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Autore: _Sihaya    01/04/2012    1 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Lost Memories - Capitolo 36

Lost Memories

(di _Sihaya)

 

* * *

 

Ci ho messo davvero un’infinità di tempo. Non posso che scusarmi.

 

Prima di lasciarvi alla lettura, però, è necessario che spieghi una scelta particolare che ho fatto per questo capitolo, per evitare di essere fraintesa.

 

Troverete ogni tanto dei dialoghi scritti in blu, in corsivo. Si tratta delle parole che la Rowling ha dato a Harry nel settimo libro, negli ultimi capitoli.

 

Ho deciso di riprendere queste battute perché volevo mostrare che, pur seguendo strade diverse, questo mio finale alternativo rimane profondamente agganciato al racconto originale. Non volevo in alcun modo scopiazzare il libro, né si tratta di mancanza di idee, tutto è stato progettato fin dall’inizio.

Da quando ho iniziato a scrivere Lost Memories, non ho mai perso di vista le due cose che ho pensato, istintivamente, appena terminato di leggere il 7 libro:

1.      la Rowling ha usato splendidamente Malfoy nel sesto libro, ma poi lo ha relegato in disparte: secondo me, ha sprecato un gran personaggio!

2.      ci sono destini già scritti e, per quanto le strade siano diverse e le persone cambiate, la meta è sempre la stessa.

 

Buona lettura!

 

* * *

 

Stanco di vedere le parole che muoiono.
Stanco di vedere che le cose non cambiano.
Stanco di dover restare all’erta ancora,
respirare l’aria come lama alla gola.

 

Subsonica, Corpo a corpo

 

* * *

Capitolo 36 – Corpo a corpo

 

Nello stesso istante in cui Malfoy tornò a sfidare Voldemort, Ginny afferrò Harry e, prima che lui riuscisse a obiettare alcunché, lo trascinò lontano di alcuni passi.

 

Ostacolato da Ginny che si era frapposta tra lui e il Signore Oscuro, Harry cercò di spostarla senza farla cadere. Lei si rivelò una roccia.

 

Harry divenne un tutt’uno con la protesta.

 

« Tu non capisci, Ginny! Nessuno può prendere il mio posto. Non si tratta di capacità! Questa… - disse indicandosi la fronte - non è solo una cicatrice… »

 

« Oh, lo so benissimo cos’è! » lo zittì Ginny. « La professoressa McGrannit mi ha spiegato molte cose… so anche cos’è un Horcrux, ma… ragiona, Harry! Questa guerra riguarda l’intero Mondo Magico: che tu lo voglia o no, saremo coinvolti ugualmente. Abbandonare ora la battaglia non è da vigliacchi. Se ti ritiri tu, ci ritiriamo tutti; torniamo al rifugio e ci prepariamo allo scontro finale. È questione di giorni, credimi, il tempo di chiedere aiuto all’Ordine della Fenice… »

 

Harry l’interruppe afferrandola per le spalle.

 

La guardò negli occhi, fermo e allo stesso tempo dolce: « Capisco quello che stai cercando di fare. Non essere in grado di proteggere le persone che ami è una frustrazione che può farti impazzire, lo so bene, ma dimentichi che tutto questo fa parte del piano di Silente. Lui aveva previsto tutto e inoltre… » esitò. Stava per metterla al corrente dell’importante intuizione che aveva avuto due anni prima e che era riaffiorata ai ricordi durante l’incursione al Castello(*): « Se i miei calcoli non sono errati, io sono il vero padrone della Bacchetta di Sambuco. Questo significa che - lanciò un’occhiata in direzione di Malfoy - corro meno rischi di quanti ne stia correndo quell’idiota! »

 

« Non me ne frega niente di quello che intende fare Malfoy, » sbottò Ginny, « per quanto mi riguarda, può anche lasciarci le penne! Sarebbe la gusta punizione per… »

 

« Non spetta a lui pagare per gli errori commessi dalla sua famiglia. »

 

« E allora? Non dirmi che ora vuoi batterti per salvare le chiappe di Malfoy! »

 

Harry scosse la testa. Ginny s’aggrappava a qualsiasi cosa ostinandosi a non capire.

 

« Io sono solo stanco. Stanco di questa guerra e del dolore che ha provocato a tutti noi, » mormorò drammatico, « sono stanco di guardare in faccia la morte e… »

 

Per puro caso, lanciò uno sguardo all’altro lato della Sala.

 

Ginny si voltò per guardare nella stessa direzione e spalancò la bocca stupita: ad alcuni metri di distanza dal grosso camino marmoreo, Neville, affiancato da Hermione, impugnava la Spada di Godric Grifondoro.

 

Harry mise le mani intorno alla vita di Ginny e la scostò di lato.

 

« …Ritirarsi ora sarebbe un vero peccato! Sei d’accordo Ginny? » Esclamò.

 

* * *

 

Un incantesimo Diffindo sfiorò la guancia sinistra di Molly Weasley; una manciata di capelli rossi svolazzò nell’aria e lo zigomo cominciò a sanguinare.

 

Molly non fiatò. Non era spaventata, né intimorita dalla bestia che avanzava verso di lei minacciando di farle ciò che aveva fatto a suo figlio.

 

Bill, invece, era furibondo.

 

L’arroganza con cui Greyback aggrediva sua madre e il pensiero dello strazio che portava sul volto erano accecanti. Senza pensare, incespicando sulla neve ormai resa poltiglia dal frenetico calpestio della battaglia, si protese in avanti e si lanciò contro il nemico.

 

La forza con cui arrivò a piantargli la spalla nello sterno, fece perdere a entrambi l’equilibrio.

 

Nella caduta, la bacchetta del licantropo si perse nel fango.

 

Bill si issò su di lui; artigliando la sua giacca lurida, gli puntò la bacchetta alla gola.

 

A Greyback non rimase che lottare corpo a corpo.

 

* * *

 

Ginny lasciò andare Harry con reticenza e un nodo alla gola soffocante. Aveva il cuore che batteva all’impazzata mentre si ripeteva con decisione che doveva fidarsi di lui perché eventi sembravano volgere in suo favore.

 

Neville era ad un passo dall’eliminazione di Nagini e - per quel che ne sapeva lei - in tutta la storia di Hogwarts non si era mai vista una bacchetta opporsi al proprio padrone: se era vero che Harry era il proprietario di quella di Sambuco, avevano la vittoria in pugno.

 

Harry si separò da lei e superò il tavolo centrale.

 

Pochi passi alla sua sinistra, Malfoy si guardava attorno freneticamente. Cercava la bacchetta che Voldemort gli aveva appena sottratto respingendo, senza alcuna difficoltà, la Maledizione Senza Perdono con la quale lo aveva - stupidamente e inutilmente - attaccato.

 

« Tom Riddle! »

 

La voce di Harry tuonò impavida fra i sotterranei.

 

Tutta la sala sembrò fermarsi nel medesimo istante per puntare gli occhi sul Ragazzo Sopravvissuto, che osava umiliare il Lord Oscuro usandone l’appellativo di Mezzosangue.

 

Voldemort, in procinto di dare una seconda, definitiva, lezione al rampollo reietto dei Malfoy, si fermò e spostò l’attenzione su di lui.

 

Harry, a denti serrati, lo sfidò:

 

« Sono io il tuo rivale. »

 

Voldemort, gli iridi iniettati di sangue e le pupille ridotte a due fessure, lo freddò: « Ancora per poco, Potter! »

 

Harry strinse la bacchetta; scrutò sospettoso Malfoy, poi lanciò un’occhiata preoccupata a Ron e a Ginny che, come temeva, aveva deciso di raggiungerlo.

 

Con un gesto secco, aprì il palmo della mano verso di lei. Ginny si fermò.

 

« Non voglio aiuto. »

 

« E chi ti vuole aiutare, Potter! » Sbottò Malfoy, giusto per fargli sapere quanto fosse contrariato dal suo intervento.

 

« Sta’ zitto, Malfoy, » replicò Harry. Nella sua voce non c’era il minimo cenno di paura, solo una profonda e salda certezza: « Deve andare così. Devo essere io. »

 

« Su questo non c’è dubbio, » sghignazzò Voldemort, « Tu sarai il primo! E dopo di te verranno tutti coloro che hanno osato opporsi al mio potere! »

 

« Non potrai uccidere nessuno di loro, mai più, » lo minacciò Harry.

 

Voldemort rise forte, superbo e sprezzante, ma in realtà non capiva quello che Harry stava dicendo.

 

« Due anni fa, nella foresta proibita, ero pronto a morire per impedirti di fare del male a queste persone.»

 

« E questo cosa importa ora? Sono trascorsi anni! Nei quali ti sei dato alla macchia nascondendoti come un vigliacco e usando tutti come tue pedine. »

 

« Io non ho usato nessuno. La professoressa McGrannit mi ha allontanato dal Mondo Magico perché temeva che non fossi ancora pronto per eseguire il compito che Silente mi aveva affidato, e loro – indicò i membri dell’Esercito di Silente che lo attorniavano - i miei amici! Mi hanno protetto con grandi sacrifici fino ad ora, senza sapere che in realtà ero io a proteggerli. »

 

« Non ho mai sentito una simile assurdità! Come potevi proteggerli se non eri fra loro, Potter?! »

 

« Non impari dai tuoi errori, Riddle, vero? »

 

« Errori? Io sono il Supremo Signore Oscuro. Sono più potente di qualsiasi altro mago della storia. Conosco più incantesimi di quanti ne conservino i Manuali. Ho conquistato Hogwarts e il mio luogotenente dirige la Scuola… Se sono arrivato fino qui, (mettitelo bene in testa!) è perché non ho commesso alcun errore! »

 

Harry non si fece intimorire da tanta superbia, era profondamente sicuro di quello che diceva: « Nella foresta proibita quando ho accettato di morire… - ricordò - ho fatto quello che ha fatto mia madre. Sono protetti da te. Non hai notato che nessuno dei tuoi incantesimi funziona su di loro? »

 

Voldemort strinse i denti e sibilò insofferente: « Ancora con questa storia? La tua è solo un’illusione, Potter, ma dato che insisti te lo dimostrerò subito! »

 

La perversione di quella minaccia era così tangibile da far accelerare il cuore.

 

Harry s’immobilizzò coi sensi all’erta, sperando di poter anticipare anche solo di un istante lo scatenarsi della sua furia.

 

Purtroppo, la crudeltà nemica superò la sua immaginazione. 

 

All’improvviso, come una folgore che squarcia il cielo notturno, alle sue spalle, Ginny gridò.

 

Harry si voltò sgomento. Un gemito strozzato gli uscì dalla gola.

 

Due Mangiamorte avevano sollevato Ginny da terra prendendola sotto le ascelle e per i piedi.

 

Mentre lei si dimenava invano con tutte le forze, la gettarono supina sul grande tavolo. Le robuste catene d’acciaio che lo ricoprivano presero vita all’istante, avvinghiandole le braccia e le gambe.

 

Ginny urlò di rabbia e inarcò la schiena tirando le catene fino a riempirsi i polsi e le caviglie di lividi.

 

« Ginny! »

 

Voldemort esplose in una risata sadica e disumana, vibrante di piacere: « Di cosa ti preoccupi, Potter, l’amore la proteggerà! »

 

Harry, con un dolore inimmaginabile in mezzo alle costole, corse al tavolo e afferrò la mano destra di Ginny. Puntò la bacchetta sulla catena che la immobilizzava, ma uno dei due Mangiamorte che l’aveva catturata intervenne in modo tempestivo e, più che mai, infausto.

 

« Expelliarmus! »

 

La bacchetta di biancospino gli sfuggì dalle mani e volò così in alto che per un attimo la perse di vista.

 

Ricadde, con un sonoro ticchettio, a diversi metri di distanza.

 

Harry emise un lamento angosciato. Disarmato, guardava Ginny con le lacrime agli occhi; vederla in quelle condizioni gli annebbiava la mente, impedendogli di individuare una qualsiasi soluzione alternativa.

 

In quell’istante, Ron raggiunse la sorella.

 

« Oh Ron! » Ginny gemette pregandolo di proteggere Harry.

 

Ron fu attraversato da un brivido. Quasi controvoglia – e di questo non andava certo fiero - s’allontanò dal tavolo preparandosi ad evocare uno scudo di protezione.

 

Doveva credere in quello che aveva detto Harry, credere che gli incantesimi del Signore Oscuro non potevano avere effetto su di lui, come su nessun altro membro dell’Esercito.

 

Ma la paura rese quella certezza così fragile da frantumarla non appena il volto di Voldemort mostrò una palese, devastante, espressione di vittoria.

 

Ron sentì le ginocchia tremare come se l’avessero colpito con una fattura Gambemolli.

 

All’improvviso, quando ormai si era rassegnato al peggio, accadde qualcosa che, nella concitazione di quei terribili momenti, nessuno aveva preso in considerazione.

 

Nel giro di una manciata di secondi, Neville Paciock e Hermione Granger, cambiarono il corso degli eventi.

 

Sbucando fuori dal Mantello dell’Invisibilità si ersero in piedi sopra al grande tavolo.

 

Hermione si chinò a liberare Ginny dalle catene stregate.

 

Neville balzò giù e corse verso Nagini.

 

Facendo appello a tutta la propria forza, sollevò la Spada e, con un grido selvaggio, la fece roteare sopra la testa.

 

Il ferro brillò riflettendo la luce verdastra della lampade mentre la lama calava sul collo del serpente.

 

La testa rotolò sul tappeto macchiandolo di sangue scarlatto.

 

Un agghiacciante latrato uscì dalla gola di Voldemort, mentre le spire della fedele Nagini s’afflosciavano l’una sull’altra prive di vita.

 

Accecato dall’odio e dalla rabbia, frustò l’aria con la bacchetta di Sambuco.

 

L’Anatema Che Uccide colpì Neville in pieno petto, facendolo volare in aria e sbattere con violenza contro l’intelaiatura in piombo di una delle grandi vetrate.

 

La Spada di Godric Grifondoro gli sfuggì dalle mani e cadde a terra; roteando, scivolò fin sotto al tavolo di tortura.

 

« Oh no! Neville! »

 

Harry urlò e fece per raggiungerlo, ma Hermione saltò giù dal tavolo indicando a braccio teso l’ingresso: « Harry, la bacchetta! » 

 

In quel preciso istante, Malfoy le sfrecciò accanto correndo nella stessa direzione.

 

Harry Potter e Draco Malfoy, entrambi disarmati, si gettarono in simultanea sulla bacchetta di biancospino.

 

Harry ne afferrò l’ impugnatura.

 

Malfoy, imprecando, la prese per la punta.

 

Ognuno la tirò a sé, nessuno era disposto a cedere.

 

« Questa bacchetta mi appartiene, Potter! » ringhiò Malfoy.

 

Harry ghignò: « Ora non più. Ti ho sconfitto due anni fa, l’hai dimenticato? È evidente che ne sono il legittimo proprietario. »

 

Più che dimenticato, Malfoy l’aveva volutamente rimosso, ma non si soffermò su quel dettaglio ed esibì un sorriso di scherno: « Ora non più. » Gli fece il verso, « dato che ti sei fatto disarmare come un babbeo. »

 

Harry incassò l’offesa, ma rilanciò con un ricatto: « Se davvero vuoi salvarti da Azkaban, lasciami portare a termine il compito che Silente mi ha affidato. »

 

Malfoy tirò la bacchetta verso di sé e lo guardò truce: « Se davvero conosci il dolore d’aver perso una madre, lasciami compiere la mia vendetta. »

 

Harry, le palpebre strette con aria di sfida e una smorfia meschina sulle labbra, sussurrò: « Exulcero. »

 

« Ah! Merda! »

 

Malfoy, che in fondo aveva capito fin da subito d’impugnare la bacchetta dal lato sbagliato, imprecò ritirando il palmo dolente.

 

« Me la pagherai, Potter! »

 

E mentre si soffiava sulla mano gonfia di disgustose pustole, Harry corse a fronteggiare Voldemort ancora una volta.

 

Quella definitiva.

 

« Sei finito, Riddle. »Minacciò« Ogni brandello della tua orribile anima è stato annientato. Non ne rimane che un misero, lurido cencio. »

 

Le sue parole erano così fiere e sicure che Voldemort, gonfio d’ira, riuscì soltanto a ruggire.

 

Harry inspirò profondamente, puntando verso di lui la bacchetta appena recuperata.

 

« Non ci sono altri Horcrux. Siamo solo tu ed io.»

 

* * *

 

N.d.A

 

(*)Ho immaginato che, anche se non viene detto esplicitamente nella storia originale, Harry si sia reso conto di essere il padrone della bacchetta di Sambuco ben prima dello scontro finale con Voldemort, ma che non ne abbia parlato con nessuno anche a causa del frenetico susseguirsi di eventi.

   
 
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