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Autore: Beatrix Bonnie    31/03/2012    3 recensioni
E se Silente avesse sbagliato i suoi conti? Se Harry, quel giorno a King's Cross, invece di tornare e combattere, avesse deciso di prendere il treno che lo avrebbe portato avanti?
Con un Voldemort al vertice del suo potere, il mondo magico nel caos e il Ministero della Magia definitivamente nelle mani dei Mangiamorte, uno sparuto gruppo di ribelli si oppone ancora all'autorità centrale: sono i membri dell'Ordine della Capra, i sopravvissuti della Grande Battaglia di Hogwarts.
Ma per sconfiggere Voldemort ci vuole ben altro: ci vogliono madri pronte a tutto per salvare i propri figli, una ragazza capace di mettere da parte il proprio egoismo per scendere in campo contro il dittatore e, soprattutto, la forza dell'innocenza di un bambino Veggente.
Storia prima classificata al "What if contest".
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Neville Paciock, Nuovo personaggio | Coppie: Dean/Luna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La saga del bambino Veggente'
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La fine e l'inizio

Malfoy Manor,
la stessa sera, pochi minuti dopo



La prima sensazione che fece capire a Neville di essere tornato indietro fu il formicolio ai piedi, seguito da un intenso mal di testa. La sensibilità gli ritornò pian piano: inizialmente fu l'odore di bruciato, poi il suono di un pianto e infine, aprendo adagio gli occhi, riconobbe la sagoma sfuocata di Sam.
Il bambino era chino su di lui e stava singhiozzando disperatamente, la testa adagiata sulle braccia incrociate sul petto di Neville.
«Non puoi fare più niente per lui, ora» sibilò una voce fredda, in un tono apparentemente neutro. In realtà lord Voldemort era invaso da una gioia furiosa, conscio che quel patetico tentativo di ribellione al suo potere sarebbe morto quella stessa sera.
«Sei un mostro!» strillò il piccolo Sam, con il volto rigato dalle lacrime.
Voldemort scoppiò in una risata fredda e squillante. «No, no. Sono solo uno che sa quello che vuole, e sa come ottenerlo» rispose, concedendosi un sorriso.
«Sei un mostro!» ripeté Sam, alzandosi in piedi. «Un mostro, un mostro! Un assassino!» gridò, la voce acuta rotta dai singhiozzi.
Voldemort non sembrava particolarmente spaventato dall'attacco isterico del marmocchio. Solo, avrebbe preferito avere a che fare con un Veggente un tantino più maturo.
«Sei un assassino, un assassino! E morirai anche tu!» strillò Sam, facendosi avanti con fare minaccioso. «Morirai, morirai!»
Puntò il suo dito bianchiccio per la vitiligine contro Voldemort e lo insultò: «Tu sei solo un codardo!»
«Non osare...!» sibilò il Signore Oscuro, alzando la bacchetta verso il marmocchio, ma la sua voce aveva perso ogni spavalderia.
Sam fece un altro passo verso di lui. «Codardo, codardo!» gli sputò addosso, con una violenza inaudita per un bambino di nove anni.
«Io... non...» balbettò lord Voldemort, indietreggiando di un passo. Aveva ancora la bacchetta levata davanti a sé, pronto a colpire il piccolo Veggente, ma c'era qualcosa che gli impediva di agire.
Era come se fosse paralizzato... dalla paura?
«Codardo! Codardo! Hai solo paura della Morte, ma la Morte colpirà anche te!» ripeté Sam, gli occhi cerulei spalancati verso di lui.
«No!» gridò il Signore Oscuro, in preda alla follia. «Io vivrò per sempre!»
E poi Sam cominciò a dire cose di cui non conosceva nemmeno l'esistenza, ma era che certo fossero quelle giuste, come se qualcuno gliele stesse suggerendo all'orecchio. «Nessuno può vivere per sempre. I tuoi Horcrux sono tutti distrutti, Tom».
«Non osare chiamarmi in quel modo!» sbraitò Voldemort, fuori di sé dalla rabbia. «E cosa ne sai tu dei miei Horcrux?»
Sam sorrise enigmatico. Non sapeva nemmeno cosa fossero, ma aveva la netta percezione che si trattasse di qualcosa di importante per il mago. Qualcosa di vitale.
«Il diario, l'anello dei Gaunt, il medaglione di Serpeverde, la coppa di Tassorosso, il diadema di Corvonero e il serpente Nagini» snocciolò tranquillamente, come se stesse ripetendo l'elenco della spesa. Non aveva la più pallida idea di come gli fossero venute alla mente quelle cose, ma le sapeva e basta. Le percepiva.
Voldemort indietreggiò ancora di qualche passo, atterrito. «Come... come le sai queste cose?» domandò, incapace di credere che qualcuno fosse venuto a conoscenza di tutti i suoi più profondi segreti.
Sam si stinse nelle spalle. «Le so e basta» rispose con tranquillità. Poi fece un altro passo verso Voldemort e, per quanto fosse piccolo e minuto, pareva più minaccioso che mai. «Sono tutti distrutti, Tom» gli rivelò, senza bene capire da dove gli venisse l'idea di chiamarlo con quel nome. «Sei mortale. Arrenditi».
«No!» gridò Voldemort, il suo volto serpentesco trasfigurato in mostro dalla pura rabbia. Alzò la bacchetta, pronto a scagliare la maledizione su quel fastidioso marmocchio, ma...
«Morirai. Morirai. Morirai. Morirai» cominciò a cantilenare Sam, avanzando verso di lui.
Voldemot strinse la presa sulla Bacchetta di Sambuco, ancora levata in aria, incapace di muoversi. «Smettila di ripeterlo!» gridò in preda al furore.
«Morirai. Morirai. Morirai...» continuava a ripetere Sam, ma poi fu colto da uno spasmo, si irrigidì e spalancò gli occhi, che parvero ancora più grandi e fissi del solito.
«Accadrà questa notte» prese a dire, con una voce dura e innaturale.
«Il Signore Oscuro morirà questa notte, per mano di ciò che lui teme più di ogni altra cosa: la Morte. La Morte verrà, questa notte, e giustizierà colui che ha tentato di sfuggirgli».

Neville si alzò lentamente da terra, ma Voldemort non parve nemmeno accorgersene, preso com'era a fissare allibito il piccolo Veggente.
Sammy era stato colto da qualcosa di strano: era tutto rigido e parlava con una voce che non era la sua. Neville estrasse lentamente la sua bacchetta dalla tasca dei pantaloni, ma rimase immobile, in attesa di chissà cosa.
Eppure, capiva che era quello il momento migliore per agire.

«Accadrà questa notte. Il Signore Oscuro morirà, ucciso da ciò che teme più di ogni altra cosa...»

E Neville agì. Levò la bacchetta davanti a sé e gridò: «AVADA KEDAVRA!»
Un raggio di luce verde illuminò per un attimo la sala e centrò il suo obiettivo, prima che questo potesse accorgersi di quello che era successo. Voldemort sgranò gli occhi per la sorpresa, poi stramazzò a terra.
Morto.

La cantilena di Sam si interruppe e il bambino crollò a terra.
«Sammy!» esclamò Neville, correndogli incontro per soccorrerlo. Si inginocchiò e lo strinse a sé, accarezzandogli il viso con il dorso della mano.
Sam si riprese lentamente, come se si destasse da un sonno profondo. «Io... non so cosa ho detto» mormorò in tono sconnesso, lasciandosi sorreggere dalle braccia di Neville.
«Sei stato bravissimo, Sammy» lo rassicurò il ragazzo, con un gran sorriso.
Solo allora Sam si accorse del corpo riverso a terra alle sue spalle. Lo guardò, incredulo, ma era decisamente lui: lord Voldemort. «È... morto?» sussurrò con un filo di voce, come se dirlo troppo forte rischiasse di rompere l'incanto.
«Sì, Sammy. È finita» rispose Neville, anche lui in un sussurro. Il bambino gli gettò le braccia al collo e Neville si alzò in piedi, tenendolo in braccio. Per un attimo si strinsero in silenzio, poi insieme scoppiarono a piangere. Era un pianto liberatorio, per scacciare tutte le ansie e timori accumulati. Era la libertà non più sperata, era il pianto della vita strappata dalle dita fredde della morte, il pianto della rinascita. Una boccata d'aria dopo minuti d'apnea, un sorso d'acqua fredda nel deserto.
Fu un gridò che squarciò la notte a riscuoterli.
«Mio Signore!» gridò uno dei Mangiamorte più fidati, entrando nel salone e vedendo il corpo a terra. Si gettò al suo fianco nel vero senso della parola e cominciò a baciargli la veste e a chiamarlo in tono supplichevole, come se sperasse di farlo svegliare. I suoi ululati di disperazione richiamarono anche altri Mangiamorte che, increduli alla vista del cadavere del loro Signore, si gettavano a terra e si strappavano ciocche di capelli, in patetiche dimostrazioni di dolore, oppure, consci di essere vicini alla loro fine, pensavano bene di darsela a gambe, abbandonando il loro padrone ormai morto.
I primi dell'Ordine ad arrivare di corsa sul luogo furono Aberfoth, Minerva e Dean, che sorreggeva Percy. Quest'ultimo era messo piuttosto male, con numerose ferite che gli inzuppavano di sangue il maglione.
«Per la barba di Merlino!» esclamò Aberforth, alla vista del cadavere di Voldemort. «È morto!»
«Neville?» lo interpellò Minerva, allibita.
«È morto» confermò il ragazzo, con un sorriso stanco.
Ci fu sono una frazione di secondo di incredulità, poi scoppiarono delle urla di giubilo tanto potenti da far sembrare che le pareri della sala avessero preso a tremare. Aberforth e Minerva si abbracciarono, gridarono e piansero. Arrivarono anche Filius e Luna, quest'ultima con un brutto taglio che le attraversava la faccia, ma con un gran sorriso che le illuminava gli occhi. Abbracciò Dean con foga e poi rivolse uno sguardo pieno di gioia anche a Neville, che stringeva ancora a sé il piccolo Sammy, come se avesse paura di vederselo portare via di nuovo.
«Molto bene!» esclamò Aberforth, sovrastando i festeggiamenti. «Mi rivolgo a voi Mangiamorte, ora» disse, burbero come sempre, ma sicuramente con un senso pratico maggiore degli altri. «Se vi arrendete subito e senza lottare, prometto a tutti voi un equo processo».
Narcissa si fece avanti tra la folla, trascinando il figlio Draco per una manica. Guardò Aberforth dritto negli occhi e poi depositò la sua bacchetta ai piedi di lui. Aberforth la guardò impassibile, ma poi si chinò a terra, prese la bacchetta e gliela restituì. «Tu non sarai incriminata. Ci hai aiutati anche a scapito della tua vita» la rassicurò, con un cenno del capo, il gesto più gentile che fosse in grado di fare.
Dopo di lei, anche se con una certa riluttanza, pure Draco depositò la sua bacchetta a terra, seguito da suo padre Lucius e da molto altri. Per ultimo, anche il Mangiamorte che si era gettato a fianco di Voldemort e aveva baciato le sue vesti si avvicinò a Aberforth, ma il suo sguardo non faceva presagire nulla di buono: non sembrava per nulla disposto ad arrendersi.
Ci fu una frazione di secondo di tensione, poi il Mangiamorte sputò in faccia ad Aberforth.
«Non mi avrete mai!» gridò l'uomo, ma Minerva fu più veloce: estrasse la sua bacchetta con una rapidità impressionante per la sua età e gli scagliò addosso un incantesimo che lo sbatté contro la parete. Poi fece uno scatto con la mano e i due grossi serpenti di pietra che ornavano il portone presero vita e si avvinghiarono attorno alle braccia del Mangiamorte.
«Non osare mai più, Lestrange!» scandì per bene Minerva, mentre i membri dell'Ordine scoppiavano in un fragoroso applauso.
Proprio in quel momento, però, Percy, ancora sorretto dal braccio di Dean, tossì e sputò sangue. Dean lo adagiò delicatamente a terra, tenendogli il capo sollevato, appoggiato sul suo grembo. «Resisti, Perce, ora torniamo a casa e guarirai» lo incoraggiò, anche se nemmeno lui sembrava credere alle sue parole.
«No» mormorò Percy, in un sussurro. Sul suo volto era comparso un sorriso beato, come se avesse finalmente ritrovato la serenità dopo anni di sofferenze. «Ho ucciso Bellatrix Lestrange. Mi sono vendicato e il Pelatone è morto: ora ritornerà la pace, ma io non sono fatto per questa pace».
«Non dire così...» sussurrò Dean, afferrandogli la mano con forza.
Minerva si avvicinò e si chinò al fianco di Dean, mettendogli una mano sulla spalla per rincuorarlo. «Dean, lascialo morire in pace» gli mormorò, con un sorriso triste.
«Loro... mi aspettano!» esclamò Percy, spalancando gli occhi come se avesse avuto una visione. Due singole lacrime gli attraversarono le guance e un sorriso gli si disegnò sulle labbra. Poi, con un ultimo spasimo, morì.
Dean chiuse gli occhi e appoggiò la sua fronte a quella di Percy.
«È tornato dalla sua famiglia» lo rassicurò Luna, cingendogli un braccio intorno alle spalle.
«Porca vacca!» esclamò proprio in quel momento David, arrivato sulla scena con Dennis e Astoria. David stringeva ancora al petto la Passaporta, come se da quella dipendesse la sua stessa vita. Lanciò una veloce occhiata al cadavere di Voldemort, poi commentò con aria schifata: «Cielo, era proprio brutto!»
La sua uscita strappò qualche risatina divertita tra i membri dell'Ordine.
«Mamma!» esclamò Sam, quando vide comparire sull'uscio la madre, accompagnata dalla sorella Esther.
«Sammy!» esclamò Rachel, con le lacrime agli occhi.
Neville lo fece scivolare a terra, per permettergli di correre incontro alla madre, mentre lui rivolgeva un sorriso timido a Esther. La ragazza non esitò nemmeno un secondo: gli corse in contro, gli gettò le braccia al collo e lo baciò, lì, in mezzo a tutti.
«Oh, Esther» mormorò Neville, affondando il viso nel suo abbraccio. Esther cercò di ricacciare indietro le lacrime di commozione, ma capì che era una lotta inutile perché stretta nella presa di Neville, con il capo nascosto nell'incavo tra il collo e la spalla, ad annusare il suo profumo di verde e di terra, era la donna più felice del mondo.
«È finita, è finita» la rassicurò Neville, quando si sciolsero dall'abbraccio.
«Finita?» latrò Aberforth, richiamando l'attenzione di tutti su di sé. «Questo non è che l'inizio! Ora comincia il duro lavoro: bisogna rimettere in sesto il Ministero».
«E anche Hogwarts» precisò Minerva, in tono puntiglioso, ricevendo lo sguardo d'approvazione di Filius.
Aberforth si avvicinò a Neville e gli mise una mano sulla spalla. «Tu sei l'eroe di questa battaglia, Neville Paciock. Preparati a glorie, onori e tanto lavoro» lo avvertì, con una strizzata d'occhio, un gesto decisamente troppo frivolo per lui.
«Glorie? Onori?» gli fece eco Neville, scuotendo la testa. «Io non voglio niente di tutto questo» disse, cercando la mano di Esther. Quando la trovò, gliela strinse e le rivolse un accenno di sorriso. Se ci fosse stata lei al suo fianco, sarebbe andato tutto bene.
«Io... coltiverò piante» spiegò, in tono tranquillo. «E aprirò un vivaio».








Eccoci giunti, ormai, all'ultimo capitolo di questa storia! Lunedì posterò l'epilogo e (per ora... non si sa mai!) diremo addio ai protagonisti della storia!
Comunque, Sam ha pronunciato la sua prima vera profezia, di quelle che si meritano un posticino all'Ufficio Misteri. Il fatto che sia Sam l'asso nella manica per eliminare il Pelatone è spiegabile con l'idea che uno come Voldemort ha paura del futuro e teme il proprio passato. Diciamo che è facilmente impressionabile da un Veggente, sotto quest'aspetto! XD E il caro Sammy ci è andato giù pesante!
Ebbene sì... il Pelatone è morto, la guerra è finita! Ma, come ricorda gentilmente Ab, il bello deve ancora arrivare: c'è da rimettere in piedi uno stato che ha passato gli ultimi 5 anni sotto una specie di dittatura. A quanto pare, però, Neville non ha alcuna intenzione di stare sotto i riflettori della fama! ;)
Ah, per chi aspettava il momento di gloria di David, ve l'ho servito su un piatto d'argento: "Porca vacca, era proprio brutto!" hahahah! Povero Pelatone... insultato così da un Babbano! XD Anche Minerva, comunque, ha avuto la sua occasione, quando mette fuori gioco con un colpo di bacchetta Lastrange!
E Percy... mi piange il cuore per lui, ma non potevano salvarsi tutti durante una battaglia del genere: Percy era la persona adatta a morire, dopo aver ucciso Bellatrix, perché si ricongiunge con la sua famiglia; dubito che, anche in tempi di pace, avrebbe potuto vivere serenamente sapendo di essere l'unico Weasley sopravvissuto.
Ok, basta chiacchiere! A dopodomani con l'epilogo!
Beatrix

   
 
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