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Autore: Albert Wesker    27/10/2006    2 recensioni
Questa è la mia prima Fan Fiction su EFP. L'ho già pubblicata su altri forum, cercando di avere commenti utili, ma non sono stato fortunato. Spero che vi piaccia (in caso contrario cercate di non farmi troppo male quando commentate). I personaggi della serie ufficiale inizieranno ad apparire nel prossimo capitolo.
Genere: Avventura, Azione, Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Parigi, 1485

"Sei un'idiota Thibaulth!"
"Ma..."
"Tu vorresti andare in cerca di quei pazzi fanatici che ti hanno quasi ammazzato."
Ogni volta che toccavano l'argomento, Pascaline diventava una furia. Non era selvaggia soltanto a letto, ma era anche molto possesiva, quasi territoriale. Erano già passati due mesi da quando era arrivato nella radura, sfinito e dissanguato, e ancora non poteva parlare di cercare la Confraternità. Pascaline gli voltava le spalle, come era solita fare per chiiudere quel genere di discussioni. Da lì non si sarebbe mossa fintanto che non si fosse arreso. Si avvicinò cautamente.
"Non vorrei andarmene, ma..."
"Ma cosa?"
"Ma non posso rimanere. Sono rimasto troppo a lungo."
"Non puoi? A me sembra che puoi benissimo, ma hai voglia di cambiar puttana!"
Thibaulth la girò dolcemente e la fissò nei suoi occhi dorati. Congiunsero le labbra per un minuto interminabile nella penombra della grotta.
"Credi che potrei baciare una puttana in questo modo?" disse il lupino quando si staccò.
"Non andartene."
"Non voglio andarmene, ma non voglio che ti trovino. Non avrebbero molti scrupoli ad uccidere una ragazza che vive nei boschi, anche senza che tu sia un licantropo. L'ho già visto succedere, tanto tempo fa."
Pascaline sorrise inquieta.
"Non ti senti mai vecchio con tutti quei ricordi?"
"Molto."
Si baciarono di nuovo. Il fuoco che ardeva si spense. Thibaulth si separò da Pascaline e la guardò un'ultima volta prima di uscire.
"Thibaulth..."
Lui si voltò di nuovo a guardarla. Vide soltanto gli occhi che brillavano.
"Dimmi."
"Non sei male per essere un vecchietto."
Stavolta fu Thibaulth a sorridere.
"Tornerò quando sarà tutto finito."
"Dunque..."
Erano passate due ore da quando aveva lasciato la radura, e si era perso in mezzo alla boscaglia. Non era in grado di dire dove si trovasse nè in che direzione andare. Non era certo di riuscire a ritornare da Pascaline per farsi dare una mano, quindi l'unica cosa che poteva fare era andare dritto fin quando non fosse giunta la notte, dopo avrebbe potuto orientarsi con le stelle. Una volta che avesse raggiunto la città avrebbe cercato i suoi compagni per organizzarsi e pensare ad un piano per cancellare la Confraternità del Sangue.
Il problema era che non aveva la minima idea di dove fossero gli uni e gli altri. Si era preoccupato di portare l'attenzione dei suoi inseguitori lontano dalla foresta, ma non aveva pensato a come avrebbe potuto fare il resto. Era certo che i suoi compagni fossero ancora vivi, altrimenti ne avrebbe percepito la scomparsa, ma non sapeva se erano ancora in Francia. Gli sarebbe bastato un indizio o un'informazione, il resto sarebbe venuto da sè.
"Chiedi e ti sarà dato."
Thiabutlh si girò rapidamente, i muscoli tesi e pronti a scattare. Di fronte a lui un uomo nascosto dalla penombra di un pino lo stava osservando sorridendo. Era poco più alto di lui, con una carnagione nera come l'ebano su tutto il corpo, eccettuati i denti candidi. Il suo volto era fiero e bello, quasi rassicurante. Dalle palpebre socchiuse si poteva vedere che aveva degli occhi neri come la pece.
Lentamente, mentre il volto perdeva colore man mano che si piegava, il lupino si inginocchiò contro la propria volontà.
"Vedo che te la sei spassata di recente. Albert e Julius avevano già perso le speranze di ritrovarti." gli disse tranquillamente l'uomo. Con grande sforzo Thibaulth alzò la testa per guardare negli occhi il suo interlocutore.
"Dove sono, demonio?"
"Porta rispetto per il tuo Signore, piccolo mostricciatolo." sibilò l'essere mentre gli occhi divenivano azzurri, freddi e fatali come lame di ghiaccio.
"Lo sai che non sei il mio unico padrone."
L'essere sembrò ragionare un attimo sulle parole del licantropo, guardando distrattamente il cielo. Poi tornò a fissare Thibaulth.
"Già hai ragione. Comunque non sono venuto qui per disquisire su chi sia padrone. Sono qui per offrirti il mio aiuto."
"Non sei mai stato così spontaneo nell'offrire un aito se non eri certo di avere qualcosa in cambio, Ba'al Zeboub."
"Ah, uno dei miei vecchi nomi! Te li ricordi ancora? Comunque non capisco perchè siano tutti malfidenti nei miei confronti. Mi domando cosa posso aver fatto di così grave..." Sorrise socchiudendo gli occhi. Quando li riaprì erano rossi come le fiamme dell'Inferno.
"Devo ammeterò che non hai tutti i torti. Effettivamente voglio qualcosa in cambio."
"Vuoi la mia anima? Mi spiace, ma quella non è in vendita."
"Tut-tut. Sei scarso a fantasia ragazzo mio. La tua anima è poco appetibile per me, cosa credi? Essa non appartiene nè agli uni nè agli altri ed è destinata a scomparire nell'oblio quando morirai."
Con uno sforzo inumano Thibaulth cercò di alzarsi per assalire il Diavolo e toglierli quel sorriso di scherno. Non riuscì ad alzarsi neanche di un millimetro.
"Non ti sforzare, e solo uno spreco di energie." sogghignò il demonio. Il lupino ringhiò piano, chinando il capo, non riuscendo più a resistere alla pressione che lo opprimeva.
"Ti ascoltò." sussurrò infine.
"Bravo ragazzo, vedo che stai mettendo giudizio. Allora, sono venuto qua per passarti delle informazioni su dove si trovano i tuoi amici e su dove è ubicata la Confraternità."
"Cosa vuoi che ci faccia con quelle informazioni? Sai già che sono in grado di eliminarci e che l'ultima volta mi hanno ferito gravemente."
"Certo certo. Ed è per questo che ho bisogno di essere pagato per poterti aiutare. Intendo darti uno nuovo potere, in grado di sconfiggere i nostri nemici."
"Nostri? Non mi dirai che il possente Satana è messo in ginocchio da un branco di fanatici religiosi." gli chiese sogghignando Thibaulth.
L'altro continuò a sorridere, mentre sferrava un calcio alla mascella del lupino.
"Ammetto che mi danno fastidio. Ho già perso una dozzina di agenti per causa loro e ora voglio chiudere la faccenda."
Con le labbra sanguinanti e la mascella indolenzita il licantropo cercò di rispondere, invano.
"Puoi anche non accettare la mia proposta e arrangiarti, ma sono convinto che in quel caso i tuoi compagni agirebbero senza di te e sai già cosa accadrebbe. Non mi duolerei troppo della vostra scomparsa, ma mi servite da vivi. E poi..." "E p-poi?" chiese Thibaulth sputando sangue.
"E poi c'è la tua cagnetta, Pascaline. Di fatto non mi appartiene, ma aspetta che arrivino gli inquisitori e dovrò aspettare poco per darle il benvenuto." "Lei non è dannata."
"Già, ma sarà morta comunque." sogghignò l'altro malevolo con occhi verde scuro. Thibaulth abbassò di nuovo il capo, arrensivo.
"D'accordo, cosa ti serve?"
"Soltanto i tuoi capelli, o meglio, il colore dei tuoi capelli."
"Prendili."
"A-ah. La sai anche tu lo formula per questi patti. Devi dire -Accetto-."
"Accetto."
Sentì un'improvvisa vampata di calore giungere da sotto i suoi piedi. Abbassò lo sguardo, rabbrividendo alla vista di un enorme pozzo senza fondo, un abisso turbinante lambito da fiamme eterne. Il terreno sotto di lui sparì, ed egli cadde accompagnata da un'acuta risata malvagia.

------

Thibaulth si svegliò diverse ore dopo, in piena notte. Si mise a sedere, intontito e confuso. Ricordava vagamente la sua caduta nel vortice e le fiamme che lo bruciavano, poi il nulla. Era qualcosa di così orribile che persino il Diavolo aveva pietosamente cancellato dalla sua memoria, o, forse, non voleva che lui ricordasse.
Si guardò intorno per capire dove si trovasse, grattandosi la testa, sentendo che i suoi capeeli erano divenuti ruvidi e duri come il fil di ferro. Si trovava in una piccola radura contornata da cespugli poco lontano da dove aveva incontrato il Demonio. Le ombre lo circondavano, spingendolo a guardare in alto, verso la volta celeste. Trovò subito la stella polare., ma venne distratto dalla sfera luminosa sospesa nel cielo.
Il lupino sorrise, ricordandosi che quella sera Pascaline avrebbe girovagata con i lupi della foresta, divertendosi a farsi passare per una di loro. Poi sneì che il sangue pulsava sempre più forte nelle vene mentre un desiderio di morte lo invadeva dolorosamente. Il pelo cresceva in modo incontrollato, i muscoli si gonfiavano lacerando le vesti e le ossa si piegarono in modo innaturale. Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, ma ne uscì solo un raggelante ululato. Davanti ai suoi occhi luci rosse e nere lo accecavano violentemente. Si gettò a terra artigliando il terreno con ciò che era divenute le sue mani, enormi zampe artigliate. Intorno a lui gli alberi presero fuoco. Ululò di nuovo, lanciandosi nella foresta. Corse veloce nella selva, saltando i rigagnoli ed i piccoli fiumi, facendo bruciare tutto ciò che incontrava. Infine, gli si pararono davanti le pendici di un monte. Ma non era da solo.
Intorno a lui molte presenze si erano riunite, ed erano tutte ostili. In qualche modo Thibaulth (o ciò che ne rimaneva) le percepiva come sue, ma questo non gli impediva di desiderare la loro morte. Così, senza dar tempo ai suoi “nemici” di assalirlo per primi, si buttò tra di loro. Li squarciò e li smembrò, li dilaniò e li divorò, ed infine rimase soltanto lui tra cadaveri e creature agonizzanti. La luna, che aveva assistito a tutto lo spettacolo, venne coperta dalle nuvole, e la ragiono tornò. Soltanto allora Thibaulth ritorno sé stesso e soltanto allora la vide.
In mezzo a cadaveri di lupi e di uomini, c’era anche Pascaline. Rantolante, agonizzante, lo guardava con occhi sbarrati. Lui si avvicinò, incurante del sangue, e la strinse tra le sue braccia mentre piangeva calde lacrime di dolore.
“Thibaulth…” sussurrò flebilmente
“Non parlare.” le disse piano lui
“non farlo più… ti prego…”
“Non lo farò…”
“promettimelo…” disse ancora più piano lei
“Te lo prometto.”
Pascaline si spense appena pronunciate quelle parole, lasciando Thibaulth solo nella notte. Intorno a lui l’oscurità si fece opprimente, ed infine, assoluta. Non c’era più niente intorno a lui, né gli alberi, né i morti, né Pascaline.
“Cosa…”
“Benvenuto Thibaulth.”
Dall’oscurità apparve un uomo, un uomo molto anziano. Aveva una lunga e fluente barba bianca, ma era privo di capelli. Il viso era magro e distinto, con un bel naso aquilino, mentre gli occhi erano completamente neri e privi di iride. Indossava una lunga tunica bianca e un mantello blu con ricami in argento, e si appoggiava ad un bastone d’oro alto quanto lui e culminante con una grande sfera di colore perlaceo.
“Grindelwald come hai osato?” ringhiò ferocemente il lupino
“A cosa ti riferisci?” chiese in tono divertito il mago
“A quel ricordo che mi hai fatto rivivere.”
“Mi spiace, ma non è merito mio. Quello che hai rivissuto è soltanto merito tuo.”
“Cosa vuoi dire?”
“Te lo spiego subito, per quanto possa servirti. Qui ci troviamo nella dimensione onirica, un luogo dove si sogna o si viene tormentati da incubi e ricordi. O, come nel mio caso, per comunicare con te.”
“E cosa dovresti dirmi, bastardo?”
“Che voglio sapere dove sono finiti i miei servitori.” La voce era seria ed imperiosa.
“Se ti riferisci ad Albert e Julius, al momento sono al calduccio, giù all’Inferno.” Ghignò soddisfatto il licantropo
“Dunque sono morti? E’ un esito inaspettato…”
“Preparati perché adesso li raggiungerai anche tu.”
Un risata glaciale giunse dall’anziano stregone, incurante della minaccia che il licantropo.
“Credi davvero che ti lascerò agire liberamente? No, tu morirai qui per mio volere.”
Batté il bastone sul “terreno” e neri tentacoli ne uscirono per avvolgere Thibaulth in una stretta micidiale. Lentamente lo trascinarono con loro nella coltre nera che faceva da pavimento, facendolo svanire nel buio eterno.
Il mago rise di nuovo, certo della propria vittoria. Non si accorse che la lastra nera si stava schiarendo, svanendo rapidamente. Una qualche forma di luce, infine, lacerò le tenebre, cogliendo di sorpresa Grindelwald e facendolo svanire dal piano d’esistenza.
Un angelo dagli occhi dorati teneva al petto Thibaulth mentre giaceva privo di coscienza. Lo osservò con attenzione con i suoi occhi dorati fin quando non rinvenne. Allora parlò.
“Sei venuto meno alla tua promessa.”
La voce era lontana ed arcana. Pareva giungere da ogni dove, ma la figura non aveva aperto bocca.
“Mi spiace…” bisbigliò piano il lupino.
“Dovrai fare ammenda per questo e per gli errori compiuti in passato.” Un sorriso si schiuse sulle labbra dell’angelo.
“Sono certa che ce la farai, vecchietto.”
“Pascaline?”
Thibaulth non riuscì a vedere il volto dell’angelo perché la luce intorno a lui continuò ad aumentare, diventando accecante. Le ultime parole che udì lo accompagnarono nel suo “ritorno”:
“Ricordati, l’ultimo riporterà l’equilibrio.”

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Volevo chiedere scusa per la lunga attesa, ma sono stato molto impegnato tra lavoro ed università (che ho iniziato con un anno di ritardo). D'ora in poi, temo, le attese si faranno molto lunghe e distanziate, sigh.

@desdeus: ti ringrazio nuovamente per le tue opinioni sul testo. Per me sono molto importanti.

@Neko_Tensai: grazie per i complimenti, mi hai dato una grande carica di fiducia. Mi spiace, ma stavolta ti lascio la curiosità di sapere cosa succederà per il prossimo capitolo.

@Master Ellie: un grazie molto sentito per i complimenti dal profondo del mio cuore.

@Samvise: bentornato a leggere la mia FF. Ho letto "la chiave finale" e mi è piaciuta molto (come avrai già capito dai miei commenti fatti appositamente :D ).

Attendo ansiosamente i vostri commenti, sperando di continuare con questo trend positivo ( ma quanto mi sento manageriale oggi :D? lol )
  
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