Personaggi:  Shikamaru&Temari ♥

Genere: Fluff

Tipologia: Flashfic [375 parole]

Note: Settimo giorno della Black Week. Per informazioni sull’iniziativa o sulla raccolta andare al capitolo uno, grazie ;)

Lo ammetto, per la giustizia non avevo uno straccio di idea, e si vede XD Per cui mi sono affidata a questa citazione, ho riadattato l’inizio di una shot di secoli fa e che avevo lasciato marcire tra gli appunti e le ho dato uno straccio di conclusione -.-“

In ogni caso, siamo giunti alla fine della nostra Black Week –che diciamocelo, è stata un successo! Sono quasi commossa Q_Q Ringrazio di cuore tutti coloro che sono riuscita a partecipare, e dedico questa raccolta allo ShikaTema e a tutte le moschelle nere che ci seguono e ci sostengono, che collaborano col forum e che si fanno in quattro per partecipare alle nostre masochistiche iniziative <3 Grazie.

Alla prossima iniziativa –che ho già in mente, muahahah 8D Continuate a seguirci ;)

Giorno #7: Giustizia:

Chiamare ingiustizia la giustizia è la più diffusa delle consolazioni.

(Nicolás Gómez Dávila)

Shikamaru Nara si rassegnò ed aprì gli occhi.

Lui, lui che non riusciva ad addormentarsi?!

Dopo di questo, l'unica cosa che poteva aspettarsi era la fine del mondo, poco ma sicuro.

Sospirò, sofferente.

Azzardò uno sguardo alla sua destra: già, lei dormiva della grossa.

Grazie al fatto che era abituata al caldo torrido di Suna, l’afa estiva di Konoha non la turbava minimamente.

Che seccatura.

Alla fine si alzò, abbandonando subito l’idea di infilare la testa nel frigorifero; i suoi duecento punti di quoziente intellettivo erano l’unica arma di difesa che gli restava dalla sua dolce metà, congelarli così stupidamente sarebbe stata un’azione decisamente suicida.

 Possibile che lei lo tormentasse anche mentre dormiva?!

Non era nemmeno plausibile. Anzi no: semplicemente, non era giusto, constatò con un gemito di pura sofferenza. Accettava suo malgrado il fatto di non poter passare tutte le ventiquattr’ore che componevano un giorno a dormire, e accettava stoicamente la convezione sociale secondo la quale almeno metà della giornata lavorativa bisognasse trascorrerla facendo almeno finta di essere attivi.

Ma la notte era l’unico diritto che ancora nessuno fosse riuscito a strappargli di mano. E passarla con gli occhi sbarrati, troppo accaldato per dormire e svegliandosi con un sobbalzo da quei pochi istanti che riusciva a guadagnarsi ogni qualvolta una zanzara gli passasse ronzando accanto a un orecchio mentre lei, lei accanto a lui dormiva beata non-era-giusto.

Ad un certo punto, spinto dall’esasperazione, aveva anche pensato di svegliarla –ma alla fine, quando già stava protendendo una mano verso di lei senza pronta nemmeno una buona scusa il suo istinto di autoconservazione aveva prevalso, e aveva ritenuto la scelta più saggia seguire il detto “non svegliare la Seccatura che dorme”, onde evitare di risvegliarsi in prognosi riservata e con qualche arto di meno.

E così si era alzato, si era seduto sull’uscio alla ricerca disperata di un qualche alito di vento che lo rinfrescasse e si era acceso una sigaretta, aspettando.