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Autore: Titinina    01/04/2012    1 recensioni
Eccoci qui! So che non mi sopportate più!
"Remind Me" è una fanfiction dai toni più cupi rispetto alle precedenti, è stato faticoso scriverla, ma mi ha dato la soddisfazione con la S maiuscola. Forse perché c'è tantissimo di me qui dentro! Spero davvero che vi piaccia!
La storia si svolge a conclusione del manga, ma vedremo che un episodio davvero tristissimo sconvolge la vita dei nostri eroi. p.s. Per chi ha visto il drama coreano basato su City Hunter noterete che ho utilizzato alcune location e nomi riferiti proprio al drama, erano lì ed era impossibile non sfruttarlo! A prestissimo! Titinina ^__________^
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Golden Triangle – Thailandia

La pioggia continuava a scrosciare incessante sulla giungla.

Baiko Miura, nella sua tenda, si accese l’ennesimo sigaro, il fumo uscì dalla sua bocca, il viso soddisfatto per il sapore che il tabacco gli lasciava nella bocca. Il suo viso era rilassato, tutto stava andando secondo i suoi piani, presto sarebbe giunto il momento di ritornare in patria, da dove era dovuto scappare. Tokyo, pensò Baiko, sarebbe ricaduta nelle sue mani come vent’anni prima.

Le sue piantagioni erano davvero produttive, i contadini che le lavoravano erano instancabili e l’armata che aveva creato attorno a sé proteggeva tutto il suo “impero della droga”. La polizia del luogo era stata facilmente corruttibile, tant’è che lo lasciavano in pace. Certo c’era stato da combattere con altri mercenari, ma aveva vinto e conquistato. Si non poteva decisamente lamentare.
Ora doveva solo riconquistare il suo territorio, Tokyo. Vent’anni fa Baiko Miura era a capo della Kyodo – kai, banda di yakuza, che aveva preso piede in città. Gli affari gli stavano andando bene: prostituzione, night club, droga. Normale amministrazione. Ma purtroppo tra i suoi si era infiltrato un uomo della polizia, entrato nel loro mirino, il suo gruppo fu totalmente smantellato. La polizia arrestò la maggior parte dei suoi uomini e lui si ritrovò a scappare, non senza un bel malloppo.

Il Golden Triangle era il posto giusto dove ricominciare il suo giro losco di affari, con una giurisdizione propria dove sopravviveva solo il più forte, Baiko si fece notare subito. In poco meno di dieci anni era diventato uno dei signori della droga, oppio e eroina, e riforniva mezza Asia.

Ma lui aveva solo ed un unico obiettivo: ritornare da dove era dovuto scappare. Voleva vendetta, voleva riprendersi ciò che era suo di diritto. Aveva avuto informazioni su come giravano le cose a Tokyo. Molte cose erano cambiate, piccole bande erano sparse nei quartieri, ma tutte erano a capo della Godda – ikka. Il loro capo era giovane, si avvaleva di tecnologie moderne, ma Baiko pensò che un uomo giovane sarebbe stato un ostacolo molto semplice da raggirare. Quello che lo preoccupava di più era una voce che sconfinava anche oltre oceano, c’era un uomo a Tokyo, un uomo che da solo era al di sopra della giustizia, sia della giustizia della società, sia della giustizia della mala, tutto era regolato da lui. Lui metteva ordine in città, se qualcosa andava storto, lui le sistemava. Anche i boss anziani avevano timore di quest’uomo. In molti avevano provato a farlo fuori, ma nessuno ci era riuscito. Baiko pensò davvero che questa era l’ostacolo maggiore per la sua rinascita, altro che qualche ragazzino che giocava a fare il mafioso. L’unica soluzione era scovare e seguire quest’uomo, studiarne le mosse e i punti deboli, in modo che al momento giusto sarebbe caduto. Baiko sapeva già a chi affidare questo incarico.

Si rivolse ad uno dei suoi sottoposti.

- Mandami qui Steve
- Si, capo.

L’uomo uscì dalla tenda alla ricerca di Steve Lee. Baiko sapeva che lui era la persona giusta, in meno di un anno con loro, aveva portato a termine, in maniera pulita ed efficiente, molte missioni. Era abile, anche se non conosceva nulla del suo passato, si fidava delle sue capacità. Era un tipo taciturno, con uno strano sguardo, certamente schivo e voleva fare sempre a suo modo, stava sempre sopra le regole, ma alla fine, l’importante, era che portasse a termine il suo incarico.

Steve stava pulendo uno dei suoi coltelli a serramanico.

- Ehi Steve, il capo ti cerca.
- Ok .

Lasciò lì il suo lavoro, impugnò la python, e andò verso la tenda del capo.

- Capo

Entrò senza bussare, come sempre, e, senza chiedere permesso, si mise comodamente seduto, portando i piedi sopra il tavolino.
Baiko storse il naso, ma non fece notare il suo disappunto. Non era il momento di insegnare al ragazzo chi era il capo.

- Steve preparati, tra due giorni parti
- Dove.
- Tokyo
- Per fare cosa?
- Devi metterti sulle tracce di City Hunter, scovarlo ed eliminarlo.
- E questo chi è?
- Dicono che sia il giustiziere della città.
- Qualche pivello che si è montato la testa. Vorrà dire che mi prenderò qualche giorno di vacanza.
- Non prendere la questione sotto gamba, Steve. Ti farò avere tutte le informazioni che ho, nuovi documenti e vestiti.
- Nessun problema, è tutto?
- Si è tutto.
- Bene.

Steve Lee uscì dalla tenda di Baiko soddisfatto, finalmente un po’ d’azione. Non si ricordava se fosse mai stato a Tokyo, ma l’idea gli piaceva. E poi un caso così semplice, eliminare un uomo che si faceva chiamare City Hunter, il giustiziere della città. Ridicolo.
Si avviò alla sua tenda per sistemare le sue poche cose e prepararsi alla partenza.
Steve Lee al più presto sarebbe stato sulle tracce di City Hunter.

**************************************************************************************
Shinjuku - Tokyo

Kaori guidava la mini spedita, affianco a sé la cliente: Nami Tamaki, ex amante di un boss della yakuza. La ragazza in questione aveva assistito ad un regolamento di conti tra il suo ex amante e un politico, spaventata, si era rivolta alla polizia. Fu messa sotto il programma di protezione testimoni, quella mattina sarebbe stata scortata fino in tribunale per testimoniare e infine sparire in qualche altro paese per ricominciare.

Facendo slalom tra le auto nel traffico, Kaori si sentì osservata, diede un occhio nello specchio retrovisore e notò un furgone nero con i vetri oscurati. Kaori sorrise tra sé e sé, pensò che quella gente era proprio dilettante se era riuscita lei ad individuarli. L’azione le piaceva più che mai, l’adrenalina che circolava nelle vene, il cuore che batteva nel petto come un tamburo, ma ciò che più era inquietante per lei era la calma e la freddezza con cui ormai agiva. Si fredda, perché non aveva niente da perdere, perché voleva vivere su quel filo del rasoio dove vita e morte si rincorrevano senza sosta e lei stava nel mezzo. Ecco perché continuava a sorridere a quello specchietto retrovisore.

- Nami allaccia la cintura di sicurezza.
- Che succede?
- Allaccia la cintura e abbassa la testa.

Nami fece ciò che Kaori le disse, abbassò la testa e controllò la cintura. Kaori ingranò la quarta e schiacciò più forte l’acceleratore, il furgoncino alle sue spalle fece lo stesso. Lo slalom continuò rapido nel traffico di Tokyo, improvvisamente Kaori frenò e fece velocemente inversione a U nel bel mezzo di un incrocio, una berlina cercò di frenare creando scompiglio, i clacson si fecero sentire, le proteste degli automobilisti erano tutte contro le mini, Kaori continuava a correre finché non svoltò in un vicolo. Il furgoncino nero, vedendo la mini rossa, seguì il suo stesso percorso, inversione a U e cerco di infilarsi nel vicolo.

Ma nel vicolo dovettero arrestare improvvisamente la loro corsa, un ragazza dai capelli rossi era nel bel mezzo della strada in piedi, quando improvvisamente la videro tirare fuori qualcosa dall’auto, i passeggeri sbarrarono gli occhi e cominciarono ad urlare.

- Fai retromarcia presto.
- Non posso andare più veloce di così.

L’autista del furgone nero ingranò la retro sudando freddo, i suoi compagni gli urlavano di fare più in fretta possibile, davanti a lui la ragazza dai capelli rossi aveva in mano un bazooka ed era pronta a sparare.

Kaori, imbracciando il suo fedele bazooka, caricò e mirò al furgone, il missile partì a tutta velocità, colpì il cofano motore del furgone che si ribaltò in mezzo alla strada.
Si rimise direttamente in auto e scortò Nami, urlante, fino in tribunale.

Mick era con Saeko sui gradini del tribunale di Tokyo, aspettavano impazienti Kaori. Mick e Kaori si erano divisi in modo da far credere che Nami fosse scortata da lui, ma arrivò incolume. Cercò di chiamare Kaori sul suo cellulare, ma invano, non rispondeva. Saeko e Mick erano agitati non vedendo la Mini arrivare.

- Sarà successo qualcosa?
- Non lo so Saeko, non lo so, continua a non rispondermi al cellulare.

Mick richiuse nuovamente il telefonino sibilando un “cazzo” tra i denti e riaccendendo l’ennesima sigaretta.

Un agente di polizia si avvicinò a Saeko.

- Ispettrice
- Dimmi
- Ci hanno appena avvertito che un furgone è stato appena fatto saltare con un colpo di bazooka, alcuni dei nostri agenti sono andati lì.
- Un bazooka? Altre auto coinvolte?
- Nessuna
- Continuate ad indagare e fatemi avere notizie al più presto.
- Si signore.

Il poliziotto si allontanò, Saeko guardò Mick, Mick sgranò gli occhi e riprese il telefonino in mano ricomponendo il numero di Kaori.
Il telefono continuò a squillare, ma improvvisamente un rumore di gomme fece girare Mick, Kaori sterzò e arrivò come una furia davanti al tribunale.

Scese come se niente fosse successo.

- Non potevo risponderti in quel momento Mick, Nami scendi ora, sei al sicuro
- Kaori è tutto apposto?
- Si Saeko, abbiamo avuto un piccolo imprevisto, ma abbiamo risolto, Nami sta bene.

Saeko portò dentro Nami, lasciando Mick e Kaori fuori dal tribunale.

- Kaori che diavolo è successo?
- Niente un furgone ci ha inseguite ma me ne sono liberata.
- Sei stata un’incosciente, potevi almeno avvisare e sarei arrivato.
- Mick è stato un gioco da ragazzi, roba da niente ti preoccupi troppo.
- No, Kaori, e che non mi preoccupo abbastanza.
- Sono viva e vegeta, Mick. Andiamo a casa ora.

Kaori voltò le spalle a Mick, rassegnato il biondo, la seguì in auto per andare verso casa.

Kaori aprì la porta di casa, lasciando Mick in garage. Di nuovo il buio e il silenzio l’avvolse, chiuse la porta e ci si appoggiò sopra sospirando. Guardò il salone di casa, il divano, il tavolino e i mobili. Chiuse gli occhi.

Flashback

Faceva caldo, troppo caldo. L’afa saliva dalla strada creando una forte cappa di calore. Kaori, con le buste della spesa, stava salendo affannata, aprì la porta.

- Si muore di caldo! Ryo vieni a darmi….

Kaori non fiatò più. Ryo era disteso sul divano solo in boxer. A pancia in su, aveva le braccia sopra la testa e dormiva sereno. Kaori, silenziosa, andò a posare le borse in cucina. Poi tornò verso di lui.
Si accovacciò vicino al divano e allungò la mano, con l’indice andò a toccarle il naso, poi passò alla bocca e al collo, Kaori ancora non credeva che quell’uomo che dormiva era suo e sorrise. La sua mano si infilò nell’incavo del collo e passò ad accarezzare i muscoli tesi e sudati dell’uomo. Si avvicinò con malizia al suo ombelico.

- Guarda qui che pancetta ha messo su lo sweeper. Devo metterlo a dieta.

Improvvisamente Ryo aprì un occhio.

- Donna, come osi denigrare questo corpo!

Ryo si tirò improvvisamente a sedere e circondò la vita di Kaori per portarla su di lui. E cominciò a farle il solletico.

- Me la pagherai virago, amaramente!
- Ahahahah no Ryo, ti prego!
- Smetterò solo quando mi dirai: “no stallone, il tuo corpo è perfetto”
- Ti prego Ryo smettila!

Ryo continuava a farle il solletico mentre Kaori si dimenava ridendo.

- Allora ti arrendi?
- Va bene,va bene: “stallone, il tuo corpo è perfetto, ma è MIO”
- Direi che potrebbe andare!

E Ryo smise di farle il solletico, la fece mettere sotto di lui inchiodandola tra lui il divano.

- Ammettilo, Ryo, stavi facendo finta di dormire per non aiutarmi.
- Mi conosci bene, io sono bravo in altre attività.

Lentamente, succhio la tenera pelle del suo collo e prese possesso delle sue labbra….
Fine Flashback

Kaori riaprì gli occhi nel buio, una lacrima scivolò sulla guancia ma l’asciugò in fretta e si diresse verso la terrazza.

Steve stava sbrigando le ultime questioni burocratiche alla dogana. Aveva appena toccato il suolo giapponese.
Aspettò l’arrivo del suo bagaglio al nastro trasportatore. Una hostess gli passò accanto e lui gli fece un occhiolino, la ragazza sorrise di rimando a quell’uomo vestito di un paio di jeans e una giacca in pelle con quell’aria misteriosa.

Steve recuperò il bagaglio e andò verso l’uscita dell’aeroporto di Narita. Lo sciame di persone che gli era attorno a tratti lo inquietava e a tratti lo incuriosiva, si domandò se era già stato in quel posto. Prima di uscire andò alla toilette, rinchiuso all’interno, aprì il doppio fondo della sua borsa e tirò fuori la sua Python per infilarla sotto la giacca. Prima di uscire si guardò allo specchio, come non faceva da tanto, la barba era abbastanza lunga ma ben curata sul suo viso, prima di partire aveva accorciato di poco i suoi capelli quel tanto che bastava. E poi si guardò negli occhi, i suoi occhi scuri come la notte, penetranti.
Improvvisamente un flash, lui con un orecchino da donna in mano, lungo e dorato, che stringeva tra le mani come un tesoro prezioso.

E poi l’immagine svanì velocemente come era venuta. Steve si riscosse da quel torpore e decise di uscire da lì. Un senso di calore lo avvolse, quell’orecchino doveva essere importante per lui; appena uscì dall’aeroporto, un lampo squarciò il cielo e cominciò a piovere.

Steve alzò la testa verso il cielo scuro di Tokyo, la pioggia gli bagnava il viso e nel profondo del suo essere sentì che si trovava nel posto giusto.

Intanto, Kaori, era sulla terrazza di casa, nel momento in cui il lampo squarciò il cielo un brivido la percosse, ma rimase lì mentre infuriava la tempesta sopra la città, la pioggia le bagnava il viso e percepì qualcosa nel suo cuore.

Qualcosa che presto avrebbe sconvolto di nuovo la sua vita.

   
 
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