Angolo Autrice:
So che non ho mai scritto un angolo autrice ( o si? ) ma volevo comunque scrivervi due appunti prima di iniziare con il capitolo: sono arrivata all'undicesimo capitolo senza fatica, con il mio solito modo di scrivere... che non mi piace più; nel senso che mi risulta spezzettato, i capitoli forse sono troppo corti e non si capisce nulla di nulla. Vorrei provare a scrivere un capitolo diverso, con uno stile diverso per giovare la storia. Vorrei chiedervi gentilmente se va bene, se notate qualche cambiamento e se la storia risulti più scorrevole così. Grazie.
Parole
Questo capitolo è dedicato a Nipotina e LandOfMagic, la prima perché mi segue dall'inizio, e mi ha spronato a dare sempre di più, mentre la seconda perché ha recensito tutti i miei capitoli in tempo record e non so davvero come ringraziarla.
Siete due angeli.
Gli esseri umani sono attaccati in modo quasi viscerale ad un loro prototipo di bellezza, canoni stabiliti e forzati anche se non condivisi. La bellezza, di certo, è ottima da guardare: bearsi di ciò che è bello lascia addosso tracce di un profumo soave e impossibile da trovare. Quel che lascia senza fiato la prima volta può ritenersi se non raro certamente unico. Ma non sempre bello è sinonimo di buono e brutto di cattivo.
La bellezza corrompe e danna l'animo di chi la osserva, corrode i cuori di chi la desidera, e scatena conflitti eterni in chi vuole possederla. La bruttezza rimane incorrotta, intristisce solo l'anima di chi viene rifiutato; gli esseri umani credono di essersi arrogati il diritto di allontanare e ferire chi secondo loro non entra nei canoni da loro imposti.
Desdemona Shaw nella sua breve ma intensa vita non era mai stata accettata per quel che era: ripudiata, rifiutata, messa in un angolo solo perché diversa. Gli esseri umani erano terrorizzati da un possibile cambiamento, erano terrorizzati da chi era diverso da loro solo perché non sapevano comprendere, solo perché non sapevano come prenderla, o come ucciderla in quel caso.
Per cento lunghi anni era stata costretta a scappare, a nascondersi, a strisciare per non essere uccisa. Era stata costretta a cambiare il suo aspetto, a diventare comune, anonima, solo per non venire schiacciata; Desdemona era un demone alquanto particolare, che si nutriva della ninfa vitale degli esseri umani, e se non lo faceva la sua pelle rinsecchiva fino a diventare cenere.
Era stata lei stessa, insieme a Bart, a fondare la Rosa Nera, per motivi diversi, certo, ma con lo stesso obiettivo: eliminare maghi e babbani e tornare a camminare sulla faccia della terra senza avere nessuno alle costole, senza la paura di poter essere eliminati solo perché diversi.
Ma quando quell'idiota di Bart era stato ferito, e quell'altro idiota di un licantropo era sparito, dandosi per morto, Daisy aveva deciso di scendere lei stessa sul campo di battaglia, combattendo dall'interno. Assumere un mutaforma che assomigliasse anche lontanamente a Geneviè era stata una vera e propria impresa, ucciderla anche di più. Avevano la pelle dura, quei Candevish, ma il tempo di toccarle il cuore e succhiarle via la vita ed era caduta come una foglia secca da un albero spoglio.
La prima mossa era la fiducia, diventare un pilastro fondamentale per gli Auror, tanto da essere indispensabile per quella guerra. La seconda mossa era metterli gli uni contro gli altri, ed infine strisciare come una serpe in seno e azzannare le sue prede. Doveva eliminare prima chi ostacolava il suo passaggio, per poi prendere possesso dell'intera Inghilterra, chiudendola su sé stessa senza che nessuno né uscisse o entrasse, per poi passare alle altre nazioni.
Era riuscita a guadagnarsi un minimo di fiducia da parte di Denholm, che lo aveva condotto nella tana del lupo, ora doveva guadagnarsi la fiducia di tutti gli altri, per poi ammazzarli come cani. Una risatina uscì dalle sue labbra rosse, mentre gli occhi da neri divennero di un blu pallido. I capelli bruni divennero di un intenso rosso sangue, lisci e ribelli come piccoli serpenti.
Due cuori battevano nel suo petto, ed era impossibile ucciderla se non si centravano entrambi nello stesso istante con un grosso palo di ferro benedetto.
Desdemona succhiava via la vita, ed era un essere molto simile ad un vampiro, ma era una moroii. Molto più difficile da uccidere, e con un aspetto che variava a suo piacimento. Le bastava un bacio e un tocco al cuore, e poi si sarebbe nutrita. Con un altro sorrisetto, la ragazza, ritornò al solito aspetto. Quel giorno compiva cento anni, forse poteva divertirsi quel tanto da creare distruzione.
Quando Desdemona e Den si erano materializzati a casa Potter, avevano ricevuto tutte le cure possibili da Hermione Granger, medimaga, e Ginevra Weasley, che con il suo tocco di mamma sembrava poter guarire ogni cosa. Erano stati accolti come due di famiglia, e Den era rimasto sorpreso che non l'avessero cacciato: sembravano volergli tutti bene come un... figlio, ecco.
- Eravamo tutti preoccupati, sai? Abbiamo... capito le tue intenzioni, ma sparire così, senza darci notizie, ci ha messo un senso di inquietudine addosso. - mormorò Ginny, porgendogli, rossa in viso, una tazza di sangue. Den sobbalzò, osservando il sangue vorticare nella tazza preferita di Lily.
- E questo? - domandò, guardando la donna che si fissò le punta delle scarpe da ginnastica che indossava. La vide mordersi le labbra, e a Den, sorprendentemente, le ricordò sua madre: quella dolcezza inaudita, la tenerezza che ci metteva nell'abbracciarlo, e i sorrisi solari che solo a lui dedicava.
- Hermione dice che per riprenderti devi bere questo, è sangue che ha preso dall'ospedale. Sappiamo che è illegale, ma... - mormorò Ginny, riavviandosi una ciocca di capelli rossi e infilandola dietro l'orecchio che aveva assunto lo stesso colore dei capelli.
- Non ho mai ucciso vite umane, se è questo che volete sapere; quando devo nutrirmi, se è proprio necessario, faccio un giro nei carceri della contea, succhiandone quel tanto che basta da farmi star bene. - disse Den, facendola rilassare impercettibilmente.
- Sapevo che non eri un assassino. - disse Ginny, facendogli l'occhiolino, accarezzandogli con dolcezza il capo e uscendo dalla cucina per lasciarlo solo con il suo "pasto".
Cominciò a bere il sangue come se stesse bevendo comune caffé, rilassandosi: quelle corde magiche gli avevano fatto perdere più forze di quel che pensava, e nutrirsi era un toccasana per lui, era come non dormire per ventiquattro ore per poi sdraiarsi in un letto e recuperarne quarantotto.
La sua colazione, però, fu interrotta dall'arrivo di tre persone. Lily fu la prima ad entrare e bloccarsi alla sua vista, sconvolta. Lui era di nuovo lì, con il viso sfregiato e con la sua solita indole calma: era come se fossero passati anni, e Den fosse invecchiato di secoli. Alle sue spalle, Scorpius, trattenne un sogghigno sarcastico, mentre Desdemona si chiedeva cosa fosse tutta quella tensione.
- Ehi, Den, mi hanno presa in squadra. - disse Daisy, sorridendo e raggiungendolo, sedendosi al suo fianco e dandogli un delicato buffetto sulla guancia. Den sorrise, leccandosi le labbra sporche di sangue e ammiccando nella sua direzione, ignorando volutamente Lily e Scorpius.
- Non era sottinteso che ti prendessero? - domandò poi Denholm, aggrottando le sopracciglia e facendo sobbalzare Daisy, che si maledì mentalmente per quell'errore di distrazione. - Beh, lo speravo, sennò avrei dovuto lavorare esternamente con loro. - disse, sorridendo civettuola.
- Finiti i convenevoli... - sbottò Lily entrando in casa e sedendosi con un tonfo di fronte a Den. - Vorrei sapere come mai sei ritornato. - disse poi, incrociando le braccia al petto.
- Io mantengo le mie promesse. - sogghignò Den, guardando Scorpius appoggiare una mano sulla spalla di Lily e cercando di fare forza su sé stesso per non spezzargli il collo. Ma infondo era quello che voleva, no? Che loro stessero insieme, che lei fosse felice. Finì di bere il sangue, che quasi gli andò di traverso quando vide le mani dei due ricongiungersi quando lei sembrò abbassare lo sguardo ferita, e rimase lì, a fissarli in attesa.
- Ho promesso che vi avrei protetto, che ti avrei protetto da questa guerra, e lo farò. E poi a Desdemona serviva un passaggio, quindi... - disse, e gli occhi dei due ricaddero sulla ragazza, che salutò con la manina. Den ghignò, quella nana era sorprendente. Con la sua ingenuità e purezza era la cosa che più si avvicinasse ad una bambina.
- Credevo che non ti importasse più nulla di me. - disse Lily, abbassando lo sguardo e stringendo ancora di più le mani di Scorpius. In quei giorni si erano avvicinati quel poco da avere un contatto fisico. Ma infondo tra lei e Scorps era sempre stato così. Si capivano con uno sguardo, si davano conforto con una carezza, si infondevano fiducia con un bacio.
- Mi importa della tua incolumità. - sbuffò Den, allentandosi il colletto della maglia che indossava. Quella stanza cominciava a stargli troppo stretta, gli mancava l'aria ed era strano, visto che l'ossigeno, per lui, non era indispensabile.
Si passò una mano sugli occhi, e non notò il sorrisetto di Desdemona, che non prometteva nulla di buono. - So proteggermi da sola. - sibilò Lily.
- Senti, ma che cazzo pretendi? Vuoi che me ne vada? Sono ritornato solo per non vederti piangere se poi ti schiatta qualcuno. - sbottò Denholm, alzandosi di scatto e mandandola a fanculo mentalmente. Uscì da quella casa infernale, con le mani nei capelli e una vena pulsante sul collo.
Desdemona si mise le mani nella tasca posteriore del giaccone che indossava, controllando che quella fialetta fosse ancora al suo posto. Un alteratore del sangue, semplice ed efficace. Denholm voleva diventare umano? Lo sarebbe diventato molto presto.
Due ore dopo, dall'altra parte della contea, un urlo rabbioso invase la residenza attuale della Rosa Nera. Dei vampiri si ritirarono verso il muro, silenziosi, mentre Bart sbattè con rabbia repressa un pugno sul tavolo, rabbioso.
- Chi cazzo l'ha mandata là? - urlò, guardandoli uno ad uno, senza ricevere nessuna risposta. Quella maledetta bastarda era partita senza dirgli nulla, aveva ucciso Geneviè Candevish e ora si trovava a casa Potter. - Moriremo tutti... appena Denholm scoprirà questo moriremo tutti... - sussurrò Bart, infilandosi le mani nei capelli disperato.
Den li avrebbe fatto a pezzi, non lasciando nulla di loro, se non le ceneri.
- Maledizione! - urlò, dando un calcio al tavolo, che si rovesciò. Erano nella merda fino al collo, e la colpa era di quella stronza di una Moroii.