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Autore: Reina    27/10/2006    2 recensioni
La vendetta è un piatto che va servito freddo, e presto qualcuno se ne sarebbe reso conto!!!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Max Mizuhara, Nuovo personaggio, Professor Kappa, Rei Kon, Takao Kinomiya
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ecco un nuovo capitolo

Ecco un nuovo capitolo

Scusatemi per il ritardo ma sono stata impegnata con la stesura di altri racconti.

X Lord Martiya e Killkenny: Spiacente raga ma avete toppato entrambi; ad ogni modo grazie per il sostegno morale ç________ç

X katia37: ringrazio anche te per il sostegno ricevuto. In effetti per la storiella dei demoni della vendetta mi sono ispirata ad Anya di Buffy, come per gli altri esseri soprannaturali mi sono ispirata a manga e fumetti vari (come effettivamente KK ha detto).

Buona lettura a tutti.

 

 

La notizia della morte di Yuri si era diffusa a macchia d’olio.

Tutti sapevano che era stato ritrovato il suo cadavere in un vicolo di periferia, ma quasi nessuno sapeva del magnifico tatuaggio sul petto, raffigurante di un drago cinese nero che lacera la giugulare di un lupo grigio, e che secondo la testimonianza dei suoi compagni riguardo alla sua improvvisa comparsa sul corpo del giovane, venne identificata come la firma dell’assassino.

Già, un assassino.

Un uomo, perché secondo le autorità locali solo un uomo sarebbe stato in grado contrastare la sua forza fisica.

Solo un uomo avrebbe potuto sbriciolargli l’osso del collo come wafer.

- Dannati sessisti!

- …uh! Che c’è Hilary!?

- Quegli incompetenti degli agenti!!! Decidere che il colpevole era per forza un uomo! Hai capito, UN UOMO! È inaudito!

- Meglio così, no?! Potrai agire indisturbata

- Come se facesse molta differenza.

- Appunto. Con le tue abilità e quegli imbecilli che cercano un uomo, credi che verrebbero a cercare una pooovera fanciulla indifesa?!

- …mmm… Ma lo sai che ha ragione?!

- Certo che ce l’ho. Piuttosto… il prossimo obbiettivo?

- Non l’ho ancora deciso

- Io un’idea ce l’avrei

- E sarebbe

- Lo scoprirai. Ma prima…

Oh, no!

Non mi piace quel sorriso.

Qualunque cosa abbia in mente non promette nulla di buono.

Si rigira verso l’amica.

Ran sta sghignazzare come un’ossessa

Decisamente no!

 

Tribù della tigre bianca

 

Chichi è stanco di aspettare Gao.

Quell’armadio a tre ante con lo stomaco al posto del cervello doveva andare a prendere l’acqua.

Una cosa semplicissime, eppure mancava da casa da diverse ore, e logicamente era toccato a lui andarlo a cercare.

A causa di una frana la vena idrica collegata alla fontana del villaggio era bloccata, così ora era necessario andare direttamente al fiume oltre il bosco.

Per non

Non che il tratto di boscosa attraversare fosse lungo, ma il suolo era ridotto ad un autentico pantano a causa della pioggia torrenziale degli altri giorni, e i rami sottili ma aguzzati gli graffiavano in continuo gambe e braccia.

Giuro che quando lo trovo lo ammazzo

E andò avanti così per vari minuti, aggiungendo piccole imprecazioni mentali ogni volta che un graffio si aggiungeva a quelli preesistenti.

Ma il suo pensiero venne interrotto da una melodia dolce, ma contemporaneamente nostalgica.

Seguì il canto che manco a farlo apposta lo portò alla meta e lì vi trovò una ragazza.

Il suo corpo era un po’ acerbo ma che andavano d’accordo con i lineamenti dolci e un po’ infantili del viso.

Chicchi era stupito ma anche affascinato dalla ragazza, a tal punto che si avvicinò senza far rumore per poterla osservare meglio.

I capelli erano di un azzurro così chiaro da farli sembrare trasparenti e la veste a maniche sottili azzurra come l’acqua del lago in un giorno sereno era di almeno una taglia più larga per il suo corpo minuto, ma ricadeva dolcemente lungo i fianchi dandole un certo no so che.

Della stoffa delicatissima dello stesso colore della veste avvolgeva le braccia, rimanendo larga fino a un po’ sopra rispetto al gomito dove bracciali d’argento avvolgevano in un motivo a spirale la pelle sorreggendo il tessuto ed impedendogli di cadere. Da lì in avanti le palle erano completamente scoperta a parte.

Mentre si avvicinava passo dopo passo, la studiava con attenzione, finché non calpestò un rametto che la fece girare verso di lui interrompendo il canto.

Chichi sussultò vedendo che gli occhi erano chiari come specchi d’acqua.

Lei non si mosse per un attimo poi entrò nell’acqua e gli protese la mano sorridendo.

La pelle era candida coma la neve, tanto da che il ragazzo esitò a porgere la sua temendo di rimanere congelato sul posto e solo dopo un secondo incitamento acconsentì alla richiesta.

Non protestò quando lo invitò ad entrare con lui nell’acqua del fiume.

Era troppo affascinato per reagire.

Troppo succube.

A tal punto che si lasciò abbracciare e trascinare sotto.

Solo quando un attimo dopo sentì il freddo pungente dell’acqua cominciò a reagire e si agitò un poco perché lei non lo mollava.

Cominciava a mancargli l’aria e si, perché ciò che vide sul volto di lei, era un sorriso. Ma non un sorriso dolce o canzonatori, o ironico.

La sua era un’espressione sul limite tra il ghigno e un volto compassionevole, come per dire “Povero piccolo. È inutile che ti agiti, tanto non ti lascio”.

Gli si gelò il sangue e cominciò ad agitarsi maggiormente, finché non vide con la coda dell’occhio il corpo esanime dell’amico e urlò.

Errore!

L’acqua riempì di colpo i polmoni e l’agonia durò altri pochi secondi.

La sera stessa i loro corpi vennero ritrovati.

Sulle loro schiene, dove il tessuto dei vestiti era lacerato, spiccavano dei tatuaggi selle schiene dei due.

Un orso sulla schiena di Gao, una scimmiotta su quella di Chichi, ed entrambi gli animali erano schiacciati da un grosso drago cinese dalle squame nerissime.

 

Di nuovo a Tokyo

 

Una porta sbatté con violenza contro il muro.

Nella sala entrò una Hilary bagnata fradicia dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi.

Per la cronaca non indossava le mutandine e il fatto l’abito azzurro che indossava le aderiva al corpo come una seconda pelle, certo non aiutava ad evitare i commenti di un certo maniaco dalla carnagione mulatta, capelli neri e occhi verdissimi.

- Zitto Kakeru, o preferisci che ti privi dell’unico attributo che ti contraddistingue dal sesso femminile?! – urlò la ragazza afferrando l’intero set di coltelli da cucina, che in mano a lei sembravano molto più affilati del solito

- Grazie, per l’affascinante offerta, ma per ora ne faccio a meno.

- Appunto, per ora. E non mi interessa se sei il figlio del capo. Sei quindi pregato di uscire dal mio appartamento ADESSO

Kakeru stava per ribattere, ma decise di assecondarla dopo che si ritrovo l’intero set di coltelli a 1mm da collo, fianchi e… “gioielli di famiglia”!!!

Non appena il diavolo se ne fu andato scomparendo in una nuvola di fumo, Hila si diresse in camera dove si cambiò e scrisse un paio di righe sul suo diario prima di gettarsi sul letto e addormentarsi all’istante.

 

 

Caro diario.

Scusa se di recente non ho scritto molto ma ho avuto parecchio da fare.

Oggi mi sono sbarazzata di due piccioni con una fava.

Con quel moccioso di Chichi è stato facile, ma con Gao ho dovuto usare una bella mazza chiodata. Speriamo che non sino rimasti segni.

L’idea di Ran è stata geniale: fingersi un’ondine e usare il galmour per ammaliarli.

Dimenticavo.

NOTA DELLE COSE DA FARE: Ran ha perso da qualche parte il suo senso del pudore.

Sicuramente quelli all’ufficio oggetti smarriti ne sapranno qualcosa.

 

  
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