteggerla a costo della vita. Il ragazzo, ovviamente senza farlo sapere ai genitori, aveva convinto Dean e Minerva ad accompagnarlo ad un negozio di caccia e pesca, dove aveva speso tutti i suoi risparmi per comprarsi una pistola che ora stava nascosta sotto il mantello da mago che gli avevano prestato. Non che sperasse di farci molto, ma lo faceva sentire più sicuro.
«Rachel, Neville e Esther seguite la Black ai sotterranei» ordinò Aberforth, usando un tono insolitamente basso, per lui. «Io, Minerva, Dennis e Percy seguiamo la Greengrass che ci porterà al deposito delle bacchette. Filius, Luna, Dean e David restano di guardia al cancello».
«Perché io sempre di guardia?» si lagnò Dean, con uno sbuffo.
Aberforth non si degnò nemmeno di rispondergli. «Muoviamoci» sibilò invece e ad un suo cenno del capo le tre squadre si divisero.
Narcissa guidò gli altri verso i sotterranei, curandosi di passare per i corridoi che sapeva non essere frequentati dai Mangiamorte. Tutti i membri dell'Ordine si erano camuffati con mantelli scuri, ma sarebbe stato comunque poco credibile farli passare per seguaci del Signore Oscuro.
«Signora Black, cosa...?» domandò infatti uno dei due Mangiamorte di guardia, ma Narcissa lo zittì alla svelta, con un incantesimo silente ben piazzato, mentre Rachel mise fuori gioco l'altro, prima che potesse reagire.
«Alohomora» sussurrò Narcissa, aprendo la prima cella.
Il piccolo Veggente, questa volta, non era raggomitolato sul fondo: se ne stava ritto in piedi davanti alla porta, con un sorriso raggiante stampato sul volto. «Mamma!» esclamò entusiasta, gettando le braccia al collo di Rachel. «Sapevo che sareste venuti tutti!»
«Non ti avremmo mai lasciato qui» gli sussurrò la donna all'orecchio, ricambiando la stretta.
Narcissa, nel frattempo, liberò suo figlio Draco che, alla vista dei membri dell'Ordine, si ritrasse sconvolto. «Mamma... cosa hai fatto?» mormorò, scuotendo la testa.
«Ti ho salvato la vita» rispose decisa Narcissa.
«Ma... se ci scoprono? Siamo finiti!» proruppe Draco, terrorizzato dalla prospettiva.
«Non ti preoccupare, ti proteggiamo noi, Dracuccio» scherzò Esther, strappando una risatina a Neville.
«Andiamo» decretò poi Narcissa, senza permettere al figlio di replicare.
Il gruppetto ripercorse i corridoi deserti a passo svelto, nella speranza di non essere visti. Quando arrivarono alla rampa di scale che li avrebbe riportati a piano terra, si bloccarono sul fondo, raggelati dalla vista della figura che era comparsa alla sua sommità: Bellatrix Lestrange.
Aveva le mani poggiate sui fianchi e un sorriso trionfante, come se non aspettasse altro che coglierli in flagrante.
Neville sguainò la sua bacchetta e la puntò contro la strega, improvvisamente serio. Ogni tranquillità era sparita dai suoi occhi, sostituita da una spaventosa determinazione.
Bellatrix sollevò il braccio sinistro, si calò lentamente la manica e tese un dito scarno, sfiorando il Marchio Nero. Rivolse loro uno sguardo di sfida, facendo trattenere a tutti il respiro quando gli occhi di lei indugiarono in quelli della sorella. Ma poi l'espressione di Bellatrix divenne feroce e la donna premette il dito sul Marchio, avvertendo i Mangiamorte della loro presenza nel castello.
«Ora tutti sanno che siete qui!» gridò Bellatrix, in preda al furore. «Siete spacciati!»
Neville fece un gesto rapido con la bacchetta, ma si interruppe quando una voce dietro Bellatrix decretò: «No, lei è mia».
Percy avanzava verso Bellatrix con la bacchetta tesa davanti a sé. Con lui erano arrivati anche Minerva, Dennis, Aberforth e Astoria.
A quella vista, Bellatrix scoppiò a ridere senza ritegno. Estrasse la sua bacchetta e la puntò contro Percy, pronta al duello. «Vuole vendicarsi, il povero piccolo Weasley?» lo provocò, con un ghigno detestabile e irriverente.
«Hai ucciso tutta la mia famiglia» mormorò Percy, le orecchie che si facevano paonazze. «Lei è mia. Voi andate» ordinò poi agli altri, in tono deciso.
Esther colse al volo l'occasione: afferrò la manica di Neville e corse in direzione di Aberforth, subito seguita da sua madre e Sam. Se avessero sfruttato il momento favorevole per fuggire, avrebbero lasciato indietro Percy, ma, in fondo, era quello che aveva chiesto lui. Il suo brillante piano, però, fu rovinato fin sul nascere dalla comparsa di un gruppo di Mangiamorte, richiamati dal Marchio Nero.
«Fuori le bacchette!» ordinò Aberforth, anche se il comando fu piuttosto superfluo, visto che tutti avevano già estratto la propria. «Dividiamoci!»
Esther, Neville, Rachel e Sam imboccarono una porta a caso perché, senza la guida di Narcissa, non avevano la più pallida idea di dove andare. Presero ad avanzare con la bacchetta levata davanti a sé, pronti ad attaccare qualsiasi cosa si trovassero davanti agli occhi.
Ad un certo punto entrarono in un ampio salone e si ritrovarono accerchiati da una decina di Mangiamorte. Alcune maledizioni volarono per la sala, mandando in frantumi uno specchio alle spalle di Esther. «Ripariamoci lì!» esclamò la ragazza, gettandosi insieme agli altri dietro alcune poltrone di pelle, anche se era chiaro fin da subito che non avevano nessuna speranza di uscirne vivi.
«Tappatevi le orecchie!» ordinò loro Neville, mentre trafficava con la saccoccia a tracolla che si era preso dietro. Vi estrasse degli orribili paraorecchie pelosi, che si infilò senza preoccuparsi del loro aspetto terrificante; dopodiché tirò fuori una pianta in vaso che non poteva materialmente stare dentro quella sacca senza un incantesimo di qualche genere che ne aumentasse la portata. Esther si coprì le orecchie con le mani appena in tempo per non sentire l'ululato assordante della neonata mandragola che Neville aveva estratto dal vaso. Gli ignari Mangiamorte furono investiti in pieno dal suo pianto e, sebbene la mandragola fosse troppo piccola per ucciderli, li mise fuori gioco per un bel po'.
«Ottimo colpo, Neville» si complimentò Esther, sbucando dal suo nascondiglio e osservando i corpi degli avversari riversi a terra.
Il ragazzo si strinse nelle spalle. «Ognuno ha le sue armi» rispose, rinfilando mandragola e paraorecchie nella sua sacca. «Ora, forza, muoviamoci».
Esther e Rachel imboccarono un altro corridoio ma un Mangiamorte apparve improvvisamente in fondo alla sala e scagliò una maledizione contro di loro. Le mancò per un soffio, tuttavia gli effetti del suo incantesimo furono ben più disastrosi: colpì il muro poco sopra la porta, provocando un crollo che bloccò il passaggio.
Neville e Sam rimasero bloccati nel salone insieme al Mangiamorte.
«Stupeficium!» gridò il ragazzo, parandosi davanti a Sam per tentare di proteggerlo.
Il Mangiamorte si scansò agilmente di lato, evitando lo Schiantesimo e poi lanciò una maledizione contro Neville, che per fortuna lo mancò.
«Pietrificus totalus!» attaccò Neville e questa volta lo sfortunato Mangiamorte fu colpito in pieno petto.
«Neville!» lo chiamò Esther. La sua voce giungeva soffocata, dall'altra parte del crollo.
«Tutto bene, voi?» si informò Neville, cercando di ricordare qualche incantesimo che potesse tornargli utile in una situazione come quella.
«Sì, sì. E voi?» chiese a sua volta Esther.
«Tutto bene» rispose Neville. «Ma siamo bloccati qui e ci vorrebbero secoli per togliere tutte queste macerie. Andate avanti e cercate l'uscita, noi vi raggiungiamo».
«No, non vi lasciamo qui!» replicò Esther, in tono deciso, anche se sapeva che Neville aveva suggerito la cosa migliore da fare.
«Non vi preoccupate per noi» disse infatti il ragazzo. «Troveremo un'altra strada. Ora muovetevi, prima che arrivino altri Mangiamorte».
Esther si lasciò sfuggire un sospiro. «State attenti» fu l'ultima cosa che raccomandò loro, prima di allontanarsi insieme alla madre, con la netta sensazione di star sbagliando qualcosa.
Neville nel frattempo allungò una mano verso il piccolo Sam e, ripercorrendo gli stessi corridoi che li avevano portati lì, cercò un'altra via d'uscita.
Sam si lasciò trascinare lungo le stanze riccamente arredate, coperte da tappeti preziosi, con la netta sensazione di aver già vissuto quella scena: lui e Neville che correvano mano nella mano, con quell'opprimente senso di morte dato dalla fuga disperata attraverso le sale di un prezioso castello.
Finché...
«No!» gridò, fermandosi in mezzo a uno degli ampi saloni che stavano attraversando. Aveva gli occhi sgranati e l'espressione sconvolta: aveva ricordato dove avesse già visto quella scena.
Non era un semplice déjà vu. Era l'avverarsi del suo sogno premonitore.
«No!» gridò ancora, sottraendo la sua mano dalla presa di Neville.
Il ragazzo si voltò verso di lui, senza capire che gli fosse successo. «Sammy, che c'è?» gli chiese in tono preoccupato.
Sam scoppiò a piangere. Era tutta colpa sua: pur di non far avverare il suo sogno, era scappato dalla villa dell'Ordine della Capra e aveva manovrato Narcissa Black per venire a farsi liberare, tutto nella speranza di modificare gli eventi. Invece non era stato altro che inerme strumento di compimento nelle mani del Fato. Se lui non fosse scappato, tutto quello non sarebbe successo.
Era di nuovo colpa sua. Era davvero pericoloso per chi gli stava attorno.
«Forza, Sammy, andiamo» lo incoraggiò Neville, allungando la sua mano verso di lui, perché l'afferrasse.
«No, Neville! Scappa via da me, lasciai qui, o morirai!» strillò Sam, allontanandosi da lui.
«Io... non capisco» mormorò Neville, ma non poté aggiungere altro, perché qualcuno entrò nella sala.
Una lunga veste nera, il cranio simile a quello di un serpente e due infuocati occhi rossi: lord Voldemort in persona, con un sorriso trionfante che gli incrinava le labbra sottili.
«Neville Paciock, che piacere averti qui nella mia umile dimora» sibilò Voldemort, allargando le braccia come un perfetto padrone di casa.
Neville si voltò lentamente, frapponendosi tra lui e Sam nella vana speranza di proteggere il bambino. Non avrebbe mai vinto contro di lui, lo sapeva, ma il suo ultimo tentativo doveva essere quello di salvare Sam da Voldemort.
Alzarono entrambi la bacchetta e se la puntarono addosso. Una singola goccia di sudore attraversò la fronte corrugata di Neville, mentre i suoi occhi incrociarono quelli rossi e beffardi dell'avversario. Per una frazione di secondo regnò un silenzio tombale, rotto solamente dai sommessi singhiozzi di Sam.
Infine, tutti e due scagliarono le loro maledizioni, ma Voldemort fu più veloce.
Un lampo verde attraversò la sala, colpendo Neville in pieno petto.
Il ragazzo rivoltò indietro gli occhi e stramazzò al suolo.
La profezia si era compiuta.








OMMIODIO! Che cosa ho fatto? O.O
Non lo so...
Lo scoprirete...! ;)
A dopodomani,
la vostra sadica e perfida Beatrix

   
 
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