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Autore: Beatrix Bonnie    29/03/2012    3 recensioni
E se Silente avesse sbagliato i suoi conti? Se Harry, quel giorno a King's Cross, invece di tornare e combattere, avesse deciso di prendere il treno che lo avrebbe portato avanti?
Con un Voldemort al vertice del suo potere, il mondo magico nel caos e il Ministero della Magia definitivamente nelle mani dei Mangiamorte, uno sparuto gruppo di ribelli si oppone ancora all'autorità centrale: sono i membri dell'Ordine della Capra, i sopravvissuti della Grande Battaglia di Hogwarts.
Ma per sconfiggere Voldemort ci vuole ben altro: ci vogliono madri pronte a tutto per salvare i propri figli, una ragazza capace di mettere da parte il proprio egoismo per scendere in campo contro il dittatore e, soprattutto, la forza dell'innocenza di un bambino Veggente.
Storia prima classificata al "What if contest".
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Neville Paciock, Nuovo personaggio | Coppie: Dean/Luna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La saga del bambino Veggente'
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L'ospedale di San Mungo

In qualche luogo non meglio definito,
non si sa bene quando



Neville aprì lentamente gli occhi, ma fu investito da un fiotto di luce e non riuscì a distinguere nulla. Dovette abituarsi alla luminosità del luogo, per poter vedere qualcosa: era steso a terra su un pavimento biancastro che puzzava di ammoniaca, in un ambiente piuttosto ampio, dai caratteri non ben definiti.
Si mise a sedere e si guardò intorno, alla ricerca di indizi che potessero identificare il luogo. C'era quello che sembrava un bancone informazioni e due porte alle estremità della sala, una di fronte all'altra.
Era una specie di aldilà, quel luogo? Dopotutto, lui si ricordava benissimo di essere stato colpito in pieno dall'Anatema di Voldemort. Non era stata un'esperienza poi così traumatica, morire. Era come se... si fosse addormentato.
Neville si alzò da terra e si chiese se fosse il caso di aprire una delle due porte. Ma quale avrebbe potuto scegliere? E, soprattutto, dove lo avrebbero portato?
«Ciao, Neville» disse qualcuno alle sue spalle.
Non era possibile! Quella voce...
Neville si voltò si scatto, incredulo. «Harry!» esclamò, incapace di credere di poter rivedere il suo vecchio amico. «Sono morto, non è vero?» domandò poi, realizzando che non poteva essere altrimenti.
«Non proprio» rispose Harry, con un sorriso. Il ragazzo indossava una tunica da mago verde bottiglia, elegante nella sua semplicità. Sembrava pulito e riposato, come se avesse passato le sue giornate a rilassarsi in un albergo di lusso.
«Non proprio?» gli fece eco Neville, scioccato. Poi allargò le braccia per indicare l'enorme sala in cui si trovavano. «Che posto è mai questo?»
Harry strinse le spalle. «Non lo so, Neville. Secondo te che posto è?» gli rigirò la domanda, guardandosi in giro come se vedesse quel luogo per la prima volta.
Neville osservò meglio la stanza e notò che si erano delineati nuovi dettagli dall'ultima volta che vi aveva gettato il suo sguardo: sulla sinistra del bancone era comparso uno strano cartello con alcune scritte che non riusciva a leggere, e una serie di traballanti seggioline di legno erano spuntate lungo le pareti della sala. Sembrava proprio...
«È l'ingresso dell'Ospedale San Mungo» decise Neville con una certa sicurezza.
«Curioso» commentò Harry, osservando l'ambiente.
Neville sospirò. Era stato mille volte in quel luogo, ma non gli era mai sembrato così in ordine e silenzioso. Soprattutto, così... sereno. Ogni volta che si era recato in ospedale, era stato per visitare i suoi genitori e, per quanto gli facesse piacere vederli, quelle visite gli mettevano sempre addosso angoscia e tristezza. Invece, in quel momento si sentiva decisamente in pace.
«Come sarebbe che non sono morto?» domandò infine, incapace di capire quella situazione.
Harry indicò le misere seggioline di legno e sussurrò: «Forse è meglio se ci sediamo, Neville».
I due ragazzi presero posto proprio di fronte al bancone delle informazioni. Harry sospirò, poi cominciò a raccontare: «Vedi, Neville, la notte in cui Voldemort cercò di uccidermi, mia madre sacrificò la sua vita per salvare la mia. Per questo io sono sopravvissuto alla sua maledizione, rispedendola contro di lui e facendogli perdere tutti i suoi poteri».
«Questo che c'entra con me?» si informò Neville, decisamente perplesso per tutta quella faccenda.
«Lo stesso che fece mia madre quella notte, io lo feci per voi, il giorno della Grande Battaglia. Nessuno degli incantesimi di Voldemort funziona su coloro che combatterono quella notte, perché sono protetti dal mio sacrificio» spiegò Harry, con un sorriso sereno
«Oh, ok. Ehm... grazie» mormorò Neville, senza sapere bene cosa dire. «Ma che ci facciamo qui, adesso?» domandò, non del tutto sicuro che esistesse un “qui” e un “adesso”. In fin dei conti, stava parlando con un morto.
Harry gli rivolse un altro sorriso, ma si leggeva un velo di dispiacere nei suoi occhi verdi. «Sul tuo capo pende una spiacevole profezia» rivelò infine, con un sospiro. «La stessa che pendeva sul mio, in effetti».
«Non capisco» mormorò Neville, anche se aveva la terribile sensazione di aver capito eccome.
«Ti ricordi quella profezia che tentammo di recuperare dall'Ufficio Misteri, il nostro quinto anno di scuola?» domandò Harry.
Neville si limitò ad annuire, anche se avrebbe voluto far notare che sarebbe stato pressoché impossibile dimenticare un episodio del genere.
«Ecco, secondo quella profezia, era destino che io e Voldemort ci scontrassimo in duello, perché nessuno dei due non poteva vivere se l'altro sopravviveva. Ma la profezia, che fu pronunciata più di vent'anni fa, poteva riferirsi a me così come ad un altro bambino, nato alla fine di luglio, i cui genitori avevano affrontato Voldemort tre volte» raccontò Harry, guardandolo fisso negli occhi.
Neville si sentì a disagio, ma forse quella sensazione era data dal fatto che aveva lo spiacevole presentimento di sapere chi fosse quell'altro bambino. Visto che Harry non sembrava avere intenzione di proseguire, Neville mormorò: «Sono io, non è vero?»
«Già» asserì Harry, con un cenno affermativo del capo.
«Mitico» commentò Neville, in tono piatto. Non sapeva bene il motivo, ma non si sentiva particolarmente sconvolto dalla notizia. Tempo fa, forse, ne sarebbe stato terrorizzato, ma ormai erano anni che combatteva contro Voldemort, con la paura della morte come sua compagna di avventure. Certo, non aveva la più pallida idea di come avrebbe potuto sconfiggere Voldemort, lui che aveva impiegato mesi solo per domare l'Incantesimo di Disarmo. Era quanto meno ridicolo.
Harry, però, sembrava del tutto convinto che lui potesse davvero competere con Voldemort e, addirittura, batterlo. «Interpretare il resto della profezia è stato più complicato» continuò il ragazzo, con aria meditabonda. «Il pezzo in cui diceva che Voldemort ti avrebbe designato come suo eguale era spiegabile con il fatto che, dopo la mia morte, il suo chiodo fisso sei diventato tu. Lui voleva ucciderti a tutti i costi, per evitare che la profezia, della quale lui aveva sentito solo la prima parte, avesse qualche possibilità di avverarsi» spiegò Harry. «Ma c'era un punto che non ci era chiaro... quando diceva che tu avresti avuto un potere a lui sconosciuto».
«Scherzi, io non ho nessun potere sconosciuto!» intervenne Neville, ben conscio delle sue mediocri qualità di mago. Gli dicevano tutti che aveva un buon cuore e tanto coraggio, ma gli sembrava un po' poco per sperare di battere il più terribile mago oscuro di tutti i tempi.
«Oh, no, ce l'hai. Il professor Silente è riuscito a capirlo solo ora» replicò Harry, con un sorriso luminoso. «È Samuel».
«Sammy?» domandò perplesso Neville.
«Sì, il bambino Veggente» asserì Harry, in tono compiaciuto. «Sam non solo ha il raro dono della preveggenza, ma ha anche una grandissima forza d'animo: era disposto a scappare, a sacrificarsi pur di salvarti. La sua purezza è grande, tanto grande che Voldemort non riesce a vederla, né a capirla. Grazie a lui, tu puoi sconfiggere Voldemort una volta per tutte».
«Quindi ora devo tornare indietro?» domandò cauto Neville, giochicchiando con l'orlo liso del suo maglione.
Harry si limitò ad un sospiro. «No, se non vuoi» rivelò infine, guardandolo con intensità. «Anche a me fu offerta la stessa possibilità: tornare indietro o... andare avanti. Io scelsi di andare avanti: ero stanco, stanco di affrontare la morte; volevo solo riposare in pace, finalmente» confessò, fissandosi le mani come se si aspettasse di venir punito per le sue colpe.
«Sei stato davvero coraggioso» commentò invece Neville, con sincera ammirazione. «Sai, siamo tutti talmente attaccati alla vita che non so quanti avrebbero avuto la forza di andare avanti» mormorò, rivolgendo all'amico un sorriso autentico.
«Grazie, Neville» replicò Harry, che si sentiva leggermente in colpa per aver scelto la quiete, abbandonando gli altri al loro destino.
«Ma io non sono coraggioso come te, Harry» aggiunse Neville, osservandosi le unghie sporche di terra. «Non lo sono mai stato» completò, tornando a guardare l'amico in faccia.
«Non sono pronto a morire. Voglio tornare indietro» decretò, cercando di dare un tono sicuro alla sua voce. Aveva paura anche a tornare indietro, ma non ce la faceva a lasciare i suoi compagni dell'Ordine, Sam e soprattutto Esther.
Un sorriso commosso di allargò sulle labbra di Harry e i suoi occhi verdi furono illuminati da un barlume di speranza. «Ho sempre saputo che eri migliore di tanti altri, Neville» gli rivelò, poggiandogli una mano sulla spalla con fare incoraggiante.
I due amici si scambiarono un sorriso sincero, poi entrambi si alzarono, pronti a dirsi un nuovo arrivederci pieno di speranza.
«Questa cosa sta accadendo dentro la mia testa, vero?» domandò Neville, che non si era mai dato pena di capire tutte quelle questioni filosofiche.
L'espressione di Harry si fece enigmatica. «È possibile, ma questo non significa che non sia avvenuta davvero».
Neville scosse la testa, poi si avviò verso la porta di sinistra, improvvisamente consapevole che sarebbe stata quella a farlo tornare indietro.
«Un'ultima cosa» lo fermò Harry, prima che si separassero. «Severus Piton. È sempre stato un uomo di Silente, ha sempre combattuto dalla nostra parte» rivelò in tono serio.
Neville si limitò ad una smorfia. «Ok. Grandioso. Lo sposterò nella categoria “alleati”» commentò poi, con un certo sarcasmo.
«Era giusto che lo sapeste, tu e gli altri dell'Ordine» mormorò Harry, per giustificare quella sua uscita.
Neville annuì, per far intendere che aveva capito. «Hai ragione, Harry, ma scusami se non chiamerò mio figlio con il suo nome» annotò, in tono beffardo. «Con me non si è mai comportato in modo giusto e onesto».
Harry sospirò: capiva benissimo le ragioni di Neville, ma voleva cercare di riabilitare Piton anche tra coloro che l'avevano sempre considerato un traditore doppiogiochista. «Era un uomo molto coraggioso, a suo modo. Lottava per fedeltà alla donna che aveva amato per tutta la vita» spiegò, tacendo però sul fatto che quella donna era sua madre Lily.
Neville fece per rispondere con sarcasmo, ma si bloccò. Gli vennero in mente le parole di Esther, quando gli aveva fatto capire che tutti combattevano per qualcuno che amavano o avevano amato. Esattamente come Piton.
Forse, allora, non erano tanto diversi. Uomini che lottavano per qualcuno.
Doveva tornare indietro, al più presto. Per gli altri, per Sammy, per Esther.
«Grazie, Harry» mormorò, con un ultimo sorriso al vecchio amico.
E poi varcò la porta.








Visto?
Vi pareva che potessi ammazzare il mio adoratissimo Neville? Soprattutto ora che aveva appena incontrato Esther? No, non sono così sadica! E poi mi piacciono i lieti fini, credo che ormai lo sappiate!
Tra l'altro, non avevo scritto che era morto, nel capitolo prima... ho solo detto che la profezia si era compiuta! ;)
Ok, sono sincera nel dire che non so se il mio trucchetto sia stato più o meno canonico, ma ho cercato di spiegarlo al meglio delle mie possibilità. Tra l'altro, non ho mai capito bene cosa fosse successo nemmeno nella saga originale, quindi mi sono concessa la licenza poetica di interpretare a mio modo la questione.
Ho anche cercato di riabilitare Piton, che se lo meritava. La freddezza di Neville è data dal fatto che, comunque, Piton l'ha maltrattato per anni, a suo parere senza un vero motivo. Io non credo che potrei riscattare i professori che ho odiato solo perché scopro che stavano dalla parte dei buoni: insomma, con Neville Piton è sempre stato una vera carogna! Certo non darà il nome Severus a suo figlio... ogni riferimento è puramente causuale! ;)
Nel prossimo capitolo vedrete quale sarà il ruolo di Sam il Veggente in tutta la faccenda!
Grazie a tutti e scusate se vi ho fatto venire un infarto! =)
Beatrix

   
 
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