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Autore: cruelfeline    02/04/2012    6 recensioni
Dopo la battaglia con il Chimero dei sogni, Strawberry non riesce a smettere di pensare a Ghish, nonostante il suo amore per Mark. Cosa succederà, quando Ghish, ferito, si rivolge a lei per farsi curare, mettendo alla prova i veri sentimenti della ragazza? TRADOTTA DA BEBBE5
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note della traduttrice: e infine eccoci qua, l’ultimo capitolo. Quasi non mi sembra vero. Colgo l’occasione per fare un po’ di ringraziamenti.

Grazie ai 59 che hanno messo la storia tra i preferiti;

Grazie ai 51che l’hanno messa tra le seguite;

Grazie ai 7 che l’hanno messa tra le storie da ricordare.

Grazie anche ai 3 che hanno messo l’autrice tra i preferiti.

Grazie davvero a tutti, spero che quest’ultimo capitolo vi piaccia.

Buona lettura

CAPITOLO 20

Lory stava tremando.

Lui non aveva mai gridato contro di lei, prima. Non aveva mai nemmeno sbottato contro di lei, non si era mai lamentato di lei, non aveva mai fatto niente che mostrasse una qualche sorta di dispiacere. D’accordo, aveva cominciato spesso delle litigate con Strawberry, o aveva sgridato una delle altre ragazze (eccetto Pam: nessuno la contrariava davvero), ma non aveva mai detto niente del genere a lei.

Perciò in quel momento, mentre fissava il biondo con gli sbarrati con Kyle che lo costringeva gentilmente a sedersi, mormorando frasi a caso con cui indubbiamente sperava di calmare il suo amico, Lory tremava per il complete stupore al vedere Ryan nel suo stato di massima ira.

Tutto quello che c’era volute era stato un debole “G-Ghish è…”

In qualche modo, probabilmente attraverso una combinazione della reazione della ragazza alla sua telefonata alcuni giorni prima e del suo genio innato, e probabilmente il nome pronunciato in un modo simile, quelle due parole, balbettate e sussurrate, furono tutto ciò che servì, e, istantaneamente, il suo atteggiamento cambiò da un po’ preoccupato e curioso ad uno freddo e stupito. Un battito di cuore dopo, la ragazza si era ritrovata appena capace di respirare mentre un’incredibile furia era entrata negli occhi e nella voce di lui.

 Non aveva mai visto quegli occhi azzurri così offuscati da un crudele tormento…

…per un attimo si chiese se, forse, quello era lo sguardo che aveva quando i suoi genitori erano-- 

E poi tutti quei pensieri erano spariti mentre la speranza, una qualcunque speranza di negoziare pacificamente, era volata via, seguita all’istante da quell’ira nascente.

“Lory.”

Sobbalzò non per la rabbia rinnovata, ma per il tono dolce con cui era stato pronunciato il suo nome.

Kyle.

La ragazza alzò gli occhi per guardare il membro più anziano del Progetto Mew Mew che cercava di essere gentile con lei, i suoi occhi erano dolci e silenziosamente imploranti quando catturarono il suo sguardo, e al contempo di essere risoluto con il suo compagno. Una rapida occhiata a lato e lei poté vedere come la sua mano esile fosse posata sulla spalla del biondo, le dita tese in un’ansiosa solidità…

La fece sobbalzare così bruscamente, che tutto quello che riuscì a dire in risposta fu un balbettante “S-sì?”

Strano, inquietante, quanto la sua voce fosse calma: l’esatto opposto della filippica stravolta di Ryan di un minute prima.

“Dove sono adesso?”

In qualche modo, il suo tono mise ordine nei suoi pensieri. Deglutì piano, prima di raddrizzarsi con crescente risoluzione.

“Stanno venendo qui. Dovrebbero…” riportò lo sguardo sulla mano di Kyle: i suoi muscoli si erano flessi di poco in risposta all’appena visibile contrazione che Ryan aveva avuto alle parole “venendo qui”. “Dovrebbero arrivare presto.” Lei deglutì di nuovo, quasi nello stesso momento in cui il biondo fece come se stesse per alzarsi, solo per essere spinto di nuovo giù, nuovamente zittito da quello sguardo quasi disperato…

In qualche modo, quella piccola serie di movimenti produsse una crescita di coraggio nella ragazza, e, prima che se ne rendesse conto di cosa stava accadendo, sentì la sua voce balzare dalla sua gola stretta mentre le sue mani, appena tremanti lungo i suoi fianchi, si stringevano e si aprivano.

“Ryan, se solo—”

Gli occhi blu del ragazzo si fissarono nei suoi.

Lei si riprese dall’esitazione.

“Ti prego, forse, se solo ascoltassi, solo per un momento, potremmo—”

“Non hanno mai voluto negoziare prima. Cosa ti fa pensare che possa funzionare ora?”

Entrambi gli uomini e Lory si voltarono verso la nuova voce, perché Pam aveva colto l’opportunità di entrare, senza dubbio faceva le veci di una pseudo-ambasciatrice per le alter due Mew Mew che ascoltavano non così nascoste alla porta (quando Lory era arrivata, tutte le altre tre Mew Mew erano al caffè; quando aveva chiesto, ognuna aveva detto di aver sentito il bisogno di essere lì in quel preciso momento. Lory dedusse che il legame tra loro era diventato molto forte). La ragazza osservò la scena con i suoi occhi sempre privi di espressione, le braccia incrociate e la testa inclinata appena di lato, apparendo curiosa quel tanto che il suo freddo contegno lasciava vedere.

Forse fu la freddezza, la profonda apatia, di quello scuro sguardo blu ardesia che spronò una vibrante ondata di coraggio nella ragazza focena. Qualunque cosa lo fece, Pam e gli uomini si trovarono a fissare Lory un po’ stupiti quando la sua voce si innalzò più forte che poté, con gli occhi che brillavano di una passione che immobilizzò tutti e tre per un istante.

In effetti, Pam e Ryan erano i più shockati del trio: Kyle la stave guardando con un misto di curiosità e... osava pensarlo?... orgoglio?

C’era, senza dubbio, qualcosa della convinzione nello sguardo di Lory che ispirava un deciso senso di soddisfazione nell’uomo, e che diminuì un pochino la sua incredulità.

C’era un qualche valore in ciò che stava dicendo? Poteva essere in effetti…?

“Ma non gliene abbiamo mai dato la possibilità!”

Le bastò dire questo per ottenere un dolce “Lory…” appena mormorato dalle labbra aperte di Kyle.

Pam e Ryan, a loro volta, si irrigidirono.

Per un istante, mentre Lory sosteneva il loro sguardo, pensò, solo per un brevissimo istante, che qualcosa fosse scattato. Gli occhi blu di Ryan tremolarono.

Poi, Pam riprese il suo atteggiamento privo di espressione, e Ryan si irrigidì preparandosi per una confutazione.

Lory non sapeva cosa avrebbe detto il ragazzo o come lei avrebbe risposto. Ad essere sincera, di certo non sapeva con cosa avrebbe risposto, o come si sarebbe riaccesa quella discussione.

Tutto quello che sapeva era che avrebbe preferito che ciò avvenisse.

Invece, la voce successiva che udì apparteneva ad un incredula ed evidentemente sconvolta Mina. Non c’erano dubbi su chi era appena entrato dalla porta:

“Strawberry!”

E non c’erano su chi doveva essere appena arrivato con lei. La voce insolitamente tetra di Paddy (era stata stranamente sottomessa dopo che Ryan aveva cominciato a gridare contro Lory: la scena, combinata con le notizie, sembravano averla portata in un reame di pensieri profondi che aveva instillato una strana calma nella ragazza-scimmia) se ne occupò:

“Ghish-…”

Prima che Lory potesse anche solo registrare cosa stava davvero accadendo, si accorse che la voce di Paddy si era stranamente interrotta, come se avesse volute aggiungere qualcosa di più, ma non ne era stata sicura…

Quel flusso di pensieri durò solo un secondo, comunque, perché quello successivo, Ryan stava aprendo la porta, con una nuova rabbia a dipingergli il volto. Kyle stava provando a stargli dietro, con la bocca aperta a gridare il nome del biondino, la mano allungata, che mancava appena il retro della camicia del ragazzo nel tentativo di fermarlo.

Pam rimase lì, le braccia sempre incrociate, gli occhi sempre privi di espressione.

Di nuovo, quello sguardo… Lory si ritrovò a seguire Kyle, a sorpassarlo, and aprire la bocca e:

“Ry—”

Non era che non avesse la forza di volontà per andare avanti, forse persino di afferrare la spalla del ragazzo e provare a calmarlo.

Era solo che la rabbia di Ryan (e chi poteva davvero biasimarlo? Lory provò visibilmente orrore al ricordare come il passato del ragazzo stesse ovviamente influendo sulle sue azioni) era molto più forte.

La voce di Lory fu interrotta dal grido infuriato “Razza di idiota!”

Provò di nuovo, non ricevette risposta, e non si prese la briga di farlo una terza volta. L’attenzione di Ryan era solo per l’alieno e la rossa che stavano davanti a lui.

I suddetti alieno e rossa guardarono…

L’espressione di Strawberry rispecchiava quello che chiunque avrebbe potuto prevedere: spaventata, ansiosa, eppure segnata da una scintilla di volontà che preannunciava un scoppio se le cose fossero continuate in quel modo. 

Ghish… Lory poté vedere solo una cosa nei suoi occhi Dorati: la determinazione di proteggere, di custodire. Certo, la ragazza non aveva dubbi sul soggetto a cui era rivolta quella determinazione. A parte quel bagliore, rimaneva stranamente inespressivo, fermo, e la ragazza focena di accorse che aveva intenzione di restare così.

Almeno finché la ragazza gatto non avesse fatto la prima mossa.

Sì, entrambi i ragazzi stavano aspettando che Strawberry reagisse, Ryan puntava specificamente contro di lei, Ghish la guardava cautamente e lasciava che ciò accadesse… dipendeva tutto da lei.

E sembrava che Strawberry volesse parlare, discutere, litigare persino. Il fuoco era là, fremente sotto le sue iridi rosa-marroni, ma qualcosa la stava trattenendo dal farlo.

Paura?

Preoccupazione per il ragazzo alieno che stava poco dietro di lei? Quasi terrore, perché era appena uscito da una bizzarra battaglia contro il suo stesso camerata, e lei non sapeva ancora quali conclusioni trarne?

Preoccupazione per Lory, che sapeva che la sua espressione non avrebbe potuto essere incoraggiante?

Ansia per le reazioni delle altre Mew che, anche se al momento stavano zitte, erano inevitabili?

Una combinazione, probabilmente, ma comunque qualcosa che la tratteneva inchiodata sul posto, con i pugni stretti quasi al punto di ferirsi, il coraggio in procinto di essere messo in azione, ma intrappolato dietro una tensione crescente, avvolgente, finché…

Strawberry non fece niente per romperlo: più che altro ebbe solo la parte di una specie di vittima per il grilletto: ovvero la mano di Ryan, che si allungò per colpire o afferrare, nessuno lo sapeva, ma che ebbe come risultato di interrompere non la paralisi di Strawberry, ma quella di Ghish.

L’alieno si fece avanti, una mano pallida afferrò il polso di Ryan, le labbra assunsero un ghigno mentre quella scintilla protettiva esplodeva in una fiamma minacciosa, e la sua voce attraversò la tensione, con un tono ingannevolmente calmo di fronte alla furiosa esclamazione del biondino.

“Ora, sono abbastanza sicuro che tu non voglia farlo, vero? Penso che tu voglia lasciare la mia gattina—“

La mano dell’alieno era stretta saldamente intorno al polso di Ryan, e lo stava lentamente torcendo, muovendolo gradualmente verso un regno in cui la sua presa sarebbe stata meno difensiva e più offensiva, perché tutti sapevano che, non importava quanto tranquillo fosse Ghish al suo arrivo, ogni tipo di minaccia contro Strawberry lo faceva tornare violento, aggressivo.

Ed ogni tipo di minaccia alla sua stessa persona ispirava quella stessa reazione in Ryan. Digrignò i denti istantaneamente, con i muscoli che si tendevano mentre si preparava a scagliare un pugno contro il ragazzo dai capelli verdi, che in quel momento sembrava pronto per un’altra battaglia.

“Tu—!”

Il ringhio del biondino ottenne come risultato una serie di grida: da Kyle, una preghiera di smettere, un paio da Mina e da Paddy, entrambi strozzati e shockati, e infine, uno da Lory:

“Strawberry!”

La ragazza focena era l’unica a sapere con esattezza cosa dire, a chi appellarsi, per avere una speranza di porre rimedio alla situazione. Fu l’unica che riuscì ad attirare lo sguardo della rossa ed a lanciare la sua preghiera a lei

Funzionò.

Il grido successivo fu “Fermati, Ghish!” e Ryan si fermò in preda al più puro stupor quando le braccia di Strawberry si avvolsero intorno alla vita dell’alieno, tirandolo indietro, terminando la lotta prima che cominciasse. Dal suo canto, Ghish abbandonò il suo atteggiamento confuso per uno un po’ confuso, anche se mantenne la sua capacità di parlare.

“Strawberry…” Tutto ciò che riuscì a dire, tuttavia, fu il suo nome.

Non aveva importanza. Fu tutto quello di cui la ragazza ebbe bisogno per rompere la dica che tratteneva la forza che le era cresciuta dentro durante tutte le prove degli ultimi giorni.

Fece qualcosa che stupì Ryan a tal punto da farlo cadere in un silenzio strozzato.

Sorrise.

Proprio verso l’alieno che, con prudenza, cautamente, sorrise di rimando.

Beh, non c’è bisogno di dire che Ryan era rimasto a bocca aperta. Altrettanto era accaduto alle Mew Mew, ovviamente, eccetto una.

“Ghish, penso che sarebbe meglio se tu—“

Lory non ebbe bisogno di terminare la frase. In qualche modo tra gli occhi imploranti di Strawberry e la voce dolce della ragazza focena, Ghish comprese rapidamente il concetto di “allontanati, così che possiamo assicurarci che il nostro genio biondo preferito non abbia la possibilità di decapitarti.” Perciò, si teletrasportò istantaneamente accanto a Lory che, anche se momentaneamente sorpresa dal rapido movimento, proseguì velocemente con il suo piano per permettere a Strawberry di avere il complete dominio della situazione cominciando a guidare l’alieno nella stanza sul retro.

“Sei pazza? Se pensi che io—! I- i computer sono di là e—!”   

Ryan si riprese subito dal suo shock e cominciò a gridare ogni frammento dei suoi furiosi pensieri contro Lory, con la mente che correva freneticamente ad avvertimenti sul nemico e su un mostro e… ed una volta, solo una, al fuoco….

Comunque, quella fugace visione di fiamme color arancio fu tutto quello che gli occorse per decidere di voltarsi e provare ad inseguire la ragazza-focena.

Questa volta, Strawberry non fece in tempo a raggiungerlo ed a fermarlo.

La strada del ragazzo fu bloccata da Kyle, ed il ragazzo perse quasi immediatamente il suo impeto.

“Non pensi che dovresti almeno ascoltarla Ryan?”

Il biondo farfugliò qualcosa, con la volontà smorzata dal tono stranamente calmo che Kyle aveva usato.

“Penso di aver sentito abba—”

“Strawberry è evidentemente incolume, e lo stesso vale per Lory. Non pensi che questo voglia dire che loro—”

“Un trucco! Non può essere altro che un trucco, e solo perché questa idiota è abbastanza stupida da cascarci, non vuol dire che io—!”

L’uomo più grande stava cercando di fare appello alla logica del biondo, ma la rabbia di Ryan stava rendendo quel compito insopportabilmente difficile.

Quello, ed il fatto che Kyle sapeva che non avrebbe potuto essere così persuasive. La verità era che credeva pochissimo in quello che stava dicendo, riusciva a comprenderlo appena…

…ma sapeva che non era sbagliato. Lo sapeva dal momento in cui gli occhi di Lory si erano fissati in quelli di Ryan e lo avevano pregato di ascoltarla, dal momento in cui Strawberry era arrivata con un Ghish che appariva così completamente differente, in abiti umani, niente meno, che qualcosa di drammatico era accaduto, ed il genio biondo era indubbiamente nell’errore.

Quei pensieri, anche se erano stati efficaci per convincere Kyle, non avevano quasi avuto effetto su Ryan. Questi prese semplicemente un altro respiro, pronto a ribattere al suggerimento di Kyle con più rabbia.

Non riuscì nemmeno ad esalare.

Strawberry, libera dalla preoccupazione che Ghish e Ryan potessero uccidersi a vicenda immediatamente, aveva recuperato un bel po’ di coraggio, e la sua voce decisa arrivò rapidamente in aiuto di Kyle. La recentissima battaglia contro Pai l’aveva riempita di energia, anche se non ne aveva parlato. Le cose erano già abbastanza complicate. Quello poteva attendere per un bel po’.

Non è un trucco. Non sai  nemmeno cos’è successo, e stai già—“

Strinse i denti quando lui sbuffò.

“Lory è stata così gentile da fornirmi i dettagli. E non posso farci niente se sei così stupidamente idiota da non capire quando il nemico ti sta usando.” Concluse con un tono così freddo, così definitivo, che gli occhi di Strawberry si riempirono di lacrime.

Stava tremando in quel momento, e sapeva che avrebbe pianto, e piangere avrebbe peggiorato le cose di molto.

Improvvisamente, la ragazza desiderò che Lory non se ne fosse andata. Desiderò anche che le altre Mew non fossero sparite su per le scale per ascoltare non viste; persino la loro nervosa presenza avrebbe diminuito la tensione tra lei e Ryan in qualche modo.

Le lacrime si formarono nei suoi occhi, offuscandole la visuale, mentre la sua mente si affrettava a trovare un modo per ribattere, per recuperare la sua proverbiale posizione.

Alcune immagini si formarono nella sua mente.

Lampi di sentimento la colpirono.

Momenti e sprazzi del suo tempo passato con l’alieno, ma un ricordo si fece avanti contro le accuse del biondo.

Poté improvvisamente sentire un fantasma toccarle il polso, il ricordo, che si faceva sempre più forte, del momento in cui l’aveva pregata per avere un ultimo bacio prima di morire, che riluceva brillante nei suoi pensieri caotici..

La sua morte.

Lui aveva pensato che sarebbe morto.

Lei aveva pensato che sarebbe morto.

Morire…

Il ragazzo…

Il ragazzo era quasi… morto per lei.

Per lei.

Quei giorni e quelle notti che aveva passato in agonia… un trucco?

Quei baci, bugie?

Quelle parole, mere fiabe?

Quegli occhi…

“Sei tu lo stupido.”

Sia Kyle che Ryan si gelarono per lo stupore.

La sua voce aveva perso il suo tono stridulo e frenetico. Un tono con la più pura tranquillità ne aveva preso il posto.

Per un momento, Kyle si accorse che c’era una luce nei suoi occhi che aveva già visto, in quelli di Lory.

Era la luce della dolce saggezza.

E in quel momento, Kyle seppe chi aveva vinto.

Strawberry sorrise a Ryan, ed il biondo sentì che la sua voce era sparita.

“E’ già cambiato e non c’è niente che tu possa fare.” Alzò lo sguardo su di lui, guardò I suoi occhi spalancarsi appena.

“Gli ho già fatto una promessa,” fece una pausa, e poi aggiunse in un flebile sussurro, ornato con un dolce sorriso, “e lui ne ha fatta una a me.”

E in quel momento Ryan si rese conto di chi aveva vinto. Non lottò.

Il ragazzo sbatté le palpebre una volta, poi due, prima di produrre un rumore che era un mezzo sbuffo ed un mezzo sospiro. In ogni caso, era un rumore di debole accettazione, e in quel secondo, Strawberry sentì il suo cuore proteso verso di lui. Sapeva cosa significava quella sconfitta per lui, cosa richiamava dentro di lui.

Richiamava quell’immagine di fiamme devastanti…

Ma non ebbe la possibilità di dirlo a voce alta, perché prima che se ne rendesse conto, lui si era voltato ed aveva cominciato a salire le scale, ignorando Kyle che chiamava debolmente il suo nome, non prestando attenzione a Mina e a Paddy che lo fissavano con curiosità, o a Pam che permise al suo sguardo di seguirlo impercettibilmente prima che sparisse nella sua stanza.

E questo, si rese conto Strawberry con un balenio un po’ divertito, un po’ sollevato, era tutto.

Beh, forse non del tutto, ma era più o meno tutto quello che avrebbe visto al riguardo. Più tardi, Kyle sarebbe probabilmente andato di sopra ed avrebbe provato a calmare il ragazzo, le avrebbe provate tutte in modo che Ryan potesse sentire un qualche parvenza di pace.

In quel momento, comunque, sembrava che il bruno più grande avesse occhi solo per la situazione attuale. Strawberry fu sorpresa dalla repentinità con cui il ragazzo la spinse a continuare, non era rilevante quanto gentile e tranquillizzante fosse il suo tono.

“Penso che ci sia molto di cui discutere, Strawberry.”

Questo riuscì a coglierla di sorpresa, ma la ragazza si ricompose velocemente. “S-sì.”

“Forza allora.”

Si giro e cominciò ad andare verso la stanza sul retro. La ragazza lo seguì, lenta dapprima, e poi prendendo improvvisamente velocità mentre un senso di strana eccitazione si impadroniva di lei. Si rese conto di aver affrontato Ryan e di essere sopravvissuta. Ed ora avrebbe potuto dire la buona notizia a Ghish, e forse sarebbe stato così felice, l’avrebbe abbracciata e—

In quel momento fu abbastanza ovvio di quanto lontano erano arrivati loro due in quella relazione, perché quel pensiero era arrivato calmo, con naturalezza, ed aveva avuto come risultato un forte rossore che le aveva illuminato le guance. Fu grata del fatto che Kyle sembrasse più preso dallo sforzarsi di andare avanti e completare il suo nuovo compito piuttosto che dallo studiarla.

Poco dopo questa osservazione, i due entrarono nella stanza, la vista di una Lory nervosa, insieme a quella di un Ghish altrettanto nervoso che cercava di alleviare la sua ansia giocherellando con una tazza di tè che la ragazza focena doveva avergli dato, incontrò i loro occhi. Un momento più tardi, gli occhi dorati di Ghish furono catturati dallo sguardo di Strawberry, e l’alieno sorrise in automatico. Il fatto che quella paura nauseante fosse sparita dagli occhi della ragazza fu abbastanza da dirgli chi era il vincitore, e si alzò dalla sedia con un sorrisetto che gli tirava lentamente le labbra, pronto ovviamente ad acconsentire immediatamente alla fugace piccola fantasia di Strawberry.

Si congelò di nuovo, comunque, alla voce di Lory. Si era alzata anche lei stava rivolgendo a Kyle la sua totale, compassionevole attenzione.

“Kyle… Ryan è…?”

Strawberry trasalì visibilmente a quel nome, e Ghish camminò a grandi passi per porsi con fare protettivo accanto a lei, il sorrisetto a metà della sua formazione si trasformò in uno sguardo di preoccupazione.

Kyle se ne accorse. Vide quel gesto molto velocemente, ed anche se sapeva che avrebbe dovuto rispondere cupamente, poiché il nome del suo compagno era un grilletto sicuro per la tristezza, non poté evitare di sentire una scintilla di interesse per il legame che sembrava essersi instaurato tra la leader delle Mew Mew ed il suo (ex, suppongo…) nemico. Perciò, invece di reagire in un modo che Lory si sarebbe aspettata, le rivolse un sorriso rilassato, tranquillizzante.

“Starà bene. Gli parlerò più tardi. Ora,” si voltò verso Strawberry ed un Ghish con un volto incuriosito, “Credo che ci siano cose leggermente più importanti di cui discutere.”

La mezz’ora seguente sembrò volare ad una velocità che aveva del ridicolo, ed ogni momento portò una nuova piccola sorpresa per Strawberry, la maggior parte delle quali concerneva quanto civilmente Ghish stava riuscendo a comportarsi davanti ad uno dei capi del progetto Mew Mew. Ascoltava, annuiva, si controllava magnificamente, senza il minimo sorrisino o accenno ad un commento maligno. Presto, sia Strawberry che Lory furono così ipnotizzate da questo che rimasero fuori dalla discussione, restando invece a guardare mentre Kyle e Ghish discutevano di varie questioni, affrontando dapprima un rapido riassunto degli ultimi eventi (Kyle, sempre gentile, si prese qualche minuto per offrire l’attrezzatura medica del laboratorio, proposta a cui Ghish rispose, con un cenno negativo della testa, ugualmente gentile... ed un rapido, incantevolmente grato sguardo rivolto alla ragazza-gatto), procedendo poi ad una piuttosto tesa, ma fortunatamente breve menzione di Pai (e di Tart, ma Ghish ci passò sopra così rapidamente che Kyle comprese di non doverlo pressare: ovviamente, l’alieno stava ancora meditando sulla situazione del più giovane del trio), ed arrivando infine al rischioso argomento di cosa sarebbe accaduto in seguito.

“Se non ho capito male, i genitori di Strawberry saranno di ritorno stasera. E’ corretto?”

Ghish annuì, Strawberry fece altrettanto.

“Sì” disse infine lei a voce alta, “ritorneranno verso le otto.”

“Allora suppongo che tu non possa rimanere a casa sua, Ghish.”

Il contegno calmo dell’alieno finalmente si dissolse in un tocco di comprensibile delusione, ed un leggero broncio gli sfiorò il volto.

“Beh, non direi—”

“Se mio padre ti vedesse, ti ucciderebbe, poi gli verrebbe un infarto… poi probabilmente ti ucciderebbe di nuovo…” Strawberry si interruppe in maniera piuttosto comica, anche se Ghish comprese immediatamente il senso di quello che aveva detto. Rimaneva comunque determinato.

“Oh… andiamo, micetta. Non pensi che potrei convincerlo?” La guardò con un sorriso speranzoso.

“…non hai mai incontrato mio padre, vero?”

“Eh…no…”

“Allora non hai—”

I due si zittirono, un po’ imbarazzati, al suo di Kyle che si schiariva la gola.

“Il punto della situazione è che non penso che tu possa restare qui.”

Quella frase fece partire subito Strawberry.

“Ma Kyle, se non può stare qui, allora…”

Non aveva davvero bisogno di chiedere perché non poteva restare. Sapere che il biondo era ancora al piano di sopra era, ovviamente, la spiegazione. La ragazza non discusse: espresse solo il suo crescente senso di disperazione. Ghish si accigliò, chiaramente a disagio per essere improvvisamente un tale peso.

Lory, decidendo di entrare bruscamente nella conversazione, offrì una proposta. “Forse lui… lui potrebbe stare con una di noi?”

Kyle scosse la testa. “Dubito che le altre ragazze siano abbastanza pronte per una cosa del genere. D’accordo, la villa di Mina è abbastanza grande per nasconderlo, e Paddy potrebbe riuscire a spiegare la sua presenza ai suoi fratellini, ma nonostante ciò, non penso che sia giusto chiederglielo adesso. E non credo che tu sia in grado di nasconderlo alla tua famiglia, Lory.”

La ragazza-focena chino la testa. “Io…” Si acquietò. Il ragazzo aveva ragione, ovviamente.

A quel punto, Ghish si stava stancando del fatto che si parlasse di lui e fece ciò che faceva di solito in una situazione del genere: si sforzò di assumere un sorriso malizioso sul viso ed offrì il suo parere “esperto”.

“Sai, micetta, non devo stare in una casa. Posso semplicemente dormire sull’albero fuori dalla tua finestra. E’ facile nascondercisi, e la vista è grandiosa.”

Strawberry si giro bruscamente per lanciargli un’occhiataccia seria. All’inizio, il ragazzo pensava che lo scopo di quel gesto fosse il solito: una fitta di fastidio al suo tipico commentino allusivo. Non appena la ragazza aprì la bocca, però, si accorse che la situazione era diversa.

“Se tu,” e qui lo colpì con un dito, facendogli sbattere le palpebre per la sorpresa, e poi cominciare a sorridere con un po’ di imbarazzo, “pensi di dormire fuori al freddo dopo tutto questo, sei più stupido di quello che pensassi!”

Kyle trovò bizzarramente difficile trattenersi dal far apparire un sorriso sulle sue labbra.

“Allora suppongo che tu abbia un piano Strawberry, vero?”

Ancora una volta, la voce di Kyle la fermò. Si grattò involontariamente il mento con un dito delicato.

“Non so…”

Gli altri tre la stavano guardando in attesa. Gli occhi di Lory erano sbarrati dietro i suoi spessi occhiali; Kyle sembrava aver totalmente focalizzato la sua attenzione sulla ragazza; Ghish… in effetti, se gli altri fossero stati più attenti a lui piuttosto che a Strawberry, avrebbero osservato uno dei suoi affascinanti tratti alieni: le sue orecchie che si contraevano appena per la profonda curiosità.

Ora, Strawberry non era una pensatrice particolarmente discreta. Questa era una cosa che tutti coloro che avevano un po’ di familiarità con la sua mente semi-addormentata sapevano. Comunque, i suoi pensieri stavano procedendo con una rapidità impressionante quel giorno, e lei si accorse di un dettaglio molto, molto rapidamente.

Non voleva che Ghish se ne andasse. La ragazza non era molto sicura che quello fosse sorprendente o meno, ma rimaneva il fatto che non voleva che il ragazzo vivesse da nessuna parte tranne la sua casa, specialmente in quel momento. Dopo tutto quello che era successo, non riusciva ad immaginare di essere separata da lui così drasticamente. C’era ancora troppo da fare…

Ma—

Dopo quella realizzazione, la sua mente corse alla ricerca di un modo per conciliare quei sentimenti.

Di nuovo, accadde una cosa davvero incredibile

Trovò una soluzione.

In effetti, aveva visto fare quel trucchetto così tante volte nei libri o in alcuni show televisivi, da essere sorpresa che quell’idea non le fosse venuta prima.

Un ampio sorriso le illuminò il volto mentre assumeva la classica espressione da “Eureka!”.

“Potrei dire ai miei genitori che è uno studente partecipante ad uno scambio!”

Sia Lory che Kyle assunsero un’espressione sconcertata. Ghish appariva semplicemente confuso.

“Cos’è uno studente partecipante ad uno scambio?”

Kyle, riprendendosi, sospirò. “Vuole dire che tu dovresti far finta di essere uno studente proveniente da un altro paese per stare a casa sua. Ma Strawberry, come lo spiegherai ai tuoi genitori?”

“Cosa vuol dire, spiegherai? Potrei semplicemente dir loro che mi sono offerta per far parte del programma! Non è che potranno mandarlo via.” Il trionfo rimase sul suo volto.

“E cosa vorresti fare per…” Lo sguardo di Kyle si piazza chiaramente sulle orecchie di Ghish, lunghe ed estremamente vistose…. che si contrassero di nuovo. Evidentemente, era anche curioso di sentire quale sarebbe stata la soluzione per quel piccolo problema.

A questo punto, comunque, Strawberry perse il suo sorriso trionfante, esitando nervosamente. “Ah… beh, potremmo…” Guardò Ghish impotente, e lui sbuffò di rimando.

“Non guardare me! Non è che posso ridurle o roba del genere.”

Strawberry mise il broncio, una reazione normale per fastidi simili.

Fortunatamente, prima che potesse scoppiare una discussione, Lory si schiarì la voce.

“Forse potresti dire ai tuoi genitori che è nato così.”

Ghish sbatté le palpebre.

“Io sono nato così.”

“L-lo so, voglio dire...”

“Vuole dire farle passare come un’anormalità dalla nascita. Giusto Lory?”

La voce di Kyle le riportò la sicurezza, e la ragazza focena annuì. “N-non è una grande idea, temo, ma…”

“Penso che in questo caso andrà benissimo.” Kyle sorrise incoraggiante.

“Già! I miei genitori crederanno a qualsiasi cosa. Funzionerà alla grande,” aggiunse Strawberry, con un sorriso che prendeva il posto che era suo di diritto. Aveva ragione. Se i suoi genitori credevano al fatto che ogni tanto correva a studiare a casa di un’amica alle nove di sera (ovviamente, una scusa regolare quando si verificava un improvviso attacco di un Chimero), probabilmente avrebbero creduto ad una bugia simile prima o poi.

E sapeva che avrebbe funzionato. Doveva. La ragazza si sentiva estremamente irremovibile riguardo il non lasciare Ghish, ed era lieta del fatto che Lory avesse trovato una soluzione, anche se rimaneva comunque una incerta. La ragazza aveva temuto di dover supplicare (sentiva che, in qualche modo, sarebbe finita così), perciò è facile immaginare il suo sollievo.

“Allora, ci siamo?”

Kyle annuì e fece per dire un flebile “penso di sì”, fece per cominciare ad andare più nel dettaglio di cosa sarebbe accaduto poi, quando:

“Già, ci siamo?”

Il gruppo, tutti tranne Ghish che aveva già cominciato a farlo un momento prima di loro, si voltò per vedere una Mina compita ed una Paddy stranamente silenziosa che stavano sulla porta. Pam non c’era: forse era rimasta al piano di sopra, a sorvegliare l’angosciato Ryan.

“Mina…” Lory fu la prima a pronunciare il suo nome, ma Strawberry fu la prima a darle davvero una risposta. Sfortunatamente, non lo fece con molta gentilezza. Al vedere Mina per niente rilassata, Strawberry pensò immediatamente al peggio e replicò con un tono teso, accusatorio. Lo fece così rapidamente che Kyle non ebbe nemmeno il tempo di intervenire. Ghish rimase in silenzio.

“Ti crea qualche problema, Mina?”

Si aspettava che la ragazza scattasse contro di lei, o che cominciasse a discutere. Invece, gli occhi di Mina si fecero smorti, e lei rispose con una voce che tremava per l’emozione appena controllata.

“Ma certo che mi crea qualche problema! Non puoi semplicemente entrare qui con lui (Ghish trasalì quando quegli occhi accusatori ricaddero su di lui, ma sentì che alzare la voce per difendersi non era l’idea migliore), ed aspettarti che lo accettiamo! Voglio dire… Strawberry ti sei scordata di cosa hanno fatto?”

La ragazza sbatté le palpebre, colta alla sprovvista.

“Mina…”

“Voglio dire, ti sei scordata di cosa dovremmo fare noi? Abbiamo un mondo da proteggere!, Perché noi vai a dire ai tuoi amici, ai tuoi genitori che hai deciso che… che lui vale più di loro!”

A quel punto era ovvio che Mina aveva perso il suo auto-controllo. La ragazza stava fissando Strawberry e Ghish a turno in malo modo, con gli occhi che si riempivano lentamente di lacrime.

E ciò che preoccupava di più Strawberry era che Paddy se ne rimaneva in silenzio durante tutta quella discussione, ancora immersa profondamente in chissà quali pensieri che la stavano turbando.

“Io…”

Non osò guardare verso Lory o Kyle in cerca di aiuto, perché sapeva di cosa si trattava. Negli ultimi giorni, aveva imparato a riconoscere quei momenti per ciò che erano: il suo personale test di convincimento. Considerò anche questo come tale.

Calma, composta, rassicurante, calda e premurosa, la sua voce lotto contro l’angoscia saliente di Mina.

“Ho giurato, Mina. E l’ha fatto anche lui.” L’ultimo pezzo fu un sussurro. Poi, la sua voce ritornò: “E… e dobbiamo cambiare tutto questo ora. Troveremo un modo.” Mentre parlava, sorrise, e mentre sorrideva lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio a Ghish, che prima guardò lei, poi Mina, e si irrigidì. Si accorse, molto, molto bruscamente, che era il suo turno di dimostrarsi degno di fiducia.

Per la prima volta, Ghish alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Mina senza alcun desiderio di farle del male o di stuzzicarla. I suoi occhi non mostravano alcuna cattiveria. Erano seri, pensierosi, persino… contriti. E poi rivolse lo stesso sguardo a Paddy, e a Lory e, infine a Kyle.

La ragazza-uccello si prese un momento per assorbire quello sguardo, quei chiari occhi Dorati, prima di deglutire nervosamente ed irrigidirsi. Dapprima, mentre lo faceva, Strawberry languì per la delusione, pensando ad una reazione indubbiamente negativa.

Dopo alcuni secondi, però, Mina rilasciò un respiro.

“Vado a fare una passeggiata.”

Nessuno ribatté quando si voltò per lasciare la stanza.

Dopodiché, Strawberry si accorse che era il momento di lavorare con Paddy.

“Paddy,” cominciò lentamente, con dolcezza, ancora sotto lo sguardo attento degli altri tre, “stai bene?"

Passatono dei momenti fino a che la ragazzina sollevò la testa e non guardò Strawberry, ma Ghish. A coronare il tutto, si rivolse persino a lui, e non nel modo che Strawberry avrebbe ritenuto convenzionale.

“Ghish?”

Tutti rimasero sorpresi e ci volle un po’ a Ghish per riprendersi dal suo stupore e risponderle.

“S-sì?”

“Questo vuol dire che Tart può dormire a casa di Paddy?”

Il gruppo decise in quel momento che era molto chiaro quale fosse il pensiero di Paddy sull’intera questione.

Le ragazze, e persino Kyle, cominciarono a ridacchiare e a ridere, non solo perché l’espressione cupa di Paddy era sparita, e la bambina stava ora sorridendo radiosamente all’indirizzo di Ghish, ma anche perché il suddetto alieno sembrava combattuto tra l’essere totalmente confuso dalla sua richiesta e trovare dei modi per canzonare Tart nel futuro su questa piccola richiesta.

L’allegria continuo quando la ragazzina cominciò a parlare tra sé e sé, facendo già una lista delle cose che stava morendo dalla voglia di provare con il piccolo alieno.

“…e potremmo fare dei biscotti, e giocare alla casa, e guardare i film dell’orrore, e—“

“Paddy. Perché non vai avanti e ti scrivi tutto su un foglio?” Kyle, perennemente calmo, provò a riportare un po’ di ordine così che la discussione potesse continuare.

“Ma Paddy ha una grande memoria! Sta’ a vedere, posso elencare tutto dall’inizio: nascondino, ce l’hai, sal—“

“Tart ha una memoria terribile. Puoi scriverle per lui.”

Paddy si fermò, sbatté le palpebre, e sorrise di nuovo.

“Allora Paddy andrà a cercare della carta, e una matita, e…” la bambina di interruppe, si voltò e saltellò fuori dalla porta.

Non c’è bisogno di dire che Kyle non fu il solo che fissò Ghish con incredulità.  Il ragazzo alieno si trovò con tre paia di occhi puntati su di lui e si accigliò davanti allo sguardo sbalordito di Strawberry.

“Che c’è? Come se avessi voluto voglia di ascoltare una cosa del genere… e come Tart dopo che ha mangiato un qualche centinaio di quegli affari di zucchero…”

Quello riaccese le risate.

La successiva ora e mezzo di piani e decisioni passò molto più rapidamente di quella precedente. Quando Ghish e Strawberry si rimisero i cappotti e si avviarono alla porta, Paddy aveva ritrovato la sua allegria, Lory stava sorridendo timidamente in approvazione come suo solito, e Kyle…

C’era del calore che brillava nei suoi occhi marroni che fece ingrandire ancora di più il sorriso di Strawberry mentre la ragazza salutava rapidamente e si tirava dietro un Ghish in qualche modo meditabondo fuori dalla porta.

Ma prima che riuscisse a trascinarlo fuori completamente, l’alieno lanciò un rapido sguardo verso l’interno del caffè, ed i suoi occhi ebbero modo di scorgere qualcosa che nessun altro vide: un breve sprazzo biondo in cima alle scale.

Voltandosi verso una Strawberry improvvisamente impaziente, copià il suo sorriso, ed i due si incamminarono verso casa.


Avevano camminato per circa dieci minuti in una sorta di gioioso e sollevato silenzio, quando Strawberry decise che il suo momento di auto-controllo era terminato.

Gridando “Yatta!” e con un urlo di puro giubili femminile, Ghish si ritrovò disteso in un mucchio di neve, con una Strawberry che ridacchiava bloccandolo al suolo e premendo la guancia contro la sua in un vero, folle abbraccio.

Non c’è bisogno di dire che il ragazzo ricambiò il sorriso, l’abbraccio tronca ossa con uno dei suoi, e decise felicemente che non gli dispiaceva molto della neve fusa che gli stava lentamente entrando nella maglietta.

Non gli dispiacevano nemmeno quei momenti di ansia strizza-stomaco al caffè, la nausea che gli era venuta per gli sguardi di così tanti occhi accusatori. Nor did he mind those moments of stomach-clenching anxiety in the café, the nausea brought by the stares of so many accusing eyes.

No, decise.

La dolce risata della ragazza che gli solleticava l’orecchio in sollievo totale, il suo cuore che batteva così vicino al suo, il suo sorriso così genuino, così diverso da com’era stato prima, compensò totalmente tutte quelle cose.

Compensarono così bene, che lui le baciò il collo nella sua propria espressione di euforia, e questo fece solo sì che l’abbraccio si facesse più stretto.

Non si alzarono per altri cinque minuti. La felicità era davvero troppo grande.

Dio, se ne era valsa la pena.


“C-come…”

Lui sorrise.

“C-cosa hai…”

Il suo sorriso si fece più ampio: una bianca zanna splendente brillò di riflesso negli occhi spalancati della ragazza.

“…..”

Lui ridacchiò.

Alla fine, Strawberry pronunciò le uniche parole che erano davvero in grado di rappresentare la situazione:

“E’ stato fantastico.”

Ora, a cose normali, non si sarebbe complimentata con Ghish per la sua astuzia e la sua scaltrezza: erano due caratteristiche che le facevano arricciare il suo metaforico pelo, in particolar modo quando utilizzate come metodo per manipolare lei.

Comunque, quello che il ragazzo aveva appena fatto, quello che lo stava facendo sorridere così tanto e con compiacenza mentre si sedeva sul letto della camera degli ospiti, mentre si sfaceva i lacci tra i capelli preparandosi alla doccia che avrebbe fatto, meritavano decisamente un elogio.

In poche parole era accaduto questo:

1. I genitori di Strawberry erano tornati a casa.

2. Il padre di Strawberry aveva immediatamente scorto l’innegabilmente carino, bel ragazzo alieno seduto innocentemente sul divano del suo salotto.

3. Il padre di Strawberry si era comportato nel suo modo abituale. Si era gonfiato per la rabbia. Aveva preso fiato per un adorabile attacco verbale. In effetti era sembrato a tutti, persino alla sua confusa moglie, un pesce palla.

Ora, è necessario prestare attenzione al piccolo sviluppo che era seguito, dato che era precisamente ciò che aveva meravigliato così tanto la ragazza-gatto per un po’ di tempo dopo l’evento:

Ghish era sopravvissuto.

Aveva fatto molto di più che sopravvivere, in effetti.

La ragazza non aveva mai sentito un discorso così educato e sofisticato fluire dale labbra intelligente dell’alieno.

In qualche modo, utilizzando la sua sorprendente abilità di suonare miracolosamente intelligente di fronte al padre sbalordito di lei, Ghish aveva eloquentemente spiegato il suo status di studente partecipante ad uno scambio, aveva lodato la generosità di Strawberry per avergli permesso di stare a casa sua (che, aggiunse, conquistandosi rapidamente Sakura, era spaziosa e decorata con gusto), era in qualche modo riuscito a convincere i genitori di Strawberry che le sue orecchie erano parte di una qualche condizione di pelle esotica (la ragazza si era paralizzata in questa parte: si era brevemente chiesta se non stesse sognando), ed aveva concluso così splendidamente, con così tanti complimenti che suonavano sinceri, che Strawberry si sentì decisamente stordita e che l’ira patriarcale di Shintaro si dissolse gradatamente in accettazione.

Strawberry si era ripresa appena in tempo per annuire alle parole di Ghish.

Subito dopo, Ghish aveva scusato entrambi per andare a farsi un bagno prima di andare a letto, e Strawberry si era trovata a fissare, a bocca aperta, appena in grado di evocare una frase, un alieno estremamente compiaciuto.

Alla fine, Ghish interrupe il semi-torpore di Strawberry.

“Che c’è, pensavi che dopo tutto quello che è accaduto sarei stato inseguito da tuo padre?”

Strawberry poté solo sbattere le palpebre.

“Ed io che pensavo che tu sapessi già che ho il grande dono del fascino.”

Eppure, tutto quello che Strawberry riusciva a fare era fissarlo mentre un pensiero assai interessante le correva attraverso la mente:

Come diavolo aveva fatto Ghish a cavarsela quando suo padre aveva minacciato di uccidere Mark, che poteva essere descritto solo come la quintessenza della perfezione in un ragazzo?

Qualcuno stava cercando dirle che…?

“Oi, Strawberry? Straw—”

“Se non ti dispiace… penso che faro la doccia per prima.”

Lo disse con una voce così sussurrata, così distaccata, che il ragazzo rimase così sbalordito da zittirsi mentre annuiva lentamente, stupefatto, essendosi davvero aspettato un qualche commento sarcastico, oppure che sarebbero stati impegnati in un qualche gioco che li avrebbe fatti divertire per almeno qualche minuto. Invece non riuscì nemmeno a provarci di nuovo che Strawberry, improvvisamente cupa e silenziosa, lasciò la stanza ed andò verso il bagno.

Si accorse bruscamente, mentre giocherellava con uno dei suoi lacci per capelli, con i lineamenti che si accigliavano lievemente, che quel piccolo incidente con il padre della ragazza, anche se era finite decisamente bene, l’aveva portata a pensare a molte cose.

Fu per questo che, non importava quando desiderasse saltare in piedi ed andare dalla ragazza per rassicurarla, per lasciare che le sue braccia la cullassero mentre lei lottava con la sua battaglia interiore, rimase seduto sul suo letto a disagio.

Strawberry doveva farlo da sola.

Ghish, che giocherellava con ansia sempre crescente con i suoi lacci per capelli, e con il volto che si piegava sempre di più in un mezzo ringhio frustrato, Strawberry, che si era chiusa in bagno ed aveva cominciato a spogliarsi, con il labbro inferiore catturato tra i denti un po’ stretti, entrambi sapevano che la prova doveva essere affrontata solamente da Strawberry, perché era giunto il momento.

Era stato provocato da quello stupido piccolo commento riguardante Shintaro, e non poteva essere ulteriormente rimandato, non da uno di loro.

Ghish, con un sospiro tremolante nel tentativo di allontanare il disagio crescente, si stese e decise di rinunciare alla sua doccia fino al mattino.

Strawberry entrò sotto il getto fisso della doccia e lasciò che la accecasse e la rendesse sorda al resto del mondo.

Eppure, anche se cercavano di far finta di non essersene accorti, mentre Strawberry scivolava nel calmo piacere di una doccia calda, mentre Ghish lasciava che il torpore lo sopraffacesse, entrambi pensarono lo stesso pensiero, ed entrambi seppero, dentro di loro, che l’altro stava provando la stessa identica ansia, perché il giorno seguente…

Il giorno seguente, Strawberry avrebbe incontrato Mark.


Si svegliò presto. Le sei del mattino, per essere precisi.

Si vestì in silenzio, facendo attenzione come mai prima di allora a non sfiorare nemmeno il suo tavolo o la sua sedia. I suoi passi erano ovattati come quelli di un felino; le assi del pavimento, che di solito scricchiolavano sotto il suo peso, non mossero alcuna protesta, mentre finiva di legarsi i capelli ed attraversava la stanza, aprendo la porta con la massima delicatezza, e si avviava per il corridoio.

Un minuto più tardi, era scesa dalle scale ed era uscita dalla porta, dopo aver frettolosamente scritto un biglietto per dire ai suoi genitori che era uscita per una rapida corsetta mattutina.

Non si preoccupò di scrivere qualcosa per Ghish.

La maggior parte della sua preoccupazione, in effetti, era stata rivolta all’evitare che si svegliasse e la incontrasse prima che lei uscisse.

La ragazza non voleva distrazioni. Non voleva altre difficoltà.

La prospettiva di rivedere il suo volto, quegli occhi dorati così profondi, così spontaneamente imploranti mentre guardavano nei suoi prima che lei se ne andasse, era troppo, perciò pronunciò una silenziosa preghiera di gratitudine mentre andava al cancello d’ingresso, grata di non averlo dovuto vedere.

Ovviamente, ciò che mancò di notare fu che, solo perché non l’aveva incontrato, ciò non voleva dire che lui non fosse lì.

Mentre la ragazza andava verso il parco dove sapeva che Mark faceva le sue corsette mattutine, non si accorse dell’ombra, tenue nella crescente luce dell’alba, che guizzava dentro e fuori tra le ombre degli alberi al fianco della strada.

Ghish si assicurò di rimanere in silenzio come aveva fatto Strawberry mentre la seguiva nel parco e lungo il campo per la corsa, e non appena vide la ragazza irrigidirsi, non appena vide una testa di capelli color nero notte ben marcata nella nebbia e nella neve, si posò su un albero vicino e lasciò che Strawberry procedesse.

In quel momento, tutto quello che poteva fare era guardare.

E aspettare.

E… sperare.


Strawberry non sapeva molto bene come procedere. Mentre stava sul bordo del campo, con lo sguardo, impotente, catturato dalla sagoma di Mark che correva, si chiese debolmente cosa fare. Doveva andargli incontro?

Dire un ‘salve’? Un saluto? Uno stupido, falso sorriso?

Avrebbe dovuto aspettare finché non l’avesse notata? Sarebbe stato troppo imbarazzante?

Diavolo, non importava come sarebbe stato l’approccio, sarebbe stato imbarazzante.

Imbarazzante, e nauseante, e terrificante, e... e imprevedibile. Imprevedibile, perché stava ferma lì senza un’idea chiara di come sarebbe finita…

Questo però non la fece fuggire. Sapeva che la situazione doveva essere sistemata in quel momento, che quando avrebbe lasciato il parco, che fossero passati cinque minuti o un’ora, avrebbe saputo qualche dei due lei—

La ragazza si morse il labbro, interrompendo quel pensiero. Era ancora troppo poter pensare con consapevolezza al riguardo, anche quando ci si trovava direttamente davanti, in attesa di un confronto, pronto per devastare le sue fragili emozioni.

Ma doveva essere fatto, e la pura prova di questo fu Mark che si voltò verso di lei nel mezzo della corsa, alterò la sua strada e si avvicinò rapidamente a lei.

Non appena vide quegli occhi color cioccolato posarsi su di lei, Strawberry sentì le sue ginocchia indebolirsi, il suo stomaco contorcersi, i suoi occhi inumidirsi per l’ansia paralizzante.

E non c’era modo di tornare indietro. Fu deciso quando il ragazzo, alla fine, la raggiunse e non perse tempo ad interrompere il silenzio:

“Salve, Strawberry.”

Miracoloso, come potesse suonare così calmo, così naturale, così tranquillo, quando la sola vaga idea dell’argomento di cui avrebbe discusso faceva sentire Strawberry pericolosamente stordita. Ebbe come risultato l’opposto rispetto al suo probabile intento, facendo sentire la ragazza anche più nervosa mentre si sforzava di rispondere.

Nascosto al sicuro nel suo albero, Ghish digrignò inconsciamente i denti all’udire il tremito nella voce di lei.

“S-salve, Mark…”

Come fare? Sarebbe dovuta andare subito al sodo? Avrebbe dovuto fare un piccolo discorso, girare intorno al punto focale, cercare di metterlo a suo agio?

O, piuttosto, provare a mettersi a suo agio?

In nome del cielo, perché la stava guardando senza la minima traccia di preoccupazione nei suoi occhi? Perché poteva stare lì a respirare normalmente, in piedi alto e saldo e sicuro di sé, quando lei stava facendo del suo meglio, ed era vicinissima al fallire, per trattenersi dallo strozzarsi con la stessa aria che respirava, per trattenersi dal tremare senza controllo sotto lo sguardo in attesa di Mark.

Cosa fare… come cominciare… cosa dire… dove andare

“Ti stavo aspettando.”

Solo l’evidente casualità di quell’affermazione riuscì a sconvolgerla tanto da farla uscire dal suo disagio paralizzante, e lei batté le palpebre nella direzione del ragazzo con imperturbata curiosità.

“Co… cosa?”

“Dalle cinque di stamani” La ragazza dovette trattenersi dal boccheggiare mentre lui le sorrideva, le sorrideva davvero con una gioia da toglierle il fiato…

“Ci-cinque…?”

“Mm.” Lui cominciò a camminare, lentamente, aspettando che lei lo seguisse. Lei cominciò subito a camminare, accorgendosi che lui stava cercando di liberarla dalla sua paralisi, di calmarla, di riportare sensibilità alle sue gambe. In effetti cominciò a funzionare: il respiro di Strawberry cominciò a calmarsi, fino a che lui le fece una domanda che lei non si sarebbe mai aspettata, una a cui non avrebbe mai potuto prepararsi nelle ore che aveva passato ad allenarsi inutilmente per questo la notte precedente.

“Lui sta meglio?”

In quel momento Strawberry boccheggiò visibilmente, strozzandosi un po’, mentre smetteva bruscamente di camminare, voltandosi, sbattendo le palpebre al suo indirizzo, stupita.

Non c’è bisogno di dire che, appollaiato sul suo albero, con gli occhi che non lasciavano mai la coppia, Ghish provò un identico stupor.

Incapace di distogliere i suoi occhi da quelli di Mark, la ragazza annuì in una sorta di stordita confusione, troppo sorpresa per non rispondere.

“Sì… sta… sta molto meglio.” Cacciò indietro le lacrime che stavano minacciando di uscire.

Che diavolo stava facendo Mark….?

Perché chiedere… cosa… come… perché

“Ne sono felice.”

La diga si ruppe.

Le lacrime cominciarono la loro familiare discesa lungo le sue guance rosse; prese il respiro successivo con un sonoro singhiozzo. Il dolore sorse in lei, crescendo ancora di più quando sentì le braccia del ragazzo avvolgerla, stringendola al petto di lui. Un momento più tardi, leu digrignò i denti al sentire la lieve pressione del mento di lui contro la sua testa.

“Mark,” singhiozzò nel suo petto, stringendo i pugni, con forza, e facendo sanguinare i palmi con le sue stesse unghie nella sua angoscia. “Io-Io… Io…”

Non importava con quanta violenza era esplosa, la voce di lui rimase calma e gentile.

“So perché sei qui, Strawberry.” Al sentire il suo nome, combinato con la ferma risoluzione nella sua voce, la ragazza si zittì. Lui sorrise guardandola mentre lei ricambiava il suo sguardo.

“Voglio che tu sappia che ti amerò per sempre. Strawberry,” le diede una leggera strizzata, “non dimenticherò mai i momenti che abbiamo passato insieme.”

La ragazza riuscì semplicemente a fissarlo.

Cosa… cosa era appena successo?

Come accidenti era arrivato da “sta meglio?” a quella dolce dichiarazione, quell’amorevole affermazione che, in qualche modo, suonava così definitiva.

Definitiva.

Dio… no

Fece disperatamente marcia indietro da quella conclusione a cui lui si stava evidentemente avvicinando.

“Ti amo ancora! Mark, ti amo… ti prego! Non voglio che tu—”

Incredibile, le stava ancora sorridendo.

“Non potevo crederci, quando ti ho vista con lui. Devo ammetterlo. All’inizio non riuscivo a capire, ma—”

“No! Io non… Io dovrei stare cone te! Per sempre. Mark, siamo noi…”

Lui continuò come se lei non l’avesse mai interrotto.

“Ora capisco…” Strawberry si irrigidì nel suo abbraccio, perché non c’era fraintendimento al proposito del ragazzo, “…quanto lo ami.”

La ragazza provò a scuotere la testa, provò a negare le sue parole, ma non ci riuscì. Non riuscì a negare quella che era stata la verità per quello che pareva un tempo così lungo…

“Mark…”

“E lui ama te.”

“Ma… Io-Io ti amo ancora.” Anche mentre lo diceva, però, il suo respiro si stava rilassando. In qualche modo, qualcosa sembrava essere diventato più facile dopo le parole del ragazzo, il suo intento, fissato nella mente di lei. Ancora disperata per il passato, lottò contro questo. “Io ti amo—”

“Ti proteggerà, Strawberry. E ti amerà tanto quanto me. Lo so.”

Quanto lui… di più

Ma come poteva lasciarla andare così facilmente? Come poteva averlo accettato con tanta prontezza, quando a lei ci erano volute giorni di agonia per capire quanto quell’alieno la amava? Perché era così pronto a lasciarla tra le braccia di un altro?

Per sopire il suo stupore, la ragazza si ritrovò ad annuire quasi impercettibilmente, rendendosi conto di due cose:

La prima, che Mark era più saggio di lei.

La seconda, che aveva fatto la sua scelta.

Non appena Mark ebbe terminato la sua frase, Strawberry si trovò persa nei ricordi di tutto quello che era accaduto, tutti quei teneri baci, quei caldi abbracci, quelle dolci carezze, quei momenti che non aveva mai pensato possibili, eppure di cui aveva goduto ogni istante…

Ed ecco tutto. Era fatta.

“Mi dispiace… Mark…” Ovviamente, il resto non era semplice. Almeno, non per lei.

Il ragazzo accolse questo con il suo persistente sorriso.

“Finché la tua felicità è al sicuro, Strawberry, non hai niente di cui scusarti.” Non stava rendendo le cose più semplici, con la sua dolcezza, e lei sentì il labbro tremarle. Di nuovo, il ragazzo continuò.

“E so che questo assicurerà la tua felicità.”

Poi fece qualcos’altro che la sorprese totalmente:

Guardò in alto, dietro di lei, tra gli alberi che circondavano il campo, e chiamò.

“Posso fidarmi di te, vero?”

“Certo.”

Strawberry non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che Ghish si trovava poco distante da lei, con un’espressione immensurabilmente seria, lo sguardo nei suoi occhi era pi che abbastanza per rispondere alla domanda di Mark.

In qualche modo, non riuscì nemmeno a dubitare del fatto che fosse lì, o del fatto che Mark lo stesse guardando, gli stesse parlando, con un livello di fiducia senza precedenti. Sembrava così… così atteso.

Così giusto..

Il ragazzo tornò a guardare lei, con gli occhi dolci, gentili, come quelli di un cervo.

“Allora questo è un addio, Strawberry.”

Il suono del suo nome(*), accompagnato da un dolce bacio sulla fronte, l’ultimo, chiuse la cosa.

In pochi istanti, mentre lei se ne stava lì, ancora prigioniera dello stupore, anche se la sua mente aveva inconsciamente accettato la decisione, lui l’aveva liberate dalle sue braccia, si era voltato, sempre con grazia, sempre sicuro di sé in quei movimenti, ed aveva cominciato ad andarsene.

Strawberry non lo richiamò. Non lo inseguì.

Non poteva.

Non gli apparteneva più.

Era fatta, fatta per sempre e in eterno, e lui non era più suo.

La mente della ragazza processò questa situazione, cercò di acclimatarvisi, cercò di rassicurarsi, che andava tutto bene, che le cose andavano bene, che quella era la decisione e che i problemi erano finiti, ma era davvero impossibile.

Con un nuovo singhiozzo, Strawberry Cadde sulle ginocchia…

…e subito sentì un altro paio di braccia intorno a lei.

Improvvisamente, non richieste, il ricordo delle parole del Cavaliere Blu la assalì: Prendila, proteggila.

Si voltò, gettandosi letteralmente sul petto di Ghish, le braccia si avvolsero intorno a lui dimentiche della sua ferita che stava ancora guarendo, la sua stretta forte come la sua angoscia.

All’alieno non sembrò importare. Non sussultò nemmeno.

Lasciò che la ragazza si posasse contro di lui, cullandola lentamente aventi e indietro mentre lei singhiozzava, boccheggiava, piangeva nella sua giacca. Un momento più tardi lei lo sentì posare una guancia sulla sua testa mentre anche la sua presa si stringeva, diventando caldamente accogliente, in un modo che la fece smettere di singhiozzare abbastanza a lungo da sentire quelle parole terribilmente familiari:

Nen nen kororiyo okororiyo, boyawa yoikoda nenneshina.”

Quel primo verso fermò le sue lacrime, e lei si appoggiò al suo petto caldo, silenziosamente ipnotizzata dal suono della sua voce.

Boyano komoriwa dokoe it ta, anoyama koete satoe it ta.”

Con l’orecchio premuto contro la sua giacca, poteva sentire la parole vibrare nel suo petto, seguendo il ritmo del cuore, del suo stesso cuore, profondo e melodioso, tenero e miracolosamente forte. Poteva sentire la canzone nella sua gola, nel suo petto, nelle sue braccia, nelle sue mani aggraziate, nel suo intero essere, scorrere lentamente dentro di lei, calmandola completamente.

Bellissimo.

Era davvero così bello, il modo in cui l’aveva calmata, in cui aveva magicamente asciugato le lacrime, aveva fermato il suo tremore, l’aveva confortata…

Dio… proprio come avevano confortato lui pochi giorni prima...

Sato no miyage ni nani morata, denden taikoni sho no fue. Sho no fue.”

Quando le ultime parole raggiunsero l’aria nebbiosa, Strawberry era così profondamente concentrate sui dolci toni della sua voce, sulla sensazione di ognuna delle sue dita che premevano contro di lei con un conforto così intenso, sulla pressione, rassicurante e totalmente gentile, del suo mento posato sulla sua testa, che l’aveva calmata fino a farla totalmente acquietare.

Quanto fosse durato quel silenzio, nessuno dei due lo poté davvero dire. Erano troppo assorti nella percezione dell’altro per contare i secondi prima che Strawberry, ancora immobile, ancora intenta a sentire quel bel calore, parlasse.

“Ti amo.”

Ghish non ripeté l’affermazione.

Lei non sentì niente da parte sua, nessuna parola, nessuna ripetizione dell’affermazione.

Invece, sentì le sue braccia stringersi intorno a lei, così velocemente, così intensamente, che non riusciva a respirare, e sapeva che nei giorni a venire, avrebbe visto dei lividi sulle sue braccia.

Sentì la pressione sulla testa aumentare con una forza impressionante, e in qualche modo sapeva che la stava abbracciando, violento e appassionato, vero e sincere e così pieno d’amore che faceva male, un dolore buono, benedetto, così che si trovò incapace di cominciare di nuovo a piangere. She felt the pressure against the top of her head increase with startling force, and somehow she knew that he was embracing her, fierce and impassioned, true and sincere and so full of love that it hurt, a good, blessed sort of hurt, so that she found herself unable to start crying again.

La realizzazione che lui fosse così emotivo, così tanto innamorato che gli mancavano le parole, che riusciva ad esprimersi soltanto stringendola così forte da farle male, da portare via il rimpianto, l’orribile tristezza a velocità incredibile e definitivamente.

Di nuovo, il tempo scomparve.

E per il momento non importava.

Non importava che si stesse facendo giorno e che dovessero ritornare a casa.

Non importava che Strawberry, un giorno, avrebbe dovuto spiegarlo ai suoi genitori.                                  

E non importava che presto avrebbero dovuto affrontare di nuovo Ryan, insieme a Mina e Pam.

Non importava che, in qualche modo, avrebbero dovuto affrontare Pai e Tart.

Dio, non importava nemmeno, nemmeno un po’, che un giorno, presto, avrebbero dovuto affrontare Profondo Blu in persona.

Non importava niente, mentre le ultime note della ninna nanna permanevano nell’aria carica di nebbia, finché quell’abbraccio, quelle sensazioni, quei ricordi restavano con loro.

Sia la ragazza umana che il ragazzo l’alieno sapevano che l’avrebbero fatto. L’avrebbero fatto.

Per sempre.

E loro sarebbero stati uniti dalla prospettiva un futuro brillante, sconosciuto, meraviglioso che si spianava di fronte a loro.

Un future che cominciò nell’istante in cui Ghish si risvegliò dalla loro trance, si risvegliò e prese teneramente il mento delicate di Ghish con la sua mano gentile, girò il suo volto  così lentamente, con una gentilezza così insopportabile mentre guardava i suoi occhi chiudersi, lasciando che i suoi facessero lo stesso e, con attenzione, con amore, premette le sue calde labbra contro le sue.

Con quel bacio, il future cominciò davvero.

E con quel bacio, seppero che non importava cosa avrebbero affrontato, sarebbero sopravvissuti, avrebbero vissuto, avrebbero prosperato, perché da quel momento, da quella fine e quell’inizio, da quell’immortale simbolo di affetto, l’uno aveva l’altro.

Per sempre.

Ed era tutto ciò che importava.

FINE

 

(*) nell’originale venivano utilizzati i cognomi dei personaggi. Nella traduzione, io ho sempre utilizzato i nomi, quindi concedetemi questa libertà che mi sono presa.

 

  
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