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Autore: xyoumakemesing    30/03/2012    14 recensioni
"Tu sei il migliore, Zayn. Quanti ne hai già uccisi?” domandò.
“Quarantasei” dichiarò secco il ragazzo, fissandolo senza alcun timore.
“E hai solo ventiquattro anni!” esultò l'uomo piacevolmente sorpreso, concedendogli un piccolo applauso.
“Tornando a noi, voglio che tu faccia fuori Arianne.” disse semplicemente, come se stesse parlando del suo gusto di gelato preferito.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: Questa storia è stata scritta a quattro mani, dalla sottoscritta e da Eleonora , senza un preciso motivo a dire il vero. Non siamo fans degli One Direction quindi non c'entriamo nulla con questo fandom ma Eleonora ha una cotta per Zayn, (e io per Niall ma questo è un dettaglio), quindi abbiamo deciso di buttarci in quest' avventura. 
E' meglio avvisarvi che nessuno degli altri ragazzi sarà presente a parte il protagonista e che questa storia non è scritta a fini di lucro. Zayn Malik non ci appartiene (con enorme disappunto di Eleonora) e tutto ciò che troverete scritto è solo frutto della nostra fantasia.



Secondo capitolo.


Nei giorni seguenti al primo appostamento, Zayn non si mosse da sotto l’appartamento della ragazza.
Aveva studiato per bene i momenti in cui rimaneva sola. Succedeva tutti i sabato mattina, quando si rinchiudeva per studiare e poi finiva per fissare il parco fuori dalla finestra. O la sera tardi, quando suo padre usciva e non rientrava fino al mattino seguente.
Si passò una mano sul ciuffo di capelli scuri con fare stanco: voleva davvero uscire da quel giro, eppure il coraggio di mettere la parola fine alla faccenda non lo trovava mai.
Nel frattempo, all'interno dell'appartamento, Arianne scivolò sulla sedia, addentando la brioche al cioccolato che reggeva in mano. Il libro di matematica la aspettava sul tavolo della cucina, ancora chiuso. Guardò l'orologio appeso alla parete: erano appena le dieci di mattina. Il suo corpo non era programmato per studiare matematica a quell'assurda ora, si disse facendo una smorfia. Anzi, a dirla tutta, il suo corpo non era programmato per studiare la matematica e basta.
Picchiettò le dita sul tavolo, finendo di masticare l'ultimo boccone della buonissima brioche che aveva comprato dal panettiere sotto casa sua e poi afferrò il libro, accompagnando il gesto con un lungo sospiro. Non ebbe nemmeno il tempo di aprirlo che sentì il campanello trillare. Fissò la porta d'ingresso scocciata.
Solitamente non riceveva mai visite il sabato mattina. Suo padre, in quel momento, era ad ubriacarsi in qualche squallida bettola o a gironzolare per la città; non aveva più una madre e nessun parente in quella città. In più, le sue poche amiche solitamente la avvisavano prima di piombare in casa sua. Si alzò di controvoglia dalla sedia, dirigendosi verso il portoncino.
Lo aprì trovandosi di fronte un ragazzo dalla pelle ambrata e gli occhi scuri che si guardava nervosamente intorno. Sorrise involontariamente, ma non era il ragazzo del bar?
"Posso esserti d'aiuto?" chiese gentilmente. Lui non rispose, con un gesto veloce alzò la maglietta grigia che indossava, tirando fuori dalla cintura dei jeans una pistola nera che gli puntò all'altezza degli occhi. Arianne ci mise qualche secondo a realizzare che quella non era una pistola ad acqua ma una vera, di quelle che uccidevano.
Fu sul punto di urlare ma il ragazzo le fu addosso in un baleno, una mano a coprirle la bocca mentre l'altra reggeva ancora la pistola puntata adesso alla tempia.
"Sta' zitta" le intimò, chiudendo con un calcio la porta d'ingresso. La ragazza venne spinta contro il muro, molto poco delicatamente.
" Ti prego" implorò con un fil di voce, senza distogliere lo sguardo dalla canna lucida della pistola che lui le aveva di nuovo puntato in mezzo agli occhi.
"Devi stare zitta!" ripeté Zayn brusco, caricando il colpo. Arianne farfugliò qualcosa di incomprensibile mentre lacrime di puro terrore cominciarono a scorrerle sulle guance pallide, arrivando a bagnarle il colletto della polo azzurrina che indossava.
Zayn deglutì, scacciando via gli sconvenienti pensieri che gli appannavano la mente.
Lui non aveva mai ucciso una donna. Beh, in questo caso era solo una ragazzina ma il concetto era quello. Non aveva mai torto nemmeno un capello ad un essere di genere femminile.
Era un assassino seriale ma seguiva comunque un'etica. Una sorta di regole che si era auto-imposto per rendere la sua coscienza meno sporca. Ma quando Brando lo aveva chiamato aveva accettato quel caso al volo, senza nemmeno pensarci più di tanto. Non per questioni economiche, quel lavoro gli aveva fatto sfiorare la ricchezza, ma per questioni che lui non avrebbe nemmeno saputo definire. Era sulla soglia dei venticinque anni ed era solo come un cane. Quella professione gli aveva portato vagonate di soldi e rapporti occasionali che a lungo andare lo avevano reso vuoto.
Aveva seriamente pensato di mollare, di iniziare a farsi una vita. Magari anche trovarsi una fidanzata, perché no. Ma poi, la notizia del ritrovamento del corpo annegato di un suo ex collega che aveva smesso da qualche mese gli aveva fatto cambiare idea. I notiziari parlavano di suicidio ma Zayn sapeva che era stato ucciso.
Era un po' come la mafia, una volta dentro non c'era più modo di uscirne. O almeno non da vivi.
Mentre Arianne cercava di regolarizzare il respiro si ricordò di quello strano detto secondo cui appena prima di morire tutta l'intera esistenza ci passa davanti ai nostri occhi. Lo ripeteva sempre anche sua nonna Marie, sostenendo che quando sarebbe accaduto avrebbe gradito un pacchetto di popcorn al caramello.
Fu però una delusione constatare che davanti ai suoi occhi invece dei bei ricordi spiccava un ragazzo con una pistola. Stava praticamente guardando la morte negli occhi, nel vero senso della parola, e sebbene quegli occhi ambrati fossero i più belli che avesse mai visto,  di certo questo non rendeva la situazione meno inquietante.
Serrò le palpebre sospirando a fondo.
Non era mai stata una combattente, si arrendeva piuttosto facilmente a dire il vero.
Quanto ci avrebbe messo il proiettile a sfondarle il cranio? Ne sarebbe bastato uno solo per ucciderla o avrebbe dovuto sopportarne un altro? Le sarebbe uscito del sangue? A lei il sangue non piaceva per niente. Ma la cosa che più la terrorizzava era il dolore: morire faceva male?
Con un gesto veloce portò le mani al collo, stringendole intorno al piccolo ciondolo ovale che sua madre le aveva donato prima di andarsene. Sgomberò la mente e attese, con gli occhi chiusi.
Uno.
Due.
Sarebbe arrivata a contare fino a cinque?
Tre.
O l'avrebbe uccisa?
Quattro.
Aveva solo un secondo di vita.
Cosa avrebbe dovuto fare? Forse una preghiera?
“Fa' presto” disse in un sussurro.
Cinque.
Era finita.
Sei.
Sette.
Era già morta?
Otto.
Non era sicura di essere morta, a dire il vero.
Aprì un occhio giusto per accettarsi della situazione. Trovò il ragazzo ancora di fronte a lei, intento a fissarla con la mascella contratta. Arianne notò che impugnava ancora la pistola ma stavolta non era puntata contro di lei ma verso il pavimento.
Mosse un passo verso sinistra, urtando con il fianco il tavolino accanto a sé.
Sentiva l’agitazione e la paura percorrere ogni fibra del suo corpo, abbassò lo sguardo sulla pistola senza parlare. Trattenne il respiro guardando le mani grandi del ragazzo, tenere stretta l’arma. Toccò la superficie di legno chiaro e respirò, sentendo il cuore palpitarle quasi a volerle sfondare il petto.
Quanti metri distava il cordless? Quanto forte avrebbe potuto correre per arrivare a prendere il telefono, chiamare il 911 e non rimanere uccisa da una pallottola del ragazzo?
Un lamento uscì dalle sue labbra e concentrata com’era nelle riflessioni, non si accorse che Zayn la stava guardando con un cipiglio compassionevole.
“Torna a studiare.” le disse, nascondendo la pistola sotto la maglietta.
Torna a studiare? Torna a studiare, sul serio? Arianne lo vide fare un passo indietro per tornare sul pianerottolo e andarsene via quasi correndo.


“Io me ne tiro fuori” dichiarò al telefono categorico Zayn appena dopo essere uscito dall'appartamento di Arianne. Si guardò intorno, sperando che nessuno degli scagnozzi di Brando lo avesse seguito per accettarsi che avesse compiuto il lavoro. Reggeva il cellulare nell'incavo tra la spalla e il collo mentre le mani erano occupate ad accendere una sigaretta.
“Spero tu stia scherzando” Fu la risposta pacata di Brando. Il ragazzo si rigirò la sigaretta tra le dita, aspirando la prima boccata, conservando poi l'accendino dentro la tasca dei jeans scuri. Afferrò il cellulare con la mano libera.
“Ti ridarò i soldi che mi hai anticipato” aggiunse, attraversando la strada. Brando sospirò. “Sei il mio miglior uomo, Zayn. Non puoi tirarti indietro”
“E' solo una ragazzina!” sbottò piccato, portandosi la sigaretta nuovamente alle labbra.
“E da quando ti preoccupi per le tue vittime?”
“Da quando so che non posso uccidere una ragazzina di diciassette anni. 
Zayn si trattenne dall'urlare, limitandosi a calciare una lattina di coca cola vuota che giaceva abbandonata in mezzo alla strada.
Raggiunse il marciapiede, aspirando ancora dalla sigaretta.
“Ecco cosa farai Zayn - cominciò Brando, con un tono così calmo da risultare vagamente inquietante. - Tu ucciderai quella ragazzina. E se solo osi pensare di disubbidire ai miei ordini, giuro che mi vendicherò di te personalmente”
“Sai che posso ucciderti anche ad occhi chiusi, Brando.” rispose lui, poco preoccupato.
“Oh, lo so. - Brando fece una pausa d'effetto prima di sogghignare - Ma non penso che il piccolo James sia così bravo con le pistole.”
Zayn si immobilizzò sul marciapiede. “Lascia in pace James!
urlò, ma l'unico rumore che sentì fu l'insistente tu-tu del telefono.
Con uno sbuffo portò nuovamente il cellulare in tasca, si guardò intorno incrociando lo sguardo di qualche passante, voltandosi poi sentendosi vagamente osservato.
Quella sensazione si fece ancora più insistente, era ormai sicura che da qualche parte  qualcuno che in realtà non riusciva a vedere lo stesse tenendo d'occhio.
Si voltò ancora una volta, dalla parte opposta della strada.
E fu lì che lo vide.

Ad una qualsiasi persona sarebbe potuto anche sfuggire, ma lui sapeva come si comportavano quelli come lui: sapevano come passare del tutto inosservati, è vero, ma quando volevano farsi notare ecco che ricomparivano magicamente. E quel ragazzo col cappellino da baseball, seduto dentro un'auto nera, voleva farsi vedere da lui. Gli sorrise diabolicamente facendogli anche un cenno con la mano.
Zayn attraversò la strada, stringendo le dita sull'impugnatura della  pistola senza farsi notare dal tipo col cappellino che adesso era intento a parlottare al cellulare.
Se quel tizio stava chiamando Brando, pensò,  non aveva molto tempo per andare via di lì.
Doveva sbrigarsi.






So, here we are!
Ve l'avevamo detto noi che ci sarebbe stata un po' d'azione in questo capitolo!
Abbiamo deciso di aggiornare in un lampo perché abbiamo qualche capitolo già pronto e non potevamo proprio aspettare una settimana per leggere la vostra reazione lol
Ringraziamo ancora una volta voi che avete recensito,
diciotto recensioni in due capitoli!
Certo, non avremo mai  trenta recensioni a capitolo ma per noi è già un bel traguardo, hell yeah!
Ringraziamo ovviamente chi legge solo e chi ha già messo la storia tra le preferite/ seguite/ ricordate.
Gotta catch'em all!

  
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