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Autore: ka_chan87    25/10/2006    10 recensioni
Tempi duri aspettano il Continente delle Tre Terre con un nuovo nemico a minacciare la sua stabilità. Cinque giovani per unire le Tre Terre a comabattere sotto un'unica bandiera l'odiato nemico... avventure, scontri tra la magica atmosfera di tre misteriosi paesi, ognuno con la propria storia e le proprie magie e la nascita di grandi amicizie e grandi amori... tutto questo è "La Guerra delle Tre Terre"
Genere: Romantico, Azione, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Naraku, Sango, Shippou
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, lo so, sono in ritardo, più che in ritardo.
Ma voi non avete idea dell'odissea che ho dovuto affrontare per pubblicare e scrivere questo capitolo. Il colleggio in cui - purtroppo - sto, mette a disposizione pochi computer, i quali quasi sempre occupati oppure, quando sono liberi, non va internet.
Inoltre la scuola mi occupa molto tempo - anche se passo i giorni più belli della mia vita *-* - per cui il tutto si riduce a ben poco tempo.
Ma come ho già detto altre volte non ho alcuna intenzione di abbandonare questa storia, solo vi chiedo di capirmi e portare pazienza.
Comunque credo che questo capitolo renderà felici molti di voi e spero in questo modo mi perdonerete.
Purtroppo - ma che strano! <___< - sono di fretta, per cui non faccio i ringraziamenti ad personam, ma comunque vi ringrazio davvero tantissimo tutti quanti, sia per i complimenti che sempre mi fate, sia perchè continuate a sostinermi! Non sapete quanto mi fate felice.
Ora vi saluto, vi lascio al capitolo con la speranza che vi piaccia, baci ^_________^

29° CAPITOLO "NELLA PAURA, IL TUO CUORE"

La pioggia cadeva fredda, battente, quasi pungente, l’aria piena del suo scrosciare violento sulla terra e gli alberi intorno, le cui foglie si piegavano ripetutamente sotto i suoi colpi.
La pioggia cadeva, conferendo a ciò che si stava consumando in quel luogo un aspetto ancora più minaccioso e cruento.
Il clangore delle armi e i grugniti animaleschi degli Orchi fendevano l’aria quasi come lame invisibili, e tra queste, i ruggiti potenti e feroci dei Draghi, difensori di quella pace spezzata. Già da diversi minuti il combattimento tra gli invasori e i Cavalieri era cominciato, sotto gli occhi ancora increduli e spaventati del Cavaliere Supremo, tuttora sospeso in aria sul suo Drago d’Oro.
Fu proprio il ruggito dolorante della creatura a destare Kagome, ora veramente consapevole di quello che stava accadendo.
Volse la sua attenzione a Hirador, notando così una freccia scura impiantata nella sua ala destra.
Spalancò gl’occhi argentei, per poi serrare la mascella con rabbia.
Guardò sotto di sé, mentre nugoli di frecce continuavano ad essere lanciate nella loro direzione.
Osservando le mosse degli Orchi non poté fare a meno di notare una figura riversa a terra, i lunghi capelli candidi, ora inzuppati d’acqua e fango, disposti malamente intorno a sé, il corpo robusto e scattante quasi schiacciato dalle masse di quelle ignobili creature che gli si erano accalcate intorno.
Inuyasha.
Aggrottò le sopracciglia, serrando ancora di più la bocca mentre una rabbia furiosa le riempiva gli occhi e mandava in fermento il suo sangue.
Estrasse la spada che reggeva al fianco mentre un’aura di potere prendeva a circondarla. “Hirador, ce la fai?” domandò al Drago
- Naturale! Andiamo a fargliela pagare, Kagome! Quegl’animali non dovevano osare ferire la mia compagna! – le rispose, con tono furibondo la creatura, facendola restare sorpresa per quello che aveva detto. Sorrise, con gli occhi pieni però di desiderio di vendetta.
Con un ruggito assordante il Drago d’Oro prese a gettarsi in picchiata verso gli Orchi che si frapponevano tra Inuyasha e Harliem, e che gli altri tre Cavalieri non riuscivano a tenere completamente a bada.
Quando fu abbastanza vicino al suolo, Hirador tirò il fiato, ingrossando il collo ricoperto di squame nere, trattenendo il respiro per qualche secondo.
Un attimo dopo, dalla sua bocca esplose una potentissima fiammata che andò a colpire quasi tutti gli Orchi i quali, per la velocità dell’azione, erano stati presi completamente alla sprovvista.
Con un pesante tonfo la coppia arrivò a terra, venendo immediatamente assaltata da altri nemici che erano andati a sostituire quelli eliminati.
Kagome scese prontamente dalla sua cavalcatura, con la spada sguainata pronta a fendere vite.
Sul suo viso comparve un’espressione che non assumeva da tanto tempo e che, dovette ammettere, le era mancata.
L’espressione di chi gioisce per il fatto di poter eliminare chi le ha causato dolore.
Guardò con disgusto le creature che le si paravano davanti, i corpi corpulenti e massicci, dalla pelle scura e spessa come cuoio, completamente fradici di pioggia che, ignara, continuava a battere sulle loro teste.
Affondò la lama nel primo nemico che osò attaccarla, notando quanto quella battaglia li avrebbe impegnati.
Quelli erano diversi da qualunque Demone avessero mai affrontato, le loro tecniche, i loro attacchi, le loro stesse fattezze erano qualcosa di completamente ignoto per loro.
La miko digrignò i denti nell’atto di sfilare la propria spada dal corpo senza vita dell’Orco abbattuto.
Sul suo viso nacque un’espressione di disappunto. Una semplice spada non sarebbe servita a granché contro quelle bestie.
Un ruggito la fece voltare, e vide Hirador sbranare un Orco che le si era pericolosamente avvicinato. Deglutì. Doveva restare calma e lucida, altrimenti non ne sarebbe uscita viva. Lanciò uno sguardo di intesa al proprio Drago, per poi voltarsi nuovamente e lanciarsi contro il resto dei nemici.
Nonostante la robustezza degli avversari, non ci volle molto perché i Cavalieri fossero in vantaggio, soprattutto grazie ai colpi dei Draghi, che con le loro fiammate e i loro artigli, avevano spezzato ben più di una vita.
Buona parte del merito andava a Khel e Oserfh, e vedendoli combattere si poteva notare benissimo quanto l’esperienza avesse forgiato il loro stile di combattimento e quanto fossero in sintonia.
Ferire Oserfh appariva un’impresa pressoché impossibile, e lo stesso per Hirador, visto che tra tutte le razze di Draghi, Metallo e Oro erano sicuramente i più robusti e quelli con squame quasi indistruttibili.
“Restate vicino a Inuyasha e Harliem!” la voce limpida e in quel momento ruggente di Miroku si levò tra i grugniti e le grida di dolore.
Kagome guardò il cugino che lanciava a destra e a manca un’infinità di colpi e incantesimi, aiutato da Varandir che con le sue fiammate gelate immobilizzava i nemici permettendo al proprio Cavaliere di finirli.
Tutti stavano dando il meglio, nonostante quella fosse la prima volta in cui si trovavano ad affrontare un combattimento di quella portata.
“Sieg!” l’urlo di Sango le fece voltare la testa in direzione del Drago, capendo il perché di quell’esclamazione preoccupata. Un Orco, grazie ai compagni che tenevano occupata la creatura, era riuscito a montargli sulla schiena e andare a colpire con un pugnale affilato in uno dei punti più delicati dei Draghi, lì dove l’ala si attaccava al resto del corpo senza la protezione delle squame.
Sieg emise un ruggito fortissimo di dolore e rabbia. Si alzò bruscamente sulle zampe posteriori, cercando di scrollarsi di dosso l’Orco che cadde per la mossa improvvisa.
Quando fu a terra il Drago gli si gettò addosso, afferrandogli con le fauci le gambe per poi strappargliele dal tronco.
La creatura sotto di lui emise un grugnito di dolore che a Kagome diede i brividi, per poi zittirsi con un sospiro.
Sieg non se ne curò, andando ad attaccare ferocemente altre di quelle bestie infami.
Il Cavaliere Supremo tornò a concentrarsi sulla sua battaglia, scostandosi dal volto una ciocca di capelli, appesantita dalla pioggia battente.
Nel farlo le tornò alla mente il giorno in cui aveva incontrato per la prima volta quel bizzarro gruppo proveniente dalla Terra Centrale. Anche in quell’occasione aveva dovuto combattere sotto la pioggia, accorgendosi poi della loro presenza… affondando, per la prima volta, in due occhi ambrati, penetranti e magnifici.
Nel ripensare all’Hanyou ferito, la rabbia in lei aumentò ancora, sfogandola su chiunque le capitasse a tiro.
Senza rendersene conto, il suo corpo venne circondato da una luce opalescente azzurrina, e dalle sue mani cominciarono a saettare colpi su colpi che andavano a falciare più di una vita alla volta.
Il furore e il ribrezzo verso quelle creature, peggiori delle bestie più sanguinarie, prese ad accecarla, rendendola una vera e propria macchina da combattimento, con l’unico scopo di portare il vento gelido della morte.
Mentre abbatteva l’ennesimo avversario, Miroku avvertì chiaramente il flusso di un’energia potentissima e incontrollata.
Volse lo sguardo, puntando i suoi occhi preoccupati verso la cugina palesemente fuori controllo.
“No, maledizione, no!” esclamò, perdendo completamente di vista il fatto di essere accerchiato.
- Miroku! – esclamò Varandir, gettandosi su un Orco con l’arma levata sulla testa del Cavaliere.
Il Majutsushi si girò giusto in tempo per vedere la testa strappata via dal resto del corpo della creatura nemica
- Che ti prende, non puoi permetterti di distrarti! – lo ammonì la dragonessa, senza guardarlo in volto, ma concentrata sugli avversari.
“Varandir, ho bisogno che mi copri le spalle, devo raggiungere Kagome! Sta perdendo il controllo!” le urlò, abbattendo un altro nemico.
Il Drago volse gli occhi al Cavaliere Supremo, capendo ora cosa preoccupasse Miroku.
- Va bene, và, ti copro io! – gli disse, parandogli si davanti mentre lui, ringraziandola, prendeva a muoversi in direzione della cugina.
Imprecò vedendo quanti Orchi si frapponessero tra loro. Ci avrebbe messo una vita! E mentre formulava quel pensiero, un boato gli riempì le orecchie, mentre una luce accecante lo costrinse a chiudere gl’occhi, cosa che non gli permise di mettersi al riparo quando un’onda d’urto fortissima lo scaraventò al suolo.
Rimase a terra per non seppe quanto tempo, la testa confusa mentre un fischio fastidioso gli riempiva le orecchie.
A fatica si mise seduto, stringendo gli occhi color del mare, per cercare di vedere qualche cosa tra il muro di polvere che si era alzato a causa dell’esplosione.
Quando il leggero vento gli permise di vedere tra quello, restò pietrificato da ciò che gli si parò davanti agli occhi.
Una distesa di cadaveri a perdita d’occhio si estendeva, rendendo nera quella che prima era una radura verdeggiante.
La pioggia continuava a cadere, creando un pavimento fatto di fango e sangue scuro.
E in mezzo a quella carneficina si stagliava la figura ansante e senza controllo di Kagome, ancora con le mani rivolte davanti a sé, e gli occhi pieni delle vittime che aveva mietuto al solo suo tocco.
Un movimento dietro di sé la fece voltare bruscamente, e vide un Orco rimasto miracolosamente illeso da quel colpo, lanciarsi con pazza ferocia verso il corpo riverso di Inuyasha, l’ascia stretta in mano pronta a calarsi sul collo del mezzo- demone, pronto a finirlo.
La miko sgranò gl’occhi a quella scena, venendo nuovamente invasa dalla furia cieca. Allungò il braccio destro, con la mano spalancata, in direzione della creatura che, improvvisamente, si ritrovò immobilizzata.
Con sguardo impassibile, Kagome intensificò quella presa invisibile, facendo gemere di dolore e sorpresa l’Orco, che si vide sollevare in aria, imprigionato senza via di scampo da quella mano fatta solo di aria ed energia.
Il Cavaliere Supremo guardava con indifferenza colui che si sarebbe andato ad aggiungere tra le sue altre vittime.
Prese a chiudere la mano a pugno, e man mano che lo faceva, l’Orco urlava sempre di più per il dolore, in un crescendo straziante che inorridì il resto dei Cavalieri, pietrificati da quella scena.
Miroku cercò di riscuotersi, e, seppur traballante, prese a correre verso la cugina per impedirle di compiere quel gesto disumano, lo stesso Hirador che, trovandosi estremamente vicino alla ragazza, era stato scaraventato lontano dall’onda d’urto di poco prima.
Il Majutsushi le aveva quasi toccato una spalla quando lei aveva stretto con forza il pugno e, insieme a quel gesto, il corpo dell’Orco era letteralmente esploso, non lasciando niente di sé, se non una pioggia di sangue che si andò a mescolare alle gocce di pioggia.
Il Mago si parò davanti alla cugina, restando gelato quando vide i suoi occhi vitrei, senza vita, quasi… malvagi.
“Kagome! Kagome! KAGOME!!!” urlò, scotendola, terrorizzato dall’idea che sarebbe rimasta così per sempre.
Tirò un sospiro di sollievo vedendo le sue iridi tornare al loro bellissimo colore argentato, ricolme di sorpresa. Sollevato nel vederla di nuovo normale, l’abbracciò di getto, sospirando di felicità.
“Mi… Miroku… che…” balbettò lei confusa e perplessa dal comportamento del cugino
“Kagome! Stai bene?!” le chiese di rimando lui, scostandola da sé
“S- sì, credo di sì! – rispose lei, con la testa confusa e ricordi sconnessi – E gli Orchi? Che ne è stato degli Orchi?!” domandò agitata, per poi guardarsi intorno e restare pietrificata dal panorama che le si stagliava dinanzi.
“M- ma che… che diavolo è successo?” domandò con voce strozzata, inorridita da quella carneficina
“Non ricordi nulla?” intervenne Khel, che si era avvicinato con Oserfh, Sango e Sieg invece al fianco di Miroku
“I- io, no, in effetti non ricordo le ultime cose che sono successe… ricordo solo che stavo combattendo e poi più niente” ammise la miko, rammaricata e confusa.
“Sei… sei stata tu, Kagome. Ti sei lasciata invadere dal potere e questi sono i risultati” le disse con tono dispiaciuto Miroku, tenendo lo sguardo basso.
Il Cavaliere Supremo sgranò gl’occhi, incredula e spaventata. No, non poteva essere vero, non poteva essere stata lei, pensò mentre il respiro le moriva in gola.
Ma lo sguardo basso del cugino, e gli occhi imbarazzati di Sango e Khel confermarono quella verità.
Volse i suoi occhi terrorizzati verso Hirador, l’unico che non distolse lo sguardo dal suo, ma che le si avvicinò, accarezzandola col muso.
Kagome lo abbracciò, mentre alcune lacrime prendevano a solcarle il volto e a brillare, illuminate da un timido raggio di sole che capitolò da dietro le spesse nubi.
Ormai la pioggia era cessata, e una leggera foschia abbracciava ora quel luogo di morte, prima rigoglioso e brulicante di vita.
Il Cavaliere Supremo si scostò dal proprio Drago, per puntare nuovamente gl’occhi su quello spettacolo orribile. Una distesa di corpi immobili si estendeva, nessuno era stato risparmiato.
E anche se meritavano di essere puniti per i loro gesti… non bisognava essere arrivati a quel punto.
Guardò inorridita le sue mani. Anche lei poteva essere equiparata a quelle bestie senza cuore.
Ma mentre lo sconforto e l’orrore le invadevano la mente, ricordò che, ora, c’era ben altro di cui occuparsi.
Volse bruscamente lo sguardo, per poi correre verso la figura ancora riversa a terra di Inuyasha.
Si fermò vicino al suo corpo, impaurita sul da farsi.
Era terrorizzata dall’idea che, se lo avesse girato, avrebbe visto il suo volto pallido e senza vita, il suo corpo che non si sarebbe mai mosso, i suoi occhi così belli chiusi per sempre.
Deglutì a fatica, la gola completamente secca.
Si chinò lentamente sul mezzo- demone, le mani tremanti tese ad afferrarlo, e a voltarlo verso di sé.
Afferrò la sua casacca completamente bagnata, per poi girarlo, lentamente, ritrovandosi il suo capo posato sulle gambe.
Era immobile. Il volto pallido come se l’era immaginato, gli occhi chiusi, e il corpo pesante. Non poteva essere. Non voleva crederci.
Chinò il capo, mentre il sangue sembrava essersi fermato nelle vene e il respiro imprigionato nei polmoni.
Poi, un gemito, un sospiro soffocato attirò la sua attenzione e posò i suoi occhi argentei sul viso dell’Hanyou, ora teso in un’espressione di dolore mentre, con la bocca aperta, cercava di respirare quanto più poteva.
Era… era vivo!
“Miroku! Miroku, presto! Inuyasha è vivo!” esclamò, guardandolo attentamente per cercare di capire quali fossero le sue condizioni.
Il Majutsushi, insieme agli altri, si avvicinò per constatare le condizioni del mezzo- demone. Miroku gli afferrò il polso, sentendone i battiti.
“È ridotto male – disse, guardando seriamente Khel – Dobbiamo portarlo al più presto alla guarnigione”
“Certo. E con Harliem che facciamo? Anche lei è ferita gravemente, soprattutto le ali. Non è in grado di volare” osservò il comandante, volgendo un’occhiata alla dragonessa, a cui si era affiancato un Hirador preoccupatissimo
“Oserfh!” chiamò, poi, l’uomo “Corri all’accampamento. Cerca Evan e digli di portare qualcuno che ci aiuti a trasportare Harliem con urgenza”
- Vado subito – rispose di rimando il Drago, alzandosi immediatamente in volo e partire in direzione di Hogarth
“Kagome” chiamò poi la principessa, catturando il suo sguardo leggermente incerto e spaventato “Tu parti con Hirador e tornate a Hogarth, insieme a Inuyasha. Perché Oserfh arrivi e torni alla guarnigione con i soccorsi ci vorrà del tempo, e Inuyasha ha bisogno urgentemente di cure. Te la senti?”.
“S- sì, ce la faccio. Ma voi?”
“Non ti preoccupare, restiamo qui a fare la guardia. Tu pensa solo ad arrivare il più in fretta possibile a Hogarth, qui ci pensiamo noi, non ti preoccupare” la rassicurò, sorridendole. Kagome si volse a guardare sia Miroku che Sango e anche loro le sorrisero
“Và, Kagome. Inuyasha adesso ha bisogno di te” le disse Sango, chinandosele vicino e posandole rassicurante una mano sulla spalla
“Hai ragione” rispose la miko, ora più sicura “Hirador!” chiamò poi il Drago che si era già avvicinato avendo sentito quali erano le decisioni prese
“Ce la fai ad arrivare a Hogarth trasportando anche Inuyasha?” gli domandò preoccupata, guardando la freccia ancora conficcata nella sua ala
- Sì, non ti preoccupare – le rispose, avvicinandosi a lei e al Cavaliere incosciente.
Kagome si alzò lentamente, posando con delicatezza a terra il corpo di Inuyasha. Poi si avvicinò al Drago, salendogli in groppa, aspettando che Khel e Miroku posizionassero Inuyasha davanti a lei, in modo che potesse reggerlo, anche se il suo corpo era di certo più ingombrante.
Per evitare di farlo muovere troppo, col rischio così di peggiorare eventuali fratture, lo legarono con diverse imbracature a Kagome e allo stesso Hirador.
“Ci vediamo a Hogarth. Mi raccomando, fate attenzione” si preoccupò la principessa.
“Sì, anche voi” rispose Khel, e insieme a Miroku e Sango, guardò i tre alzarsi in volo e scomparire dietro le nubi che si stavano lentamente diradando.

Hirador volava veloce, le ali nere che fendevano l’aria rinfrescata dalla pioggia, la quale ormai aveva cessato di cadere, permettendo così a Kagome di non dover soffrire troppo il viaggio, con gl’occhi colpiti dalle gocce che, violente, sbattevano sul suo volto velato di tensione.
La grande schiena di Inuyasha, appoggiata contro di sè, la riparava dall’aria che l’accarezzava tagliente. Ogni tanto lo vedeva barcollare in avanti, la testa appoggiata contro il petto, pesante.
Vederlo in quello stato le gelava il sangue nelle vene, e più volte lo avvicinava maggiormente a sé per sentirne il movimento del torace che, seppur in modo irregolare, si alzava e abbassava ripetutamente.
- Hirador, stai bene? – domandò Kagome con tono preoccupato, spostando l’attenzione dal mezzo- demone al Drago che, nonostante l’ala ferita, volava imperterrito e con tono sostenuto
- Sì, non preoccuparti, tra poco saremo a Hogarth e potrò riposare – la rassicurò lui con tono vellutato che lei percepì quasi come una carezza. Sorrise grata, sicuramente la creatura era ben consapevole di quale fosse in quel momento il suo stato d’animo e, nonostante la situazione, continuava a starle vicino.
Trascorsero pochi altri minuti quando entrambi poterono vedere le alte guglie della caserma stagliarsi contro il cielo ancora grigio, invaso dalle nuvole.
Quasi immediatamente la figura massiccia di Hirador fu visibile anche dalle torri di vedetta della guarnigione e immediatamente i soldati di turno lanciarono un urlo, annunciando il loro arrivo già anticipato da Oserfh, arrivato prima di loro.
Appena il Drago d’Oro toccò terra, un nugolo di soldati gli si avvicinò, aiutando Kagome a far scendere Inuyasha ancora incosciente.
“Presto, ha bisogno di cure immediate!” esclamò con tono mozzato dalla preoccupazione e da tutte le emozioni di quella giornata
“Ci penso io” la voce di Evan, arrivato immediatamente, sentito l’allarme del loro arrivo, le sembrò uno spiraglio di luce nell’oscurità
“Ti prego, fa presto” lo scongiurò con occhi tremanti, ricevendo il sorriso rassicurante e gentile del ragazzo che subito dopo ordinò affinché portassero una barella per trasportare il ferito
“Anche tu, Hirador, hai bisogno di cure. Di te si occuperà Astroth, il mio Drago. Dovrebbe arrivare con Oserfh da un momento all’altro” aggiunse Evan, guardandosi intorno per scorgere le figure dei due Draghi.
Kagome rifletté che non aveva ancora visto il Drago del figlio del comandante. Avrebbe preferito conoscerlo in circostanze più felici.
- Io posso resistere. Prima di tutto bisogna pensare a Inuyasha. – disse Hirador, cercando di rendere il più sicuro possibile il suo tono palesemente affaticato.
Kagome gli si fece vicino, accarezzandogli il dorso squamato, allontanandosi quando poi arrivarono alcuni uomini con una barella e, a capo fila, una donna di mezz’età, dalla corporatura esile mentre invece il viso aveva tratti duri e risoluti.
“Jisel, sei qui” l’accolse Evan, avvicinandosele, con un tono chiaramente sollevato.
“Sì. È lui?” domandò lei di rimando, le iridi di un pallido marrone posate sulla figura inerme del mezzo- demone. Il figlio del comandante annuì.
“Ha bisogno di cure immediate”.
Jisel gli si avvicinò, prendendogli il polso tra le mani, esaminandone i battiti.
“Da quanto è incosciente?” domandò, tastandogli poi la fronte
“Da… da circa un’ora, ormai, credo” rispose incerta Kagome, volgendo uno sguardo disperato a quello che aveva capito essere uno dei medici della guarnigione. La donna spostò gl’occhi dall’Hanyou a lei, guardandola attentamente per poi sorriderle appena.
“Mettetelo sulla barella e portatelo nel mio studio, avrò un bel po’ da fare” ordinò con voce atona, prendendo a camminare verso la sua clinica
“Dottoressa!” la fermò la miko, correndole dietro “Si… si riprenderà?” le domandò con voce strozzata e gl’occhi imploranti.
Jisel la guardò per qualche istante, quasi studiandola
“Se è robusto quanto sembra, sì” le rispose, per poi tornare sui suoi passi.
Kagome sospirò, guardando la dottoressa in testa, e un corteo di uomini dietro di lei che sorreggevano la barella su cui giaceva il mezzo- demone.
- Non farmi brutti scherzi, Inuyasha! –

Circa mezz’ora dopo, tornarono al villaggio anche Khel e il resto dei membri del Consiglio mentre altri due Draghi, oltre a Oserfh, trainavano una grande barella in cui avevano deposto Harliem, troppo debole e provata anche per camminare.
Durante il loro ingresso al villaggio, Kagome era nella clinica della dottoressa Jisel, seduta su una sedia di fronte alla porta chiusa dietro cui la donna si stava prendendo cura di Inuyasha. Ma nonappena vennero ad avvisarla che il resto del gruppo aveva fatto ritorno, si era precipitata verso le stalle e capanne dove si sarebbero presi cura dei Draghi feriti.
Quando arrivò, Hirador era già stato curato e l’ala ferita accuratamente disinfettata e medicata con oli e impacchi specifici, ed ora era al fianco di una Harliem a dir poco sfinita, mentre Sieg era stato portato in un’altra stalla, poichè lì non vi era lo spazio necessario per occuparsi di tutti.
“Harliem!” esclamò la miko, raggiungendo il capezzale della dragonessa, rivolgendole un sorriso ricolmo di affetto e preoccupazione
- Oh, Kagome! Dimmi, Inuyasha come sta? È grave? – le domandò con ansia la creatura
“Si stanno prendendo cura di lui, in questo momento. Sappiamo bene quanto quell’Hanyou sia coriaceo e testardo, sono sicura che si riprenderà presto, tranquilla” le rispose la ragazza cercando, con quelle parole, di infondere coraggio a entrambe.
- Vi devo pregare adesso di aspettare fuori. Dobbiamo provvedere alle sue cure – le interruppe Oserfh, accanto a lui un altro Drago di Metallo. Kagome pensò dovesse trattarsi di Astroth.
I ragazzi annuirono lasciando la struttura.
Il Cavaliere Supremo si voltò indietro, guardando il suo Drago ancora accanto ad Harliem, le iridi dorate oscurate da un spesso velo di preoccupazione.
Sorrise teneramente, allontanandosi con gli altri.
“Venite ragazzi, andiamo alla clinica, anche voi avete bisogno di qualche cura” disse loro Evan con fare gentile e premuroso.
I tre ragazzi si guardarono, notando a vicenda ferite sugli altri.
“E Khel dov’è?” chiese Kagome, notando l’assenza del comandante
“Ha accompagnato Harliem fino alle stalle poi si è recato alla clinica per domandare di Inuyasha. Con lui dovrebbe esserci anche Shippo” le rispose il giovane Wonfield, tornando a guardare davanti a sé.
Già, Shippo. Anche il piccolo Demone sicuramente doveva essere in pensiero per loro, dato che, anche se le insistenze da parte sua c’erano state, infine erano riusciti a convincerlo ad aspettarli lì, al sicuro, ad Hogarth.
La miko si ritrovò a sorridere teneramente al pensare al piccolo Youko. In molte occasioni si era dimostrato davvero risoluto e coraggioso, forse anche più di lei.
“Kagome” si voltò, incontrando gli occhi limpidi del cugino “Stai bene?” le domandò con fare preoccupato
“Sì, adesso sì. Mi spiace solo di avervi fatto preoccupare e… spaventare” aggiunse, flebile, serrando gl’occhi al ricordo della distesa di corpi senza vita che le aveva riempito le iridi minuti prima.
“Non ci pensare adesso. L’importante è che tu stia bene, al resto ci penseremo, insieme” la rassicurò, calcando particolarmente su quel ‘insieme’, che la fece ridacchiare di contentezza. Il Majutsushi sorrise a sua volta, andandole poi a circondare le spalle con un braccio. Lei sorrise appena, le guance leggermente imporporate, ancora imbarazzata da quei contatti così affettuosi a lei rimasti estranei per troppo tempo.
Poi, fece capolino una cosa di cui non doveva assolutamente dimenticarsi.
“Comunque… congratulazioni, caro cugino…” gli disse con fare malizioso. Miroku la guardò perplesso, non capendo a cosa si riferisse
“Oh, non fare il finto tonto… secondo te cosa c’è, avvenuto di recente, per cui dovrei farti i complimenti?” insisté la ragazza alla quale si allargò il sorriso quando lo vide sgranare gl’occhi pieni del mare e arrossire.
“Ehm… bè… allora… deduco che tu… tu abbia parlato con Sango…” balbettò imbarazzato non sapendo dove guardare
“Sì, anche se pure lei, come te, ha cercato di resistere, ma so essere molto convincente” ridacchiò vittoriosa Kagome, fiera di sé “Sono molto contenta per voi, davvero” aggiunse poi, con tono dolce e pieno di felicità.
Miroku si voltò a guardarla, per poi sorriderle a sua volta, grato.
“Bè, tanto sono sicuro che qualcun altro verrà presto a faci compagnia…” sussurrò tra sé
“Scusa, come hai detto?” gli chiese la miko non avendo capito quello che aveva detto
“No, niente, lascia stare. Oh, ecco, siamo arrivati”.
Sulla soglia della porta, al di là della ringhiera rialzata da alcuni gradini, stava Khel, lo sguardo serio e teso mentre fumava nervoso la pipa.
“Papà, si può sapere che stai facendo?!” sbottò irato Evan nel guardare il padre fumare, vizio che aveva cercato di togliergli.
“Lo so, lo so, ma almeno in queste circostanze fa finta di niente” gli rispose il comandante, facendo l’ennesimo tiro. Il giovane Wonfield restò a fissarlo per qualche altro istante, per poi sospirare rassegnato. In effetti quello non era il momento per fargli una ramanzina.
“Forza ragazzi, entrate, avete bisogno anche voi di riposarvi. Io resto qui con mio padre” disse poi loro, rivolgendogli un sorriso.
“Non preoccuparti, anzi, grazie di tutto” gli disse gentile Sango, che entrò nella clinica insieme a Kagome e Miroku, salutando di nuovo Khel.
Il Cavaliere Supremo, una volta entrata, si guardò intorno, riconoscendo poi, nella sala d’attesa, uno degli uomini che aveva trasportato Inuyasha fino a lì.
“Scusatemi…” gli si avvicinò, attirando la sua attenzione. Lui la riconobbe immediatamente e le sorrise leggermente “Sapete niente del ragazzo ferito che avete portato prima?” domandò la miko con fare agitato e apprensivo. Il sorriso sulle labbra dell’uomo si smorzò a quella domanda
“Veramente ancora no. Ho visto solo la dottoressa Jisel uscire un paio di volte, ma non ha detto nulla. Però l’ho vista un po’ affaticata” le disse il soldato dispiaciuto.
“Ho capito… grazie”.
“Si sa nulla?” le domandò a sua volta Sango che le si era avvicinata insieme a Miroku
“No, ancora niente. Spero solo che…”
“Kagome!” esclamò Sango guardando l’amica cadere pericolosamente, sospirando di sollievo quando vide il Majutsushi afferrarla prontamente, evitandole una brutta caduta.
“È svenuta” osservò il ragazzo, notando solo in quel momento quanto fosse pallida la cugina “Ha usato troppo il suo potere e questo è il risultato… un altro dei spiacevoli inconvenienti di quello che può accadere se non impara a controllarsi” spiegò, sollevandola da terra, prendendola in braccio
“Tu Sango pensa a farti medicare, ci penso io a Kagome, infondo ha solo bisogno di riposare. Ti raggiungo tra poco”
“Va bene, ti aspetto” rispose la Cacciatrice, sorridendogli dolcemente per poi baciarlo su una guancia, facendolo arrossire lievemente.
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Il vento le sibilava nelle orecchie, violento amico e compagno, alcune ciocche dei suoi lunghi capelli che si muovevano frenetici, sfuggiti dalla loro abituale acconciatura.
Kagura volava a grande velocità per il cielo sereno che sovrastava la parte più occidentale della Terra Centrale, le sopracciglia aggrottate e gli occhi carmini furibondi.
Imprecò tra i denti ricordandosi del suo incontro con Sesshoumaru… e il rifiuto alla sua offerta.
Anche lui era uguale a Naraku: l’amore spropositato per se stesso, quasi morboso, un senso malato dell’orgoglio e l’immensa arroganza e presunzione.
Ma si sarebbe ricreduto. Comprendere i piani di Naraku era pressoché impossibile, persino per lei che ci aveva continuamente a che fare, figuriamoci per chiunque altro!
Si sarebbe ricreduto e l’avrebbe implorata di aiutarlo.
Ghignò. In un modo o nell’altro, con o senza Sesshoumaru, avrebbe ottenuto la sua libertà.
Guardò sotto di sé, vedendo in lontananza il profilo ondulato delle dune di sabbia tipiche del Regno del Sud.
Il suo sguardo si fece estremamente serio mentre sentiva il respiro bloccarsi, intrappolato in una morsa di inquietudine.
Tornare in quella prigione, quando aveva potuto godere di giorni di completa indipendenza, la soffocava. Approfittando, infatti, dell’assenza di Naraku, dopo essere tornata dalla Shima no Nanimo e aver riferito della fuga di Inuyasha, era ripartita alla volta della ricerca di Sesshoumaru. Ricerca che, ricordò amaramente, si era conclusa con un nulla di fatto.
Pregava soltanto che il Signore del Sud non fosse già tornato. La fiducia che riponeva in lei era già abbastanza labile e non poteva permettersi di rischiare maggiormente.
Un brutto presentimento le si fece strada mentre si avvicinava sempre di più a quella terra ostile, che già oltre il confine costituito dalle Montagne della Luna le mostrava tutta la sua crudeltà, come a volerle maggiormente ricordare quale fosse il suo destino.
Odiava quel Paese, come odiava tutto il Continente delle Tre Terre, con i suoi stupidi conflitti e le sue stupide usanze.
Demoni, Umani, Maghi, non le importava. Uno o l’altro, sapeva solo che se qualcuno si fosse messo contro di lei, lo avrebbe eliminato.
Ma Naraku era troppo per lei, lo sapeva. Per questo doveva giocarsi tutte le sue carte. E Sesshoumaru era una di queste e, nonostante il suo rifiuto, non ci avrebbe rinunciato così presto.
Continuò a volare a tutti velocità, mulinelli di sabbia che giravano vorticosi e rabbiosi sotto di lei, devastando ancora di più quella terra dilaniata da anni di torture, in testa il pensiero martellante e vitale della libertà.
Quella libertà che avrebbe ottenuto a qualunque prezzo.
Grazie alla mente invasa da questi pensieri, non avvertì il tempo che impiegò per raggiungere la capitale.
Kaosu, oscura tetra e imponente come sempre, le si stagliava davanti, le sue mura nere come la pece un riparo dai raggi caldi del sole.
Lì oscurità e luce si sfidavano notte e dì, in una battaglia senza fine, si ritrovò a pensare con un brivido.
Quella città impersonificava la sua gabbia.
Perché Kaosu era Naraku, anche se un tempo non era stato così.
Che quegli stupidi Youkai non ribattessero e non si opponessero a quella prigionia non fisica, ma fatta di una ragnatela invisibile di minacce e morte, a lei non importava. Non si sarebbe piegata così facilmente. Aveva aspettato anche troppo ma, finalmente, il suo momento era arrivato.
Si avvicinò al terreno, scendendo agilmente dalla piuma che usava abitualmente per viaggiare, e che si rimpicciolì nonappena posò piede al suolo.
Con passo sicuro si incamminò verso il gigantesco ingresso, entrando senza difficoltà dato che tutti, nella capitale, sapevano bene quale ruolo ricoprisse.
Sorrise sarcastica. Tra tutti, non si fidava di lei proprio colui di cui voleva avere la fiducia assoluta.
Si morse le labbra sperando di aver fatto in tempo. Se Naraku non l’avesse trovata al suo ritorno sarebbe stato difficile trovare una scusa plausibile e che potesse smorzare qualunque dubbio.
Attraversò parte della città, senza badare alle consuete risse, omicidi e furti che avvenivano intorno a lei, né prestò attenzione agli Orchi che ormai si erano stabiliti lì, finché non arrivò sul ponte rialzato che portava all’ingresso del palazzo.
Lo percorse senza alcun problemi, ignorando i cenni di saluto che alcuni soldati, riconoscendola, le rivolgevano.
Nonappena mise un piede all’interno del palazzo, l’oscurità quasi totale la inghiottì, rendendole più pesante quel rientro forzato.
Senza indugiare oltre si diresse verso la sala del trono, nella quale Naraku si crogiolava abitualmente, seduto comodamente sul suo, per lei, stramaledetto trono.
In pochi attimi fu davanti alle porte sprangate della sala. Esitò qualche attimo, la mano appoggiata sulla fredda maniglia che non aspettava altro che una leggera pressione per permetterle l’accesso.
Deglutì, compiendo quel gesto così semplice ma per lei così dannatamente e dolorosamente significativo: il piegarsi ancora una volta a quel destino che la teneva irrimediabilmente legata a colui che più odiava al mondo.
Con uno scatto irato, spalancò le ante della porta, per fissare l’interno avvolto dalla semi- oscurità.
Si sorprese di non vedere nessuno, tirando subito dopo un sospiro di sollievo. Era arrivata in tempo.
Ma per non rischiare, si mise a vagare per la sala, fino alla grande balconata dove spesso stava il Signore del Sud ad ammirare ciò che aveva così ‘abilmente’ conquistato.
Non lo trovò nemmeno lì. Esultò internamente, rilassando i muscoli delle spalle, fino a quel momento rimasti tesi per la tensione.
Prese a vagare distrattamente, fino ad arrivare davanti a una porta semi nascosta da una imponente colonna.
Le si fermò davanti, perplessa, cercando di riordinare i suoi pensieri.
Non aveva mai notato che ci fosse un ingresso in quel punto.
Una punta irrefrenabile di curiosità si impadronì di lei, e quasi meccanicamente si mosse in quella direzione, finché non ebbe tra le mani il freddo pomello della porta.
L’aprì e lo stupore le bloccò il respiro oltre a impedire la nascita di qualsiasi pensiero logico, tranne che per una domanda martellante a cui non riusciva a dare risposta, sempre se ce ne poteva essere una.
Cosa ci faceva, lì... un Drago d’Oro... ma soprattutto... perchè insieme a Naraku?!
“Oh, ma guarda chi è tornata da suo giretto turistico... la nostra Kagura! Kurikara, ti presento Kagura, una mia ‘fedele’ servitrice, anche se si diverte un pò tropo ad andarsene in giro di qua e di là in mia assenza...” la voce di Naraku era tagliente e allusiva e la Demone rabbrividì, rendendosi conto di essere in grossi guai.
Ma quello, ora, non le importava. Era letteralmente stupita della presenza, lì, di un Drago e non riusciva a immaginare quale ruolo potesse ricoprire quella nuova entrata in scena
“Che sciocco! Kagura, mi sembri chiaramente meravigliata... quello che vedi al mio fianco è Kurikara, il Dragone d’Oro... d’ora in avanti sarà un nostro prezioso alleato, mi aspetto il dovuto rispetto, chiaro?” le domandò, raccomandandosi con tono duro che alla creatura non mancasse nula.
La Yasha era senza parole, un Drago come alleato era l’ultima cosa che si aspettava.
Poi, quel nome, Kurikara... dove l’aveva già sentito?
“Tra poco farò un annuncio pubblico, per cui non ho alcun bisogno di te, in questo momento... dì soltanto a Kumo di fare in modo che Kraeliux avvisi i suoi uomini di radunare il popolo sotto le mura del palazzo” le ordinò senza alcuna emozione, gli occhi carmini unicamente rivolti verso l’imponente e magnifica figura del Dragone.
Kagura si volse di scatto, pallida in volto, completamente sconvolta. Aveva appena aperto la porta quando la voce del Signore del Sud la richiamò
“Ah, Kagura... per oggi ci passerò sopra, ma io te dobbiamo discutere di alcune cose...” le disse con tono apparentemente gentile, ma che lei avvertì come una carezza tagliente, come la lama di un coltello affilato pronto a recidere la giugulare.
Deglutì, sudando freddo, uscendo dalla stanza e richiudendosi la porta alle spalle.
Ora che c’era in ballo molto di più che una ricerca alla Shikon senza ancora alcun risultato e l’alleanza con gli Orchi... Sesshoumaru non le avrebbe negato ancora il suo aiuto.
Doveva trovare un modo per rincontrare il Principe dei Demoni.
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Quando si risvegliò, la testa martellava violentemente e a sprazzi, negli occhi, le esplodevano macchie rosse.
Serrò le palpebre, scotendo piano il capo.
“Qualche giramento?” una voce leggera attirò la sua attenzione. Kagome volse gl’occhi verso la figura di donna che stava appoggiata allo stipite della porta, scrutandola attentamente con le sue iridi di un marrone chiaro.
“In effetti sì... e poi vedo a intervalli delle macchie rosse” rispose la miko, riconoscendo in quella figura Jisel, la dottoressa.
“Niente di grave, non devi preoccuparti. È del tuto normale, per aver quasi completamente esaurito le energie che avevi in corpo... anzi, direi che stai anche fin troppo bene per una cose del genere, una persona normale avrebbe necessitato di almeno una decina di giorni di sonno profondo, quando invece tu ti sei risvegliata solo dopo tre giorni, Kagome Higurashi” la informò la donna.
Tre giorni. Aveva dormito per tre giorni. E in quel tempo? Cos’era successo?
“E Inuyasha? Lui invece come sta?!” domandò con foga, le iridi ricolme di ansia.
Jisel restò a fissarla per qualche momento, silente, lo sguardo profondo.
“Non si è ancora svegliato. Credo si trovi in uno stato di semi- coma. Non saprei dire entro quanto si risveglierà, potrebbe succedere domani, così come tra un mese” le disse, la voce apparentamente atona, anche se Kagome colse qualche nota di rammarico.
Restò in silenzio, riflettendo su quella notizia... Inuyasha... avrebbe potuto restare in coma chissà per quanto tempo....
Non avrebbe più sentito la sua voce, non lo avrebbe più visto arrabbiato, non lo avrebbe più visto imbarazzato....
Non lo avrebbe più sentito dirle ‘Ti amo’.
A quel pensiero il respiro le si mozzò in gola, soffocandola, mentre sentiva il cuore stringersi. “Ho capito. La ringrazio comunque per tutto quello che ha fatto per noi” disse poi, lo sguardo basso.
L’altra annuì, capendo il suo stato d’animo.
“Ormai direi che sei in grado di alzarti. Su quella sedia ci sono degli indumenti puliti, ti consiglio di andare a mangiare qualcosa, hai bisogno di recuperare le forze” si raccomandò Jisel, prima di lasciare la stanza, lasciandola sola.
Recuperare le forze. Cosa avrebbe potuto darle forza, in quel momento?
Si alzò dal letto, la testa completamente svuotata di qualunque pensiero.
Indossò mccanicamente i vestiti riposti oridinatamente sulla sedia che si trovava in un angolo della stanza, evitando di guardarsi allo specchio.
In quel momento, aveva paura di quello che vi avrebbe visto riflesso.
Si diresse verso la porta, aprendola, ritrovandosi di fronte a Sango e Miroku, i volti tesi e dispiaciuti.
“Kagome...” esordì la Cacciatrice, avvicinandosele con sguardo preoccupato
“Sapete anche voi di Inuyasha, immagino” disse lei, mantenendo uno sguardo freddo e impassibile del quale la ragazza del Nord si stupì leggermente
“Sì, ce lo ha detto questa mattina la dottoressa” le rispose Miroku, con tono pacato.
Mattina. Kagome volse lo sguardo verso le finestre a pochi passi da lei, che le mostravano l’orizzonte rossastro, dietro le montagne lo spicchio del sole calante.
Non se n’era neanche accorta. Sembrava che la notizia appresa l’avesse resa incosciente rispetto a ciò che la circondava.
“Harliem come sta?” domandò poi, cambiando completamente argomento.
Miroku e Sango si scambiarono uno sguardo per qualche istante, comprendendosi a vicenda. Era chiaro che, in quel momento, Kagome volesse evitare di pensare allo stato in cui versava l’Hanyou.
“Le hanno dedicato le cure necessarie, ora è a riposo nelle stalle, immobile, dato che non le è ancora possibile reggersi sulla zampa posteriore ed entrambe le ali sono danneggiate, anche se in modo non troppo grave. C’è Hirador con lei” la informò il Majutsushi, scrutandola. Non avrebbe mai immaginato che la cugina avrebbe reagito in quel modo nel sapere lo stato del mezzo- demone e vedere entrambi a quel modo gli lacerava il cuore.
Inuyasha ferito nel corpo... Kagome nell’animo.
“Già... Hirador... sicuramente si sarà accorto che mi sono svegliata... vado da loro, ci vediamo più tardi” disse loro, andandosene subito dopo senza aspettare alcuna loro risposta.
Sango si girò verso Miroku, gl’occhi ricolmi di preoccupazione, alla disperata ricerca di un appiglio dall’uomo che aveva capito di amare.
Come leggendole nel pensiero il Majutsushi l’attirò a sè, abbracciandola stretto, cercando di infonderle coraggio, ottenendone a sua volta.
“Andrà tutto bene, Sango. So che non riesci a vederli in questo stato, ma almeno noi dobbiamo farci forza per loro... e poi questa situazione può aiutarli a fare in modo che superino le barriere che li dividono, soprattutto Kagome... credo che capirà quanto in realtà è legata a Inuyasha” la rassicurò, sussurrandole all’orecchio, cullandola tra le sue braccia calde.
“Grazie Miroku... sai sempre dire le cose giuste, sei meraviglioso” gli disse invece la Cacciatrice, alzando lo sguardo su di lui, illuminandolo con un sorriso carico di affetto.
Lui la guardò sorpreso per qualche istante, per poi sorridere a sua volta e chinarsi a baciarla leggermente.
Non riuscendo a resistere e, soprattutto, sentendola così rilassata tra le sue braccia, portò la sua mano a toccarle il fondoschiena, facendola sobbalzare.
“Cretino!” gli urlò contro, assestandogli uno schiaffo sulla guancia. Il Majutsushi, da prima sorpreso, si ritrovò a ridacchiare
“Era da un pò che non mi prendevi a schiaffi, mia adorata Sango!” notò, facendola arrabbiare di più.
“E speravo di non doverlo più fare, ma resti sempre il solito pervertito!” esclamò lei, voltandogli le spalle, andandosene mentre l’altro la rincorreva, cercando di rabbonirla con parole dolci.
Sango sorrise tra sè. Insieme, sarebbero riusciti a superare qualunque cosa e, più importante, ad aiutare i loro amici.

Hirador, al fianco di Harliem, giacente su un cumulo di morbida e fresca paglia, volse leggermente il capo a guardare l'esterno, al di là della bassa barricata in legno sopra la quale capitolava la tettoia cigolante della stalla a loro destinata.
- Kagome si è svegliata - disse con tono sollevato e gli occhi illuminati da quella luce particolare che solo il proprio Cavaliere sapeva conferirgli - Credo stia venendo qui - .
Harliem non disse nulla, si limitò a osservare lo stesso punto, rilassata dalla presenza di quello che era diventato il suo compagno.
Fissò gli occhi fiammeggianti sulla figura imponente del Drago d'Oro, sorridendo intenerita e felice. Non un solo momento si era allontanato da lei, tranne quando non si era sottoposto alle cure che anche lui necessitava, ma solo perchè lei stessa lo aveva obbligato.
I suoi pensieri furono interrotti dall'entrata del Cavaliere Supremo. Già quando Hirador l'aveva avvertita del suo risveglio, si era domandata se la ragazza fosse stata informata dello stato di Inuyasha... e il suo sguardo era una risposta affermativa a quel dubbio.
- Kagome! - esclamò felice il Drago d'Oro, andandole incontro - Stai bene? - le domandò con fare premuroso, come era suo solito.
La miko sorrise intenerita, le era mancato immensamente. Gli si avvicinò, sentendo l'esigenza di sentirlo vicino fisicamente.
"Sì, sto bene, avevo solo bisogno di riposare, la dottoressa mi ha detto che avevo quasi completamente prosciugato le mie energie"
- Mh, sto cominciando a pensare che sia necessario un guinzaglio per riuscire a tenerti ferma - scherzò Hirador, toccandole il volto col muso, giocoso.
Kagome ridacchiò, volgendo poi la sua attenzione ad Harliem che li guardava sorridente
"Harliem! - esclamò, correndole vicino - Come ti senti? Le ferite? Ti fanno molto male?" le domandò sinceramente preoccupata, facendo sorridere ancora di più la dragonessa
- Sto bene, ora. Le ferite mi danno ancora qualche fitta, ma niente di così grave... anche se necessito di riposo assoluto, dicono... - sbuffò, ricordandosi tutte le raccomandazioni e ammonizioni quando aveva cercato, in quei tre giorni, di muoversi per sgranchirsi dal torpore
- E hanno ragione, smettila di fare i capricci! - la rimbeccò Hirador, che, per primo, in quei giorni, le aveva imposto l'immobilità assoluta. Il Drago di Fuoco gli lanciò un'occhiataccia alla quale l'altro rispose con un ghigno soddisfatto.
Kagome osservò attenta quello scambio di sguardi e battute e si ritrovò a sorridere di cuore.
"Sono felice per voi" disse, attirando gli sguardi di entrambi che afferrarono al volo il senso di quella frase. Harliem chinò leggermente il muso, imbarazzata, mentre Hirador, sorridendo, le si avvicinò, accarezzandole teneramente la testa.
- Grazie. Spero non ti sia offesa se non ti ho detto nulla prima. Ma si è trattato più che altro di qualcosa di istintivo. Sappi che comunque non cambierà nulla tra di noi - le disse con fare dolce, cullandola accanto a sè. Kagome lo strinse maggiormente, sorridendo felice
"Lo so, non hai niente di cui scusarti. Sapevo fin dall'inzio cosa sarebbe successo e non potrei essere più felice della tua scelta" rispose lei, guardandolo negli occhi dorati, per poi rivolgersi ad Harliem "Se ti tratta male, sai a chi rivolgerti. Ci penserò io a punirlo come si deve" ghignò, facendo ridacchiare anche l'altra
- Ho l'impressione di essere finito in un mare di guai... - borbottò Hirador, facendo ridere le altre due. - Kagome... - la chiamò poi la dragonessa, guardandola seriamente - Hai saputo di... Inuyasha? - La miko la fissò, per poi abbassare gl'occhi, silente.
Dopo poco rialzò il volto, sul quale compariva un sorriso falsamente rilassato
"Sì, ne sono stata informata. Non devi preoccuparti Harliem, sono sicura che si riprenderà presto. Comunque ti prometto che mi terrò costantemente aggiornata e nonappena saprò qualcosa verrò ad avvertirti!" le disse mantenendo quel sorriso forzato.
I due Draghi si guardarono. Era palese che chi più di tutti aveva bisogno di rassicurazioni era proprio lei.
- Grazie Kagome, sei sempre gentilissima - le rispose la creatura, sorridendole
"Figurati, anche questo rientra tra i miei doveri. Ora vado, ho bisogno di camminare un pò, sono rimasta ferma anche troppo. Ci vediamo domani, buonanotte!" li salutò, prendendo ad allontanarsi
- Aspetta Kagome! Vengo con te se... -
"No, Hirador, resta con Harliem, ha bisogno di te. Ci vediamo domani" lo interruppe lei, per poi allontanrsi nel buio ancora tenue della prima sera.
Il Drago la guardò allontanarsi, preoccupato come non mai.
- Mi sento inutile, Harliem. Non riesco a starle vicino come vorrei - ammise poco dopo, voltandosi, con aria sconfitta, verso la compagna. - Non devi, Hirador. Kagome sa quanto tu le voglia bene, ma credo che in questa occasione lei debba farcela con le sue sole forze. Vedrai che andrà tutto bene - lo confortò, guardandolo teneramente negl'occhi. Lui le si avvicinò, accoccolandosi contro di lei
- Sì, andrà tutto bene.

Il Cavaliere Supremo, dopo essersi allontanato da dove riposavano i due Draghi, si era diretto verso una meta ignota, vagando per il prato che intercorreva tra le stalle e il centro della guarnigione.
I suoi occhi grigi vagavano distrattamente su tutto ciò che lo circondava, un ammasso di particolari percepito dai suoi occhi come un qualcosa di indistinto.
Poi, tra i fili d’erba, qualche cespuglio e diversi alberi, una testa ramata fece capolino fra il tutto.
“Shippo, che ci fai qui, e soprattutto da solo?” domandò la miko, guardando sorpresa e curiosa il piccolo Demone che, all’udire la sua voce, si voltò di scatto, icredulo.
“Kagome!” esclamò, gettandosi tra le sue braccia che lo accolsero amorevoli.
“Che bello, finalmente ti sei svegliata! Pensavo saresti rimasta immobile anche tu, come Inuyasha!” disse con voce ricolma di tristezza e paura, stringendosi maggiormente contro di lei, che cercò di tranquilizzarlo con carezze gentili.
“Va tutto bene ora, Shippo. Avevo solo bisogno di riposo, ora sto bene, vedi?” gli chiese con un sorriso, scostandolo leggermente da sè per mostrargli la sua espressione rilassata.
Il piccolo Youko la guardò per qualche istante, gli occhi smeraldo luccicanti di grosse lacrime. Tirò su col naso e poi annuì, sorridendo anche lui, anche se dopo poco il suo visetto tornò ad adombrarsi.
“Kagome... tu.. tu credi che Inuyasha si sia dimenticato di noi, che non ci voglia più?” le domandò il cucciolo di Demone. La ragazza lo guardò allibita
“Che intendi dire?”
“Bè, ecco... se non si sveglia più forse è perchè non ci vuole vedere” disse con tono profondamente triste Shippo, abbassando lo sguardo.
Il Cavaliere Supremo tacque, non sapendo cosa rispondere a quella riflessione infantile, infondata... ma che comunque l’aveva colpita per la disarmante semplicità.
E se Inuyasha non si volesse svegliare per non stare con loro... per non vedere lei?
Lei che lo aveva insultato, lei che lo aveva odiato, lei che lo aveva disprezzato, lei che aveva ferito i suoi sentimenti... lei che era fuggita e che ancora stava fuggendo da ciò che nutriva per lei.
Le mancò il respiro.
Strinse maggiormente a sè Shippo, mentre alcuni singhiozzi prendevano a scuoterla. Il piccolo Demone osservò sorpreso la sua schiena muoversi convulsa, chiedendosi cosa avesse provocato in lei quella reazione.
“Kagome – chan, perchè piangi? È colpa mia?”
“No, no, Shippo, non è colpa tua... vedrai, andrà tutto bene, presto Inuyasha si sveglierà e sarà di nuovo insieme a noi, capito? Non avere paura, presto saremo di nuovo tutti insieme” gli disse, scostandolo da sè e guardandolo con un sorriso.
“Quindi Inuyasha non ci odia?” domandò dubbioso ma anche speranzoso il Demone
“No, non ci odia, anzi, vuole a tutti noi del gran bene, ne sono sicura. Quello che ci resta da fare è stargli accanto e aspettare che guarisca, d’accordo?”. Shippo, a quelle parole, fece un gran sorriso, esultando felice e pronto a rendersi utile affinché una delle persone ora a lui più care tornasse tra loro.
Saltò a terra, sprizzando gioia da tutti i pori, correndo concitato verso il centro della guaringione.
“Presto, Kagome, raggiungiamo Sango e Miroku!” le disse, mentre la precedeva.
Lei sospirò, chiudendo gli occhi, per poi riaprirli rivolti verso il cielo ormai punteggiato di stelle, rese ancora opache dalla tenue luce degli ultimi raggi del sole, che stavano scemando.
Un’ultima lacrima le solcò la guancia mentre urlava dentro di lei il senso di colpa che sentiva nei confronti del mezzo- demone.
Non le importava se non la voleva più, se la odiava. Lui doveva svegliarsi, doveva continuare a vivere perchè, ora, c’era di nuovo qualcuno che gli voleva bene, che rivoleva la sua presenza.
E lei avrebbe fatto tutto ciò che poteva perchè questo accadesse.

[...]

Erano trascorsi altri tre giorni.
Tre giorni fatti di allerta, di prudenza, di ricerca... di attesa.
Sango e Miroku, ripresisi completamente dalla battaglia di ormai una settimana prima, insieme a Evan e Khel, partecipavano alle ronde di perlustrazione delle zone circostanti, controllando minuziosamente centimetro per centimetro la terra che li circondava, per scovare eventuali squadre di Orchi.
Non potevano di certo permettersi di essere messi con le mani nel sacco una seconda volta. E mentre tutta Hogarth si dava da fare in questa direzione, una sola persona era completamente assorbita da ben altro.
Con sguardo vacuo e passo lento, Kagome camminava verso quell’unica e sola direzione che da tre giorni era sempre la stessa.
La tenda in cui era stato messo Inuyasha, nei pressi della clinica di Jisel, che aveva preferito farlo spostare lì per evitare la confusione del via vai di feriti che invece animava quasi tutte le ore lo studio.
Ma oltre a questo, la dottoressa aveva preferito collocarlo lì per permettere a Kagome di starvi senza alcuna esitazione.
Col volto pallido e teso per via del sonno arretrato, il fisico indebolito per i tanti, troppi, pasti saltati, il Cavaliere Supremo arrivò davanti la tenda in cui riposava l’Hanyou.
Vi entrò, venendo risucchiata dalla penombra che vi regnava, se non per qualche candela che non la rendeva del tutto oscura, illuminando il volto immobile di Inuyasha, apparentemente dormiente.
La miko gli si avvicinò, sedendosi sulla sedia posta accanto alla brandina su cui giaceva il mezzo- demone, non prima, però, di aver cambiato la pezza ormai calda posta sulla sua fronte, con una pulita e fresca.
Restò in silenzio, limitandosi a guardarlo, così come aveva fatto per tutti quei giorni.
Ma non ce la faceva più. Aveva provato a essere forte, a cercare di rassicurare gli altri, ad apparire serena e sicura che tutto sarebbe andato per il meglio.
Ma non ce la faceva più. Non credeva alle sue stesse parole, anzi, ogni qual volta pronunciava frasi di conforto, il dubbio, la rassegnazione e la paura facevano breccia sempre di più nel suo animo provato.
“Ehi, Inuyasha...” per la prima volta, dopo giorni, prese a parlargli. Era da tanto, troppo tempo che non si sfogava, soprattutto con lui che, rifletté, era sempre stato ad ascoltarla, fin dall’inizio, anche se non lo aveva mai fatto chiaramente.
“Non ti pare di stare oziando un pò troppo? Stai facendo preoccupare tutti, sarai contento, baka... vuoi sempre stare al centro dell’attenzione, eh?” sorrise appena, cercando di ricordarlo arrabbiato, avventato, spavaldo... dolce.
“Sai, Shippo è veramente in pena per te. Ti vuole un gran bene, così come te ne vogliono tutti, per prima Harliem. Non ti vergogni a farla stare così in pena?” sospirò, abbassando lo sguardo, riordinando le idee.
“Ah, comunque i nostri due cari amici, Sango e Miroku, ce l’hanno fatta alle spalle. Stanno insieme, ora, anche se fin dall’inizio sapevo sarebbe accaduto. A proposito... ti informo che anche i nostri due furbacchioni di Draghi, ci hanno fatto una bella sorpresa. Alla fine Hirador si è deciso, ed ora Harliem è la sua compagna. Dovrai imparare a contenere la tua gelosia, temo.
“Sono così felice, per tutti loro. È bello vedere stare bene le persone che ci stanno vicino, non trovi? Mi fa pensare che possa andare tutto bene, qualunque cosa accada.
“Ma ora non riesco a pensarlo, e sai perchè? Perchè c’è qualcuno a me molto vicino, a me molto caro, che ora sta male... e sei tu quel qualcuno, Inuyasha.
“Sai, qualche sera fa Shippo mi ha domandato se tu non ti svegliassi perchè volessi dimenticarci, perchè ci odiassi. Io gli ho detto che non è così, perchè so che gli vuoi bene. Forse, però, c’è davvero qualcuno che non vorresti più vedere, non è vero? E sono io....
“Io ti devo delle scuse, Inuyasha. Mi rendo conto solo ora di quanto tu abbia fatto per me e io, invece... ti ho sempre trattato ingiustamente, per cui, ti prego, anche se è me che odi, se è me che non vuoi più vedere... – si interrupe, mentre un singhiozzo la soffocò e copiose lacrime presero a scendere lungo le sue guance – Se... se è me che non vuoi più vedere... almeno torna da loro, da Harliem, Sango, Miroku, Shippo... torna da tutti loro, hanno bisogno di te, come tu di loro. Torna, ti prego, e io ti giuro che scomparirò dalla tua vita, se è questo che vuoi” prese a piangere violentemente, mentre realizzava quanto le sarebbe costato allontanarsi da lui.
“Perchè, maledizione?!? Perchè è dovuta andare così? Perchè ti sei innamorato di me, eh? Non me lo merito, non ti merito, così come non merito l’affetto di tutti gli altri! Non lo capisci, non capisci quanto mi costi sapere ciò che provi per me?
“Se tu... se tu non mi avessi detto niente... perchè devi essere sincero quando non devi?! Accidenti!
“Come faccio... come farò se non ti svegli, eh? Come farò se non torni da me?!? Lo sapevo, ecco perchè fin dalla prima volta che ti ho sognato ho sentito provenire da te quella strana vibrazione, quasi di pericolo.... Come al solito fai solo danni!” singhiozzò ancora più forte, la testa tra le mani mentre i lunghi capelli neri ricadevano scomposti intorno a lei.
“Mi dispiace di essere scappata quella sera, Inuyasha. Mi dispiace se non ti ho detto quello che avrei voluto dirti e di cui mi sarei dovuta accorgere molto tempo fa... no, anzi, io già lo sapevo, ma non ho mai voluto realizzarlo, renderlo palese a me stessa, perchè sapevo che avrei solo sofferto, e avevo ragione, maledizione!
“Non avevo previsto quella tua dichiarazione, non avrei mai pensato che tu avessi mai potuto provare amore verso una come me... e invece me l’hai fatta, accidenti a te!
“Se sono scappata tutte le volte è perchè non volevo più soffrire, non volevo più perdere le persone che amo... perchè io ti amo, stupido!
“Sei uno stupido, stupido, stupido!” gridò strozzata, il viso affondato nel materasso e il corpo scosso da violenti singhiozzi.
Ecco, lo aveva detto, lo aveva confessato.
Lo amava, lo amava disperatamente, ma era sempre fuggita, aveva sempre rinchiuso quel sentimento così bello nella parte più profonda del suo cuore.
Lui era colui con il quale avrebbe voluto dividere il resto della vita, colui per il quale avrebbe dato qualunque cosa.
Ma non poteva rischiare di patire ancora quel dolore, quello di perdere sotto gli occhi la persona amata.
Aveva perso i suoi genitori, adottivi e naturali, e forse aveva perso anche Kaede.
Non poteva perdere anche lui. Sarebbe impazzita dal dolore e a quel punto l’avrebbe fatta finita per sempre.
Per questo era fuggita quella sera, dopo quel bacio... felice e sconvolta, spaventata e al settimo cielo. Incredula per i sentimenti che anche lui nutriva nei suoi confronti, disperata perchè non poteva accettarli.
Ma non ce l’aveva fatta, aveva ceduto contro la sua dolcezza e la sua sicurezza per quello che provava.
E poi era accaduto quello che temeva. Era lì, sul punto di perdere l’unico uomo che amava e che avrebbe mai amato.
“Tzè, uno rischia di morire e gli danno pure dello stupido!”.
Le morì un singhiozzo in gola. No, non poteva essere, doveva essere la sua disperazione a procurarle quel meraviglioso sogno, la meravigliosa speranza di aver udito la sua voce.
Alzò la testa e rimase completamente immobilizzata nel veder le sue iridi argentee riflesse negli occhi ambrati di Inuyasha, seduto a fatica contro i cuscini.
Si portò le mani alla bocca, mentre altre lacrime, questa volta di gioia e incredulità prendevano a solcarle le guance arrossate dal lungo pianto.
Stava per dire qualche cosa quando un pensiero le attraversò la mente, gelandola.
“Da... da quanto sei sveglio?!?” gli domandò, quasi urlando, mentre un dubbio terribile le gelava il sangue nelle vene
“Da un pò...” rispose lui, vago, il respiro leggermente affannato
“Hai... hai sentito tutto, vero?” gli domandò poi lei, quasi terrorrizzata
“... Sì”.
Con uno scatto velocissimo Kagome si alzò dalla sedia pronta a fuggire, se non fosse stato per la mano di lui che la trattenne, tirandola contro di sè, senza via di scampo.
“No, questa volta no, Kagome. Non ti guarderò andare via, non ti permetterò più di fuggire da me” le disse, bloccando i suoi tentativi di fuga che cessarono presto. La miko riprese a piangere, gettando le braccia intorno al suo collo, bisognosa di quel contatto che aveva sempre desiderato.
“I- io... oh, Inuyasha! Come puoi chiedermi di non fuggire? Come puoi chiedermi di non aver paura di passare quello che ho patito in questi giorni? Come puoi chiedermi di non essere terrorizzata dall’idea di perderti?” gli domandò lei con tono quasi implorante, sfinito e ricolmo di amore e preoccupazione, un mix che fece esplodere di gioia il mezzo- demone.
La abbracciò maggiormente, rassicurandola della sua presenza, della sua vicinanza.
“Non ti sto chiedendo niente di tutto questo, Kagome. Ti sto semplicemente implorando di non lasciarmi, di non fuggire da ciò che senti, di permettere a entrambi di sopportare tutte questa paure insieme. Credi che anche io non sia terrorrizzato dall’idea che ti possa accadere qualcosa? Credi che non rabbrividisca, ogni giorno, al pensiero che tu sia fuggita per miracolo alla morte? Però non fuggo e non sono mai fuggito perchè il bisogno che ho di te va al di là di tutte queste paure che, sono sicuro, posso superare solo sapendoti al mio fianco. Ti prego, permettimi di fare lo stesso con te”. Kagome rimase spiazzata da quelle parole così piene d’amore. Si aggrappò ancora di più a lui, incredula di essere così fortunata, di poter godere di una felicità che non avrebbe mai sperato.
Inuyasha la scostò leggermente da sè, affogando nei suoi occhi argentati, ora pieni solo di tutto l’amore che provava per lui, liberi dal velo di angoscia e malinconia che avevano sempre avuto.
“Ti prego, dimmi che mi ami” le chiese, quasi disperato, osservandola con ardore
“Ti amo” gli disse lei, prima che le sue labbra venissero sigillate da quelle voraci di lui, ora finalmente libero di baciarla e di sentirla vicino così come aveva sempre voluto, senza rimorsi, senza rimpianti.
Solo loro, niente altro.

FINE 29° CAPITOLO.

  
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