Allora, ho deciso di scrivere oggi solo perché domani vado in gita e, siccome sabato non sarò nel pieno delle forze, vi faccio un piccolo regalino! Sono appena tornata da casa di una mia amica a cui devo fare un disegno sul muro (tre fate abbastanza grandi e...Itsuki86, conto di finire prima dell’inizio di maggio!^^) e quindi, spero che capiate che sono un po’ stanchina. Ora, finalmente, vi lascio alla lettura e, come al solito, un enorme GRAZIE a chi recensisce!^^Bacini Shi*
Capitolo
33.
Cuori alla deriva…
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che Orlando si era sentito
così strano? Nemmeno lui lo sapeva bene. Da quando aveva visto Christy,
all’inizio della settimana, non aveva fatto altro che pensare ad ogni singolo
inconveniente che sarebbe potuto capitare in quei giorni. Si era letteralmente
programmato una serie di frasi da dire, arrivando perfino a parlare con la sua
immagine riflessa sullo specchio. Era agitatissimo ma, d’altro canto, chi non
lo sarebbe stato? Per la prima volta si trovava ad affrontare un problema che,
forse, era più grande di lui. Non poteva fare affidamento sui suoi amici,
soltanto il destino sapeva quello che sarebbe accaduto. Erano le 21.00 di quel
fatidico sabato sera, dove tutto si sarebbe deciso, in maniera inequivocabile.
Aveva la testa totalmente da un’altra parte e così, per cercare di pensare a
meno cose, invitò Elijah per farsi consigliare qualcosa da mettere. Il ragazzo
arrivò a casa Bloom alle 21.15, portandosi dietro una borsa piena di magliette
e pantaloni.
“Ma hai svaligiato
il tuo armadio? Quanta roba hai portato?!” Disse Orlando, un po’ sorpreso nel
vedere tutti quei capi di vestiario che l’amico, pian piano, tirava fuori.
“Ho cercato di
prendere un po’ di tutto; dall’elegante allo sportivo. Ero un po’ indeciso e
così ho fatto man bassa delle mie cose preferite!” Rispose Elijah, con voce
austera.
“Cioè, ti prego! In
questo momento non ho proprio bisogno delle tue battutacce sagaci. Mi devi
solamente dare un consiglio.”
“Guarda che io ci
tengo a farti fare bella figura, che ti credi? Dovrai sembrare un uomo
completamente nuovo!”
“Se la serata finirà
nello stesso modo in cui è cominciata…stiamo freschi!” Disse, tra sé e sé. Fare
affidamento su El non era stata proprio una bella idea (basta guardare come si
veste oscenamente, certe volte! Scusate ma ci stava!^^ NdShizuru117).
In neanche mezz’ora
avevano messo sottosopra il salotto di Ob. Tra un ‘guarda qua’ e un ‘fa
veramente schifo’, avevano allestito una vera e propria conferenza al vertice
della moda. Il povero Orlando fu costretto ad indossare un paio di pantaloni
alla pinocchietto rossi, delle scarpe da ginnastica azzurre, un’orrenda felpa
marrone e una canottiera con il segno di batman. Cominciava veramente a
dubitare della sanità mentale dell’amico.
“Scusami per la
sfrontatezza ma, tu delle volte ti vesti con questa roba?” Domandò, stupito.
“Sì, perché?”
Rispose, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Niente…fa finta che
non abbia detto niente…”
Alla fine, dopo
un’ora di estenuanti consulti, il risultato fu questo: Elijah indossava una
giacca nera, una camicia azzurra, cravatta viola, un paio di jeans e le
inseparabili all star bianche. Orlando, al contrario, non era per niente
convinto della sua scelta.
“Io, conciato così,
da qui non esco!” Gli urlò, da dentro la camera da letto.
“Ma cosa vuoi che
sia! E poi, come se non bastasse, quella roba là è firmata, di prima classe!”
“Sarà anche firmata,
ma mi sembra di essere mio nonno! Solo vestito mille volte peggio!”
“Vorresti insinuare
che sono dei vestiti brutti?” Disse Elijah, un tantino stizzito.
“Sì! Finalmente te
ne sei reso conto!”
“Adesso mi hai fatto
veramente arrabbiare. In tutti i film che hai girato fino ad ora, sei stato
costretto ad indossare delle cose indecenti e, per una sera, puoi pure uscire
vestito come una persona normale!”
“E’ proprio questo
il punto! Così come sono adesso, non assomiglio per niente ad un essere umano
che abbia un qualche minimo senso del gusto!” Non era ancora uscito. La
vergogna era veramente troppa.
“Muovi
immediatamente quelle gambe ed esci da quella stramaledettissima stanza!” Gli
urlò Elijah, al limite della sopportazione. “Se continuiamo così, a quel
benedetto locale non ci arriveremo nemmeno domani a pranzo!”
“Ok, allora vengo
fuori. Mi raccomando, se provi a dire qualcosa…”
Orlando uscì
timidamente, cercando in tutti i modi di scomparire. L’amico l’aveva obbligato
ad indossare un paio di pantaloni color kaki, una maglietta paricollo verde
pisello e, dulcis in fundo, è proprio il caso di dirlo, un paio di adidas blu.
Non aveva un solo colore azzeccato.
“Spero che ora tu
sarai contento, sarò lo zimbello di tutta la festa!” Disse malamente,
abbassando la testa.
“Ma quale zimbello!
Per la prima volta ti sei vestito decentemente!” Rispose Elijah, fiero della
sua scelta.
“Decentemente? Per
favore, risparmiami l’ironia! Vengo via così solamente perché sono immensamente
in ritardo! Se sapevo che sarebbe andata a finire così, col cavolo che ti
facevo venire a darmi una mano!”
“Su, basta con le
chiacchiere! Questa è la nostra serata e noi dobbiamo andare a fare piazza
pulita.”
In quel preciso
istante, Orlando avrebbe ucciso volentieri l’amico. Sapeva bene che non era il
massimo, quando si trattava di abiti, ma in quel momento non gli era venuto in
mente nessun’altro. All’inizio aveva pensato a Dominic ma, dopo averlo visto la
sera degli oscar, con quell’orrendo smalto nero (secondo me era un tocco di
personalità!^^NdShizuru117), aveva cambiato idea all’istante. Di Viggo, neanche
a parlarne. Era un ottimo confidente, ma i suoi gusti era un pochino divergenti
da quelli che imponevano il buon costume. Arrivarono davanti al Desire
alle 22.30, e già c’era un fottio di gente che aspettava di fuori. Per lo più
erano attori famosi e, di tanto in tanto, si potevano vedere manager, cantanti
e così via. Di Amina neanche l’ombra.
“Non riesco a vedere
Amy, chissà dov’è!” Disse Elijah, sussurrando.
“Credo che sia molto
impegnata a gestire al meglio il locale. E’ giorno di apertura e me la immagino
che corre da un lato all’altro sbraitando come una gallina” Rise “Però c’è da
ammettere che, quando si tratta di lavoro, sa essere molto professionale.”
“Su questo hai
pienamente ragione. Potrà essere un po’ pazza…”
“Aggiungerei malata
mentale!” Era Dominic, piombato all’improvviso dietro di loro. “O sbaglio?”
“No, non sbagli!”
Gli rispose El. “Però ha un intuito formidabile e un genio innato nel gestire
un’attività come questa. Perfino la prima sera che l’abbiamo vista era intenta
a controllare che tutto fosse ok.”
“Scusami Ob, ma a
casa tua ci sono gli specchi di legno? Come cavolo ti sei combinato?!”
“Se non vuoi morire
qui all’istante, ti conviene entrare senza fare storie!” Rispose Orlando, con
un diavolo per capello. Non appena varcò la porta d’ingresso, rimase meravigliato.
L’intera struttura
era stata realizzata sulla base di un ristorante cinese, arredandola con
tappeti di paglia, tavolini bassissimi e miriadi di cuscini colorati in ogni
parte del salone. Le cameriere indossavano dei graziosi vestitini in stile
giapponese, con i capelli racconti in due simpatiche crocchie. Le luci erano
molto basse, tendenti al rosso, e la musica tutt’intorno era talmente bella che
incantava chi l’ascoltava. Qua e là erano appese alcune lampade rosse e, di
tanto in tanto, si vedevano dei grossi dragoni dipinti sul muro. L’intera
tappezzeria era di legno di cedro, decorata da dei piccoli fiorellini rosa e
rossi, che davano l’impressione di essere scolpiti. In ogni tavolo c’era una
candela, che emanava un dolce profumo di lavanda e tutta l’aria era permeata da
un intenso profumo di rosa, dato dagli incensi bruciati.
“Non c’è che dire,
ha fatto davvero un ottimo lavoro, degno di lei. Scommetterei quello che vuoi
che quei disegni sul muro li ha fatti lei.” Disse Elijah, ammirando quel piccolo
capolavoro.
“Posto ideale per
una serata indimenticabile. Speriamo solo che, le prossime ore, verranno
archiviate tra i momenti felici della mia vita.” Rispose Orlando, un po’
triste.
“Su con la vita, non
c’è bisogno di deprimersi così.” Dominic si interruppe un secondo. “Guarda, è
là! Caspita quanto è bella questa sera!”
Per quell’occasione,
Amina aveva veramente dato il meglio di sé, non solo per quello che riguardava
il locale. Aveva reso ondulati i suoi capelli e, come ciliegina sulla torta,
aveva messo uno spray che aveva riempito di brillanti la sua chioma fulva.
Indossava un elegantissimo vestito rosso che, man mano che scendeva, andava
sfumando sul tono dell’ocra. Era di taglio irregolare, con la gonna più corta
dal lato destro che andava allungando sul lato sinistro, lasciando scoperte le
sue belle gambe. Aveva una manica sola, che aveva una apertura molto ampia e,
sul braccio libero, indossava un bracciale da schiava piuttosto alto. Per
finire, indossava delle altissime decolleté rosse. Lasciava veramente senza
fiato.
“Beh, sarà meglio
andare a sedere da qualche parte, prima che qualcuno ci prenda il posto.” Disse
Elijah, disincantando gli altri due.
“Eh? Ah, sì! Hai
ragione” Rispose Dominic che, dando una gomitata ad Orlando, lo riportò alla
realtà.
Tutta la serata passò abbastanza tranquillamente anche se, disdetta,
Amina non si era fatta più rivedere. Non che fosse per causa sua ma, quella
sera, aveva un compito da assolvere e, di conseguenza, girava da una parte
all’altra come una trottola. El e gli altri avevano scelto un tavolino
piuttosto grande, in mezzo alla sala, dove c’erano, per la maggiore, gli attori
che avevano girato il signore degli anelli. Non che fossero in molti, però era
un occasione per fare una piccola rimpatriata. L’apertura del nuovo locale
aveva fatto arrivare gente da tutta l’America e non solo. Per questa
ricorrenza, Christopher Lee era giunto nel nuovo mondo, accettando di fare ben
sette ore di aereo per vedere la sua italiana preferita.
“Allora Chris, come
mai hai deciso di fare questo viaggio? Di solito, non lasci mai la tua cara
Inghilterra…” Disse Liv, sorridendo.
“Vedi cara, non
potevo di certo perdermi questa bella festa organizzata da Amina, che ormai è
diventata come una delle mie figlie.” Rispose l’uomo, placidamente.
“Allora il qui
presente Orlando, dovrebbe presentare la proposta di matrimonio al padre
adottivo!” Dominic, come al solito, aveva fatto funzionare troppo la lingua.
Per tutta risposta, ricevette una sonora botta nelle parti basse.
“Scusami Chris,
questo deficiente non capisce mai quando è il momento di stare zitto.” Ob era
arrossito vistosamente.
“Lo sai Orlando, se
tu sposassi sul serio Amina, mi piacerebbe molto partecipare alla cerimonia.
Hai il mio consenso e vi vedo molto bene insieme.”
“Soltanto che i due
piccioncini hanno avuto di che litigare, in questi giorni!” Aggiunse Viggo,
entrando nel discorso.
“Vig! Ma insomma!
Questa non è la serata facciamoci – tutti – i – cazzi – di – Orlando! Saranno
pure i miei problemi personali.”
“Allora, vedi di
tirare fuori un po’ di coraggio e di andare a parlarci. Credi che lei non stia
soffrendo per questa situazione? Fosse per Amina, verrebbe a cercarti
volentieri ma, a causa di questa stupida apertura, non può. Se sei un vero
uomo, saprai aspettare il momento opportuno e poi cercherai di spiegarle ogni
cosa.” Disse Christopher, con voce severa.
“So cosa devo fare.
Ma in questo momento non mi sembra giusto andare a disturbarla…troverò
l’occasione adatta.” Rispose Orlando, volgendo lo sguardo altrove. Non era
stupido, lo sapeva cosa doveva fare, non c’era bisogno che tutti glielo
ricordassero, senza contare che era già agitato per conto suo.
L’ultima persona ad
andarsene fu Sean Penn, che varcò la porta esattamente alle 3.35 di mattina. A
quell’ora, oltre alle cameriere ed il personale, c’erano soltanto Amina ed
Orlando. Ormai non potevano più sfuggire al momento della verità, era giunta
l’ora di affrontare le loro paure. La ragazza aveva notato che Ob era rimasto
apposta e così, andando un attimo nello sgabuzzino, si tolse le scarpe con il
tacco e indossò un paio di comode scarpe da ginnastica. Gli andò incontro,
lentamente, calibrando ogni suo passo, finché non fu sufficientemente vicina.
“Così, sei rimasto
soltanto tu…” Disse, pulendosi le mani con uno straccio.
“Già, pare che se ne
siano andati via tutti…”Rispose, senza alzare la testa.
C’era un’aria
incredibilmente pesante, a causa dell’imbarazzo che si era venuto a creare in
mezzo a loro. Sembrava che un’immensa voragine li separasse.
“Complimenti per i
vestiti Orlando, ti donano molto.”
“Risparmiami le tue
pietose bugie” Disse lui, sorridendo. “E’ stato quel beota di Elijah a farmi
combinare in questo modo. Accidenti a lui!”
Finalmente, l’abisso
che li separava si faceva sempre più piccolo, fino a scomparire del tutto.
Quelle semplici parole, che li avevano fatti sorridere, avevano risollevato la
situazione.
“Beh, credo che tu
non abbia aspettato tanto per avere solo i miei commenti personali. Avanti,
vieni con me, andiamo nel privè” Disse Amina, facendo cenno al ragazzo di
seguirlo.
“Bene, siamo qui. E
credo che devo cominciare a dirti alcune cose. Ti prego soltanto di una cosa:
non interrompermi.” Orlando si era fatto incredibilmente serio, guardandola
dritta negli occhi.
“Per me non ci sono
problemi. Comincia pure.”
“Ecco, non è che io
abbia preparato un vero e proprio discorso da farti, cercherò di dare un senso
alle mie parole seguendo le mie sensazioni. Non so se lo sai, ma l’altro giorno
ero venuto a casa di Christy. Ero appena stato da Viggo perché…beh, avevo
bisogno di parlare. Nessun altro mi avrebbe dato dei consigli veramente sinceri
e imparziali.” Le prese una mano. “Non voglio perderti Amy, non dopo tutto
quello che è successo. Io ti amo, sei la cosa più bella della mia esistenza,
l’unica persona che mi da un motivo in più per vivere. Quello che ho fatto è
stato sbagliato, è vero, però la mia intenzione non era quella di ferirti, in
alcun modo. Non so cosa dire…sono troppe le parole che mi vengono in mente per
potertele dire tutte. Ma sappi che, qualunque cosa accada, io ti amo.”
Amina era rimasta
per tutto il tempo con la testa piegata da un lato, con un’espressione
indescrivibile sul volto. Aveva sentito ogni cosa, aveva colto ogni singola
parola di ciò che aveva detto, afferrando ogni singola emozione che traspariva
dal suo tono di voce.
“Innanzi tutto, mi
dispiace essermi comportata così male, quel pomeriggio. Ero molto arrabbiata e,
sarò sincera con te, lo sono anche adesso. Mi sono accorta che tu ti sei reso
conto di aver sbagliato, ma ciò che non ti perdono non è questo. Se solo tu me
lo avessi detto…perché non l’hai fatto?” Aveva gli occhi leggermente velati.
“E’ stata una
dimenticanza! In tutti questi mesi non mi sono mai ricordato, devi credermi!”
Disse, supplicante.
“Va bene, ti credo.”
“Allora significa
che mi perdoni?”
“No, non ho detto
questo. Il punto è un altro…” Girò la testa, per non incontrare i suoi profondi
occhi nocciola.
“E quale sarebbe?”
Aveva la tensione a mille, ogni singolo muscolo del suo corpo era teso come una
corda di violino.
“Devo tornare in
Italia, forse per sempre. Ci sono stati alcuni problemi con il pequeño, perciò
devo rientrare a controllare di persona. Tuttavia, non è solo quello il motivo.
Quando sono partita, alla fine di gennaio, la mia idea era quella di fermarmi
alcuni mesi, concludere il lavoro, e poi rientrare al mio paese. Dopo averti
conosciuto, per un attimo avevo ceduto alla tentazione di rimanere ma, ora come
ora, non c’è niente che mi trattenga.” Il suo tono di voce era calmo e
misurato, freddo e distaccato.
“Come sarebbe a
dire? Per te, forse, io non sono un motivo sufficiente?” Si sentiva tradito,
come poteva dirgli quelle cose in modo così indifferente?
“Non dopo quello che
hai fatto, Orlando. Fino a qualche giorno fa ero sicurissima di rimanere, ora
non più. Non me la sento di continuare a vivere con una persona che ha
approfittato della mia ingenuità, per poi tradirmi. Ti voglio bene, ma non
basta.”
“E io non posso fare
niente per farti cambiare idea?” Chiese, sconsolato.
“Partirò la prossima
settimana, venerdì. Se per allora non troverai un buon motivo per farmi
restare, me ne andrò per non tornare più.”
“Riuscirò a farti
cambiare idea, costi quel che costi”
“Vedremo…vedremo…”
Orlando se ne andò
subito dopo. Aveva soltanto sette giorni, 168 ore. Era rimasto per un po’
seduto in macchina, senza accennare a partire. La prova che gli si prospettava
davanti, era ardua da superare. Per cercare di convincerla aveva dato tutto,
eppure non era bastato. Ma anche se questo era vero, entro venerdì DOVEVA farle
capire cosa fosse per lui. Era come un ultimatum, nel quale doveva avere
l’ultima parola.
CONTINUA...