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Autore: Light Lynx    29/03/2012    0 recensioni
I suoi amici hanno abbandonato lei, lei ha abbandonato i suoi amici.
Lei partirà con colui che ha tentato di ucciderla.
Deve trovarle, deve trovare le risposte che cerca.
Una nuova figura viaggia per le strade di Energon. Il suo nome è Gelìne, Gelìne Guidadiluce.
TRATTO DAL LIBRO
-Che farai ora?- le chiese il ragazzo poggiandole una mano sulla spalla.
Lei alzò lo sguardo increspato delle lacrime: -L'unica cosa che sono capace di fare: sopravvivere.-
Lui sorrise. -Tu non sopravvivi, tu vivi.-
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Dove sono?~ la sua voce risuonava in quella che sembrava una stanza vuota, avvolta nel nulla.
~In un luogo che non è né la tua mente né la terra.~ la voce maschile proveniva da dietro di lei. Si girò con uno scatto. Un ragazzo, vestito di nero e con una maschera argentata che gli
copriva il volto, lasciando visibili solo poche ciocche dei neri capelli di lui.
~Chi sei?~ gli chiese Gelìne.
~Mi conosci già.~
~Sei l'evocatore di Wolfer?~
~Non ci giurerei...~
Gelìne prese un aria pensierosa pensando a chi potesse essere quel ragazzo.
Il paesaggio cambiò: da infinita stanza bianca e vuota divenne come un piccolo parco, il pavimento si coprì di candida erba verde, alberi spuntarono sparsi dal nulla, così come pietre,
sentieri, ruscelli e piccole nuvolette nel cielo.
Il ragazzo si sedette su un masso comparso lì dal nulla.
~Vieni.~ le disse.
Lei si avvicinò.
~Promettimi che mi dirai quando sarai stanca.~
~Che vuoi dire?~
~Promettilo.~
~Lo prometto.~ disse.
Il ragazzo si alzò dal masso e si mise a camminare su un sentiero comparso da qualche secondo.
~Vieni.~ le ridisse.
Seguì il ragazzo.
Camminarono per quelle che sembrarono ore, senza dire una parola, senza emettere un rumore, senza che anima viva interrompesse la loro marcia.
Passarono dal parco alla montagna, dalla montagna al mare, dal mare al deserto, fino a tornare nel parco.
Ore passate a camminare fissando la schiena di uno sconosciuto. Osservò i suoi neri vestiti, i guanti neri che gli coprivano le mani, i ciuffi di capelli che la maschera permetteva di vedere
sembrava un bel ragazzo. Indossava i classici vestiti da viaggio tipici di chi vive nel buio e lo considera come una parte di sé.
Ottavo giro, ottava ora di cammino, ottava volta che vedeva lo stesso parco.La voce del ragazzo ruppe il silenzio: ~Sei stanca?~
~No.~ rispose lei.
Si spostarono su un altro sentiero sterrato.
Non c'era aria, non c'erano animali, solo terra, sassi e qualche ciuffo d'erba.
Passo dopo passo, ora dopo ora.
I muscoli le bruciavano già dal quinto giro, ma vedendo il ragazzo che non faceva una piega né nell'andatura né nel ritmo si diede la forza di andare avanti.
Le forze le mancavano, iniziava a vedere doppio dalla stanchezza, i piedi sembravano essere macigni di pietra.
Era la sola voglia di non arrendersi a farle mettere un piede davanti all'altro, se quella voglia si affievoliva allora sarebbe morta, ne era certa.
Un passo, un istante, il piede messo male, lei che inciampa e già si sentiva cadere nel vuoto.
Pochi secondi e l'impatto sarebbe arrivato inevitabile.
Pronta a sentire le punte dei sassi contro la pelle. Pronta a sentire la veste da notte che indossava strapparsi sotto il suo peso. Pronta a vedere il ragazzo sparire all'orizzonte, così come il
suo obbiettivo.
Il dolore non arrivò, come anche il rumore di veste strappata. Le mani del ragazzo la tenevano ben stretta per impedire che lei cadesse a terra.
La sua maschera era mutata: ora sembrava una di quelle maschere che si mettono hai balli in maschera dei nobili, quelle che coprono solo gli occhi lasciando scoperto il resto.
~Se eri stanca bastava dirlo.~ sorrise mentre pronunciava le parole che accompagnavano il gesto di rimettere in piedi la ragazza.
~Non sono stanca.~
~La tua caduta dice il contrario.~
Anche lei sorrise ~Grazie.~
~E di cosa?~
~Di avermi salvato e di non avermi lasciato qui da sola andandotene per la tua strada.~
~Come potrei abbandonare il mio obbiettivo?~
~Il tuo obbiettivo?~
~Il mio obbiettivo è quello di raggiungerti.~
~Raggiungere me? Eri tu davanti a me, non il contrario.~
~la mente è diversa dalla realtà.~
~Tu esisti?~
~Sì, in questo momento sono solo parte del tuo subconscio, quanto ti sveglierai non ricorderai nulla né di me né di questo posto.~
~E tu?~
~Io continuerò a viaggiare. In pratica, il me del tuo mondo sta facendo lo stesso sogno, solo che è la tua immagine a spiegargli tutto quello che io sto spiegando ora a te.~
~Chi mi dice che tu non sia solo un'abile spia che manipola il mio sogno?~
~Questo non lo so neanche io. Ma sono certo di una cosa.~
~Cioè?~
~Quando ci incontreremo, i sogni che avremo fatto l'uno sull'altro riaffioreranno nella nostra mente. In pratica, ci ricorderemo l'uno dell'altra.~
~Perché io?~
~Te lo dirò un'altra volta.~
Il ragazzo si girò e si avviò sul sentiero mostrando la schiena a Gelìne. Si fermò, girò la testa e disse: ~Ci rivedremo ancora Gelìne.~

«Tutto bene?» Vaiolet le parlava con la bocca mezza piena di pane imburrato.
«Certo.»
«Gelìne, guarda che si vede che c'è qualcosa che non va.»
«Lo so anche io che qualcosa non va, solo che vorrei sapere cosa.»
La porta della sala da pranzo si aprì. Un uomo tutto imbacuccato fece la sua entrata in scena.
«Malkior, da quanto tempo.» Vaiolet salutò il suo maestro.
Malkior diede una veloce occhiata al tavolo dove tutti e cuatro i ragazzi stavano facendo colazione.
«Capo, la missione è andata a segno: ho incontrato il ragazzo, mi ha dato questo messaggio per lei.»
disse fissando Gelìne e porgendole un foglietto stropicciato.
Lo lesse con cura, e finita la lettura, le sfuggirono delle risatine.
«Vaiolet.»
«Dimmi.» rispose l'amica.
«Reik sarà qui tra una settimana, vedi di esserci, ti vuole vedere.»
«Cosa?»
«Reik, il nostro amico.»
«Sì sì, so chi è, ma come fai a sapere che sarà qui? Non mi dirai che hai mandato Malkior a cercare quella testa calda.»
«L'ho fatto e Reik dice che ti vuole vedere. Credo che a questo punto rimarrò qui e aspetterò Reik con voi. Mi troverò un alloggio, per me e per il mio Istinto.»
«Giusto! Non ce lo hai ancora fatto conoscere!»
La ragazza rise. «Aspettate ancora qualche ora.»
I tre ragazzi che mangiavano con lei le sorrisero, dei sorrisi sinceri per appartenere a delle spie.
Ced Alafredda, Vaiolet Velocespetro e Acen Animaghiacciata. Ognuno di loro avevo un meraviglioso Istinto: Falchetto di ghiaccio, orso di Ghiaccio e volpe di fulmine. Tre istinti, tre
proprietari. Un trio potente e fantastico.
Quella notte chiacchierando con Vaiolet, Gelìne aveva scoperto di tutto: come le persone vivevano a Jilka, come facevano loro a cavarsela, chi li conosceva, chi bisognava conoscere. E
moltissime cosa su di loro, come ad esempio: da quanto tempo fossero allievi di Malkior, chi fosse Malkior, quanti anni avevano gli altri allievi e cose così. Andarono avanti fino a che la
candela, che permetteva alla due ragazze di vedersi in faccia, non si fu consumata del tutto, poi andarono a letto, spossate e stravolte.
La testa di Gelìne pulsava.
Si mise una mano sulla fronte senza pensarci.
«Che hai?» chiese Malkior alla padrona.
«Cosa?»
«La testa.»
«Che?»
«Hai una mano sopra la fronte, ti senti bene?» non se ne era neanche resa conto.
«Gesto automatico.» rispose.
«Gelìne.» chiese Malkior «che hai sognato stanotte?»
«Perché questa domanda?»
Malkior alzò le spalle «Sono una spia professionista, so leggere emozioni, sensazioni, stati d'animo e a volte anche pensieri e dolori delle persone che guardo.»
«E che centra con il sogno?»
«Forse è per quello che hai mal di testa, i sogni complicati lo fanno venire...»
«Non so cosa ho sognato, non ricordo...»
«Brutto segno, brutto segno.»mormorò Malkior mentre Acen e Ced annuivano.
Le quattro e venti minuti, era da un giorno e 16 ore circa che Gelìne e Wolfer non si vedevano
La sera prima Vaiolet, tra una chiacchiera e l'altra, spiegò a Gelìne come mettersi in contatto mentalmente con un Istinto della quale ci si fida, con l'unica restrizione che l'Istinto doveva essere nel campo mentale del padrone.
Per ore la ragazza tentò di contattare Linx, ma la scarsa abilità nell'usare quel potere e, forse, la lontananza dalla lince, le impedirono qualsiasi contatto.
Ma Wolfer era appena fuori dalle mura della città, un solo piccolo collegamento mentale, anche solo una scintilla, e sarebbe arrivato ne era certa.
Si sedette a gambe incrociate per terra e aprì la mente.
~Wolfer...~
~Sì?~
~Se mi percepisci, raggiungimi.~
~C'è qualche problema?~
~No, ma vieni se vuoi dormire al caldo per i prossimi sei giorni.~
~Arrivo.~
Gelìne rise, o almeno lo fece nella mente, e chiuse il più in fretta il possibile il collegamento, così che Wolfer non sentisse un'ultima parola: ~Ruffiano.~
Pochi secondi e Wolfer saltò davanti hai suoi occhi.
«Dimmi.» disse lui»
«Vieni, ti faccio dormire in un posto comodo e al riparo, intanto, credo che io andrò ad allenarmi.»
«Allenarti?»
«Sì, voglio controllare meglio l'energia che ho in corpo.»
«Perché così all'improvviso?»
L'espressione di lei cambiò, così come il tono della voce «Quando ho combattuto con Ghildertz, quando ho ucciso Sami, sentivo un energia dentro me che voleva uscire, ma non di botto,
controllata, come feci con il “Luhitz Glea”. Poi Sami mi disse che il pugnale di mio padre era coperto di fuoco solido. Voglio riuscire anche io a creare luce solida.»
Sorrise.
«I tuoi genitori erano potenti, se il loro sangue scorre nelle tue vene allora puoi farcela.
Però ora mostrami quel posto comodo dove dormire.»
Gelìne scosse la testa «Ruffiano.»

   
 
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