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Autore: SeleneLightwood    02/04/2012    11 recensioni
Kurt e Blaine non si sono mai incontrati, nonostante Westerville e Lima non siano poi così lontane. Non si sono mai scorti tra la folla, nemmeno quando hanno partecipato alle Regionali con due Glee Club rivali. Nemmeno al Lima Bean, quando andavano a prendere il caffè ognuno con i rispettivi amici.
Kurt e Blaine non si sono mai visti. Almeno fino a quando, sullo stesso treno diretto a New York, Blaine non si siede proprio di fronte a Kurt.
Ci credete, voi, nel destino?
*
Si dice che il destino si mostri solo a chi sa riconoscerlo davvero.
Vivi la tua vita distrattamente, piena o vuota che sia, aspettando il momento in cui una qualsiasi entità superiore ti metta di fronte qualcosa, o qualcuno, con tanta prepotente ovvietà da poter dire solo: ah, eccoti qui! Ti cercavo da una vita.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due

Capitolo due

 

“I’ve heard it said

 that people come into our lives for a reason”

 

“Grazie”

Kurt si ritrovò a considerare che, effettivamente, ragazzo-sorriso poteva essere molto più appropriato di ragazzo-chitarra quando anche gli occhi del suddetto si illuminarono, seguendo l’enorme sorriso che gli era spuntato in viso. Aveva sempre trovato l’espressione “ridere con gli occhi” piuttosto priva di senso – uno dovrebbe ridere con la bocca, a rigor di logica – ma a quanto pare si sbagliava. E di grosso, anche.

Sembrava che quel tipo non potesse fare a meno di incurvare le labbra verso l’alto.

Concentrato com’era ad ammirare, nemmeno tanto velatamente, il fisico del suo compagno di scompartimento, non si perse nemmeno una sua mossa. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli ricci coperti da una quantità industriale di gel e Kurt si domandò distrattamente come facesse la sua mano a non rimanere attaccata alla testa, con tutto quell’appiccicume. Dopotutto se esisteva la lacca biologica, perché diavolo qualcuno avrebbe dovuto voler impiastricciarsi i capelli con quella roba?

Ragazzo-chitarra si guardò intorno con aria incuriosita un’ultima volta. Alla fine sembrò decretare di aver scelto un buon posto, perché posò la chitarra sul sedile di fronte a quello di Kurt, facendosi scivolare la cinta lungo la spalla. Prese ad armeggiare con il borsone, dandogli lievemente le spalle, e si allungò verso l’alto, sollevandolo per cercare di incastrarlo nel portabagagli  sopra le loro teste. Mentre si allungava la felpa azzurra che indossava si sollevò appena, rivelando una porzione di pelle abbronzata e la pancia piatta. Kurt fece scorrere lo sguardo dalla felpa ai Jeans chiari. Alla fine l’occhio gli cadde in via del tutto casuale sul suo sedere.  

No, Kurt, si impose. Da un’altra parte. Guarda da un’altra parte.

Quando fallì miseramente ringraziò il cielo che il proprietario di quel...sorriso fosse troppo occupato nel suo intento per badargli. Il ragazzo aveva infatti una smorfia concentrata in volto e la lingua tra i denti mentre cercava il modo di incastrare il borsone al suo posto. A Kurt sembrò assolutamente adorabile.

Ok, poteva succedere che si perdesse ad ammirare il fisico di un ragazzo che non conosceva – mica era cieco! – ma dovette ammettere di sentirsi un po’ pazzo, a sbavare così per uno sconosciuto. Che poi non è che stesse proprio sbavando. Stava semplicemente ammirando il modo in cui quei normalissimi jeans gli stessero bene. E il modo in cui era dannatamente carino.

E’ uno sconosciuto, si disse, cercando di darsi un contegno. Non fare il cretino, non è che solo perché stai andando a New York e adesso sei single – più o meno – devi guardare tutti i ragazzi carini che incontri.

Cazz...Ahia

Un lieve tonfo e un gemito dopo, Kurt alzò il viso di scatto verso il ragazzo davanti a lui, che aveva apparentemente preso in testa il borsone scivolatogli dalle mani.

Carino e imbranato, pensò irrazionalmente. Un cocktail micidiale.

Aspettate un momento. Ma quanto cavolo era basso quel ragazzo?

Si sporse automaticamente verso di lui, mordendosi le labbra per non sorridere. Non poteva passare per una persona così poco seria, andiamo.

“Serve una mano?”

Il ragazzo alzò gli occhi su di lui, socchiudendoli appena, e Kurt avrebbe tanto voluto prendersi a schiaffi da solo per aver posto una domanda così stupida! Ma era ovvio che gli serviva una mano, gli era appena cascato il borsone in testa!

“Oddio, scusa, che domanda idiota!” esclamò incapace di trattenersi.  Iniziò a blaterare a macchinetta, come ogni volta che si sentiva imbarazzato o a disagio.

“Voglio dire, è naturale che ti serva una mano, ti è appena cascato tutto e deve pesare davvero parecchio, e oh! è davvero un ottimo colore, sai? Ma dicevo...aspetta, ti aiuto!”

Concluse quell’insensato aborto con il volto in fiamme per la vergogna – e per non aver preso fiato mentre parlava – senza avere il coraggio di definirlo frase. Non potè fare a meno di scorgere, comunque, il sorrisetto che era spuntato nuovamente sulle labbra del ragazzo.

Vi prego, datemi una pala. Devo sotterrarmi. Adesso.

Il ragazzo però non gli passò nessuna pala: evidentemente non avevano ancora inventato la telepatia. Si limitò a lanciargli un’occhiata riconoscente mentre Kurt lo aiutava a incastrare il bagaglio nel minuscolo spazio che avevano.

Ora penserà che sono un idiota.

“Grazie, davvero” ripeté invece quello, avvicinandosi al suo sedile e spostando la chitarra per farsi spazio. Emise un lungo sospiro e si sedette e Kurt lo imitò, iniziando a frugare nella sua borsa per evitare di guardarlo in faccia.

Che figura...

Gli lanciò un’occhiata di sottecchi, tanto per assicurarsi che non lo stesse fissando inorridito.

In realtà il ragazzo stava ancora sorridendo lievemente. Teneva gli occhi bassi e le ciglia sfioravano con delicatezza le guance un po’ rosse. Stava accarezzando pensierosamente la custodia nera della chitarra, passando il pollice sul bordo e proseguendo per tutto il manico. Kurt seguì il movimento della sua mano e i suoi occhi si posarono su un cartellino sul quale era apparentemente scritto un nome, attaccato alla custodia insieme ad alcuni portachiavi che pendevano nello stesso punto.  

Si sporse appena verso il finestrino fingendo di guardare fuori e lanciò un’occhiata per vedere meglio.

B.

Riusciva a leggere solo una maledettissima lettera.

Oh, beh, meglio di niente, no?

B spostò un po’ la chitarra, facendola passare oltre il ginocchio e posizionandosela tra le gambe. Appoggiò il mento da un lato della custodia e iniziò a guardare fuori dal finestrino con aria pensierosa. Il cartellino scomparì alla vista di Kurt, che si rintanò nel suo sedile, deluso.

Che poi non capiva perché avrebbe dovuto sentirsi deluso.

In fondo era solo uno sconosciuto che si era seduto davanti a lui in treno. Certo, era anche molto carino e aveva un’aria assolutamente adorabile, era il suo tipo ideale di ragazzo – quel test su Vogue funzionava davvero! – e...cos’altro c’era? Sembrava gentile.

Kurt non amava molto conversare con gli sconosciuti, anzi. Si era cercato quello scompartimento semi-vuoto per stare in pace e non essere disturbato da troppa gente. Non si poteva mai sapere quali incontri inquietanti ti aspettavano su un treno. Eppure quel ragazzo aveva l’aria di qualcuno con cui doveva essere davvero piacevole parlare; qualcuno del cui sorriso non ti stancavi mai.

Forse la svolta che stava prendendo la sua vita lo stava condizionando un po’. Ma stava andando a vivere a New York City: che male c’era nel voler cambiare qualcosa della sua vita? In fondo cos’era che decretava ciò che era da lui e ciò che non lo era?

Nel frattempo B sembrava aver perso ogni interesse per il mondo che lo circondava, troppo impegnato a guardare fuori dal finestrino per accorgersi di altro, così Kurt si dette dello stupido per la millesima volta quella mattina e decise di fare altro: quell’incontro casuale sarebbe rimasto un incontro casuale.

Niente di più di un ragazzo carino seduto davanti a lui in treno.

Estrasse il libro che aveva infilato in borsa prima di partire e lo aprì con fare teatrale, immergendovi la faccia. Non doveva far cadere l’occhio sul ragazzo per nessun motivo.

Iniziò a leggere quasi svogliatamente le prime righe, e questo era ridicolo, perché quello era il suo romanzo preferito. B continuava a guardare fuori dal finestrino e Kurt non riusciva a non trovare la sua aria persa terribilmente attraente.

 Cercò di riportare la propria attenzione sul libro e lesse ben due pagine tutte d’un fiato, poi si azzardò ad alzare leggermente lo sguardo. Nello stesso istante B lo distolse.

Ah! Lo stava guardando, allora!

Beccato, pensò soddisfatto Kurt.

Tornò al libro sorridendo lievemente. Lesse altre due pagine e rifece la stessa operazione. Quando alzò di nuovo gli occhi, però, il ragazzo aveva riportato lo sgurdo verso il paesaggio che scorreva velocemente oltre il vetro.

Che poi, di che diavolo di colore ce li aveva, gli occhi? Erano marroni? Eppure sembravano chiari...Verdi, forse?

B si voltò, probabilmente perché sentiva osservato, e Kurt abbassò gli occhi di scatto mentre le guance gli andavano a fuoco. Fissò pagina centosettantasette fino a che le lettere non iniziarono a mescolarsi da sole. Quando decise che era passato abbastanza tempo – stava diventando cieco, a forza di fissare il libro – si azzardò a buttare l’ennesima occhiata.

L’altro ragazzo aveva ripreso a guardare fuori, appoggiato al finestrino. La guancia sfiorava il vetro freddo e gli occhi erano socchiusi, perché la luce del sole gli batteva direttamente in faccia, ma non ne sembrava affatto infastidito. Sembrava più un gatto che si godeva il calore tiepido dei raggi di fine estate, accoccolato su una poltrona.

“Sai che la vita da ghetto non fa per te, fa per te, fa per te!”

Kurt sobbalzò sulla sua poltrona quando qualcosa partì a palla dal fondo del vagone. Si voltò e sbirciò verso l’unico altro passeggero: il ragazzo con i rasta se ne stava spaparanzato sul suo sedile con l’ipod infilato nelle casse a tutto volume, dal quale fuoriusciva il suono più fastidioso che avesse mai sentito in tutta la sua vita.

Provò a lanciargli un’occhiataccia, ma quello non lo notò nemmeno, visto che era relativamente lontano e comunque troppo occupato ad ondeggiare la testa a tempo con...no, si rifiutava di definirla musica.

Tornò stizzito al suo libro e tentò di concentrarsi e leggere, ma il volume era davvero alto e il testo era orribile.

“Forse non sapevi che qui giriamo tutti armati, amico, ma non preoccuparti, è la vita da ghetto, ghetto, ghetto!” gli rimbombò nelle orecchie.

Che orrore.

Profondamente disgustato Kurt ricominciò da dove era stato interrotto, cercando di sovrastare con la voce della mente quella del cantante.

...da cui ebbe l’orrida visione dell’enorme ragno morto disteso sul dorso, le zampe rannicchiate e aggrovigliate, lesse, quasi urlandoselo in testa. Come se volesse indispettirlo, quello scempio aumentò di volume.

“Qui nel ghetto non puoi girarti che già ti trovi un coltello nelle spalle, ghetto, ghetto, ghetto, yo!”

Ma che diavolo...? Kurt voltò stizzito pagina, continuando nel suo intento, gli occhi ridotti a due fessure e la lingua tra i denti. Qualcuno vicino a lui ridacchiò sommessamente.

...che scintillava pallida tra gli alberi, si mescolavano con la luce che dalla finestra illuminava il corpo..., continuò Kurt imperterrito.

...e se vedi il senatore, sparagli a vista, sparagli a ore, perché lui non vive nel ghetto, ghetto, ghetto!” tuonò allegramente il cantante tramite le casse dell’ipod.

...di Aragog sul bordo di una – e che diavolo, allora!

Kurt si voltò di nuovo per fulminare con lo sguardo quel tipo in fondo al vagone, stringendo le labbra in una smorfia di disapprovazione.

Lanciò l’occhiata più gelida di cui fosse capace e continuò fino a che non sentì una risata cristallina proprio di fronte a lui.

Si voltò ancora, ma qualsiasi cosa acida avesse da dire gli morì sulle labbra.

Ragazzo-chitarra stava ridendo di gusto di fronte alla sua espressione furiosa e imbarazzata insieme, gli occhi vivaci e allegri puntati nei suoi.

E quel suono era la cosa più stupendamente spontanea e genuina che avesse mai sentito.

“Non ti piace la musica da ghetto, eh?”

Kurt si imbambolò un secondo al suono della sua voce divertita. Quando si rese conto che ancora non aveva dato una risposta cercò di riscuotersi. I suoi poveri neuroni, che per quel breve istante di totale black out avevano saltellato felicemente in giro per il suo cervello, scontrandosi tra di loro, tentarono una connessione di fortuna. Miracolosamente, ci riuscì.

“A dire la verità proprio no. Preferisco altri tipi di musica” commentò scuotendo lievemente la testa. Chissà, forse anche quel ragazzo di fronte a lui era un musicista rap, o qualsiasi cosa fosse.

“E dopo che hai sparato al senatore, spara anche a me, perché è la vita da ghetto, ghetto, YOH!”

Oh, non era possibile. Ma chi diavolo aveva scritto il testo di quell’abominio?

“In effetti” concordò B con quell’adorabile sorrisetto ancora sulle labbra. “è musica imbarazzante”.

Kurt ridacchiò e alzò le spalle.

“Beh, sono piuttosto schizzinoso in fatto di musica” spiegò, desideroso di non passare per il criticone di turno.

B se ne uscì con un verso piuttosto buffo a metà tra un colpo di tosse e una risata.

“Io di solito ascolto pop e rock, ma adoro anche i musical”

Kurt sorrise più ampiamente e commentò:

“Beh, alla fine il fascino del palco è sempre lo stesso, che sia un musical o un concerto di Ozzy Osbourne

“Oh, io ci sono stato, a un concerto di Ozzy Osbourne. E, fidati, è...inquietante, ecco”

Finse di rabbrividire, facendo una faccia buffissima, e Kurt rise.

Suoni la chitarra?” domandò. Si rese conto di aver posto l’ennesima domanda idiota – chissà cos’altro avrebbe dovuto farci, con una chitarra – ma B sembrò contento che Kurt glie l’avesse chiesto, perché rispose:

“Anche. In realtà il mio strumento è il pianoforte, ma era un po’ complicato portarlo in treno”

“Già, in effetti”

B non disse dov’era diretto e Kurt non lo chiese, anche se moriva dalla voglia di saperlo.

Chiuse il libro che ancora stringeva tra le mani, preso dalla conversazione, e si sporse in avanti per rispondere. Il ragazzo riccio di fronte a lui abbassò casualmente gli occhi sulla copertina del libro e li spalancò sorpreso.

“Harry Potter!” esclamò.

Kurt alzò un sopracciglio, interdetto.

No, sono Kurt Hummel, avrebbe voluto rispondere. Niente cicatrice, niente amico rosso e niente nemesi mortale senza naso, mi dispiace.

E fu esattamente quello che fece.

Il ragazzo di fronte rimase immobile per un istante e nei suoi occhi Kurt colse sorpresa, divertimento e qualcos’altro che non seppe decifrare. Poi B scoppiò a ridere di gusto, tenendosi la pancia e spalmandosi addosso alla chitarra con le lacrime agli occhi.

Kurt rise con lui, imbarazzato e divertito insieme. E’ che la battuta gli era venuta naturale e la sua risata era così bella che Kurt si ritrovò a sperare che ridesse di nuovo per qualcosa di divertente detto da lui. O che ridesse e basta, ecco. B si asciugò una lacrima e si passò una mano tra i capelli, lanciandogli un’occhiata divertita. Poi si allungò verso di lui e gli porse la mano.

“Blaine Anderson” annunciò allegramente mentre Kurt afferrava la mano che gli porgeva e la stringeva. “Cicatrici sì, ma non in fronte, un sacco di amici rossi e diverse nemesi mortali, a pensarci bene. Quasi tutte con il naso, credo.”

Blaine. Assaporò il suono dolce di quel nome nella mente e si sciolse nella sua stretta. La mano di Blaine era calda, praticamente bollente, e creava un netto contrasto con la sua, che era sempre un ghiacciolo.

“Un altro fan di Harry Potter, presumo” commentò Kurt indicando distrattamente la copertina del libro con un cenno della testa. Non riusciva a staccare gli occhi dal volto di Blaine. Non era uno di quei ragazzi belli da morire, quello no. Però il viso aveva una forma armoniosa e dolce, non troppo allungata, e il taglio degli occhi li faceva apparire sempre allegri. Kurt si stava ancora domandando di che colore fossero – ora che erano lontani dalla luce del sole sembravano nocciola – quando Blaine ridacchiò e si sistemò meglio sul proprio sedile, lasciandogli la mano. Dovette fare uno sforzo enorme per non arrossire. Andiamo, non era più un cucciolo di pinguino!  

 “Sono un vero fissato” rivelò, facendogli l’occhiolino. A Kurt mancò per un istante il respiro, ma si riprese senza che l’altro lo notasse.

“Io li ho letti solo quest’estate” disse allora, imbarazzato. Blaine spalancò gli occhi.  

“Davvero?”

Dal suo tono era facilmente intuibile che vedeva quella di Kurt come la più grave delle mancanze ma che lo considerasse abbastanza simpatico da non meritare la lapidazione immediata.

“Beh, un mio vecchio amico mi ha tormentato per un anno intero e alla fine ho ceduto. Ancora litighiamo per via di Harry. Non lo trovo un personaggio molto credibile, ecco” spiegò Kurt, stringendo le mani una nell’altra e accavallando le gambe. Il ricordo di Sam Evans vestito da giocatore di Quidditch gli era rimasto impresso a fuoco nella mente.

“Povero Harry! Che ti ha fatto di male?” domandò Blaine sporgendosi in avanti.

Kurt ci pensò un istante prima di rispondere. E se Blaine fosse stato un fan di Harry e parlandone male si fosse offeso? Avrebbe cambiato scompartimento? Rischiava il pubblico linciaggio?

No, i fan di Harry Potter non erano così tanto suscettibili, andiamo!

“Beh” rispose infine, scegliendo con cura le parole. “C’è sempre qualcuno che deve corrergli dietro e salvargli la pelle. E poi il mio personaggio preferito è la McGranitt

Ecco, ottima mossa, Kurt. Distrailo con qualcos’altro.

Blaine si aprì in un altro sorriso mozzafiato e il battito cardiaco di Kurt accelerò un po’.

“Il mio migliore amico del liceo aveva una cotta per la McGranitt” rivelò con aria cospiratoria, annuendo solennemente e facendo ridacchiare Kurt, che si passò una mano tra i capelli cosparsi da un quintale di lacca biologica con fare imbarazzato.

“Beh, io non sono arrivato a livelli così tragici. Non ancora, almeno”. Si sentiva misteriosamente le guance in fiamme.

“Oh, lui non faceva altro che tesserne le lodi a destra e manca. Una volta ne stava parlando da un’ora, non ne potevo davvero più! Eravamo talmente esasperati che  l’abbiamo buttato fuori dalle prove del Glee Club e…”

Aspetta un momento. Che cosa?

Kurt spalancò gli occhi. La sua espressione sorpresa – forse più sconvolta che altro – fece fermare Blaine, che gli lanciò quello che lui interpretò come uno sguardo perplesso. Quei pochi neuroni rimasti avevano iniziato a ballare la conga nella sua testa e la parte che ancora non era del tutto andata continuava a gridargli, con la forza di una sirena d’allarme: coincidenza!

 “Hai…hai detto Glee Club?”

Blaine esitò per un istante. Aprì la bocca e la richiuse e si fissarono per un secondo piuttosto lungo. Fu proprio lui il primo a riprendere la parola. Forse Blaine era solo stupido della domanda. I Glee Club non erano poi così famosi, in America, doveva sembrargli strano che Kurt li conoscesse.

“Frequentavo la Dalton Academy” raccontò esibendo un sorriso caldo. Kurt a quella vista si sciolse un po’. “Ho cantato negli Warblers per…tre anni, più o meno”

Beh, ragionò mentre le sinapsi del suo cervello si sconnettevano di botto, stecchite dalla sorpresa. Questo sì che è destino.

 

 

 

Note dell’Autrice

Tah-dah!

Eccoci qui con il capitolo due, postato con un giorno di anticipo, visto che era pronto!

Per prima cosa voglio ringraziare quelle santissime quattro ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ma anche tutti i preferiti e tutte le seguite. Ragazze, vi adoro, siete già così tante!

Poooi. Che ve ne pare di questo capitolo? Blaine è adorabile, non c’è niente da fare. Sono totalmente innamorata di lui J

Spero che anche questo capitolo vi piaccia come lo scorso J

Ah, ho una fissazione con il finire i capitoli con dei piccoli colpi di scena, è meglio se vi ci abituate J

Questa volta la canzone che apre il capitolo è “for good”, di Wicked, ma sono sicura che l’avevate indovinato..!

Beh, ora smetto di blaterare e vi lascio!

A martedì prossimo!!!

Bacioni,

Selene

 

   
 
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