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Autore: Margaret Moonstone    27/03/2012    1 recensioni
Morte disse: "Specchio specchio delle mie brame, chi è la più potente del reame?". Quello rispose: "Ahimè padrona, tu sei forte, ma qualcuno lo è più di te... Amore."
E fu così che Morte cercava, Amore scappava, Dio assisteva, e venne fuori un Pandemonio. E Pandemonio generò le creature che persino Morte teme, tutti temono...tutti tranne Amore.
Una storia fantastica di avventura,mistero,passioni,bugie e soprattutto...Amore.
Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                       CAPITOLO V
 
Gabriel stava davanti a lei, tra i loro volti c’erano pochi centimetri. Il suo Amore, bello più che mai, ora era lì. Avrebbe potuto sfiorarlo, sentire il tocco della sua pelle così caldo e rassicurante; avrebbe potuto abbracciarlo, stringerlo, cercare il contatto mancato per così tanto tempo…voleva posargli la testa sul petto, come faceva sempre, e respirare a fondo il suo profumo che le penetrava ovunque e le annebbiava la mente in uno stato di pura, ebbra felicità. Avrebbe davvero potuto avere tutto questo.
Avrebbe potuto toccarlo, ma tutto quello che avrebbe sentito sarebbe stata la fredda durezza di un semplice specchio sotto le dita tremanti.
 
-“Beatrìce, è ora di andare”. Thomas comparve nella stanza balzando dentro attraverso la finestra aperta.
Aveva passato la giornata nel suo rifugio nel bosco. Era più sicuro: quella casa era piena di finestre che lasciavano filtrare troppa luce e, avevano scoperto curiosando, c’erano rosari e crocefissi dappertutto.
Beatrìce invece, immune a tutto questo, era rimasta chiusa nella casa del mercante, seduta immobile davanti allo specchio nella stanza da letto.
 
-“Andare dove?” chiese un filo di voce e una punta di irritazione.
-“Mmmm… vediamo, per oggi le nostre priorità sono :ritrovare un pericoloso vampiro scomparso, cercare notizie su un pazzo maniaco che trasforma le persone in demoni, fare in modo che nessuno a palazzo si accorga della tua assenza, evitare che io senza Isabel mi trasformi in un demone sanguinario… seratina leggera, non ti pare?”
 
A Beatrìce quello non sembrava decisamente il momento di fare del sarcasmo, perciò si limitò a sbuffare e si alzò pigramente dalla sedia incrociando le braccia al petto.
-“E da dove dovremmo cominciare?” avrebbe voluto mostrarsi indifferente, ma la voce le era uscita più debole del previsto.
Thomas spostò lo sguardo da lei al cortiletto che si vedeva dalla finestra, per poi tornare su di lei con un sorriso che non aveva proprio niente di promettente.
-Se lo può scordare! Non salterò mai giù da quella finestra…per chi mi ha preso? Per una pazza suicida?!”
-“Avanti Bea, ti tengo, fidati di me!”
-“Mai!”.
                                                                                   *   *   *
Beatrìce atterrò con una grazia inaudita sul prato incolto del giardino, cercando in tutti i modi di mascherare il proprio stupore. Si rese conto troppo tardi di avere ancora un braccio serrato intorno alle spalle di Thomas, e lo ritrasse subito.
“Ma come fa?” avrebbe voluto chiedergli, insomma… le era sembrato di essere una piuma che ondeggiava lentamente prima di arrivare illesa al suolo, più che un corpo di cinquanta chili avvinghiato a uno di almeno settanta che si lanciava a rotta di collo da dieci metri di altezza.
-“Voi quasi-vampiri non amate le porte, non è vero?” disse invece, acida.
-“Noi quasi-vampiri non amiamo essere visti andare a zonzo per le città come se niente fosse, soprattutto se usciamo dalle case altrui…”
-“Oh, ma certo, immagino che lanciarsi giù dalle finestre invece dia molto meno nell’occhio…”
Lui si portò una mano alla fronte esasperato, e si limitò a sorridere.
 
Ma perché sorrideva? Dentro  di lei regnava il caos, sentiva la tristezza consumarla nel profondo cercando in tutti i modi di contenerla e lui…sorrideva?!
Come faceva  a non capire che il suo sarcasmo era l’unica arma che le restava per non lasciarsi andare?
Sentiva la rabbia crescerle dentro sempre di più. Perché non la lasciava in pace…non aveva un minimo di compassione?
Poi un pensiero improvviso: no, lui non aveva compassione.
Non poteva provare compassione.
Era per questo che la voleva…lui l’aveva cercata quando ormai nessuno più si curava di lei. Le aveva rivelato segreti troppo pericolosi sciogliendo i dubbi che l’avevano sempre tormentata. Le aveva dato la possibilità di riscattarsi e mettere fine alla sua nostalgia. Thomas aveva bisogno di lei per ricominciare a vivere davvero. E lei aveva bisogno di lui. Perché erano nella stessa situazione.
Confusi.
Spenti.
Soli.
 
Sì, doveva seguirlo. Doveva andare avanti a tutti i costi se voleva tornare ad avere una vita.
Non che seguire Thomas fosse un problema: quell’uomo aveva qualcosa di terribilmente affascinante che le impediva di lasciarlo solo davvero. Nonostante lo odiasse –per principio, dopo il rapimento e tutti quei racconti- sentiva in qualche modo di non poter fare a meno di lui. Come la prendeva con sicurezza, come la guardava con quel sorriso incomprensibile…
Le ci vollero un paio di secondi per ricordare a se stessa che lo odiava.
“Per Gabriel” si ripeté alzando lo sguardo verso il suo enigmatico compagno, dopodiché in silenzio iniziò a camminargli a fianco cercando di convincersi che fosse davvero solo “per Gabriel” che continuava imperterrita a seguirlo.
                                                                              *    *    *
Quella ragazza ce la stava mettendo tutta per farlo uscire dalla grazia di Dio.
“Non che io non sia già fuori dalla grazia di Dio…”considerò mentalmente Thomas, trattenendo a stento un sorrisino stupido. Non gli ci era voluto molto per capire che Beatrìce non era il genere di persona con cui si poteva scherzare, specialmente in un momento delicato come quello. Il suo fissarlo diffidente, la sua ostilità dopo essersi abbandonata piangente tra le sue braccia poche ore prima, il suo continuare ostinata a dargli del lei..
Era esattamente come Gabriel –e anche Isabel- l’aveva descritta: non avrebbe mai ammesso di avere bisogno di aiuto, o di stare soffrendo, a costo di negare l’evidenza con i suoi insulti patetici.
Era molto carina…
Andiamo, chi voleva prendere in giro? Era pazzesca! Cioè, aveva quel genere di bellezza che sembra sempre troppo pura per essere toccata, la bellezza irraggiungibile di un essere ultraterreno…
Di un Angelo.
Sorrise di nuovo. Ora lei era molto vicina, camminava alla sua destra mantenendo una  distanza minima per non far sospettare niente tra di loro che fosse più in là di un’amicizia distaccata.
Averla a fianco lo tranquillizzava, come succedeva con Isabel: si sentiva al sicuro dalle forze oscure con cui doveva lottare quotidianamente. Però era anche inquieto…possibile che stesse provando simpatia per la sua protetta?
No. Impossibile. Si sbagliava, in fondo era così tanto che un’emozione non gli penetrava il cuore che forse non avrebbe saputo riconoscerla. Già, probabilmente era solo il freddo.
“Eh sì, c’è una certa arietta...”
 
E va bene, era patetico. Che gli piacesse o no, dentro di lui stava succedendo qualcosa di anomalo. Perché i brividi di certo non era il freddo a provocarglieli…
Stava provando dei sentimenti! Che sentimenti era ancora presto per dirlo, un passo alla volta… Stava provando dei sentimenti! E allora perché non era felice? Perché si sentiva a disagio… compromesso?
“Sciocchezze Thomas, questa ragazza ti ricorda Isabel”
Certo, Isabel…se avesse potuto ne sarebbe stato certamente innamorato, forse lo era anche, e ora il suo ricordo lo tormentava.
Riuscì finalmente a distrarsi dalle sue riflessioni, e prese a osservare il buio della stradina cercando di convincersi che fosse davvero solo Isabel la causa di tutto.
                                                                               *    *    *
 
-“Senti freddo Beatrìce?”
Alla fine non si era potuto trattenere dal farle la domanda.
-“Mmm. No, sto benissimo.” La risposta, più simile a un mugugno, fu accompagnata da un violento tremito.
Le porse un mantello decisamente fuori misura, che lei rifiutò immediatamente.
-“D’accordo, quanto deve andare avanti questa storia? Abbiamo camminato per più di due ore e neanche una parola! Sai, tanto per cortesia, o per sapere se sei ancora viva, se preferisci… la gente ogni tanto lo fa… Come sta oggi? Bel panorama, eh! Mio figlio è un vero tesor…”
-“Perché Gabriel? Perché lo specchio ha riflesso Gabriel? Cosa significa?”
 
Di nuovo quegli occhi smarriti, bellissimi, puntati su di lui per una risposta che li facesse sentire meglio, più protetti. E non era lì per quello, in fondo? Per proteggerla.
Ma la risposta era semplice: “ Non lo so.” Non sapeva niente. Non aveva idea, ma non poteva mostrarlo. Doveva proteggerla.
-“Non saprei Beatrìce, è strano… di solito il riflesso ci mostra il volto di chi siamo, non di chi amiamo… e per te che sei una donna l’immagine avrebbe dovuto essere femminile. Ma lui ti ha comunque morsa, magari l’effetto non era ancora finito…”
Non era convinto nemmeno lui delle sue stesse parole, e Beatrìce lo capiva. Ma la sua voce le dava conforto, così annuì e abbassò la testa.
 Intanto Thomas rimuginava. Non su quale fosse la risposta, ma su come avrebbe potuto dirlo a Beatrìce. Perché improvvisamente era chiaro.
 
-“Gabriel è con lui” le prese il braccio in modo da fermarla e guardarla dritto negli occhi, non poteva mentirle “lui, l’artefice di tutto tiene in ostaggio Gabriel perché vuole qualcosa da te. Chiunque sia non sa cos’è l’amore, perciò pensa che tu possa facilmente dimenticarlo.  Per questo ti costringe a vederne il riflesso: così non potrai dimenticare. E questo gli farebbe   comodo, perché vuole portarti da lui. Ti vuole, non so il motivo, ma è chiaro come il sole che lui vuole te. “
 
Beatrìce chiuse gli occhi e all’uomo parve che avesse smesso di respirare. Si era fatta pallida, pallidissima. Sbatté le palpebre e un attimo dopo era di nuovo in cammino, come se niente fosse.
-“Allora, si può sapere dove siamo diretti?”
-“Domani notte ci sarà la luna piena, e andremo al vecchio cimitero dove il mio amico Edgar mi aveva ritrovato, se esiste ancora. Ho l’impressione che potremo capirne di più. Nel frattempo dobbiamo allontanarci il più possibile dalla città: quando a corte si accorgeranno della tua assenza inizieranno le ricerche, e non possiamo permettere che ti trovino insieme a una “bestia” come me, sembrano così religiosi…”
-“Oh, per questo possiamo stare tranquilli: siamo così tante a palazzo che nessuno noterà una mancanza…io poi…non gliene è mai importato niente di me, ero solo un peso…sono sicura  che saranno beati e sereni, ignari di tutto…”
                                                                              *    *    *
Nel palazzo regnava il caos completo.
Le ragazze erano già abbastanza tese per l’omicidio di Isabel, e da quando avevano saputo del presunto “rapimento” erano terrorizzate, per usare un eufemismo.
-“Povera cara, le volevo bene come a una sorella…” piagnucolava una giovane dama con le trecce, che nemmeno ricordava l’ultima volta in cui aveva rivolto la parola a Beatrìce.
-“Che facciamo, dobbiamo scappare o faremo la stessa fine!” strillava un’altra, più egocentrica.
 
L’allarme era stato lanciato da suor Anastasia, quando, al ritorno dal rosario, aveva perso di vista la giovane. Nel giro di un minuto la notizia si era diffusa ovunque, arricchitasi di particolari fantasiosi. Secondo alcune voci Beatrìce era scappata con una carrozza insieme a un principe misterioso, inoltre, sostenevano altri, la sua veste stava prendendo fuoco mentre gridava aiuto dalla cima del campanile della chiesa. Infine qualcuno confermava sicuro  di averla avvistata in piazza grondante di sangue mentre baciava con passione un uomo vestito da frate.
 
Madre Anastasia, ignorando i pettegolezzi della altre suore e facendosi largo tra la folla di ragazze spaventate, si precipitò ad aprire il portone, aspettandosi di trovarsi davanti le guardie che aveva mandato a chiamare poco prima.
Invece, a piegarsi di fronte a  lei con un inchino plateale, fu un uomo che, chissà per quale motivo, era sicura non avesse niente a che fare con la giustizia.
Il suo aspetto era elegante e fascinoso: un uomo sulla cinquantina con un ‘impeccabile capigliatura argento, due occhi grigi gelidi e circospetti, e una serie di rughe marcatissime in ogni angolo del volto . Gli abiti erano di una classe sorprendente, il profumo di colonia inebriante.
Tuttavia c’era qualcosa di sgradevole che traspariva da quell’individuo, qualcosa di strano che non si riusciva a identificare, e questo innervosiva ancora di più.
Il ragazzo che gli stava dietro, invece, era un libro aperto. Nonostante il mantello e il copricapo che impedivano di coglierne i tratti, si vedeva che era spaventato.
Infatti, quando la suora, dopo essersi scambiata qualche battuta con l’altro, li invitò a entrare, il giovane indugiò, e il più anziano gli ordinò con un cenno di rimanere fuori.
 
-“Desidera qualcosa? Posso farle preparare una camera, se vuole fermarsi”
-“Oh, no la ringrazio” la voce suadente e l’espressione strana del viso mettevano a disagio la vecchia suora “sono qui per parlare con lei di alcune faccende importanti. Ho saputo dell’increscioso incidente che è costato la vita a una delle vostre fanciulle” fece una pausa e si mise a sedere su una panca  “ e della recente scomparsa di un’altra…”
Madre Anastasia annuì ansiosamente.
-“Ed è per questo che sono venuto: si da il caso che io sia un lontano parente di Beatrìce, ed ero arrivato in città per parlarle dell’eredità di un vecchio zio venuto a mancare il mese scorso… sa, c’è in ballo molto denaro, e ho come il sospetto che il rapimento della ragazza sia in qualche modo legato a questo.”
La suora pendeva dalle labbra dell’ospite, dopotutto non aveva mai saputo nulla sulla famiglia di Beatrìce.
-“In qualche modo mi sento in dovere di contribuire alle ricerche, anche perché potrei sapere qualcosa in più sulla ragazza. Ma non è abbastanza, quindi se lei avesse qualche informazione precisa su Beatrìce, dopo che ha vissuto qui per tutti questi anni…”
-“Oh certamente! Posso mostrarle la sua stanza, o gli archivi dove annotiamo le attività svolte…”
-“Bene bene non perdiamo tempo, allora” sbottò l’uomo con un sorriso tirato e l’irritazione stampata in volto.
-“Giusto. Ma prima ho qualcosa per lei. Sa, qui si insegna alle giovani donne l’amore per il Signore, e siamo tutti molto devoti…è tradizione donare ai forestieri un rosario…ecco, tenga, sarà il suo segno di riconoscimento finché starà con noi..”
 
L’uomo indietreggiò alla vista dell’oggetto, cercando di mantenere la calma.
-“No, non credo sia necessario…”
-“Oh non faccia complimenti! Non si rifiutano i regali…anzi mi dica il suo nome, la presenterò alle ragazze…”
La suora allungò il rosario  verso di lui, sorridente.
-“No davvero, io non…”
-“Coraggio, e mi dica il suo nome…”
 
Un secondo, un tonfo sordo.
Madre Anastasia cadde a terra, morta.
L’uomo non si era mosso.
Il rosario scivolò sotto un mobile.
Mentre un rivolo di sangue bagnava il tessuto nero del velo, lo sconosciuto si alzò, ghignando.
-“Ivan Rotten. Il mio nome è Ivan Rotten”.
 
 
 
Sì lo so lo so. Chiedo perdono per il clamoroso ritardo, sono stata molto presa, e quando non ero presa “l’ispirazione” andava in ferie… Comunque, dato che questo capitolo è piuttosto lunghino ma non succede granchè, prometto che il prossimo arriverà presto, approfittando del ritorno dell’ “ispirazione”! Come al solito vi ringrazio tutti, vi adoro anche solo per aver letto… Recensioni ben accette!
A presto, anzi a prestissimo :D
*..lady Black Rose..*
  
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