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Autore: Exentia_dream    01/04/2012    4 recensioni
L'amore non è sempre ricambiato e non è sempre facile.
Lo sanno bene Hermione e soprattutto Draco, che ad amare non è bravo e non lo è neanche ad ammetterlo.
Una piccola shot su quello che sarebbe della loro storia se fossero innamorati.
Spero di leggere qualche commentino xD
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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(© elyxyz)



Non sapeva perché provasse quel che provava, né dov’erano finiti tutti i suoi ideali di purezza del sangue e altre stupidaggini simili, ma lei gliel’aveva avvisato, una volta.

“Attento, Furetto, finirai per caderci con tutte le scarpe.”

“Le mie scarpe costano troppe e non le sporcherò di fango babbano.”

“Vuoi dire che le tue mani non valgono tanto, visto che le bagni con il mio piacere?”

Eppure, erano mesi che provava quel sentimento per lei. Per lei che chiedeva conferme, ma non ne riceveva, perché lui non era mai stato capace di esprimersi: se mai aveva provato interesse per qualcuna, lo aveva dimostrato avvolto nelle sue lenzuola.

Ma con lei era amore e lo sapeva. Per questo, prima di provare piacere per sé, ne dava atto anche a lei, che riusciva ad eccitarlo solo passandosi innocentemente la lingua sulle labbra.

Scosse la testa, tornando a immaginarla dormire in quel letto, nella tana delle serpi.

All’inizio si era chiesto perché lei avesse mosso quei passi verso i suoi nemici, ma poi aveva capito e si era arreso di fronte alla sincerità di quelle iridi dorate, di fronte alla tacita richiesta di amore che la sua pelle candida aveva riservato per lui.

Non sapeva se l’avesse fatta male, la prima volta, se non era stato delicato o se, invece, era stato troppo pretenzioso verso quel corpo che, di donna, aveva solo la forma.

Tutti i suoi dubbi, però, erano andati scemando nelle conferme che lei gli regalava ogni notte, con i suoi rantoli di piacere e i suoi umori attorno al suo desiderio pulsante e vivo.

Sembrava sempre una lotta contro il tempo che correva più veloce di loro; una lotta contro l’alba che troppo presto rischiarava il cielo su Hogwarts. Ma lei aveva sempre cercato di vincere e ci era riuscita egregiamente.

Solo che, con il passare dei mesi, lei aveva rallentato i suoi passi e non era più la pecorella smarrita che si era rintanata nel baratro del lupo.

In fondo, cosa ci aveva guadagnato, lei, ad innamorarsi di lui?

Nemmeno la metà di quello che aveva guadagnato lui ad ammettere i suoi sentimenti per lei, perché lui era codardo e si sarebbe nascosto sempre dagli altri, perché lui, piuttosto che chiedere, preferiva raggirarla per la pura paura che lei gli dicesse di no.

Solo che lei non gli diceva mai di no: lo guardava con un sorriso dolce stampato in viso e, poi, si avvicinava a lui e gli posava un leggero bacio sulla tempia.

“Va bene.”gli rispondeva, qualsiasi fosse la sua richiesta. O quasi.

Un fruscio fuori dalla finestra attirò la sua attenzione, dando vita ad un’effimera illusione che, quel suono delicato, nascesse dai movimenti che lei compiva, delicati e sensuali, anche nel sonno.

Però lei, quella notte, non era nel suo letto. Non era con lui, non era per lui, non era di lui.

Chiuse i pugni attorno ad un ricordo che aveva tenuto di lei, aspirandone l’odore mielato. La cravatta rosso e oro si spiegazzò nella sua stretta e lui sorrise, correndo in quei ricordi che, ogni notte, amava rivivere.

Sorrideva perché, tutto quello che stava provando era cominciato nel momento in cui aveva odorato dell’Amortenthia fatta dalla Parkinson, stupida e illusa ragazza, che voleva farlo innamorare di lui.

Allora, quando ne aveva aspirato abbastanza, si era reso conto che l’odore di quella pozione era cambiato: sapeva di grano, di sole, di estate e di libri.

E, in tutto il mondo magico, solo una persona aveva quell’odore e lui l’aveva anelato una sola volta, ma gli era bastato perché gli entrasse dentro e lo facesse innamorare di lei.

Era stato un dolore quasi fisico ammettere a se stesso quello che, ormai, persino lei aveva capito e per quel motivo lo prendeva in giro, ma senza cattiveria.

Lui la baciava e lei lo lasciava fare, poi rideva e gli faceva presente il fatto che, a lungo andare, sarebbe diventato dipendente di quel gioco in cui sembrava che nessuno dei due volesse perdere.

Come al solito, però, Draco non aveva ascoltato gli altri e si era lasciato trascinare in una situazione che era estremamente a suo sfavore. Tuttavia, da bravo Malfoy qual era, avrebbe rigirato tutto a suo favore.

E sembrava anche esserci riuscito visto che lei, nonostante i suoi freddi calcoli e le sue occhiate gelide che non lasciavano trapelare emozioni, si dimostrava sempre cedevole; aveva continuato ad amarlo con tutta se stessa ed aveva lasciato perdere i pregiudizi degli altri che cercavano di allontanarla da lui.

Era rimasta con lui, per lui, perché, anche senza rendersene conto, lei gli stava facendo toccare le rive di quel lago in cui lui credeva di dover annegare.

Solo che con la sua codardia aveva rovinato tutto ed era tornato ad allontanarsi dalla riva, dalla terraferma, per finire di nuovo a sentire l’acqua nei polmoni.

Respirava a fatica lontano da lei, ma non lo avrebbe ammesso a nessuno, soprattutto a lei.

Si rigirò nel letto, in quelle coperte che avevano ancora l’odore di lei e dei suoi capelli scompigliati sul cuscino.

Gli sembrava quasi di vederla, mentre gli solleticava il braccio con le unghie mangiucchiate durante le lezioni, gli occhi illuminati dall’amore che provava per lui, le labbra che disegnavano un sorriso leggero e gentile. Quel sorriso che lo faceva sciogliere e gli faceva avvertire un calore, fino ad allora sconosciuto, all’altezza del petto.

Sorrise, ancora una volta, stringendo la sua cravatta.

Chissà cosa stava facendo in quel momento, lontana da lui.

Una domanda, quella, che gli attanagliava anche lo stomaco, facendogli provare dolore in tutte le ossa.

Non si faceva neanche sfiorare dall’idea che quel Weasley le fosse accanto, perché, se solo lo avesse pensato, sarebbe andato fin lì a spezzargli le ossa.

Come aveva fatto ad innamorarsi di lei? Soprattutto, quando si era innamorato di lei? Non lo sapeva e non voleva saperlo, forse per paura di ammettere che lo era da sempre.

Nella sua mente, l’idea che l’avesse sempre derisa perché l’aveva sempre desiderata cominciò a crearsi uno spazio tutto suo, nell’angolo di quei pensieri che presto sarebbero diventati certezze.

Quella notte, sarebbe rimasto da solo e ammise di avere paura.

Draco Malfoy odiava avere paura, ma lontano da lei era sempre così: aveva sempre pensato di potercela fare da solo, che non avesse bisogno di qualcuno su cui contare, con cui parlare e, invece, era arrivata lei ed aveva sconvolto tutto.

Non si sentiva all’altezza di amarla, lui che l’aveva sempre disprezzata e l’aveva fatta soffrire, ma sentiva di dipendere da lei. Inevitabilmente.

***

Il cielo era intriso di nuvole cariche di pioggia. Grigie, come le iridi di Draco.

Prima di trovarlo a pochi centimetri dal suo viso, con il respiro affannato a causa del bacio che le aveva dato, Hermione non si era mai soffermata a guardarlo, perciò, la prima volta che vide i suoi occhi, rimase a bocca aperta: per sentito dire, sapeva che fossero chiari e grigi, ma mai avrebbe pensato che potessero essere così profondi e pieni di un desiderio che li rendeva grigi come il cielo in tempesta.

Sospirò, quasi dolorante, quando si rese conto che quell’essere infimo e bastardo era diventato il primo pensiero del mattino, l’ultimo della sera. Il pensiero fisso delle sue giornate, l’unica costante a cui sentiva di potersi aggrappare.

Eppure, per lui non sembrava essere lo stesso, nonostante le cose tra di loro fossero cambiate totalmente: si erano odiati nei corridoi della scuola e così continuava ad essere agli occhi di tutti gli altri, ma, in quelle lenzuola, il mondo non esisteva e lui si sentiva libero di amarla.

Forse, il suo poteva anche essere un sentimento sincero, ma Hermione era convinta che la vergogna che provava a farsi vedere con lei era più forte di quello che provava per lei.

Non sapeva cosa fosse successo in quei mesi, cos’era stato ad allontanarli prima, ad avvicinarli poi ed ad allontanarli ancora, senza la possibilità di uscire da quel circolo vizioso.

Non sapeva neanche cosa l’avesse fatta innamorare di lui, perché tutto quello che amava, probabilmente, non era mai esistito o, forse, esisteva solo in quel letto in cui lei si sentiva amata, desiderata, bella, sua. La sua Granger.

Piccole gocce di pioggia cominciarono a rincorrersi lungo le vetrate e lei le osservò a lungo, persa nei pensieri e nei dubbi che le impedivano di pensare con lucidità, poi, scese per dirigersi in Sala Grande a fare colazione.

Erano tutti lì e molti dei presenti la stavano osservando, ma lei avvertiva un solo sguardo sulla pelle, perciò alzò gli occhi e trovò conferma alle sue ipotesi.

Sorrise e guardò altrove. Un sorriso rivolto a lui, ma che, forse, Draco non aveva neanche visto.

Si sedette e si strinse nelle spalle ad una constatazione ovvia di Ron: che fosse in ritardo lo sapeva anche lei. Lei sapeva tutto di tutti, più o meno; erano gli altri a non sapere nulla di lei.

Di lei e di Draco Malfoy.

Di lei e di Draco.

Aveva cominciato a chiamarlo per nome, senza neanche imporlo a se stessa: era stato un passo naturale, nel terreno dell’incertezza di quella storia mezza clandestina e mezza imprevedibile, ma si era mossa con cautela.

Lui non aveva mai smesso la sua maschera, né aveva cominciato a chiamarla per nome, ma, nella sua voce, alla cattiveria si era sostituito un calore con cui lei amava scaldarsi.

Fino a che le cose non erano cambiate.

Per questo, più che mai, evitavano di punzecchiarsi. Lei si sentiva colpevole quanto lui ad aver perso le redini di quella situazione, ma sapeva fin dall’inizio che non sarebbe potuta finire bene: nessun lieto fine, nessun “vissero per sempre felici e contenti”, nessun principe azzurro e nessuna principessa che si risvegliava con un bacio d’amore.

Era stato un po’ come risvegliarsi da un sogno che sembrava essere bello, all’inizio, ma che si era rivelato essere il peggiore degli incubi.

Il Serpeverde Purosangue era rimasto tale, e lei era sempre la Grifondoro dal sangue sporco che gli sporcava l’aria.

Avvertiva, comunque, la sua mancanza, ma l’avrebbe rinnegato fino a stare male da morire.

O, forse, una parte di lei era già morta nel momento in cui aveva chiuso la porta di quel dormitorio, giù ai sotterranei.

“Cosa è cambiato, Granger? E’ sempre stato così.”

“Ed io non voglio più che sia così.”
”Non posso accontentarti.”

“Avevi giurato che mi avresti accontentata sempre.”
”In questo caso non posso.”
”Non puoi o non vuoi? Sai, c’è una bella differenza tra le due cose.”

“Tutt’e due.” ammise, serio, con un’espressione indefinibile sul volto.

“Bene.”

“Cosa succederà ora?” aveva chiesto, con voce decisa e ferma, ma che, in realtà, nascondeva il tremore che lei gli vedeva scuotere in corpo.

“Tornerà tutto come prima…”

“Allora, torna a letto…”

“Prima di questa cosa.”
”Non dormirai con me?”
”No.”

“Resterai ancora un po’?”

“No.”
”Tornerai domani?”

“No.”

Sembrava piegarsi un po’ di più ad ogni risposta negativa, come lei sentiva di non potersi reggere ancora in piedi ancora per molto, mentre gli diceva addio.

“E’ finita?”
”Sì.”

L’unica risposta positiva che gli aveva dato era stata mille volte peggio di tutti quei “no.”

Draco alzò lo sguardo e le aprì la porta, invitandola con la mano ad uscire da quello che, per mesi, era stato il teatro del loro amore.

Un teatro in cui non dovevano fingere di essere attori, ma erano i protagonisti reali di quelle notti d’amore meraviglioso.

Con le lacrime agli occhi, Hermione aveva richiuso la porta, attirandola a sé, ed era andata via. Lontano da quel dormitorio, lontano da lui, lontano da quell’amore insano.

Era già sera quando smise di piovere.

Hermione Granger lo aveva saputo dal primo momento che i sentimenti che nutriva nei confronti di Draco Malfoy l’avrebbero ferita, ma un graffio in più sulla pelle era un prezzo che avrebbe pagato volentieri per un po’ di felicità da condividere con lui.

Quando qualcuno le strinse il polso, Hermione cercò di raccogliere la bacchetta che portava sempre sotto il mantello, ma un’altra mano le bloccò i movimenti.

Sentì il suo cuore accelerare e allora capì che non c’era motivo di provare paura.

Solo rabbia, quella sì.

“Cosa vuoi?” gli chiese, spostando il viso quando lui cercò di fissarla negli occhi.

Era da tempo che non la guardava negli occhi quando la distanza tra loro era compromettente.

“Guardami.” l’autorità, nella sua voce, aumentò la voglia di non ascoltarlo. “Ti prego…”

Così, Hermione alzò lo sguardo e si rese conto che quello era l’unico lago in cui avrebbe voluto affogare.

“Ti sto guardando.”
”Io ho capito.”

“Non credo, ma, in fondo, è meglio così, no?”
”Non proprio, Granger.”

“Cosa c’è di peggio?”
”Non tante cose, in realtà… anzi, forse hai ragione tu.”

“Infatti. Ricorda che le tue scarpe sono troppo costose per sporcarle con fango babbano.”

“E tu” disse, avvicinandosi pericolosamente, consapevole dell’effetto che aveva su di lei. “ricorda che le mie dita si sono bagnate di te.”

Lo vide ghignare, di un ghigno dolce, nel momento in cui sentì il calore dell’imbarazzo soffermarsi sulle sue gote.

“Non lo ricordo nemmeno.”

“Ah no?”
”No.”
”Vuoi che ti rinfreschi la memoria?”

“Dubito che riusciresti a farlo.”

“Cos’è cambiato?”

“Non lo so e non m’importa.” sapeva che come bugiarda valeva davvero poco. Sapeva anche, però, che quella bugia l’avrebbe salvata dal dare spiegazioni a se stessa, in una situazione che non era spiegabile né con la logica né con la fantasia.

“A quest’ora non dovresti essere per i corridoio della scuola.”

“Neanche tu.”
”Io sono un prefetto.”
”E questo è il mio turno di ronda, perciò…”

“E’ una minaccia?”
”No, è un dato di fatto, Malfoy.”

Dire quel cognome era stato difficile quanto ingoiare il dolore di un pugno.

Aveva visto gli occhi di lui spalancarsi per un attimo e, allora, il dolore era diventato più forte. Poi, Draco era tornato alla sua maschera di strafottenza e lei a quella da maestrina tutto sapere.

“Ah, Granger… hai lasciato la tua cravatta nel mio letto.”

“Fottiti, Malfoy.”

Si era avvicinato a lei, posandole una mano dietro alla nuca, attirandola a sé e dandole un bacio sulla fronte, poi, era andato via.

Sentiva ancora il calore nel punto in cui Draco aveva poggiato le sue labbra. Un calore che le infiammava l’anima, un calore a cui non aveva smesso di essere abituata e che la faceva sentire viva.

***

Si sistemò nel letto, tirando a sé le coperte che scivolavano dal lato opposto.

Le narici ancora piene del profumo di Hermione, le orecchie che ancora producevano l’eco della sua voce e quella brutta sensazione allo stomaco che aveva provato quando lei l’aveva chiamato con il cognome, come aveva fatto negli anni precedenti.

Intorno a lui, la notte era vellutata e il cielo era puntellato di stelle – lo aveva visto prima di rientrare nel suo dormitorio - ed aveva espresso il desiderio che lei tornasse.

Non l’aveva chiesto a lei, no. Lo aveva chiesto alle stelle che, silenziose, brillanti e strafottenti, lo guardavano dall’alto delle loro migliaia di anni.

La porta emise un suono morbido, richiudendosi e lui sorrise.

Sapeva che, senza di lei, prima o poi, avrebbe dovuto fare i conti con quella parte di sé che la vedeva ovunque, ma non credeva che quel giorno sarebbe arrivato tanto presto.

Sentiva l’odore dei suoi capelli e la loro morbidezza sul petto, il suo respiro caldo sulla pelle e la sua voce. Quella voce che, più di qualsiasi musica, lo faceva volare lontano dalle sue paure.

“Buonanotte, Furetto…”

“Buonanotte, Mezzosangue.”

Aveva avuto paura di perdere - e lui odiava avere paura -, ma quando era successo, gli era sembrato che non fosse cambiato niente né in lui né all’esterno del suo corpo. Apparentemente, almeno.

In realtà, Draco sapeva bene che indossare quella maschera di strafottenza di fronte a lei, accompagnando la consapevolezza che non fosse più sua, sarebbe stato difficile e anche inutile, forse.

Ed ora, in quel frangente di felicità che credeva un dono della sua follia, desiderò che fosse quella sua realtà: Hermione addormentata tra le sue braccia.

Non sapeva, però, che al suo risveglio, quella realtà sarebbe rimasta lì, e avrebbe aperto gli occhi su quelle lenzuola in cui tante volte si erano donati se stessi, senza probabilità di ritornare a quelli che erano stati un tempo.

Perché - Draco ormai ne aveva fatto una teoria - negli anni passati, su di loro era stato fatto uno strano incantesimo che li spingeva ad odiarsi e, quando lui si era reso conto che, in realtà, l’amava, l’incantesimo si era spezzato.


Angolo Autrice:
Buona domenica a tutti!!!
Questa cosetta avrebbe dovuto partecipare ad un contest che ho perso di vista da un po' di tempo, ma ne vado abbastanza fiera, perciò sarete voi i giudici! Che onore, eh?
L'ho scritta tenendo conto del carattere reale dei personaggi: niente OOC, niente romanticherie fuori posto.
Spero che vi piaccia.
Un bacio, la vostra Exentia_dream

   
 
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