VII.
Col
ritorno a scuola del resto degli studenti, i rapporti tra Draco ed
Hermione si
raffreddarono di nuovo: il ragazzo si allontanò dalla
Grifondoro appena i
corridoi tornarono a riempirsi.
Hermione
soffrì di nuovo, avendo riposto quasi tutta la sua fiducia
nel Serpeverde, ma
tenne stoicamente per sé i suoi patemi d’animo,
dedicandosi allo studio con
Ginny e Luna. Poche volte si incontrava con Malfoy e tutte le volte il
ragazzo
si teneva sulle sue.
Egli
era diventato scostante nei loro rapporti e irascibile con gli altri:
un paio
di volte aveva Schiantato due studenti nei corridoi. Il professor
Lumacorno e
la preside McGranitt non sapevano più che fare col ragazzo.
-HERMIONE! MUOVITI!- gli strilli di Ginny
Weasley avrebbero fatto uscire dalla bare pure un morto. Soprattutto se
era
domenica e da lì a poche ore la rossa avrebbe giocato
un’importante partita di
Quidditch: il capitano e lo sponsor delle Holyhead Harpies sarebbero
stati
presenti alla partita alla ricerca, ufficialmente, di una nuova
giocatrice.
Officiosamente, Angelina Johnson aveva consigliato alla capitana Gwenog
Jones
la sua vecchia amica Ginevra Weasley, Cercatrice di grande talento.
Ovviamente
George aveva saputo tutto da Angelina e aveva spifferato ad Harry la
storia,
che l’aveva a sua volta riferita a Ginny: da quasi due mesi,
tanto era passato
dal ritorno dalle vacanze invernali, la ragazza si allenava
incessantemente,
alternando il campo da Quidditch con lo studio.
Quella
mattina si era alzata prestissimo, saltando ovunque come una cavalletta
impazzita e, nonostante Hermione cercasse di calmarla, non
c’era nulla da fare,
Ginny era troppo agitata per stare tranquilla.
-Oh,
Ginny! Adesso basta! Su, manca ancora molto alla partita! Sta
tranquilla!-
sbottò Hermione, seccata, mentre l’amica la
trascinava fuori dalla Sala Comune
di Grifondoro e giù per le scale, schivando a pelo una
boccetta d’inchiostro
lanciata da Pix, che, evidentemente, aveva deciso che il baseball era
la
vocazione della sua vita.
Appena
il poltergeist riconobbe Hermione, si sfilò il berretto a
sognali, mimando un
buffo inchino. –I miei omaggi, signora Malfoy!- e detto
questo, le fece una
pernacchia, scappando via subito dopo. –L’amica di
Potter che ama un
Mangiamorte, l’amica di Potter che ama un Mangiamorte.
-Pix,
disgraziato, torna qua che ti faccio vedere io!- sbraitò
Ginny, prima di
voltarsi verso la brunetta. –Hey Herm…
La
Grifondoro più grande scrollò il capo, alzando le
spalle. –È Pix, Ginny, che ci
vuoi fare? Andiamo, dai! Devi fare colazione, lo sai che è
il pasto più
importante della giornata, no? Soprattutto per un’atleta!-
esclamò, prendendo a
braccetto la minore della Weasley, fingendosi allegra.
In
realtà, Draco Malfoy un po’ le mancava. Malfoy era
sempre Malfoy: odioso. Ma ora
terribilmente distante.
Draco era sdraiato sul
letto, già vestito. Si
era alzato presto, quella mattina. Be’, in realtà
come sempre: non riusciva mai
a dormire fino a tardi per quanto stanco fosse, il suo orologio interno
lo
buttava già dalle soffici e calde lenzuola sempre alle sei e
mezza del mattino.
Blaise,
invece, si era svegliato da poco e si stava preparando.
-Hey
Malfoy, dai, alzati da lì.- gli disse, infilandosi un
maglione.
-Perché?-
chiese Draco, osservando uno dei suoi camerati uscire dalla stanza: lo
conosceva di vista, era un Mezzosangue la cui madre, una Nata Babbana,
era
stata torturata a morte da Rockwood. Il ragazzo gli scoccò
uno sguardo irritato,
andandosene bofonchiando qualcosa sui Mangiamorte.
Rimasero
soli nella stanza.
-Be’,
non so… Grifondoro contro Serpeverde? La nostra squadra che
senza di te verrà
massacrata da quei leoncini spelacchiati
e dalla Weasley? Maledizione a me, quando mi sono fatto scappare quella
sventola.- disse Blaise, prima di sventolare una mano davanti al viso
impassibile dell’amico. –Hey Draco? Ci sei? Mi
senti?
-Ti
ho sentito e non mi interessa.- rispose, laconico, il biondo.
-Draco,
ma stai bene? Prima smetti quasi di parlare con la Granger, poi inizi a
Schiantare a destra e a manca chiunque bisbigli in corridoi, tra un
po’ non ti
alzi nemmeno più da quel letto!- esclamò il
ragazzo di colore. Vide l’altro
Serpeverde alzare le spalle. –È per la Granger,
vero?
-Che
vuoi che c’entri Hermione?!- rispose, scocciato, Draco.
Il
moro rise. –Hermione! La chiami pure per nome, adesso? Draco,
ascoltami, non mi
puoi far fesso: è successo qualcosa. Non penso tra te e la
Granger, quindi
rimangono solo due alternative: o è successo qualcosa a tua
madre, ma mamma mi
ha riferito che Narcissa gode di ottima salute oppure tuo padre
è venuto a
sapere delle tue “indegne”
frequentazioni.- concluse.
Draco
si alzò dal letto, aprì il suo baule e vi
frugò dentro, finchè non riuscì ad
estrarre un cofanetto di legno pregiato, intagliato con scene della
bella
campagna inglese. L’aprì e gli porse una lettera.
-Verso
metà…
Blaise
scorse le prime righe, dove Lucius Malfoy si raccomandava col figlio di
badare
alla madre e agli affari di famiglia (in tracollo, tra
l’altro, vista la
cattiva fama di cui ora godevano le famiglie Malfoy e Black), esprimeva
rammarico per la piega che stava prendendo la comunità
magica (“aprire ai Sanguesporco!
Togliere ai
Purosangue i loro diritti! Dove si andrà a finire,
Draco?” chiedeva il
Mangiamorte) ed infine eccola, la parte incriminata!
“Caro
figliolo, purtroppo mi è
giunta voce delle tue nuove “amicizie”, se
così possiamo definirle. E non posso
fare a meno che rammaricarmi per la tua perdita di dignità e
orgoglio. Hermione
Jane Granger, Draco? L’amichetta di Harry
Potter? Ma, peggio ancora,
una Sanguesporco?!
Draco, per
quanto la causa
dell’Oscuro Signore sia stata perorata, forse, in maniera
errata, non posso
fare a meno di indignarmi per questo tuo abbassarti ai livelli di
questi esseri
inferiori che non meritano in alcun modo la bacchetta.
Figlio
mio, devo forse
vergognarmi di te? Cosa speri di fare? Inquinare la nostre genia con
sangue
Babbano? È questo quello che desideri? Spero
vivamente che questa sia solo una
“sbandata”, o un modo per ripulire la nostra
reputazione, poiché mi sento in dovere
di avvisarti che se continuerai su questa strada, non
esiterò a rinnegarti…”
-Però…
c’è andato pesante, eh.- disse Blaise, ripiegando
la lettera.
-Già.-
rispose Draco, riprendendosi la lettera.
-Quindi
è per lui che eviti la Granger.- dedusse il ragazzo di
colore.
-No.
Mio padre… prima o poi si metterebbe l’anima in
pace. Mica voglio portarmela a
letto, siamo solo amici. No, è per quello che il resto del
mondo pensa,
Blaise.- disse il biondo, sospirando.
Draco
sapeva bene, da tempo, quello che dicevano di lui e delle Granger, ma
ad un
certo punto le voci si erano fatte più insistenti e la gente
aveva iniziato a
parlare male anche di Hermione: era una traditrice,
per moltissime persone, oppure una pazza a fidarsi di un Mangiamorte.
Draco
Malfoy era marcio dentro e quelli
come lui non poteva cambiare.
Al
Serpeverde, sinceramente, non importava più
dell’opinione altrui, ma non voleva
che la crudeltà della comunità magica rovinasse
Hermione. Cerco di spiegarlo a
Blaise come meglio gli riusciva e l’amico lo
ascoltò per tutto il tempo.
-Draco,
ho una bella notizia per te: sei innamorato.- gli disse il moro,
dandogli una
pacca.
-Ma
piantala di dir stupidate! La Granger mi sta simpatica, ma qua si
esagera!- gli
rispose, stizzito, il biondo, alzandosi e seguendo Blaise fuori.
–Vediamo un
po’ che combinano oggi a Quidditch. Senza di me sono fregati.
-Già,
verissimo, come si può giocare senza Draco Malfoy, il dio
del Boccino d’Oro?
-Piantala
di sfottere, Blaise o ti Crucio e non scherzo.
-Scusa
amico. Sai, mi sei mancato.
Hermione
era entrata in Sala Grande con Ginny e si era accomodata al tavolo di
Grifondoro assieme all’amica rossa, parlando e cercando di
stemperare la
tensione. Molte teste si voltarono a guardarla, in molti sguardi si
poteva
leggere la disapprovazione, ma la ragazza continuava a camminare a
testa alta.
Ginny
mangiò di malavoglia, spiluzzicando qualche toast e bevendo
un calice di succo
di zucca.
-Dai
Ginny, andrà tutto bene. Sei o non sei la migliore
Cercatrice degli ultimi
dieci anni?- le disse Hermione, con un mezzo sorriso.
-Fosse
così facile… se non mi trovano abbastanza
brava, me le sogno le Holyhead Harpies.
-Certo
che no!- esclamò Luna, arrivando al loro tavolo col suo
vecchio cappello a
forma di leone. –Sei la giocatrice più brava di
Hogwarts e il Cercatore di
Serpeverde non vale la metà di quello che vali tu. Comunque,
ciao ragazze!-
disse, sedendosi con un gran sorriso entusiasta.
-Ciao
Luna.- le rispose Hermione, passandole una fetta di crostata ai
mirtilli, la
preferita della bionda Corvonero, mentre Ginny le faceva un cenno col
capo.
-E
poi, come puoi fallire con una tifoseria come quella di oggi?- chiese
ancora
Luna.
-Perché,
chi c’è di speciale?-
s’informò Hermione, spalmando marmellata
d’arance sulla
sua fetta di pane tostato.
-Non
lo sai? Tutto il battaglione Weasley. Mamma, papà, Bill e
Fleur, Charlie, che è
venuto apposta dalla Romania, Percy e la sua nuova ragazza, Audrey,
George e
Ron e… be’, Harry.- concluse Ginny, arrossendo e
lasciandosi sfuggire un
sorriso.
La
piccola Lovegood rise –Ah, l’amore, come rende
bello il mondo!
-A
proposito di amore! E Rolf? Ho saputo che siete usciti assieme, durante
l’ultimo week-end a Hogsmeade .- intervenne Ginny, sorridendo
maliziosa a Luna.
-Oh,
sì! È tanto simpatico.- affermò la
bionda, col suo sorriso svagato. –Oh.
Hermione, Malfoy è appena entrato.- disse, guardando verso
il tavolo di
Serpeverde.
Subito
la bruna Grifondoro abbassò lo sguardo, intristendosi.
–Ah. Bene.
Fissò
la fetta di pane, ma non riusciva a mangiarla, improvvisamente il suo
stomaco
era stretto in una morsa dolorosa.
Il
campo di Quidditch era gremito di gente, come sempre, ma la famiglia
Weasley
era riconoscibile anche da lontano. Hermione e Luna corse subito
incontro a
Molly, che però era l’ombra della donna che
ricordava: era dimagrita molto e la
pelle del viso pendeva floscia, di un colore spento e un po’
malaticcio, così
come gli occhi, che erano torbidi. Dentro essi vi si poteva leggere
tutto il
dolore non ancora sopito di quell’anima di madre lacerata
dalla perdita del
figlio Fred. La signora Weasley abbracciò e baciò
le due ragazze con suo solito
affetto, riservando ad Hermione, che non vedeva da tempo,
più moine che a Luna,
che però, comprendendo la donna, non se ne ebbe a male.
Subito il suo abbraccio
venne sostituito dalla stretta di mano di Arthur Weasley, e poi dalla
poderosa
stretta di Charlie. Fleur, con la sua solita grazia nonostante il
pancione,
lasciò sulle guance delle ragazze tre grossi baci e la nuova
arrivata, Audrey,
regalò loro un timido sorriso, stringendosi a Percy, che
l’ammirava adorante,
palesemente innamorato. George le salutò con un sorriso, un
sorriso che però
sapeva di amaro: nessuno poteva guardalo senza pensare al suo gemello.
Infine
Hermione si trovò di fronte ad Harry e Ron.
-Hermione!
-Harry!
Quanto sono felice di vederti!- esclamò, abbracciando
l’amico moro, prima di
bloccarsi alla vista di Ron. –C…ciao Ronald.-
sussurrò, evidentemente a
disagio.
-Ciao
Hermione… ehm… come va?
-Tutto
okay…
Hermione
pregò che finisse presto: non sapeva come comportarsi con
Ron, aveva sofferto
così tanto a causa sua… e ora se lo trovava
davanti, identico al ragazzo che
aveva visto mesi prima, quando pareva che tutto andasse a meraviglia.
-To’,
guarda chi c’è, Lenticchia.
Tutti
si voltarono verso la voce: Draco Malfoy
e Blaise Zabini erano davanti a
loro,
il primo con un sorrisetto ironico dipinto in volto.
L’espressione dei ragazzi
Weasley s’indurì, mentre facevano largo per far
passare i Serpeverde e
liberarsi di loro il più in fretta possibile.
-Sempre
gentile, Malfoy. Come sta tuo padre? Ho sentito che Azkaban
è confortevole, in
questo periodo.- sibilò Ron. Hermione sapeva che
l’antico odio del suo
ex-ragazzo verso Malfoy si era acuito con la morte di Fred, ma comunque
ne fu
infastidita: non era stato Draco ad ucciderlo, era stata Bellatrix!
Il
biondo fece finta di nulla, posando una mano sulla testa riccia e
arruffata di
Hermione.
-Granger,
oggi hai dei capelli quasi umani, sai? Non sembri una Gorgone, al
massimo
assomigli allo Yeti. Ci si vede.- disse, andandosene e lasciando tutti
stupefatti o allibiti.
-Da
quando fai comunella con Mafoy?- le chiese George, sospettoso. Hermione
alzò le
spalle, scrollando la testa.
-Da
quando è di buon umore, cosa che capita una volta ogni
secolo. Dai, andiamo,
altrimenti perderemo la partita di Ginny.
Luna
annuì vigorosamente. –Sì,
sarà meglio andare!- e si trascinò via Hermione.
Malfoy
era sempre Malfoy: odioso. Ma anche
necessario.
La
partita non fu solo un successo, fu molto di più: Grifondoro
stracciò
Serpeverde con un punteggio talmente vergognoso che la squadra
verde-argento,
che ora batteva in ritirata con la coda tra le gambe.
Ginny
era stata semplicemente superba, aveva giocato come non mai,
intenzionata ad
ottenere quel posto nelle Holyhead Harpies. Anche Hermione, che non
capiva
molto di Quidditch e che non era mai stata una fan sfegatata,
apprezzò il
gioco, anche se il suo sguardo continuava a correre agli spalti dei
Serpeverde,
cercando Malfoy.
Non
riusciva a spiegarsi perché, dopo due mesi di quasi totale
silenzio, si fosse
comportato così con lei. Come prima dell’anno
nuovo, quando sembrava che
potessero essere amici.
Malfoy,
decise la ragazza, era tutto strano.
Hermione
era così presa dai suoi pensieri che non si accorse delle
occhiate che Ron si
scambiava con Harry: il penultimo dei Weasley era ancora un
po’ stranito da
quella quasi gentilezza che Draco Malfoy aveva usato con la sua
ex-ragazza e si
chiedeva a cosa fosse dovuta. Certo, in una lettera sua sorella gli
aveva
accennato alle lezioni che la McGranitt aveva chiesto ad Hermione di
dare a
Malfoy, ma, insomma! Quello era un Malfoy! Uno che disprezzava i Nati
Babbani,
che non si sarebbe mai avvicinato ad uno di loro, figurarsi toccare
Hermione!
Era
il figlio di Lucius Malfoy e il nipote di Bellatrix Lestrange!
Era
un Mangiamorte, miseriaccia! E i
Mangiamorte non avevano un cuore: quanti ne stava vedendo processati,
nel suo
tirocinio? Erano bugiardi e assassini, non avevano dignità:
quanti ne aveva
visti tradire gli ex-compagni, facendone i nomi non per rimorso, ma
solo per
una riduzione della pena? Quanti ne aveva visti giurare di essere
costretti o
sotto la Maledizione Imperius?
Ma
che stava succedendo?
Harry
gi lanciava sguardi di ammonimento: a differenza di Ron, egli sapeva
qualcosa
in più. Nella sua corrispondenza con Ginny e Luna aveva
trovato numerosi
riferimenti all’amicizia tra Malfoy ed Hermione.
Inizialmente
era rimasto spiazzato: Draco Malfoy era un vile, un codardo. No,
cattivo no, ma
stupido sì: si era infilato in una situazione pericolosa
solo per vana gloria e
per aver sottovalutato la crudeltà di Voldemort e ne aveva
pagato le
conseguenze. Ma il Malfoy che conosceva lui non avrebbe mai avuto nulla
a che
spartire con la loro Hermione.
Appunto,
si disse, il Malfoy che conosceva lui.
Ma forse stava cambiando, dopo tutto quello che aveva passato. Tacque,
decidendo di dargli il beneficio del dubbio.
Finita
la partita, la tribù Weasley, assieme ad Harry, Luna e
Angelina decisero di
andare da Ginny: accettata o no nelle Holyhead Harpies, non aveva mai
giocato
così bene e bisognava complimentarsi. Hermione decise di
seguirli, ma
prendendosela con comodo e rimase indietro.
Lanciò
un’occhiata ansiosa verso le fila dei Serpeverde che se ne
tornavano al
castello, furibondi per la cocente sconfitta, cercando la testa
platinata di
Malfoy.
Si
diede della stupida: perché lo stava cercando quasi lo
aspettasse? Infondo era
da un po’ che il furetto non le rivolgeva veramente la
parola, avrebbe dovuto
ignorarlo anche lei. Scrollò il capo, decidendosi ad andare
avanti, quando Ron
le si parò davanti.
-Herm…
dovremmo parlare.- le sussurrò, cercando di farsi coraggio.
La ragazza lo
squadrò, gelida.
-Come
mai? Mi pareva che tu avessi detto tutto Ronald.- gli disse, accennando
alla
lettera. Il rosso diventò bordeaux, abbassando lo sguardo.
-E
mi dispiace, ma ero confuso Hermione… mio fratello era
appena morto e poi, dopo
tutto quello che ci è successo…
-Già.
Ci è successo, Ron. Ci. Non c’eri solo tu! Io avevo
bisogno
di te, maledizione. Stavo male, sto male! Cosa pensi, di essere
l’unico a
soffrire per Fred? Dio, lo conoscevo da anni! Gli volevo bene, anche se
era
irritante!- sbottò Hermione, spintonandolo da parte e
camminando in fretta
verso il castello. Il rosso le andava dietro, macinando terreno con
ampie
falcate.
-Hermione,
aspetta, fermati!
E
la ragazza fece come le era stato detto: si fermò,
voltandosi a guardarlo, gli
occhi scuri pieni di lacrime di rabbia e delusione. A Ron fece
impressione:
quanto era cambiata Hermione in quei mesi? A parte quelle rare volte,
durante
la sua storia con Lavanda, in cui la sua vecchia amica aveva dato di
matto, non
l’aveva mai vista tanto sconvolta.
-Mi
dispiace Herm, dovevo riflettere.
-Be’,
potevi muoverti a farlo… non ho più intenzione di
dover aspettare nessuno,
nella mia vita.- sussurrò Hermione, lottando contro il
groppo che sentiva in
gola.
-Hermione,
ascoltami, ho sbagliato e mi scuso, ma devi capire…
-Ron,
io ho capito. So cos’hai passato e forse sono stata un
po’ ingiusta… ma non
penso di provare più quello che provavo prima per te e non
credo di avere più
fiducia in te. Mi dispiace.- gli rispose, mentre una lacrima scendeva
lenta
sulla guancia, fino all’angolo della bocca. Si
voltò, andandosene e lasciandolo
lì.
-È
per Malfoy, vero?! Hermione,
rinsavisci!- le urlò dietro. Per la prima volta, Ron Weasley
comprese quanto
caro si potessero pagare i propri errori e i propri tentennamenti.
Aveva
lasciato Hermione in un momento in cui anche la ragazza aveva bisogno
di
sentirsi protetta ed amata e ora l’aveva persa per sempre.
Per Malfoy forse.
L’osservò
allontanarsi di corsa, senza voltarsi mai e senza rispondergli, i
capelli
crespi e castani mossi dal venticello gelido che si era alzato.
D’istinto,
si asciugò una lacrima.
Era
corsa al sicuro, tra le mura di Hogwarts, asciugandosi furiosamente le
lacrime
e cercando di frenare i singhiozzi. I corridoi erano vuoti: i
Grifondoro
festeggiavano nella loro torre, i Serpeverde si rodevano il fegato nei
loro
sotterranei e Corvonero e Tassorosso passeggiavano per il parco e se ne
stavano
nelle loro sale comuni.
Non
voleva che nessuno potesse vederla e d’istinto si diresse
verso la Stanza delle
Necessità, salvo poi ricordarsi che non esisteva
più: era ormai ridotta ad una
stanza di fuoco eterno, che la stessa Hogwarts aveva fagocitato.
Represse
un gemito stizzito, asciugandosi gli occhi furiosamente. Stupido,
stupido Ron.
Perché era tornato a cercarla?! Era quasi riuscita a farsene
una ragione e lui
tornava!
Sentiva
il dolore sordo che era riuscita a scacciare con tanta fatica, tornare
a
squarciarle il petto.
-Granger?
Allora aveva visto bene!- si sentì dire da dietro le spalle.
Una mano si posò
sul suo braccio. –Che succede? Ma… piangi?!
Allora ce li hai dei sentimenti!
-V…
va… via, fu… furetto!- singhiozzò,
cercando si sottrarsi dalla stretta del
biondo, che si era fatta più forte. Inutilmente, Draco non
le lasciò il
braccio, anzi, la fece voltare, osservando il volto stravolto.
Aveva
gli occhi arrossati, le guance pallide e rigate di lacrime, le labbra
tremavano
per lo sforzo di non strillare e i capelli, quasi avessero vita
propria,
sembravano più crespi e selvatici del solito; la
trascinò via dal corridoio,
addentrandosi in uno degli stretti passaggi del castello che, come
tutte le
fortezze medioevali, non era stato costruito con un preciso progetto
architettonico. Arrivati in un punto nascosto,
l’abbracciò, stringendola con
dolcezza.
-Non
devi mai piangere dove la gente
possa
vederti, Granger. Ora sfogati pure.- le sussurrò, ruvido.
Hermione
si lasciò andare ai singhiozzi, mentre Draco le accarezzava
la testa.
Era
solo un momento di debolezza, si diceva. Non si sarebbe mai
più abbassato a far
da spalla su cui piangere alla zannuta.
Ed intanto continuava a stringerla forte, maledicendo Lenticchia.
Sono tornata. In ritardo, ma ci sono =) Spero che questo cappy vi piaccia e che i pg non siano troppo OOC...