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Autore: FCq    01/04/2012    4 recensioni
"Non posso"... "Dimmelo"... "Qual è il problema. Il ritorno a Volterra?"... "Bella?", mi chiamò, la voce fredda come il ghiaccio. E fu in quel momento che la sentì arrivare: la consapevolezza di ciò che sarebbe stato. Lacrime calde iniziarono a rigarmi il volo e capì che non avrei più mentito. Edward doveva sapere.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Benvenuti in the well and the evil. E' la prima storia che scrivo e posto su questo sito. Ho deciso di postare anche ilprimo capitolo per introdurvi maggiormente nella mia fanfiction, sperando che leggerla vi emozioni almeno la metà di quanto abbia emozionato me scriverla. Ringrazio con tutto il cuore chi legge e chi lascia una recensione<3

16 ANNI DOPO...

1 Agorà       

Meraviglioso. La mia mente non riusciva a trovare un aggettivo degno dello spettacolo che si apriva davanti ai miei occhi. Era il crepuscolo e gli ultimi raggi del sole illuminavano gli immensi spazi aperti della campagna Toscana. Un nuovo giorno era giunto al termine nell’inerzia e nella monotonia della mia vita quotidiana. Mi perdevo nella bellezza dei raggi al tramonto come ogni sera e mi domandavo come fosse il mondo lì fuori, oltre le mura spesse della rocca. Mi chiedevo se qualcun altro guardasse il tramonto con i miei stessi occhi e provasse le mie stesse emozioni. Era la fine di un giorno che sarebbe durato per sempre, senza cambiare o mutare in alcun modo. Era una consapevolezza difficile da accettare, che pesava sul cuore in maniera opprimente. Era diventata, da qualche mese, un’abitudine irrinunciabile soffermarmi a osservare il crepuscolo. Era il momento della giornata che preferivo in assoluto. Ero convinta che in questi pochi istanti che separavano il giorno dalla notte, tutte le creature fossero in pace tra loro. Amavo il crepuscolo perché era come me. Non poteva appartenere al giorno, con la sua luce brillante e avvolte scura e non era la sera, maliziosa e misteriosa. Il cielo sereno e infuocato, le nuvole che non sembravano presagire alcunché se non una tranquilla serata di fine marzo, il silenzio, il profumo dell’erba, dei fiori di campo che spiccavano prepotenti, quasi a chiedere di essere ammirati nella loro bellezza e perfezione, vanitosi, consapevoli della loro indifferenza al mondo, dai vasi di terra che ricoprivano la grande balconata circolare che si affacciava dalla mia camera. Era un luogo pacifico, il migliore in cui rifugiarsi quando nella rocca tutti erano in fermento, come stava accadendo oggi. Succedeva che si entusiasmassero per l’arrivo di nuovi neonati da addestrare, per qualche spedizione importante che richiedeva la presenza dei membri dei Volturi o anche soltanto per l’arrivo di un nuovo carico di deliziosi umani che promettevano di saziare la sete in gola. Di solito non mi preoccupavo di scoprirlo, ma oggi sarebbe stato diverso, perché ciò che li faceva fremere mi riguardava in prima persona. Era raro che mi facessi vedere in pubblico, io ero speciale, fin troppo, la mia vita era preziosa e come tale doveva essere salvaguardata, questo era quello che mi veniva ripetuto in continuazione. Tutti nella rocca si prendevano cura di me e si preoccupavano per la mia sicurezza, specialmente da qualche mese a questa parte. Tutto era incominciato come una normale spedizione punitiva che vedeva come imputati diversi Licantropi dell’Europa orientale. Delle guardie mandate in missione, ne ritornarono soltanto quattro. I superstiti raccontarono ciò che erano riusciti a estorcere ai Licantropi: i figli della luna cercavano l’ultima dei prescelti ed erano pronti a tutto pur di averla. Stavano trasformando umani infettandoli con il loro veleno: preparavano un esercito e il loro obiettivo ero io. Io ero questo, una prescelta. Prescelta per guidare le due razze nemiche il cui odio aveva distrutto la terza che non era né uomo, né vampiro, né licantropo. Appartenente a un clan dagli innati poteri, immune all’influenza del vampiro e al veleno del licantropo. Conoscevo ogni cosa della mia razza eppure non sapevo nulla della mia famiglia. Sapevo di possedere un’intelligenza superiore a quella di un qualsiasi umano. Sapevo di possedere doni invidiabili e che questo mi portava a essere un obiettivo molto ambito e ricercato. Sapevo difendere me stessa e i miei signori. Sapevo di essere immortale. Sapevo di dover ricreare la mia specie attraverso la procreazione. Sapevo di poter diventare madre con un umano come con un immortale, che fosse vampiro o licantropo poco importava. Sapevo di essere l’ultima di una grande specie. Sapevo che i Volturi mi avevano cercato, trovato e riconosciuto nell’orfanotrofio in cui avevo vissuto il mio primo anno di vita, insieme agli umani, ma non sapevo chi fossero mia madre o mio padre, che volto avessero, né quale fosse il profumo della loro pelle o il sapore dei loro baci, la certezza delle loro braccia. Non sapevo come fossi arrivata in quell’orfanotrofio di cui non potevo avere alcun ricordo, né il perché mi trovassi in quel posto di cui mi era stato narrato così tante volte da riuscire quasi a immaginarlo. E nonostante tutte le conoscenze sulla mia natura mi sentivo ignorante e persa. Perché le cose più importanti mi sfuggivano. Non sapevo da dove venissi, ma sapevo a chi appartenevo: i Volturi. Volterra, questa torre, i miei signori erano il mio unico punto di riferimento e a loro dovevo ogni cosa. Provavo repulsione per ciò che facevano. Soffrivo quando le urla degli umani condannati a essere il loro pasto giungevano fino alle mie orecchie. Odiavo la fatica degli allenamenti cui ero sottoposta per raggiungere il massimo delle mie potenzialità, di cui erano testimoni alcune cicatrici indelebili sul mio corpo. Non potevo ignorare tutto questo, ma neanche la riconoscenza che provavo nei loro confronti e il rispetto per ciò che rappresentavano. Sapevo che, se non mi avessero trovato, sarei diventata l’arma numero uno dei figli della luna, che probabilmente mi avrebbero usato per distruggere i nemici tanto odiati. I Volturi erano la mia famiglia, o, almeno, quanto di più vicino riuscissi a immaginarvi. D’un tratto, persa ad osservare gli ultimi raggi infuocati lambire l’orizzonte, mi accorsi di non essere più sola nel mio rifugio segreto. Non avevo bisogno di girarmi per sapere di chi si trattasse: era l’unica persona che sapesse dove andavo a rifugiarmi quando avevo bisogno di un po’ di pace e solitudine, per riflettere, rimettere a posto i pezzi della mia vita, la sua aura era diventata familiare con il tempo. Il mio innato talento di percepire e controllare la volontà altrui e qualsiasi essere vivente, senziente o vegetale, si era sviluppata lentamente, con gli anni, al seguito della mia crescita che si era ormai arrestata, lasciandomi per sempre sospesa nei miei diciotto anni, come chiunque altro prima, della mia specie. Stava poggiata alla porta finestra che dava sulla terrazza, le braccia incrociate, lo sguardo grave. Nonostante quell’espressione fintamente infuriata, rimaneva la cosa più bella che avessi mai visto. La pelle bianca come gesso, adesso illuminata dagli ultimi raggi del sole, le labbra piene rigide, ferme in una linea dritta. I lineamenti del volto perfetto erano chiaramente tesi. Seguì la linea dritta del suo naso fino ad incontrare i suoi grandi occhi rossi, macchiati del sangue delle sue vittime, così sorpresi dalla sua bellezza disumana da non riuscire a capire realmente per mano di chi stesse per arrivare l’inevitabile morte. Un angelo vendicatore? Un diavolo sotto le fattezze di un angelo? Cosa importava? Ormai il loro destino era segnato, perché porsi delle domande che non avrebbero mai trovato risposta? Le ciglia lunghe si chiudevano sugli occhi per pochi istanti, sfiorando le guance fredde. Il tutto incorniciato da capelli neri e lucidi, lisci come seta e lunghi fino alla sua vita sottile. Batteva impaziente il piede a terra. Era così buffa con quella sua aria scocciata che mi fece ridere. Una risata breve, che riecheggiò nel silenzio di quel pomeriggio che stava per giungere al termine. La vidi alzare un sopracciglio davanti alla mia improvvisa e inspiegabile ilarità. Avrei dovuto avere paura; avrei dovuto essere terrorizzata da quella figura bellissima e letale, da quegli occhi rossi come sangue e invece ridevo.

≪Posso sapere cosa c’è di così divertente; fai ridere anche me≫.

La sua voce era affascinante e risuonò come un eco di campane.

≪La tua espressione, Athenodora. Dovresti aver capito che non sei in grado di arrabbiarti con me≫.

La posa rigida delle sue labbra si sciolse  in un sorriso familiare e rassicurante. Al suo volto erano legati la maggior parte dei ricordi che avevo di quando ero piccola. Era sempre stata lei a prendersi cura di me. A farmi giocare, a curare le mie ferite e a incoraggiarmi per dare sempre di più. Era il 1418 e aveva venticinque anni quando Marcus, suo attuale marito e signore di Volterra l’aveva vista per la prima volta. Si era da subito innamorato di quella bellissima umana e, sempre per amore, l’aveva trasformata. Athenodora era come una madre per me, o, ancora una volta, la cosa più vicina che riuscissi ad immaginarvi. Athenodora non possedeva una volontà forte. Rimaneva ai margini, sottomessa, mai al fianco ma sempre un passo dietro al marito. Era affezionata a me, ma poteva soltanto starmi accanto. Non aveva mai preso alcuna posizione in mio favore, né in mio sfavore. Non le facevo una colpa di questo. Ci ero abituata, questa era lei: una volontà fragile e facilmente condizionabile. Era... normale. Le persone non potevano nascondermi nulla: io coglievo la loro essenza, erano nudi davanti ai miei occhi. Tutti coloro che mi circondavano, i membri della guardia, la maggior parte degli umani erano fragili e facilmente condizionabili. Le persone, di solito, tendevano a prendere la strada più facile e breve. Erano condiscendenti e in molti nascondevano propositi malvagi o fini ai propri interessi, come i signori di Volterra. Ma neanche a loro potevo fare una colpa di questo.

≪Potrei anche cambiare la mia prospettiva, signorina. E’ tardi e tu devi ancora finire di prepararti, sai che è un giorno importante...≫.

≪Lo, lo so. Me lo ripeti da settimane≫.

≪Evidentemente non è stato abbastanza visto che non sei preoccupata per niente≫.

Mi voltai, senza risponderle e mi accorsi che il sole era definitivamente scomparso dietro l’orizzonte, lasciando il posto ad un sera calma, leggermente illuminata dal bagliore della luna. In un attimo fu al mio fianco, il naso rivolto al cielo.

≪Non devi preoccuparti; risolveremo tutto≫, disse carezzandomi i capelli.

≪Lo so. So che mi proteggerete≫

Era la verità, lo avevano sempre fatto. Una volta avevo chiesto, senza troppi mezzi termini, il perché ad Aro con una domanda dirette e spontanea. Aveva riso della mia caparbietà e schiettezza e dopo un attimo, aveva risposto: ≪La tua specie è sempre stata il fulcro del nostro mondo. E io ti voglio con noi. Amo te bambina e il tuo dono≫.

≪Sai, non è la prima volta che partecipi ad un’Agorà≫.

Osservai il suo volto meraviglioso, reso ancor più magnifico dai riflessi che gli donava la luce della luna.

≪Eri molto piccola all’epoca; avevi soltanto due anni. Era il 1991≫.

 Rise.

≪Così piccola e già così determinata≫.

≪Perché dici questo≫, le chiesi.

≪Ci furono molti nuovi arrivati. E in particolare furono due a interessare Aro. Uno uno dei due aveva partecipato alle guerre del sud e sai com’è Caius, ama la propria legge≫.

Annuì, conoscevo molto bene la storiografia dei vampiri e il carattere di Caius Volturi, tanto da immaginare perfettamente la scena.

≪Doveva essere punito e la sua compagna, naturalmente, lo affiancò. Eravamo pronti allo scontro, ma una bambina incosciente si frappose tra le due parti e chiese che non fosse fatto del male ai due vampiri≫, concluse.

≪Ho fatto questo? Non ne ho alcun ricordo≫, esclamai.

≪E come potresti! Eri così piccola≫.

≪E poi cosa successe≫, chiesi curiosa.

≪Aro concesse loro la libertà, perché tu ti eri attaccata a uno dei due vampiri, la femmina, e non avevi alcuna intenzione di allontanarti. Avrebbero potuto prenderti come ostaggio per la loro libertà, ma non l’hanno fatto. La vampira ti ha rimesso giù e Aro ha considerato il debito saldato≫.

Non sapevo cosa dire, non me lo aveva mai raccontato prima.

≪Tu sei nata per impedire lo scontro e mantenere la pace, piccola≫.

Sospirai.

≪Sono una prescelta≫.

≪Sì, lo sei. E’ sei anche una ragazzina molto cocciuta. Avanti, entriamo; devi prepararti. Entrerai al fianco dei signori di Volterra; io sarò con te≫.

Annuì ed entrammo in camera. Mi guardai intorno, in cerca di un qualche segno del tempo. Era tutto esattamente come lo avevo lasciato pochi minuti fa: il pavimento ricoperto di moquette grigia, le pareti in pietra levigata, il letto enorme che troneggiava sul muro centrale, la scrivania in mogano, sulla quale c’era un modernissimo computer portatile, e l’armadio troppo grande per i miei vestiti. Mi vestì in fretta e mi ritrovai seduta davanti al grande specchio della mia camera, Athenodora mi spazzolava dolcemente i capelli, lunghi quasi quanto i suoi, ma decisamente più ribelli. Osservavo silenziosa la mia immagine riflessa nel grande specchio. Rimarrò così per sempre, pensai. La mia pelle chiara e liscia non avrebbe mai sofferto delle prime rughe. I miei capelli lunghi e neri non sarebbero mai diventati grigi o bianchi. Non sarei stata ipocrita dicendo che ciò mi dispiaceva, né che avrei mai cambiato me stessa, né rinunciato a ciò che sapevo fare. Io ero questo e non me ne vergognavo. Ciò di cui ero capace, la mia immortalità erano parte di me, mi sarei sentita vuota se non avessi avuto queste uniche consapevolezze. Ma ero e sarei sempre stata questo, da sola. Un giorno avrei dovuto ricreare la mia razza e su di me gravava questo pesante fardello cui non trovavo una soluzione. Fu Athenodora a interrompere la linea caotica dei miei pensieri: posò le mani sulle mie spalle, senza gravarmi con il suo peso.

≪Andiamo?≫.

Annuì, alzandomi.

Corse all’armadio e in un attimo fu di nuovo da me, in mano la mia mantella nera, di una tonalità leggermente più chiara rispetto a quella dei signori di Volterra. La mantella nera fasciava perfettamente il mio esile corpo. Athenodora scostò i miei capelli su un lato e mi sollevò il cappuccio.

≪E’ meglio che tu lo tenga. Cerca di attirare il meno possibile l’attenzione; credo che Aro abbia qualcosa in serbo per te, quando la riunione sarà finita, ma non ho idea di cosa si tratti≫.

≪Lo farò≫.

Mi diressi alla porta.

≪Bella?≫.

≪Sì≫.

≪Ricorda: sei una guardia. Il tuo compito è difendere i tuoi signori. Oggi accompagnerai Aro, in ogni istante. Mi raccomando piccola e cerca di proteggere anche te stessa. Stai all’erta≫.

≪Ho capito; non devi preoccuparti. Me la caverò≫.

≪Bene, allora. Andiamo≫.

Insieme ci dirigemmo all’entrata principale della grande sala affrescata. Quando ci sentirono arrivare gli occhi dei tre vampiri millenari si posarono su di noi. Lo sguardo vispo di Aro brillò per un istante. “Bella, tesoro. Avvicinati”. Quando gli fui di fronte mi prese la mano, un gesto naturale per lui, ma anziché tentare di ascoltare i miei pensieri - privilegio che non gli era concesso - se la portò alle labbra, baciandola dolcemente. Abbassai leggermente il capo, come a ringraziarlo per il cortese gesto.

≪Bene, adesso possiamo anche andare≫, disse.

Sollevò le nostre mani intrecciate all’altezza del mio seno e, con un grande sorriso dipinto sulle labbra, si voltò verso la porta. Due guardie ne spalancarono le ante e finalmente, entrammo nella grande sala.

I miei occhi furono immediatamente colpiti dalla luce abbagliante proveniente dalle piccole imposte disposte ai lati dell’affresco, così bello da sembrare quasi etereo. Ancora prima di vederli, seppi della loro presenza. Disposti in modo da permetterci il passaggio, i nostri ospiti ci osservavano avanzare senza proferire alcun suono. Nascosta dal cappuccio nero, osservavo uno a uno i loro volti bellissimi. Evitai di incrociare i loro sguardi, infondo, dovevo cercare di non attirare l’attenzione, ma, per quanto tentassi, non riuscì a impedire al mio cuore di iniziare a martellare frenetico e al mio respiro di accelerare. Mi sentivo sommersa da tutte quelle nuove presenze che s’insinuavano nella mia mente. Mi ritrovai, ancora una volta, a osservare attentamente ognuno dei vampiri nella stanza, incurante delle parole di Athenodora. Era incredibile pensare con quanta attenzione le persone si curassero del proprio aspetto esteriore, sottovalutando ciò che era realmente importante: la loro vera essenza, se stessi. Avevo capito con il tempo che le persone curavano il loro aspetto esteriore in modo così meticoloso perché era l’unico lato che tutti potevano vedere e giudicare. Perché possedere un volto perfetto, un corpo invidiabile e abiti costosi li faceva sentire più forti. Chiunque li guardasse poteva vedere soltanto la loro perfezione esteriore, poco importava di cosa si celasse sotto la maschera. E questo portava le persone a ignorare il loro lato interiore, a non crescere intellettualmente e culturalmente. Per questo motivo un codardo poteva ritenersi fiero di se stesso, mentre un imperfetto era emarginato. La maggior parte delle volte una volontà forte e indipendente, se emarginata, diventava fragile e attaccabile. I miei occhi vedevano aldilà della maschera di perfezione e condiscendenza che le persone tendevano a costruire su loro stessi, ignorando tutto il resto. E la volontà di agire che in tutti noi, il pensiero, la ragione, o, nel caso degli oggetti viventi ma inanimati, quella linfa vitale che ci dà la vita, sono la nostra ombra, ciò che ci identifica e ci rende tutti diversi, anche se le persone, di solito, tendono a desiderare di essere uguali a qualcun altro. Riuscivo quasi a vedere quella presenza che potevo soltanto percepire, prendere delle sembianze umane e affiancare rispettivamente ognuno dei vampiri nella stanza. Molte erano volontà deboli, anonime, ma bisognava dire che alcune nascondevano una grande forza, anche se non sufficiente a stupirmi.

Ritornai a nascondere il volto nel cappuccio.

Erano strascorsi solamente pochi secondi da quando eravamo entrati nella grande sala luminosa e ancora ci muovevamo aggraziati attraverso il corridoio formatosi dalla divisione in due ali dei vampiri dispersi nella stanza. Fu in quel momento, intenta a soppesare le varie entità nella sala, che la sentì. Non avevo mai percepito nulla di più forte, di più vitale. Non era sola, al suo fianco comparvero immediatamente altre due entità impossibili da ignorare, ma questa... i miei occhi corsero immediatamente alla fonte di tanto stupore. Fu strano dovermi accertare di ciò che il mio senso supplementare mi indicava, ma ero talmente stupefatta da ciò che avevo appena percepito da perdere fiducia in me stessa e dubitare di ciò che sentivo tanto chiaramente. Seppi immediatamente che uno dei miei occhi aveva perso il suo solito color cioccolato in cambio di un rosso brillante e affascinante, regalandomi, in parte, la vista simile a quella di un vampiro . E poi la vidi la perfezione: un volto talmente bello da sembrare irreale. La pelle bianca come gesso, la mascella squadrata, la linea dritta del naso, le labbra piene, capelli scompigliati e bronzei, il corpo, fasciato da anonimi vestiti, nascondeva una perfezione divina. E infine, come se tanta bellezza non fosse già abbastanza da togliere il fiato e far fermare il cuore: i suoi occhi. Incorniciate da ciglia lunghe e fitte, due pozze grandi color miele incatenarono il mio sguardo. Era un angelo e non soltanto per la sua bellezza. Dai suoi occhi d’ambra traspariva tutta la sua forza di volontà. Un’aura di pura bontà lo avvolgeva. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo volto, mentre la sua forza diventava la mia, per paura che si dissolvesse come un mero frutto della mia immaginazione. Improvvisamente, il nostro cammino si arrestò ed io fui costretta a distogliere lo sguardo. Una voce bassa, suadente, mormorò al mio orecchio: “Va tutto bene?”. I miei occhi sbarrati, leggermente offuscati, incontrarono lo sguardo indagatore di Aro. Annuì, incapace di proferire parola. Lui sorrise  e, come aveva fatto soltanto qualche secondo prima - era davvero passato così poco tempo?Mi erano sembrati anni - baciò con delicatezza il dorso della mia mano, prima di lasciarla definitivamente. A testa china, mi feci da parte. Una piccola parte di me era conscia della presenza di Athenodora al mio fianco e della voce suadente di Aro che dava il benvenuto ai vecchi amici e ai nuovi arrivati, ma non riuscivo a prestare loro alcuna attenzione. La mia concentrazione confluiva attorno ad un unico punto...

 La sua forza di volontà era così... forte, così evidente da giungere a me senza che io dovessi cercarla tra la folla. Ancora una volta fui assalita dalla paura che potesse svanire e, incurante del resto dei vampiri nella sala, cercai il suo sguardo. Una strana sensazione di pace, di completezza mi invase quando, per la seconda volta, incontrai gli strani occhi, velati da un singolare quando stupefacente color ambra, del giovane. Il ragazzo ricambiò il mio sguardo e io sentì le mie guance tingersi di rosso, mentre il mio cuore perdeva un battito. Scostai velocemente lo sguardo, puntandolo sulla folla, stupita dalla mia stessa reazione. Desideravo ardentemente potermi voltare e scrutare ancora quel volto bellissimo. Non permisi a me stessa di cedere alla tentazione e concentrai la mia attenzione sulle parole di Aro.

Imbrogliai.

Fu inevitabile.

Per quanto facessi, non riuscì ad impedire al mio sguardo di cercarlo, nel bisogno continuo di assicurarmi della sua presenza.

L’ora successiva trascorse tra strani sguardi e occhiate curiose. Ogni volta che mi sorprendeva a fissarlo non troppo velatamente abbassavo lo sguardo, rossa in viso. Un paio di volte lo sorpresi a scrutare frustrato nella mia direzione, ma evitavo di incrociare il suo sguardo. Era ridicolo da parte mia reagire in quella maniera a quello strano sconosciuto. Le sensazioni che stavo provando erano così nuove per me! Era difficile abituarsi al battito accelerato del mio cuore, o al rossore sulle mie guance. Difficile ammettere che il ragazzo mi incuriosiva e che, nonostante la limpidezza dei suoi occhi d’ambra, non riuscissi a comprenderlo. Le persone non avevano mai avuto segreti per me, apparivano così indifesi davanti ai miei occhi: nudi nella loro vera natura. Ma questo strano vampiro... un milione di domande offuscavano la mia concentrazione. La maggior parte di esse riguardavano me stessa e le mie strane reazioni e il mistero che il ragazzo costituiva. Dita fredde sfiorarono il dorso della mia mano ed io mi voltai di scatto. “Bella? Tutto bene?”, chiese la voce dolce di Athenodora. Annuì. “Adesso arriva il momento cruciale. Dopo le presentazioni dei nuovi arrivati si inizia a discutere dei vari problemi. Se qualcuno dovesse parlare , avanzando delle richieste o delle accuse tu dovrai affiancare Aro e stare molto allerta”. “Non vogliamo incidenti”. Annuì ancora. “Non succede quasi mai che i partecipanti all’Agorà abbiano cattive intenzioni, ma non si può mai sapere”. Sospirai. Avrei dovuto smettere di pensare a lui e concentrarmi sul mio dovere. Ligia, affiancai Aro mentre il primo vampiro si muoveva verso di noi con sguardo grave, pronto ad avanzare le sue richieste...

Ero decisamente fiera di me stessa. Non avevo permesso al mio sguardo di cercare il suo volto là dove sapevo che lo avrei trovato. Né al mio dono avevo permesso di captare la sua presenza, concentrandomi più di quanto fosse necessario sui vampiri che avanzavano le loro proposte.

E neanche per un misero istante avevo smesso di pensare a lui.

Era comunque facile da spiegare: non era il ragazzo in se a incuriosirmi, ma la strana forza di volontà che lo caratterizzava. Per tutta la mia vita avevo creduto che mai avrei incontrato qualcuno come lui e scoprire che mi sbagliavo, che in realtà esisteva, era causa di imbarazzo. Questo spiegava il perché del mio improvviso rossore. In fondo non avevo mai sbagliato in tutta la mia vita, perciò non potevo neanche sapere come ci si sentiva ad avere torto. E per questo motivo non ero stata capace di riconoscere le sensazioni provate poco prima. Il mio ragionamento non faceva una piaga.

Ed ero stranamente felice di essermi sbagliata. Felice di aver scoperto che ciò che credevo inverosimile fosse lì davanti ai miei occhi. Inoltre non avevo ancora dimenticato le altre due presenze che mi avevano incuriosito, poco fa, insieme al ragazzo. Ero curiosa all’idea di vedere i loro volti e di poter condividere la loro forza. Adesso che avevo dato una spiegazione alle mie strane reazioni, la curiosità verso tutto ciò che riguardava il ragazzo era riapparsa. E in particolare una domanda m’incuriosiva più delle altre. I suoi occhi ambrati, quello sguardo impossibile da dimenticare. Lo sguardo dell’unico uomo la cui intera esistenza era testimone del mio primo errore. Decisi in quel momento che, non avendo alcun reale motivo per impedire alla mia curiosità di essere saziata, mi sarei concessa un altro sguardo al ragazzo. Provai una strana sensazione nel rivederlo lì, nella stessa posizione in cui l’avevo lasciato, immobile. Non stava guardando nella mia direzione; osservava il vampiro impegnato a discutere con Aro, che io avevo già classificato come un succube approfittatore, con una concentrazione e un’attenzione che non meritava. Decisi perciò di approfondire la conoscenza del suo lato interiore. Sapendo che era uno sbaglio, chiusi fuori il resto, eccetto lui. La sua volontà era ricca e sfaccettata. Avrebbe fatto di tutto per ciò che amava, anche arrendersi.

Ovviamente le mie erano soltanto deduzioni. Potevo captare una presenza, la forza di volontà di una persona, controllarla, ma non leggevo nel pensiero. Fui pervasa da un nuovo desiderio, molto pericoloso e inopportuno: parlare con il ragazzo e accertarmi che le mie deduzioni sul suo conto fossero esatte. Era il caso che impedissi a me stessa di concentrarsi su questo pensiero malsano, così decisi di spostare la mia attenzione sulla ricerca delle altre entità interessanti. Non fu difficile trovarle, come angeli spiccavano tra la folla, con la loro aura particolare e luminosa ed erano molto più vicine al ragazzo di quanto immaginassi. I miei occhi si soffermarono sui loro volti e fui pervasa da una nuova ondata di stupore. Due uomini, diversi eppure identici nella loro bellezza diafana. Ma non fu questo a catturare la mia attenzione. Sui loro volti brillavo due stelle di oro caldo e liquido. Che ogni persona dalla forte volontà presentasse le stesse caratteristiche, bellezza inumana e occhi d’ambra? Il primo dei due uomini, il più “anziano”, poteva dimostrare venticinque anni. I suoi capelli erano biondi, quasi bianchi sotto la luce abbagliante che illuminava la stanza. Il suo volto bianco e bello mostrava una saggezza che non si addiceva ai suoi tratti giovanili. La curva delle sopracciglia, persino il modo in cui storceva le labbra nascondeva una piccola traccia di compressione, compassione e amore. I suoi occhi inducevano sicurezza, serenità. Era un volto rassicurante. Per alcuni versi mi ricordava molto Athendora, ma le differenze tra loro due erano visibili a occhio nudo. Quest’uomo sconosciuto era in grado di prendere le sue decisioni, ero certa che sapesse sempre qual era la cosa migliore da fare e come agire. Era affidabile. Al suo fianco la terza presenza interessante non mi stupì. Ero certa che avrei ritrovato gli stessi lineamenti bellissimi classici dei vampiri e gli strani occhi dorati. Eppure l suo aspetto non mi stupì: con la mia vista acuta riuscì a scorgere i classici segni dei morsi sulla sua pelle, ne era ricoperto. Con il mio occhio sinistro non lo avrei mai notato. La sua forza mi lasciò ancor più sconcertata del suo aspetto inquietante. La vita lo aveva sottoposto a varie prove, ma lui le affrontava, combatteva contro qualcosa che non era capace di controllare e questo gli richiedeva un grande sforzo. Ma non ero certa di cosa si trattasse, o quale fosse la prova cui era sottoposto. Di una cosa ero certa: possedeva una forte volontà, quasi da soldato. Impossibile non rimanere affascinata. Qual era la storia di questi tre personaggi così particolari e sfaccettati? Erano soli? Automaticamente ampliai il mio raggio di ricerca e mi guardai intorno. Stretta tra le braccia del vampiro-soldato vi era una ragazza dai capelli neri corvini, aggraziata anche nello stare immobile, minuta. Mi chiesi come potesse quella figura così piccola contenere tutta la sicurezza e la forza che caratterizzava quella strana ragazza. Anche lei osservava la scena con occhi curiosi, attenti e ambrati. Al fianco dell’uomo dal volto rassicurante, una donna dallo sguardo dolce, gli occhi color miele e i capelli color caramello gli teneva la mano. Il mio cuore iniziò a battere forte e i miei occhi corsero ad Athenodora sottomessa alle mie spalle. Questa donna, invece, rimaneva di fianco al marito, entrambi partecipanti attivi. La sua forza di volontà non era da sottovalutare e certo non doveva invidiare il compagno in quanto a risolutezza. Avrebbe fatto di tutto per l’uomo che gli stava di fianco, era certo. Incapace di passare inosservato un ragazzo nerboruto riccio di capelli sovrastava la donna dai lineamenti dolci. Non era granché particolare in confronto agli altri, ma non era debole. Era l’amore per il resto della sua congrega e per la donna bellissima al suo fianco che gli dava la forza. E per ultima, proprio lei, con quella bellezza che mi ricordava tanto Athenodora, come il compagno non passava inosservata. Mi rattristai quando intuì che la sua forza era uno scudo che avrebbe dovuto difenderla dal provare qualsiasi tipo di dolore emotivo. Per un attimo mi chiesi cosa avrebbe pensato l’annoiato Marcus se avesse prestato attenzione ai legami che di certo univano quel clan. Il loro amore ara la loro forza. Tutti e sette brillavo di luci diverse e intense e mi chiesi come potessero passare inosservati agli occhi degli altri. Che ingiustizia! Ero diventata dipendente dalla forza che questi sconosciuti emanavano, e in particolare il giovane, solo con la sua luce. Scrutavo il suo volto e mi chiedevo per quale scherzo del destino quel giovane non avesse trovato l’amore. Quel sentimento che più di chiunque altro là dentro meritava di ricevere. Intenta nelle mie congetture non notai subito che il ragazzo, sentendosi probabilmente osservato, aveva ritrovato il mio volto. Benché in quella strana giornata fosse già successo altre volte, incontrare nuovamente il suo sguardo mi causò quelle stesse reazioni che io avevo attribuito al fatto di essere stata colta in fallo, in errore. Le mie guance s’imporporarono e il mio cuore iniziò a battere violentemente, preoccupandomi. Sostenni il suo sguardo, certa che il mio volto fosse per metà nascosto dall’enorme cappuccio nero. Il ragazzo ricambiò il mio sguardo, scrutandomi attentamente, come se tentasse di vedere il mio volto aldilà di uno spesso strato di fango. Ed ecco di nuovo quell’espressione frustrata: corrugò le sopracciglia e sbuffò leggermente, infastidito. Il suo fastidio mi divertiva, era molto simile a quello di un bambino cui non compravano il gioco che tanto desiderava, mi fece sorridere. E lui reclinò leggermente la testa di lato, concentrato, come se stesse cercando nei miei occhi l’origine di quel sorriso ingiustificato che mi aveva sorpreso per la sua spontaneità. Sorrisi ancora dell’intensità della sua concentrazione. A sorpresa gli angoli delle labbra piene del ragazzo si sollevarono leggermente, come se il mio sorriso, inevitabilmente, lo contagiasse. E quel lieve accenno di sorriso rese, se possibile, il suo volto ancor più stupefacente. Non avevo mai visto angelo più bello. “Bella, Bella, Bella. Zzz”. Una voce glaciale, fin troppo familiare mormorò al mio orecchio. Sussultai e la presenza al mio fianco rise sommessamente. Automaticamente mi voltai nella sua direzione, il suo volto e le sue labbra vicine al mio orecchio mentre scuoteva la testa. “Colta di sorpresa; c’è sempre una prima volta”. Rimasi impietrita, troppo stupita per muovere anche soltanto un muscolo. Due errori. Adesso, all’esistenza del ragazzo si aggiungeva la vicinanza inaspettata di Jane. Nessuno mi aveva mai colto di sorpresa. Il mio raggio d’azione era molto esteso, diversi chilometri, mi avvertiva sempre quando qualcuno stava per avvicinarsi. Sentivo le persone e le aure che le avvolgevano bussare prepotentemente alla porta della mia mente. Potevo decide di tenerle fuori, lontano da me, ma la maggior parte delle volte, soprattutto nelle situazioni di pericolo il mio senso supplementare non mi tradiva mai. Non avevo mai abbassato la guardia tanto da farmi cogliere di sorpresa da qualcuno; non avevo mai trovato nulla che valesse la pena di essere esaminato così attentamente. La piccola figura al mio fianco, più bassa di me di qualche spanna, si allontanò, mentre una risata bassa e cristallina, simile a quella di una bambina innocente, la scuoteva. I capelli biondi raccolti in un’anonima acconciatura, le labbra piene serrate a trattenere le risa, gli occhi grandi e rossi brillavano di una luce malvagia e birichina che le illuminava il volto angelico.

≪Il gatto ti ha mangiato la lingua?≫ chiese, nelle sue parole, freddi e taglienti, una punta d’ilarità.

≪Sei una guardia... Bella. Dovresti comportarti come tale, prestando la tua attenzione ai tuoi signori e non al giovane Cullen≫.

Stupita dalla presenza inaspettata di Jane, non mi ero accorta immediatamente dell’assenza di Athenodora...

≪Lei non è qui≫, chiarì Jane.

≪Non so dirti dove sia. Ha ricevuto un ordine da Marcus ed è corsa via≫.

≪Ma tu non te ne sei accorta. E come avresti potuto. La tua attenzione gravitava decisamente altrove≫.

La cattiveria che celava la sua voce mi fece rinsavire e ripresi il controllo della situazione: ≪Non credere di poter approfittare di una mia momentanea mancanza, Jane≫.

≪Approfittare? Oh, no. Perché dovrei? Ti stavo soltanto aiutando a ritrovare la concentrazione che evidentemente avevi perso. Tutto qui≫.

≪Grazie dell’aiuto≫, risposi, contraccambiando il suo tono gelido.

Sorrise.

Jane e Alec, tra tutti i vampiri che componevano la guardia, erano i più sadici, pericolosi e dispettosi. Gli unici che probabilmente avrebbero goduto di una mia prematura dipartita. Avevano una volontà debole. Si affidavano troppo ai loro poteri supplementari e godevano nell’utilizzarli per fare del male agli altri. Senza di essi erano persi. Per questo motivo mi odiavano così profondamente: la mia immunità li rendeva vulnerabili. Perciò, semplicemente, non li badavo e non davo loro alcun pretesto per importunarmi. A mal’ in cuore ammisi che sarebbe stato più saggio smettere di osservare il ragazzo: non volevo dare a Jane alcun vantaggio su di me e, era difficile ammetterlo, non volevo che il giovane... Cullen, si chiamava, diventasse un suo bersaglio. Concentrai la mia attenzione su Aro. Lo vidi prendere un respiro profondo e fare un cenno con il capo a Felix, il quale mi affiancò svelto e silenzioso. Mi nascosi alle sue spalle, nel tentativo di rendermi invisibile al nostro pubblico. Ero certa Aro avrebbe parlato loro del pericolo che i Licantropi costituivano per noi, ancora una volta.

≪Amici, fratelli, per quanto possa essere lunga l’eternità, sono più che certo che non basterà per farci comprendere tutti i profondi misteri della natura e della nostra specie. Con il tempo a noi si sono aggiunti dei meravigliosi esemplari. Nuove razze elette≫.

La sua mano e il suo sguardo corsero a me, nascosta da Felix che si fece istintivamente da parte per permettere a tutti di vedermi. Non mi piaceva essere oggetto dei loro sguardi e delle loro attenzioni, sbuffai. Aro sorrise notando la mia esitazione e il mio mal celato fastidio. Poi il suo sguardo ritornò serio e concentrato e si rivolse nuovamente ai vampiri nella sala: ≪Ma, come per ogni altra razza a questo mondo, anche gli immortali hanno i loro nemici, qualcosa in grado di ucciderli, se si da loro la possibilità di arrivare a tanto. Vi chiederete certamente perché siete stati convocati qui, a soli così pochi anni di distanza dall’ultima volta che ci siamo riuniti. Ebbene, vi ho chiamati qui oggi, per informarvi di un pericolo imminente e da non sottovalutare≫.

Un silenzio tombale calò nella stanza, interrotto solamente da pochi respiri.

≪Qualche tempo fa un nostro manipolo di uomini si è avventurato nelle terre dell’Europa orientale nel tentativo di debellare alcuni Licantropi che avevano trovato dimora sui monti più alti. Dei nostri uomini ne ritornarono quattro. I Licantropi erano stati uccisi. I superstiti erano riusciti a comunicarci i loro piani. I Licantropi creano un esercito, mordendo esseri umani e infettandoli. Io vi prometto qui, oggi che i Volturi sconfiggeranno questa minaccia per sempre. Per il momento chiedo a voi, soprattutto ai miei vicini Europei di stare all’erta. Non vorrei perdere nessuno di voi≫.

Si soffermò a osservare i volti bellissimi di alcuni vampiri, probabilmente Europei e poi continuò: ≪Ciò che mi preoccupa è la possibilità che la voce si sparga e colpisca anche altri continenti≫.

≪Per questo motivo dobbiamo fermarli, subito≫.

Quell’ultima parola riecheggiò nel silenzio della stanza.

≪Perché? Perché all’improvviso i Licantropi creano un esercito. Cosa li ha spinti a ciò?≫.

Uno dei vampiri sul cui volto si erano posati gli occhi di Aro poco prima e che adesso stringeva protettivo la sua compagna, era stato l’unico ad avere il coraggio di porre la domanda che interessava tutti, l’unica cui Aro non avrebbe mai voluto rispondere.

≪E’ vero, che cosa li ha spinti a questo?≫.

Dal fondo si levò un’altra voce e un mormorio sommesso si diffuse nella stanza: ognuno faceva le proprie congetture. Aro aggrottò le sopracciglia e rispose: ≪I Licantropi cercano qualcosa cui non possono rinunciare, ma che non deve assolutamente cadere in mano loro... l’ultima dei prescelti≫.

E in quell’istante tutti gli occhi dei vampiri puntarono il mio volto. Felix mi affiancò protettivo e vigile. E poi arrivò, ciò che più di ogni altra cosa Aro temeva.

≪E noi tutti dovremmo rischiare la vita per lei?≫.

Felix ruggì al vampiro e mi si parò davanti, nascondendomi quasi completamente. Aro lo ammonì con un gesto secco ma cordiale della mano.

≪Pace, mio caro Felix. So quanto tieni a lei≫.

Poi, si rivolse al vampiro a me sconosciuto dicendo: ≪Mio giovane amico dei Carpazi mi dispiace che tu la pensi così. Esattamente sedici anni fa io vi ho parlato di lei e vi ho rivelato ciò che è, e i suoi straordinari poteri. Non oso neanche immaginare cosa farebbero di lei i figli della luna se cadesse nelle loro mani. E noi non possiamo permettere questo, mi capisci? E nostro compito proteggerla≫.

≪La tua è forse una lamentela formale, discuti la mia parola?≫.

Il vampiro rimase impietrito, in fine chinò il capo e rispose: ≪No, signore≫.

≪Bene≫, Aro sorrise, soddisfatto.

≪Io e i miei fratelli ci uniremo alla spedizione≫.

≪Non vi angosciate, ne usciremo vincitori, questa è una promessa≫.

≪Naturalmente chiunque di voi desideri unirsi alla missione è ben accetto≫, dichiarò Aro.

 

Dopo alcuni minuti di una pausa che mi parve troppo lunga, iniziarono ad avanzare. Al centro della fila, un vampiro alto e muscoloso quanto Felix parlò: ≪Io sarò con voi, voglio difendere il mio territorio. Non permetterò a dei luridi cani di prendere ciò che è mio≫.

Ai suoi lati i vampiri annuivano.

≪Ottimo, sarete dei nostri figli miei≫.

Un delicato chiacchiericcio si disperse nella stanza. C’erano vampiri eccitati in vista della nuova battaglia, alcuni sembravano preoccupati, altri mi lanciavano occhiate sospettose. Coloro che avevano deciso di prendere parte allo scontro si coordinavano con la guardia, oppure parlavano con Aro che offriva loro gentilmente di occupare una delle numerose stanze della rocca finché non fosse stato il momento di partire.

≪Jane, cara avvicinati; devo parlarti≫.

≪ì, mio Signore≫, rispose lei, petulante.

Non prestai attenzione al loro scambio. Rimanevo nascosta di fianco a Felix nell’attesa del ritorno di Athenodora.

≪Felix, sai dov’è Athenodora?≫.

Il grosso vampiro si chinò su di me e sussurrò:≪Non ne ho idea. Marcus le ha chiesto qualcosa ed è filata via≫.

≪Oh, grazie≫, gli sorrisi.

≪Di niente, piccola≫, disse, ricambiando il mio sorriso.

Poteva sembrare un tipo spaventoso, ma in realtà, quando mi sorrideva, i lineamenti del suo volto mostravano molta più dolcezza di quanto volesse dare a vedere.

A un tratto Aro richiamò l’attenzione dei presenti, distogliendomi dai miei pensieri: ≪Signori, nella stanza a fianco, troverete un banchetto preparato per voi. Chiunque voglia parteciparvi segua Felix, sarà lieto di scortarvi. Non fate complimenti≫.

 Deglutì, scuotendo la testa.

≪Allora è il caso che noi andiamo Aro≫.

Il mio sguardo si posò su un volto bianco, illuminato da due occhi splendidi color ambra.

≪Come desideri, mio buon amico. Non posso fare nulla per convincerti ad accettare il mio invito≫.

Il vampiro rise.

≪Credo di no, Aro≫.

≪Allora vai in pace, mio buon Eleazar≫.

≪E’ stato un piacere rivederti Aro≫, rispose questo.

≪Anche per me, amico mio≫.

Il vampiro di nome Eleazar annuì e, seguito dal resto dei membri del suo clan, lasciò la stanza scortato da una delle guardie, Demetri. Chi erano questi strani vampiri dagli occhi dorati? Che cosa aveva spinto questo strano clan a rifiutare l’invito di Aro? Automaticamente i miei occhi percorsero il perimetro della stanza, alla ricerca del ragazzo e degli altri occhi gialli. Non c’era. Doveva essere già andato al banchetto...  Non avevo idea del perché mi sentissi. Come? Delusa? In fondo era normale; lui era un vampiro...

≪Bella, tesoro, perché non ti avvicini?≫, la voce bassa e amichevole di Aro catturò la mi attenzione.

Mi voltai.

Tendeva la sua mano nella mia direzione; mi feci avanti e la afferrai, fredda e dura in confronto alla mia, calda e morbida.

≪Mi sembri un po’ distratta quest’oggi. C’è qualcosa che ti preoccupa?≫.

Strinse la mia mano tra le sue e mi fissò negli occhi, attentamente, in attesa di una mia risposta. Il rosso rubino del suo sguardo brillava d’impazienza e cercava nelle profondità dei miei occhi color cioccolato la risposta che non poteva leggere direttamente, come gli capitava con chiunque altro.

≪No, mio signore. Nulla di cui preoccuparsi≫.

 Sorrise, raggiante.

≪Bene, ne sono lieto. Sono certo che la nostra Athenodora ti abbia già accennato qualcosa, ma ho qualche sorpresa per te, che spero gradirai≫.

≪Di cosa si tratta, maestro?≫.

≪Lo scoprirai tra breve≫, mi rispose.

≪Mi pare di aver capito che le sorprese siano più di una≫.

I suoi occhi rossi si posarono sul mio volto con una tale intensità da costringermi quasi ad arretrare, deglutì.

≪Pazienza, pazienza. Ti verrà rivelata a tempo debito≫.

Ero curiosa di scoprire cosa mi stesse riservando Aro, ma, al tempo stesso, lo temevo. Qualcosa mi diceva che non avrei gradito la sua seconda sorpresa, la stessa che aveva accesso nei suoi occhi quella luce talmente intensa che il solo ricordo mi procurò un brivido lungo tutta la schiena.

≪Adesso che i nostri amici si sono ritirati per il banchetto, noi possiamo andare≫.

≪Demetri, Jason, accompagnateci≫.

≪Agli ordini, mio signore≫, risposero entrambi in coro, chinando il capo.

Aro si alzò con una grazia e un’eleganza d’altri tempi e i fratelli lo imitarono. Mi fece segno di precederlo ed io mi portai al fianco di Demetri. Mentre attendevo che Jason aprisse la grande porta in legno Demetri si chinò vicino al mio orecchio e sussurrò:

≪Tieniti pronta, piccola. Ti aspettano dei momenti molto interessanti≫.

Dopo di ché si ritrasse e si allontanò, imboccando uno dei lunghi corridoi della rocca. Il mio istinto mi diceva che qualcosa stava per cambiare.

  
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