Capitolo due
“I’ve heard it said
that people come into
our lives for a reason”
“Grazie”
Kurt si ritrovò a considerare che, effettivamente, ragazzo-sorriso poteva
essere molto più appropriato di ragazzo-chitarra
quando anche gli occhi del suddetto si illuminarono, seguendo l’enorme sorriso
che gli era spuntato in viso. Aveva sempre trovato l’espressione “ridere con
gli occhi” piuttosto priva di senso – uno dovrebbe ridere con la bocca, a rigor
di logica – ma a quanto pare si sbagliava. E di
grosso, anche.
Sembrava che quel tipo non potesse fare a meno di incurvare
le labbra verso l’alto.
Concentrato com’era ad ammirare, nemmeno tanto velatamente, il
fisico del suo compagno di scompartimento,
non si perse nemmeno una sua mossa. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli
ricci coperti da una quantità industriale di gel e Kurt si domandò
distrattamente come facesse la sua mano a non rimanere attaccata alla testa,
con tutto quell’appiccicume.
Dopotutto se esisteva la lacca biologica, perché diavolo qualcuno avrebbe
dovuto voler impiastricciarsi i capelli con quella roba?
Ragazzo-chitarra si
guardò intorno con aria incuriosita un’ultima volta. Alla fine sembrò decretare
di aver scelto un buon posto, perché posò la chitarra sul sedile di fronte a
quello di Kurt, facendosi scivolare la cinta lungo la spalla. Prese ad
armeggiare con il borsone, dandogli lievemente le spalle, e si allungò verso
l’alto, sollevandolo per cercare di incastrarlo nel portabagagli sopra le loro teste.
Mentre si allungava la felpa azzurra che indossava si sollevò appena, rivelando
una porzione di pelle abbronzata e la pancia piatta. Kurt fece scorrere lo
sguardo dalla felpa ai Jeans chiari. Alla fine l’occhio gli cadde in via del tutto casuale sul suo sedere.
No,
Kurt,
si impose. Da un’altra parte. Guarda da
un’altra parte.
Quando fallì miseramente ringraziò il cielo che il
proprietario di quel...sorriso fosse troppo occupato nel suo intento per badargli. Il
ragazzo aveva infatti una smorfia concentrata in volto
e la lingua tra i denti mentre cercava il modo di incastrare il borsone al suo
posto. A Kurt sembrò assolutamente adorabile.
Ok, poteva succedere che si perdesse ad ammirare il fisico
di un ragazzo che non conosceva – mica era cieco! – ma dovette ammettere di
sentirsi un po’ pazzo, a sbavare così per uno sconosciuto. Che poi non è che stesse proprio sbavando. Stava semplicemente ammirando il
modo in cui quei normalissimi jeans gli stessero bene.
E il modo in cui era dannatamente carino.
E’ uno
sconosciuto, si disse, cercando di darsi un contegno. Non fare il cretino, non è che solo perché
stai andando a New York e adesso sei single – più o meno – devi guardare tutti
i ragazzi carini che incontri.
“Cazz...Ahia”
Un lieve tonfo e un gemito dopo, Kurt alzò il viso di scatto
verso il ragazzo davanti a lui, che aveva apparentemente preso in testa il
borsone scivolatogli dalle mani.
Carino
e imbranato, pensò irrazionalmente. Un cocktail micidiale.
Aspettate un momento. Ma quanto cavolo era basso quel
ragazzo?
Si sporse automaticamente verso di lui, mordendosi le labbra
per non sorridere. Non poteva passare per una persona così poco seria, andiamo.
“Serve una mano?”
Il ragazzo alzò gli occhi su di lui, socchiudendoli appena,
e Kurt avrebbe tanto voluto prendersi a schiaffi da solo per aver posto una
domanda così stupida! Ma era ovvio che gli serviva una
mano, gli era appena cascato il borsone in testa!
“Oddio, scusa, che domanda idiota!” esclamò incapace di
trattenersi. Iniziò a blaterare a
macchinetta, come ogni volta che si sentiva imbarazzato o a disagio.
“Voglio dire, è naturale che ti serva una mano, ti è appena
cascato tutto e deve pesare davvero parecchio, e oh! è davvero un ottimo colore, sai? Ma
dicevo...aspetta, ti aiuto!”
Concluse quell’insensato
aborto con il volto in fiamme per la vergogna – e per non aver
preso fiato mentre parlava – senza avere il coraggio di definirlo frase. Non potè
fare a meno di scorgere, comunque, il sorrisetto che era spuntato nuovamente
sulle labbra del ragazzo.
Vi
prego, datemi una pala. Devo sotterrarmi. Adesso.
Il ragazzo però non gli passò nessuna pala: evidentemente
non avevano ancora inventato la telepatia. Si limitò a lanciargli un’occhiata riconoscente mentre Kurt lo aiutava a incastrare il bagaglio
nel minuscolo spazio che avevano.
Ora
penserà che sono un idiota.
“Grazie, davvero” ripeté invece quello, avvicinandosi al suo
sedile e spostando la chitarra per farsi spazio. Emise un lungo sospiro e si
sedette e Kurt lo imitò, iniziando a frugare nella sua borsa per evitare di
guardarlo in faccia.
Che
figura...
Gli lanciò un’occhiata di sottecchi, tanto per assicurarsi
che non lo stesse fissando inorridito.
In realtà il ragazzo stava ancora sorridendo lievemente.
Teneva gli occhi bassi e le ciglia sfioravano con delicatezza le guance un po’
rosse. Stava accarezzando pensierosamente la custodia nera della chitarra,
passando il pollice sul bordo e proseguendo per tutto il manico. Kurt seguì il
movimento della sua mano e i suoi occhi si posarono su un cartellino sul quale
era apparentemente scritto un nome, attaccato alla custodia insieme ad alcuni portachiavi che pendevano nello stesso punto.
Si sporse appena verso il finestrino fingendo di guardare
fuori e lanciò un’occhiata per vedere meglio.
B.
Riusciva a leggere solo una maledettissima lettera.
Oh, beh, meglio di niente, no?
B spostò
un po’ la chitarra, facendola passare oltre il ginocchio e posizionandosela tra
le gambe. Appoggiò il mento da un lato della custodia e iniziò a guardare fuori dal finestrino con aria pensierosa. Il cartellino
scomparì alla vista di Kurt, che si rintanò nel suo sedile, deluso.
Che poi non capiva perché avrebbe dovuto sentirsi deluso.
In fondo era solo uno sconosciuto che si era seduto davanti
a lui in treno. Certo, era anche molto carino e aveva un’aria assolutamente
adorabile, era il suo tipo ideale di ragazzo – quel test su Vogue funzionava davvero! – e...cos’altro c’era?
Sembrava gentile.
Kurt non amava molto conversare con gli sconosciuti, anzi.
Si era cercato quello scompartimento semi-vuoto per stare in pace e non essere
disturbato da troppa gente. Non si poteva mai sapere quali incontri inquietanti
ti aspettavano su un treno. Eppure quel ragazzo aveva l’aria di qualcuno con
cui doveva essere davvero piacevole parlare; qualcuno del cui sorriso non ti
stancavi mai.
Forse la svolta che stava prendendo la sua vita lo stava
condizionando un po’. Ma stava andando a vivere a New York City: che male c’era
nel voler cambiare qualcosa della sua vita? In fondo cos’era
che decretava ciò che era da lui e ciò che non lo era?
Nel frattempo B
sembrava aver perso ogni interesse per il mondo che lo circondava, troppo
impegnato a guardare fuori dal finestrino per
accorgersi di altro, così Kurt si dette dello stupido per la millesima volta
quella mattina e decise di fare altro: quell’incontro
casuale sarebbe rimasto un incontro casuale.
Niente di più di un ragazzo carino seduto davanti a lui in
treno.
Estrasse il libro che aveva infilato in borsa prima di partire
e lo aprì con fare teatrale, immergendovi la faccia. Non doveva far cadere
l’occhio sul ragazzo per nessun motivo.
Iniziò a leggere quasi svogliatamente
le prime righe, e questo era ridicolo, perché quello era il suo romanzo
preferito. B continuava a guardare fuori dal
finestrino e Kurt non riusciva a non trovare la sua aria persa terribilmente
attraente.
Cercò di riportare la
propria attenzione sul libro e lesse ben due pagine tutte d’un fiato, poi si
azzardò ad alzare leggermente lo sguardo. Nello stesso istante B lo distolse.
Ah! Lo stava guardando, allora!
Beccato, pensò
soddisfatto Kurt.
Tornò al libro sorridendo lievemente. Lesse altre due pagine
e rifece la stessa operazione. Quando alzò di nuovo
gli occhi, però, il ragazzo aveva riportato lo sgurdo
verso il paesaggio che scorreva velocemente oltre il vetro.
Che poi, di che diavolo di colore ce li aveva, gli occhi?
Erano marroni? Eppure sembravano chiari...Verdi, forse?
B si
voltò, probabilmente perché sentiva osservato, e Kurt abbassò gli occhi di scatto mentre le guance gli andavano a fuoco. Fissò pagina centosettantasette fino a che le lettere non
iniziarono a mescolarsi da sole. Quando decise che era passato abbastanza tempo
– stava diventando cieco, a forza di fissare il libro – si azzardò a buttare
l’ennesima occhiata.
L’altro ragazzo aveva ripreso a guardare fuori, appoggiato
al finestrino. La guancia sfiorava il vetro freddo e gli occhi erano socchiusi,
perché la luce del sole gli batteva direttamente in faccia, ma non ne sembrava
affatto infastidito. Sembrava più un gatto che si godeva il calore tiepido dei
raggi di fine estate, accoccolato su una poltrona.
“Sai
che la vita da ghetto non fa per te, fa per te, fa per te!”
Kurt sobbalzò sulla sua poltrona quando
qualcosa partì a palla dal fondo del
vagone. Si voltò e sbirciò verso l’unico altro passeggero: il ragazzo con i
rasta se ne stava spaparanzato sul suo sedile con l’ipod infilato nelle casse a
tutto volume, dal quale fuoriusciva il suono più fastidioso che avesse mai
sentito in tutta la sua vita.
Provò a lanciargli un’occhiataccia, ma quello non lo notò
nemmeno, visto che era relativamente lontano e comunque troppo occupato ad
ondeggiare la testa a tempo con...no, si rifiutava di definirla musica.
Tornò stizzito al suo libro e tentò di concentrarsi e leggere,
ma il volume era davvero alto e il testo era orribile.
“Forse
non sapevi che qui giriamo tutti armati, amico, ma non
preoccuparti, è la vita da ghetto, ghetto, ghetto!” gli
rimbombò nelle orecchie.
Che orrore.
Profondamente disgustato Kurt ricominciò da dove era stato
interrotto, cercando di sovrastare con la voce della mente quella del cantante.
...da
cui ebbe l’orrida visione dell’enorme ragno morto disteso sul dorso, le zampe
rannicchiate e aggrovigliate, lesse, quasi urlandoselo in
testa. Come se volesse indispettirlo, quello scempio aumentò di volume.
“Qui
nel ghetto non puoi girarti che già ti trovi un coltello nelle spalle, ghetto,
ghetto, ghetto, yo!”
Ma che diavolo...? Kurt voltò
stizzito pagina, continuando nel suo intento, gli occhi ridotti a due fessure e
la lingua tra i denti. Qualcuno vicino a lui ridacchiò sommessamente.
...che
scintillava pallida tra gli alberi, si mescolavano con la luce che dalla
finestra illuminava il corpo...,
continuò Kurt imperterrito.
“...e se vedi il
senatore, sparagli a vista, sparagli a ore, perché lui non vive nel ghetto,
ghetto, ghetto!” tuonò allegramente il cantante tramite le casse dell’ipod.
...di
Aragog sul bordo di una – e che diavolo, allora!
Kurt si voltò di nuovo per fulminare con lo sguardo quel
tipo in fondo al vagone, stringendo le labbra in una smorfia di
disapprovazione.
Lanciò l’occhiata più gelida di cui fosse
capace e continuò fino a che non sentì una risata cristallina proprio di fronte
a lui.
Si voltò ancora, ma qualsiasi cosa acida avesse da dire gli
morì sulle labbra.
Ragazzo-chitarra stava
ridendo di gusto di fronte alla sua espressione furiosa e imbarazzata insieme,
gli occhi vivaci e allegri puntati nei suoi.
E quel suono era la cosa più stupendamente spontanea e
genuina che avesse mai sentito.
“Non ti piace la musica da ghetto, eh?”
Kurt si imbambolò un secondo al suono della sua voce
divertita. Quando si rese conto che ancora non aveva dato una risposta cercò di
riscuotersi. I suoi poveri neuroni, che per quel breve istante di totale black
out avevano saltellato felicemente in giro per il suo cervello, scontrandosi tra di loro, tentarono una connessione di fortuna.
Miracolosamente, ci riuscì.
“A dire la verità proprio no. Preferisco altri tipi di
musica” commentò scuotendo lievemente la testa. Chissà, forse anche quel
ragazzo di fronte a lui era un musicista rap, o
qualsiasi cosa fosse.
“E dopo
che hai sparato al senatore, spara anche a me, perché è la vita da ghetto,
ghetto, YOH!”
Oh, non era possibile. Ma chi diavolo aveva scritto il testo
di quell’abominio?
“In effetti” concordò B con quell’adorabile
sorrisetto ancora sulle labbra. “è musica imbarazzante”.
Kurt ridacchiò e alzò le spalle.
“Beh, sono piuttosto schizzinoso in fatto di musica” spiegò,
desideroso di non passare per il criticone di turno.
B se ne uscì con un verso piuttosto buffo a metà tra un
colpo di tosse e una risata.
“Io di solito ascolto pop e rock, ma adoro anche i musical”
Kurt sorrise più ampiamente e commentò:
“Beh, alla fine il fascino del palco è sempre lo stesso, che
sia un musical o un concerto di Ozzy Osbourne”
“Oh, io ci sono stato, a un concerto di Ozzy
Osbourne. E, fidati, è...inquietante, ecco”
Finse di rabbrividire, facendo una faccia buffissima, e Kurt
rise.
“Suoni la chitarra?” domandò. Si
rese conto di aver posto l’ennesima domanda idiota – chissà cos’altro avrebbe
dovuto farci, con una chitarra – ma B sembrò contento
che Kurt glie l’avesse chiesto, perché rispose:
“Anche. In realtà il mio strumento è il pianoforte, ma era
un po’ complicato portarlo in treno”
“Già, in effetti”
B non disse dov’era diretto e Kurt non lo chiese, anche se
moriva dalla voglia di saperlo.
Chiuse il libro che ancora stringeva tra le mani, preso
dalla conversazione, e si sporse in avanti per rispondere. Il ragazzo riccio di
fronte a lui abbassò casualmente gli occhi sulla copertina del libro e li
spalancò sorpreso.
“Harry Potter!” esclamò.
Kurt alzò un sopracciglio, interdetto.
No,
sono Kurt Hummel, avrebbe voluto rispondere. Niente cicatrice, niente amico rosso e
niente nemesi mortale senza naso, mi dispiace.
E fu esattamente quello che fece.
Il ragazzo di fronte rimase immobile per un istante e nei
suoi occhi Kurt colse sorpresa, divertimento e
qualcos’altro che non seppe decifrare. Poi B
scoppiò a ridere di gusto, tenendosi la pancia e spalmandosi addosso alla
chitarra con le lacrime agli occhi.
Kurt rise con lui, imbarazzato e divertito insieme. E’ che
la battuta gli era venuta naturale e la sua risata era
così bella che Kurt si ritrovò a sperare che ridesse di nuovo per qualcosa di
divertente detto da lui. O che ridesse e basta, ecco. B si asciugò una lacrima e si passò una mano tra i capelli,
lanciandogli un’occhiata divertita. Poi si allungò verso di lui e gli porse la
mano.
“Blaine Anderson” annunciò allegramente mentre
Kurt afferrava la mano che gli porgeva e la stringeva. “Cicatrici sì, ma non in
fronte, un sacco di amici rossi e diverse nemesi mortali, a pensarci bene.
Quasi tutte con il naso, credo.”
Blaine. Assaporò
il suono dolce di quel nome nella mente e si sciolse nella sua stretta. La mano
di Blaine era calda, praticamente bollente, e creava un netto contrasto con la
sua, che era sempre un ghiacciolo.
“Un altro fan di Harry Potter, presumo” commentò Kurt
indicando distrattamente la copertina del libro con un cenno della testa. Non
riusciva a staccare gli occhi dal volto di Blaine. Non era uno di quei ragazzi
belli da morire, quello no. Però il viso aveva una
forma armoniosa e dolce, non troppo allungata, e il taglio degli occhi li
faceva apparire sempre allegri. Kurt si stava ancora domandando di che colore
fossero – ora che erano lontani dalla luce del sole sembravano nocciola – quando Blaine ridacchiò e si sistemò meglio sul
proprio sedile, lasciandogli la mano. Dovette fare uno sforzo enorme per non
arrossire. Andiamo, non era più un cucciolo di pinguino!
“Sono un vero
fissato” rivelò, facendogli l’occhiolino. A Kurt mancò per un istante il
respiro, ma si riprese senza che l’altro lo notasse.
“Io li ho letti solo quest’estate” disse allora,
imbarazzato. Blaine spalancò gli occhi.
“Davvero?”
Dal suo tono era facilmente intuibile che vedeva
quella di Kurt come la più grave delle mancanze ma che lo considerasse
abbastanza simpatico da non meritare la lapidazione immediata.
“Beh, un mio vecchio amico mi ha tormentato per un anno
intero e alla fine ho ceduto. Ancora litighiamo per via di Harry. Non lo trovo
un personaggio molto credibile, ecco” spiegò Kurt, stringendo le mani una
nell’altra e accavallando le gambe. Il ricordo di Sam
Evans vestito da giocatore di Quidditch gli era rimasto impresso a fuoco nella
mente.
“Povero Harry! Che ti ha fatto di
male?” domandò Blaine sporgendosi in avanti.
Kurt ci pensò un istante prima di
rispondere. E se Blaine fosse stato un fan di Harry e parlandone male si fosse
offeso? Avrebbe cambiato scompartimento? Rischiava il pubblico linciaggio?
No, i fan di Harry Potter non erano così tanto suscettibili,
andiamo!
“Beh” rispose infine, scegliendo con cura le parole. “C’è
sempre qualcuno che deve corrergli dietro e salvargli la pelle. E poi il mio
personaggio preferito è
Ecco,
ottima mossa, Kurt. Distrailo con qualcos’altro.
Blaine si aprì in un altro sorriso mozzafiato e il battito
cardiaco di Kurt accelerò un po’.
“Il mio migliore amico del liceo aveva una cotta per
“Beh, io non sono arrivato a livelli così tragici. Non
ancora, almeno”. Si sentiva misteriosamente le guance in fiamme.
“Oh, lui non faceva altro che tesserne le lodi a destra e
manca. Una volta ne stava parlando da un’ora, non ne potevo davvero più!
Eravamo talmente esasperati che l’abbiamo buttato fuori dalle prove
del Glee Club e…”
Aspetta
un momento. Che cosa?
Kurt spalancò gli occhi. La sua espressione sorpresa – forse
più sconvolta che altro – fece fermare Blaine, che gli lanciò quello che lui
interpretò come uno sguardo perplesso. Quei pochi neuroni rimasti avevano iniziato
a ballare la conga nella sua testa e la parte che ancora non era del tutto
andata continuava a gridargli, con la forza di una sirena d’allarme: coincidenza!
“Hai…hai detto Glee
Club?”
Blaine esitò per un istante. Aprì la bocca e la richiuse e si fissarono per un secondo piuttosto lungo.
Fu proprio lui il primo a riprendere la parola. Forse Blaine era solo stupido
della domanda. I Glee Club non erano poi così famosi, in America, doveva
sembrargli strano che Kurt li conoscesse.
“Frequentavo
Beh, ragionò mentre le sinapsi del suo cervello si sconnettevano
di botto, stecchite dalla sorpresa. Questo
sì che è destino.
Note dell’Autrice
Tah-dah!
Eccoci qui con il capitolo
due, postato con un giorno di anticipo, visto che era pronto!
Per prima cosa voglio ringraziare quelle santissime quattro
ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ma anche tutti i preferiti e
tutte le seguite. Ragazze, vi adoro, siete già così tante!
Poooi. Che ve ne pare di
questo capitolo? Blaine è adorabile, non c’è niente da fare. Sono totalmente
innamorata di lui J
Spero che anche questo capitolo vi piaccia come lo scorso J
Ah, ho una fissazione con il finire i capitoli con dei
piccoli colpi di scena, è meglio se vi ci abituate J
Questa volta la canzone che apre il capitolo è “for good”, di Wicked,
ma sono sicura che l’avevate indovinato..!
Beh, ora smetto di blaterare e vi lascio!
A martedì prossimo!!!
Bacioni,
Selene