Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Alex Simon    27/03/2012    1 recensioni
[Autrice:_Titti_(ho solo cambiato il Nik)] Allora, questa nuova Fic parla di un'agenzia di spionaggio che al suo interno purtroppo ha diversi traditori che si sono uniti al nemico... in particolar modo ce n'è uno che dovrà essere scovato da Edward (spia perfetta) e Alphonse (spia per scelta). Come andrà a finire...? Chi è il misterioso traditore che controlla il tutto?
{Buona Lettura} Per la vostra gioia... RoyxEd!
Genere: Azione, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alphonse Elric a bordo della sua auto sfreccia sulla strada completamente deserta guardando di tanto in tanto il paesaggio roccioso fuori dal finestrino: Non si sarebbe mai aspettato un ambiente così tetro e spoglio, per almeno un due o tre kilometri non ci sono altro che montagne, valli sconfinate senza un’anima viva e piante secche.

Dopotutto chi mai verrebbe di sua spontanea volontà in questo luogo dimenticato da Dio? Sarà stato scelto appositamente per la sua posizione e per la poca affluenza come sede di un istituto maligno.

Una volta arrivato a destinazione parcheggia la vettura abbastanza distante dal cancello d’entrata e si avvicina iniziando a guardarsi intorno: Più che un istituto sembra una prigione, ci sono imponenti muri con del filo spinato in cima e dei recinti elettrici che a suo dire sarebbero più adatti per dei cavalli, non per dei bambini.

Non si preannuncia stimolante la sua visita, ma tira un sospiro d’incoraggiamento e prima che i soldati a guardia dell’entrata lo tramortiscano mostra il distintivo.

-Sono un’agente… dovrei visitare la struttura-

-Si signore- Sembrano automi, all’unisono si voltano sbattendo i tacchi degli stivali per aprirgli il cancello elettrico e lasciarlo passare. –Qualcuno la accompagnerà, buona permanenza signore-

“Se tutti qui si comportano come degli automi credo di aver già capito quale sia il problema di Edward: Mancanza di contatti Umani!”

Tira dritto senza mai voltarsi indietro, sente il cancello richiudersi e un brivido gli percorre la schiena. Una volta entrato nella struttura viene accolto da un uomo esile dai grandi occhiali che sembrano coprire occhi spiritati.

-Salve io sono Shou tucker…-

-Alphonse Elric…-

Sembra sorpreso a sentire nuovamente quel cognome.

-Oh Elric… lei però non ha il gene…-

-No sono un agente comune…-

-Benissimo… mi segua prego le mostro la struttura…-

Gesticolando a non finire lo precede lungo un corridoio interamente grigio, strano che non ci siano colori, forme o disegni in un istituto di bambini.

-Avrei una domanda signor Tucker: E’ possibile che il gene si ripresenti più volte nella stessa famiglia?-

-E’ impossibile, il gene compare un'unica volta, in tutto l’anno si prelevano solo un centinaio di neonati aventi il gene in tutto il mondo-

-Quindi vuole dirmi che in tutto il mondo più o meno cento piccoli vengono strappati dalle braccia della loro mamma ogni anno?-

Il tono usato è molto duro, cerca di trasmettere lo sconcerto e la rabbia che prova per quegli esperimenti disumani e il dolore che è sicuro abbia provato sua madre nel vedersi portare via il bambino che aveva amato e nutrito per nove mesi di gestazione, che viveva in empatia con lei come un’unica cosa.

-Esatto…-

-Quale sarebbe lo scopo di tutto ciò?-

-Nel corso degli anni selezioniamo con dure prove i bambini che dimostrano di avere maggiore capacità di adattamento, spirito di iniziativa, forza e determinazione… alla scopo di creare una spia praticamente perfetta-

-E questo titolo va alla persona che resiste ad ogni prova senza mai essere scartata?-

-Ancora esatto…- Si ferma di fronte ad una porta grigia anch’essa, dalla serratura ermetica, per impedire a chiunque di uscire. –Prego questa è la sala degli addestramenti-

Una volta entrato si trova davanti ad una piccola balconata di metallo dove i bambini probabilmente vengono osservati, si sporge quanto basta per vedere dei ragazzini di forse dieci, undici anni maneggiare pistole come al poligono di tiro e combattere con vere lance, mentre alla parete sono appesi altri tipi di arma tagliente o da fuoco che sia.

-Voi fate combattere questi ragazzini con armi vere? Potrebbero ferirsi…-

Sconcertato si volta per chiedere spiegazioni al signor Tucker che non sembra poi sbalordito come lui.

-E’ l’obbiettivo delle prove: rimanere illeso, sono combattimenti che talvolta possono sfociare nel mortale… non siamo in un parco giochi signor Elric qui addestriamo spie non pargoli indifesi-

-Quindi lei lascerebbe davvero che un bambino morisse?-

-Sono cose che capitano in questo campo-

-E le famiglie? Avete sottratto questi bambini ai loro genitori per mandarli a morire?!-

-Signor Elric lei dovrebbe sapere che alla famiglia non è più permesso avere contatti, interferisce con la loro crescita… una volta varcati quei cancelli i soggetti perdono la loro identità, per noi sono numerati per anno e ordine di nascita e gli viene subito insegnato ciò per cui sono stati creati-

-Loro non sono stati creati, sono nati… sono il frutto di un padre e di una madre, vuole dire che i bambini non sanno di avere dei genitori e una famiglia che li cerca?-

-Non è nostro obbiettivo far chiarezza nel loro passato, gli viene insegnato a combattere perché non hanno altra scelta, o combattono o muoiono, col corso degli anni si otterrà come lei avrà sicuramente notato un'unica e perfetta spia-

No… quella conversazione ai limiti della logica non stava avvenendo, si rifiuta di credere che tutto ciò abbia veramente un senso per qualcuno: Combattere o morire, non sono concetti che si possono insegnare ad un bambino spaventato.

-Insinuate in loro soltanto paura e insicurezza rendendoli delle macchine da combattimento prive di emozione! Come può questo essere giusto?!-

Erano loro ad aver insinuato tutte quelle stupidaggini nella testa di suo fratello, a renderlo così freddo e distaccato, calcolatore, una perfetta spia che vive per uccidere o per essere uccisa.

-E’ semplice istruire dei ragazzini convinti di essere stati creati per un unico scopo, più che bambini spaventati che piangono e vogliono la mamma, il concetto di famiglia non esiste in questo istituto, i bambini non sanno assolutamente da dove vengono, non hanno legami di parentela, vivono per sopravvivere…-

-Non ha senso!-

-Tutto ha un senso signor Elric, dipende dai punti di vista, per noi questo metodo è efficace…-

-Che cosa dite ai bambini se iniziano a porsi delle domande sulla loro nascita?-

-Sono nati qui, non hanno alcuno scopo se non quello di combattere e sopravvivere… sarebbe inutile per loro ricercare un’eventuale famiglia, perché nessuno li ha mai amati veramente, altrimenti non sarebbero qui, le pare?-

Queste parole fecero scattare un moto d’ira irrefrenabile in Alphonse, ora aveva capito qual’era il problema di suo fratello, il motivo di tanta freddezza, il perché fosse così distaccato nei suoi confronti: Per sedici anni della sua vita gli avevano inculcato nel cervello solo concetti orribili e crudeli, aveva combattuto per la sua vita e non conosceva altra via d’uscita e non si sarebbe mai fidato di nessuno all’infuori di se stesso poiché secondo gli insegnamenti di quell’istituto, nessuno lo avrebbe mai amato veramente, la sua famiglia lo aveva abbandonato a quel destino crudele.

-Non è vero, all’infuori di queste mura hanno una famiglia che li aspetta e che li piange ogni singolo giorno, non può inculcare nel cervello di questi ragazzini simili cattiverie!-

-Sembra che lei prenda la cosa da un punto di vista strettamente personale signor Elric… mi dica, ha conosciuto suo fratello?-

-Si che l’ho conosciuto, mi rifiuta con tutto se stesso-

-Prevedibile, dopotutto cosa può aspettarsi signor Elric? Lei non c’era quando era qui, nessuno era al suo fianco quando si trovava a combattere tra la vita e la morte, nessuno lo rassicurava con parole dolci, se è vivo non è di certo per merito suo-

-Come può accusarmi di qualcosa che io neanche sapevo?! Ho passato anni alla sua ricerca e se avessi saputo prima di questa condizione sarei accorso immediatamente, anche i miei genitori l’avrebbero fatto-

-Non avrete mai un vero e proprio rapporto, si è trovato qui, solo, per sedici anni, cresciuto come tutti gli altri con il mio metodo, per lui non esiste nemmeno, la sua famiglia lo ha abbandonato in questo istituto crudele, come può pensare che la rispetterà mai o le vorrà addirittura bene?-

-Ma io ci sono adesso e sto cercando di rimediare a quello che lei ha fatto- Sporgendosi verso la balconata osservò quei bambini lottare tra di loro con una tale crudeltà da spiazzarlo –Li guardi, non sono armi né tanto meno i suoi giocattoli, sono dei bambini, costretti a ferirsi vicendevolmente, gli state insegnando cose sbagliate e nel corso degli anni si ritroveranno a non provare sentimenti, a non avere rapporti umani... anche colui o colei che resisterà fino all’ultimo, sarà morto, dentro- D’un tratto attirò la sua attenzione un bambino, bassino coi capelli biondi fino alle spalle e grandi occhi color nocciola, se ne stava isolato in un angolo dell’enorme camerata, non combatteva contro nessuno e dal suo sguardo spaurito s’intravedeva soltanto un’immensa tristezza.

-Quello è il numero 20, prelevato il 0708 in un paesino del sud, suo fratello era esattamente identico, aveva la paura negli occhi liquidi di timore, era solo un bambino confuso e pieno di incertezze, piccolo ed indifeso…-

Stentava a credere a quello che sentiva, suo fratello anni fa era come quel bambino? Eppure a vederlo adesso non si direbbe affatto, così freddo e orgoglioso.

Come quell’ometto, terrorizzato, con gli occhi pieni di lacrime alle quali impediva di scendere forse per paura di esprimere i propri sentimenti visto che lì era considerata una cosa sbagliata o per evitare di mostrarsi debole agli occhi dei propri compagni che intanto si scannavano tra loro.

-Come ha fatto a ridurlo ciò che è adesso…?-

Si girò verso Tucker che come un serpente gli sussurrava all’orecchio parole malefiche.

-E’ stata un’unica certezza, quella che nessuno mai l’avrebbe salvato, a nessuno importava che lui soffrisse o che fosse solo in mezzo alle tenebre, ha dovuto per forza prendere coscienza della propria condizione e lottare per se stesso, lei non era qui signor Elric, l’ha lasciato solo ed è per questo che mai se la sentirà di stringere un legame con lei, e la stessa cosa accadrà a quel bambino, o prenderà la situazione in mano e lotterà per la sua vita o morirà-

No, quelle parole non avevano alcun senso logico, non poteva credere a ciò che stava sentendo, era lo stesso trattamento che era stato riservato a suo fratello ed ora riusciva finalmente a capire cosa gli divorasse l’animo in quel modo: Non era forte ed orgoglioso, ma insicuro, debole ed indifeso, glielo si leggeva negli occhi ogni qual volta parlava di famiglia o si arrabbiava con lui, come il giorno prima nella sua stanza… aveva paura di stringere un rapporto, paura di mostrarsi fragile davanti a lui.

Edward Elric non era fatto d’acciaio.

Bensì di cristallo.

-Mi dica signor Elric, qualcuno verrà mai a salvare quel bambino? Qualcuno lo porterà via da questo istituto? Crescerà qui, secondo i miei metodi, può darsi che abbia qualche speranza di uscirne vivo… oppure morirà, ma nessuno avrà pietà di lui-

-Lo sa signor Tucker…- Il ghigno di quell’essere spregevole iniziava ad infastidirlo, era lui la causa di tutto, colui che aveva rovinato suo fratello e che gli aveva inculcato tutte quelle stronzate in testa da quando era nato, lo odiava, sentiva di detestarlo come mai aveva detestato qualcuno. –Lei è un grandissimo bastardo- Non seppe con quale forza riuscì a farlo ma gli mollò un pugno sul naso, il più forte che avesse mai dato a qualcuno, vide del sangue sgorgare a fiotti ma quella fu la prima volta che non se ne pentì –Questo è per mio fratello e per quel bambino- Tirò fuori le manette d’ordinanza che per fortuna aveva portato con sé e inchiodò quel perfido individuo alla ringhiera per prendere tempo, con un salto scese dalla balconata e si affrettò verso l’angolo dove quel bambino aveva alzato lo sguardo su di lui spaventato.

-Non preoccuparti, ti porto via di qui-

Gli sorrise rassicurandolo, lo prese in braccio e tornò indietro scavalcando Tucker che intanto cercava di liberarsi, gridava contro di lui e contro le guardie che impegnate nell’infliggere dolore chissà dove non accorrevano in suo aiuto.

Fuggì e per la prima volta si sentì vivo, non come quando combatteva contro suo fratello ostinato a dimostrargli qualcosa, ma come quando ci si leva un peso enorme dal petto, un senso di colpevolezza.

Una volta giunto al cancello d’entrata le due guardie vedendolo con un bambino in braccio provarono a fermarlo ma schivando il loro attacco riuscì a respingerli verso la rete elettrica e dopo il contatto caddero atterra svenuti.

Montò in macchina tranquillamente, facendo sedere il piccolo sul sedile accanto al suo per poi allacciargli bene la cintura.

 

 

Edward intanto si trovava nei campi d’allenamento dell’agenzia, cercava di schiarirsi le idee correndo, tenendosi informa, facendo esercizio fisico duro ed estenuante, doveva riuscire ad ogni costo a cancellare quella petulante matricoletta dal suo cervello.

Da quando era arrivata nella sua vita non aveva fatto altro che intromettersi e cercare la parte più umana di lui, era fin troppo ostinato, testardo e dannatamente arrogante.

Non lo sopportava, pensava forse che dopo tanti anni di sofferenza vissuta in solitudine gli sarebbe per caso caduto tra le braccia?

Era sempre stato da solo nell’affrontare i pericoli e gli ostacoli che il mondo gli metteva davanti e non avrebbe mai permesso ad un novellino di cambiarlo, di manovrarlo come un burattino.

Non poteva imporsi nella sua vita, non l’avrebbe mai accettato.

Il sudore gli imperlava la fronte, incollandogli i capelli ai lati del viso, i suoi occhi bruciavano come fiamme vive e il battito del suo cuore non accennava a diminuire mentre si faceva strada tra sterpaglie e terra continuando la sua corsa.

La coda di cavallo sbatteva sulla schiena in un ritmo regolare, però si vide costretto a fermarsi dato che nella sua tasca il telefono aveva iniziato a vibrare.

Pensò subito a Roy, quello scocciatore che tuttavia amava come mai aveva amato qualcuno nella sua vita, era strano ma lui era l’unica persona con cui si era aperto parzialmente, poiché nei suoi occhi mai leggeva rimprovero, ma sempre tenero affetto e amore.

Però dovette ricredersi, era un numero a lui sconosciuto…

-Pronto?-

Rispose con un leggero affanno nella voce fermandosi sulla radice scoperta e alta di un grosso albero.

-Salve numero 7, avrei bisogno di te per una questione davvero importante, vedi mi trovo in città per rivendicare qualcosa che mi appartiene, se potresti rientrare in agenzia te ne sarei grato così ti illustro la situazione-

Nel sentire quella voce ebbe un tremito e sentì freddo, brividi su tutto il corpo che per poco lo fecero vacillare.

-Signor Tucker… da quanto tempo- Cercò di regolare il tono della voce per non mostrare la propria insicurezza –Non so se lei è stato informato nella sua lontana posizione ma mi sono trasferito ad un’altra agenzia-

Sentì delle risa dall’altra parte –Oh lo so, sono fiero della tua indole ribelle ed individualista, mi trovo proprio nella tua attuale agenzia ora, nella tua stanza in compagnia del tuo compagno d’armi-

Per qualche secondo non sentì più nulla poi però qualcun altro prese a parlare.

-Ed, dice la verità, si tratta di una cosa importante dovresti tornare-

Era Roy, si trovava davvero nelle vicinanze allora.

-Sto arrivando, qualche minuto e ci sono-

-Ti aspettiamo-

Riagganciò la telefonata e sebbene le gambe sembravano essersi fatte molli, si fece forza e avanzò a passo deciso verso l’agenzia poco distante dal campo d’addestramento, con una bruttissima sensazione nelle viscere.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Alex Simon